Altro giro, altra produzione Shudder molto gustosa, quindi parliamo di un altro Horror che potremmo non vedere mai oppure se siamo fortunati, farà il suo percorso lungo e tortuoso per arrivare fino a noi, proprio come le lettere mai recapitate del titolo.
Passo indietro per i più giovani: prima dei Socia-Cosi per scriversi esisteva solo carta, penna, busta, francobollo e cassetta delle lettere per imbucare, l’equivalente della “spunta blu” erano mesi spesso passati a chiedersi se la missiva fosse andata irrimediabilmente persa, questa premessa non serva a fare il Boomer (che per altro anagraficamente non sono) e giungere al punto che si stava meglio quando si stava peggio, non è vero, ma solo per calarvi in un atmosfera che i due registi, Joe DeBoer e Kyle McConaghy qui mettono su alla grande.
“Dead Mail” è ambientato negli anni ’80… FERMI! Non scappate, perché qui abbiamo una rappresentazione realistica, specialmente nelle capigliature brutte, del decennio dei Jeans a vita alta, quindi dimenticatevi ragazzini sulle BMX, luci al neon a strafottere e minorenni che parlano bene di film di John Carpenter che per visto censura (ed età) non possono aver visto. Ogni riferimento a (strane) cose è puramente casuale eh?
Gli anni ’80 a Joe DeBoer e Kyle McConaghy servono solo per geolocalizzare, anzi no, per evitare trovate come la geolocalizzazione e tutta la tecnologia che avrebbe in automatico reso superato questo film, ma per una volta, non è la scusa comoda con cui negli Horror, ci si gioca il cellulare che non prende per pigrizia narrativa, ma proprio perché questo film è volutamente “low-tech” come il Machete di beh, Machete. Ruota tutto attorno a lettere mai consegnate e a sintetizzatori, il vero suono degli anni ’80 insieme ai sassofoni, per una trama ambientata in quel decennio tanto, così tanto da sembrare una VHS perduta arrivata da quel periodo, con un aspetto generale decadente e opprimente quasi da titolo degli anni ’70, insomma tutto giusto.
Jasper (Tomas Boyki) ha un’ossessione, quella di continuare a scrivere lunghi post di cinema su un sito nel momento storico in cui tutti vogliono solo video di venti secondi possibilmente con gente che fa le faccine o ragazze tettone far trovare alle lettere disperse il loro destinatario, da questo punto di vista è un vero segugio con tutti i contatti giusti, compreso un hacker norvegese che vive in uno scantinato buio e per questo, non viene mai inquadrato in faccia. Perché “Infernet” una volta era così, o per lo meno lo è ancora nel cuore, solo si è dato una pettinata.
Per mettere un po’ di brio alla trama, ci vuole un prologo da Horror classico ma efficace, ovvero un uomo insanguinato che fugge da uno scantinato per infilare una lettera uguale a lui (sporca di sangue) nella buca delle lettere prima di essere catturato nuovamente dal suo aguzzino, stacco, arriva la lunga storia di Jasper, che lavora in un ufficio che vi farà rivalutare il vostro, un luogo senza speranza come la sua ossessione per far ritrovare alle lettere la strada di casa, forse anche per questo i due registi scelgono un trionfo di primi piani, inquadrature strette, spesso volutamente sghembe per aumentare il senso di disagio, perché le parole chiave scrivendo di “Dead Mail” sono proprio queste, ossessione e disagio, ma anche cambio di scenario.
Perché di colpo, Jasper sparisce dalla storia, ma per un tempo eccessivamente lungo, roba che se non fosse stato per il prologo, avrei quasi pensato in un problema su Shudder, zompato improvvisamente su un altro titolo, comunque altrettanto ossessivo, disagiato e sfizioso.
In questa lunga porzione facciamo la conoscenza di Josh (Sterling Macer Jr.) e Trent (John Fleck), in comune hanno la passione per i sintetizzatori, uno è molto bravo a costruire synth artigianali, l’altro decisamente no, ma vuole lo stesso fare il salto avendo fiutato la nicchia di mercato. «Vieni a casa mia a vedere la mia collezione di synth?» diventa l’inizio di una roba alla Misery con più strumenti musicali e meno martelli, per personaggi sfaccettati molto ma molto bene.
Per dire, non ho capito davvero cosa volesse davvero Trent da Josh, invidia, omosessualità latente, semplice follia, il film si guarda bene dall’aprire la porta fornendoci una soluzione univoca, il che non fa che rendere tutto ancora più melmoso nell’atmosfera, sinistro nel risultato e realistico negli effetti, serve davvero sapere tutto di qualcuno perché quello possa fare paura? Non credo, so solo che John Fleck – faccia che avete visto ovunque – qui offre una prova maiuscola, non ne sentirete parlare da nessuna parte, se non qui sulla Bara e poco altro, di sicuro non si porterà a casa premi o coccarde, ma state certi che un pazzo più matto di lui quest’anno in un film, sarà difficile trovarlo.
Insomma “Dead Mail” è un film che fa davvero tutto giusto, forse dura un pochino troppo ma parliamo dell’abbastanza canonica ora e quarantacinque minuti di durata, quindi di certo non una maratona, se volete qualcosa di carico di disagio e vecchia scuola nel cuore, sapete che cosa fare. Firmare, imbucare, spedire.
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