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Dark Star (1974): cowboy dello spazio

Leggendo i miei (fin troppo) prolissi papiri, magari vi siete fatti l’idea che io sia un gran chiacchierone, in realtà non è così, sono uno di poche parole, ma chi mi conosce sa che per farmi parlare ci sono due modi sicuri. Il primo è quello di mettermi davanti al telegiornale e state sicuro che non vi farò sentire nemmeno una notizia, perché sarò troppo impegnato a commentare (ed incazzarmi), l’altro modo sicuro è forse (a seconda dei gusti) meno doloroso, ovvero chiedermi qualcosa di John Carpenter.

Inutile girarci attorno, per me Giovanni Carpentiere è il meglio che c’è, l’uomo che ha saputo unire nei suoi film i miei due generi preferiti: l’Horror e il Western. Ma prima di essere il mio filmaker preferito, John è un’icona, ci sono quelli che davanti alle avversità si chiedono “Cosa farebbe Gesù?” (Iniziali: JC, questi sono segnali chiari…) io, invece, mi chiedo: “Cosa farebbe Giovanni?”. La risposta che mi do è quasi sempre: “Si accenderebbe una sigaretta e manderebbe tutti a ‘fanculo” (Quasi-Cit.). Che poi è anche un’ottima soluzione a molti problemi pratici della vita.

Quello che mi avvicina così tanto a Giovanni non è solo un’affinità di approcci, ma anche il fatto che a quest’uomo piacciono le stesse cose che apprezzo io, se mai avessi la fortuna di uscire a farmi una birra con Giovanni, probabilmente passeremmo la serata a parlare di Basket, l’unica cosa è che lui da buon Los Angelino è un fan dei Lakers, mentre io i Giallo-Viola li digerisco poco, ma è davvero un cavillo da poco…

Tutto questo dovrebbe avervi fatto intuire che oggi inizia una nuova rubrica con intenzioni bellicose: a cadenza costante (se non tiro i calzini prima…) commenterò tutti i film di Carpenter, più qualche gustosa variazione lungo il percorso, perché alla fine uno nella vita deve sempre fare i conti con le proprie radici e magari onorare gli Dei, quindi benvenuti alla nuova rubrica: Giovanni Carpentiere’s – The Maestro!

Nel 1974, John Carpenter e Dan O’Bannon passavano un sacco di tempo insieme, i due avevano molte cose in comune, tipo la passione per la musica, le ragazze, l’erba e i film di fantascienza. Le ultime due “passioni” di questo elenco, sono quelle che stanno dietro a “Dark Star” il primo lungometraggio diretto da Giovanni, scritto insieme all’amico Dan.

Per questa nuova rubrica ho deciso di aggiungere anche i titoli di testa dei film. Così, perché mi esaltano.

Il film è una brillante rilettura di un paio di film di Stanley Kubrick, in particolare “2001 Odissea nello spazio” e “Il Dottor Stranamore”: una banda di astronauti desperados vaga a zonzo per lo spazio a bordo della nave Dark Star, il loro compito è quello di distruggere stelle e pianeti instabili, prima che esplodano facendo casini cosmici, ma siccome la missione è lunga, noiosa e alienante, questo manipolo di scoppiati deve fare i conti con la noia della routine, con alcune bombe in preda a dubbi esistenziali e con un alieno, portato a bordo, che scorrazza libero per la nave mettendo a repentaglio la vita degli astronauti.

Dopo questo film, i rapporti tra Carpenter e O’Bannon sono andati un po’ a sud, per motivi che solo John e Dan conoscono (io punterei un dollaro che c’era di mezzo una donna, ma sono un noto complottista…) non è mai stato veramente possibile distinguere i meriti del soggetto, la storia però ci da qualche indizio. Dopo la deriva del “Dune” diretto da Jodorowsky (vi consiglio il bellissimo documentario Jodorowsky’s Dune una gioia per gli occhi…), Dan O’Bannon nel 1979 ha scritto la sceneggiatura di “Alien” la storia di un gruppo di astronauti che imbarcano un alieno che mette a repentaglio le loro vite, ma anche qualcosina di più.

«Ohhh guarda quante belle stelleee»

Mentre Giovanni quando è stato il suo momento ha fatto cose differenti, Western urbani, nebbie assassini, ma nessuno alieno, almeno fino al 1982 ma questa… E’ un’altra storia.

Ma mentre tirate da soli le vostre conclusioni, possiamo tranquillamente dire che le origini di quello è che un classico della fantascienza/Horror (Lovecraftiana aggiungerei) come Alien vanno cercate anche qui in “Dark Star”.

Ma, come detto, gli effetti della canapa indiana  nel sangue di John e Dan, richiedono il loro tributo, infatti “Dark Star” è una riuscitissima opera satirica e ammettiamola, anche un po’ cazzona (nel senso migliore del termine) come solo un soggetto nato come tesi di laurea e poi convertito a film dopo una mezza causa con l’Università di O’Bannon (Storia vera) poteva essere.

Sì, perché gli astronauti di Dark Star sono quanto di più distante abbiate mai visto dal vostro astronauta cinematografico medio, fiaccati dalla lunga missione e dalla noia, sono tutt’altro che romantici viaggiatori spaziali anzi, sono scazzati e con le barbe lunghe tipiche dell’imbruttimento maschile, noi portatori di cromosoma Y siamo veramente capaci di ritrovare il Neanderthal in noi.

«Houston abbiamo un problema, abbiamo finito le lamette da barba»

A bordo fanno le cose più sceme: c’è chi gioca con armi laser e chi fa scherzi da prete con polli di gomma e occhiali con occhi a molla, i discorsi vertono quasi tutti sul campionato di baseball e su quanto era bello fare surf sulla Terra. Tra chi come Talby (Dre Pahich) si è perso e fissa per giorni il vuoto dello spazio e chi come il tenente Doolittle (Brian Narelle) chiamato a sostituire il defunto comandante Powell, si rivolge al suo cadavere conservato crio genicamente in cerca di consiglio.

Una delle attività più importanti vede il Sergente Pinback (interpretato dallo stesso Dan O’Bannon) dare da mangiare alla creatura aliena portata a bordo da utilizzare come mascotte. Ecco, qui, però non immaginatevi proprio la creatura disegnata da H.R. Giger, perché anche se si tratta di un lontano zio dello Xenomorfo, l’alieno di “Dark Star” è… Beh, sembra una palla da basket gigante, oppure uno di quei palloni gonfiabili che si usano al mare o ai concerti Rock, però con un paio di zampette posticce di plastica (Storia vera). Gli Yankee usano l’espressione “Space Cowboy” quando parlano di qualcuno che fa tanti viaggia, usando beh diciamo, svariate sostanze… Direi che per i due matti che hanno sfornato questo film è un espressione azzeccata.

Nello spazio nessuno può sentirti rimbalzare…

L’alieno mascotte è proprio l’incarnazione perfetta di questo film: è chiaro che sia stato pensato con intenti satirici, per non dire spudoratamente umoristici, eppure da solo riesce ad essere il motore di alcune delle scene più riuscite di “Dark Star” come quella dell’ascensore. Ora, capisco bene che chiunque veda questo film la prima volta, resti allibito da quel pallone gonfiato di un alieno, ma personalmente in “Dark Star” vedo non solo tanto amore per il genere fantascientifico, ma il talento di due ragazzi giovani (Giovanni aveva 26 anni quando ha diretto questo film) nel realizzare un credibile film di fantascienza, seppur volutamente ironico, usando colla vinilica, elastici, graffette e un talento che sarebbe stato confermato negli anni a venire.

La scena dell’ascensore è emblematica, se siete un minimo scafati, non vi risulterà difficile capire come è stata realizzata, ma quando vedete Pinback appeso nel vuoto mentre rischia di cadere nella tromba dell’ascensore tenete a mente che è stato girato tutto in una stanzetta dell’università, ma ditemi se la scena non è comunque credibile.

«Le cose sono due, sono ingrassato io, oppure qualcuno qui ha sballato tutto il progetto»

“Dark Star” non solo riesce a raccontare una storia coerente, ma è un film farcito di buone idee (tutte gioiosamente irriverenti) nei confronti dei film di fantascienza. Una delle mie scene preferite è quella in cui Pinback manda i messaggi sulla Terra, non voglio rivelarvi troppo, ma il personaggio è a sua volta protagonista di una sotto trama personale interessante e volutamene comica. Carpenter dirige il tutto con il suo solito piglio diretto: mette il suo compare seduto davanti alla macchina da presa, come se stesse registrando dei video messaggi diretti verso Terra, un’idea semplice, ma efficacissima, volete sapere quanto efficace? Avete mai visto “Sunshine” di Danny Boyle? Bene, quando Cillian Murphy registrava i suoi messaggi dallo spazio da spedire sul pianeta nativo… Ditemi se non sembrava di guardare “Dark Star”. Il trucchetto scelto da Boyle, non è altro che la stessa cosa che Giovanni Carpentiere aveva già fatto nel 1974.

Ma “Dark Star” è anche un film che riprende in modo parodistico e surreale molti elementi del celeberrimo “2001” Kubrickiano: l’intelligenza artificiale qui è rappresentata dal computer di bordo con voce da donna (simile a “Madre” la nave di Alien) e dalle bombe senzienti, che gli astronauti utilizzano per far saltare in aria le stesse instabili.

Bomba bimba bimba bomba bomba boomeranga (cit.)

Ovviamente quello che si ricorda di “Dark Star” sono i tragicomici dialoghi tra astronauti disperati e la Bomba numero 20, convinta che la sua missione di vita sia quella di detonare anche se ancora non è stata sganciata dalla nave, questo genera una serie di scene comiche che sembrano la parodia dei dialoghi con HAL 9000, però sfornati da due amiconi con una gran passione per il genere e altrettanta grande voglia di spaccarsi dal ridere, la scena che chiude il film mi sembra un indizio non da poco.

John Carpenter dirige con mano sicura un film che potrebbe ammazzare la carriera di chiunque meno convinto e sicuro dei propri mezzi e come farà anche in seguito, si occupa anche delle musiche, sottolinea tutti i momenti di maggiore tensione (il conto alla rovescia delle bombe ad esempio) facendo urlare le sue tastiere elettroniche nel silenzio dello spazio e, sempre parlando di musica, non avrebbe potuto trovare un pezzo più azzeccato di Benson, Arizona, infatti la canzone è stata composta (ovviamente dal Maestro) su testo scritto da Bill Taylor e cantato da John Yager (storia vera). 

Charlie non fa il surf… Ma gli astronauti di “Dark Star” si!

Insomma, “Dark Star” è un film di puro artigianato, ma già carico di un sacco di idee fighe, un altro dettaglio comune a molte pellicola di John Carpenter, ma soprattutto è un esordio cinematografico che gronda già tutto il carisma del suo regista, guardate questo film, un sentito, ma irriverente omaggio alla fantascienza e ditemi se dentro non ci vedete Giovanni, che tira una boccata di sigaretta e sbuffa fumo in faccia ad Hollywood, con l’aria di chi non gliene frega un cazzo e vuole solo divertirsi, cosa che per fortuna con i suoi film, non ha mai smesso di fare.

Benson, Arizona, blew warm wind through your hairmy body flies the galaxy, my heart longs to be there! 

Sepolto in precedenza venerdì 29 gennaio 2016

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