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Death Race 2000 vs. Death Race 2050: Scaldate i motori, i pedoni valgono doppio



Era un pezzo che volevo rivedermi “Anno 2000 –
La corsa della morte”, quindi ho pensato bene di ripassare prima di vedere la
nuova versione del film uscita da poche settimane, poi mi sono detto: perché
non rispettare lo spirito di entrambe le pellicole, facendole scontrare tra di
loro? Il risultato è questo post, che vede “Death Race 2000” (1975) contro
“Death Race 2050” (2017)!
Ladies
and gentlemen, start your engine!

ma prima del semaforo verde, qualche bel pulsatone da schiacciare!

Il Zinefilo corre sul filo della cinefilia
IPMP con le locandine italiane dell’epoca
Fumetti Etruschi presenta “Carmageddon” (2014), il fumetto che fonde film e videogioco


Death Race 2000 / Anno 2000 – La corsa della
morte (1975)



Ib Melchior, chi è Ib Melchior? Su due piedi
risponderei l’uomo con il nome più bello del mondo, ma oltre a questo primato
era anche uno scrittore danese, nonché produttore e regista che ha scritto e
collaborato ad un sacco di titoli, tra cui “Terrore dallo spazio” (1965) di
Mario Bava o la serie tv “Lost in Space”, ma è anche l’autore del racconto
breve intitolato “The Racer” (1952), che una volta elaborato dal cervello
esplosivo di Roger Corman è passato alla storia come il film “Death Race 2000”,
qui da noi “Anno 2000 – La corsa della morte”.

La storia originale si concentrava sul pilota
e il suo meccanico, ovviamente il leggendario Roger Corman capisce che con una
storia del genere si può tirare fuori di tutto, infatti aggiunge il presidente
con poteri illimitati e Frankenstein, il miglior pilota del mondo.



Tipo Fantasma dell’opera, ma fa suonare l’albero a camme, invece che l’organo a canne.

Per la regia sceglie Paul Bartel, anche se i
due hanno idee molto diverse, il produttore voleva un film
estremamente violento e privo di comicità, mentre il regista pensava ad un’atmosfera surreale, dove la violenza non è mai mostrata. Per nostra fortuna, i
due hanno trovato un’azzeccata via di mezzo che ha reso “Anno 2000 – La corsa
della morte” il cult che è ancora oggi.

Nel post datato anno 2000, gli Stati Uniti
d’America non esistono più, annientati dalla crisi economica e da dissidi
interni, al loro posto sorgono le Province Unite d’America, governate da un
Presidente (“Il presidente di che?”) dai poteri illimitati venerato come un
Dio.
La guerra e la violenza non esistono più, ma per
dar sfogo all’umana pulsione di ammazzarci uno con l’altro, ogni anno viene
organizzata la più sanguinosa gara automobilistica del mondo: Transcontinental
Road Race, vince chi taglia per primo il traguardo sulla costa opposta e nel
frattempo colleziona più punti, anziani e bambini valgono molti più punti in
classifica generale.



Gli anziani saranno anche più lenti ma valgono di più.

Il pilota più famoso del mondo è il mascherato
Frankenstein (David Carradine), sopravvissuto a centinaia di incidenti,
ricostruito chirurgicamente e sfigurato sotto la sua maschera di pelle nera
(in realtà gomma, perché Carradine si è rifiutato di indossare vestiti di pelle
in estate, storia vera!).

Gli sfidanti sono una serie di personaggi
coloriti almeno quanto il campione in carica, anche se il massacro su ruote è
minacciato dalla resistenza, intenzionata ad eliminare i piloti per scuotere le
coscienze del popolo.
Roger Corman, sicuro di sé, offre il ruolo del
pilota mascherato a Peter Fonda che in tutta risposta scoppia a ridere
leggendo la sceneggiatura, la soluzione al problema di casting si chiama David
Carradine che aveva appena finito di girare la puntata conclusiva della serie
che lo ha reso famoso “Kung Fu” ed era alla ricerca di un ruolo completamente
diverso. Ditemi cosa volete, ma credo che tra i due ruoli, quello più assurdo
sia ancora il monaco Shaolin che avrebbe dovuto essere interpretato dal vero
creatore di quella serie, ovvero Bruce Lee.



“A vederti così, mi sembri tutto tranne che cinese”.

Carradine, però, è perfettamente a suo agio
nella parte e qui inizia la sua scalata a mito cinematografico, ma
occhio perché il film a facce note è ben messo, l’ambizioso sfidante che
scalpita per battere Frankenstein è interpretato da… Rullo di tamburi… Sylvester
Stallone! Il suo personaggio è il cliché dell’italo-americano malavitoso, (con
mitra Thompson montato sul cofano dell’auto), il suo nome? Qui
davvero tocca allacciarsi le cinture: Machine Joe “Rombo di Tuono” Viterbo,
l’unico che potrebbe scalzare Ib Melchior dalla classifica dei nomi
pazzescamente fighi.

“Frankenstein… sono io che vengo a prenderti!” (Quasi-cit.)

Ecco, anche se di fatto il ruolo è lo stesso (lo sfidante che affronta il campione con tanta voglia di rivalsa per finire poi
sconfitto), diciamo che le parti migliori della sua interpretazione Sly le ha
conservate per quel filmetto uscito l’anno dopo, potreste averne sentito parlare

In ogni caso, Stallone fa il suo dovere, pare
che abbia anche improvvisato gran parte delle battute del suo personaggio che,
in effetti, dopo Frankenstein è il più memorabile del film. Se affinate lo
sguardo, si vede per pochissimo, ma uno dei meccanici è interpretato dal mio
grande amico John Landis, professionista
di comparsate.



Altro che le lucine sotto la macchina di Fast & Furious.

“Death Race 2000” è un B-Movie purissimo, lo è
nella trama e nella messa in scena, basta guardare i costumi volutamente
pacchiani, o le rombanti auto da corsa, che sono poco più che dei golf cart
agghindati con il peggio ciarpame incollato sopra. Eppure, il film ha fatto
storia lo stesso. I suoi 80 minuti, anticipati dai titoli di testa
disegnati a mano con le matite colorate (vedere per credere), filano via tra
personaggi assurdi e volutamente caricaturali, tipo il commentatore della gara
che sembra Claudio Cecchetto, o le sessioni di massaggio ai piloti tra una
tappa della gara e l’altra.

No dai, guardatelo, secondo me è proprio lui in persona.

Eppure, “Anno 2000 – La corsa della morte” è
uno dei titoli più famosi in assoluto quando si parla di futuri distopici e
giochi mortali utilizzati per esorcizzare la violenza e tenere sedato il
popolino davanti alla televisione, basta dire che è uscito lo stesso anno di
quella bomba di Rollerball, anche se
qui il tono è decisamente più da cartone animato.

I vari piloti assurdi come i loro nomi
(Calamity Jane, Matilda la nazista di Milwakee, e Nero the Hero) e le loro
morti, qualcuna in stile Willy il coyote, mescolano l’atmosfera dei “Wacky
races” con la violenza del soggetto, sembra davvero di guardare il film
ispirato al cartone animato di Hanna-Barbera, solo con il sangue e il futuro
distopico al posto del cane Muttley che se la ride dall’automobile di Dirk
Dastardly.



Manca solo Muttley che se la ride.

Ma sotto la scorza cialtrona, “Death Race
2000” nasconde stoccate alla società e un attivismo politico mai davvero
celato, l’equivalente di prendere per il bavero lo spettatore e scuoterlo
dicendogli: “Svegliati, ti stanno tenendo alla catena rimpinzandoti con tv
spazzatura”. Insomma: satira, drittissima pura e semplice satira del tipo
migliore.

Roger Corman in questo b-movie ha impresso
tante di quelle idee che negli anni in tanti hanno pescato a piene mani da
questo film, se più o meno siete della mia leva, ancora vi ricordate le
(inutili) polemiche per quel videogioco violentissimissimo dove si stiravano i
pedoni, chiamato “Carmageddon”. Ma oltre ai videogiochi, il film ha ispirato un
ideale seguito con le moto al posto della auto (“I gladiatori dell’anno 3000”
dello stesso anno) e tre prequel/remake, di cui uno diretto dal solito Paul W. S. Anderson. E poi,
ovviamente, il quasi remake del 2017, a questo proposito…
Death
Race 2050

Dietro ad una bella locandina di solito ci sta
un brutto film, questa volta non è così, anche se bisogna digerire il nome
“ROGER CORMAN” a caratteri cubitali. Capisco che l’ultranovantenne produttore
sia un nome che tira più del regista e sceneggiatore G.J. Echternkamp (Salute!), sappiate che proprio come il film originale Corman ci mette solo il nome, ma
anche lo stampo, perché “Death Race 2050” è in tutto e per tutto identico al
film del 1975, se non per qualche gustosa variante.
I primi minuti sono spiazzanti, sembra davvero
di stare guardando una versione aggiornata del vecchio film, fatto con (un po’)
più soldi e con Malcolm McDowell, sempre morigeratissimo, nella parte del
Presidente (lasciatemi l’icona aperta che ripasso sgommando…), bisogna digerire
il fatto che per una mezz’ora buona, sembra che Echter… Echternka… Sembra che
G.J. non voglia urtare il suo produttore venendo accusato di lesa maestà,
infatti “Death Race 2050” sembra una copia carbone del cult che già conosciamo.



“Ok, Show Me”… Ah no scusate, macchina sbagliata.

Nel senso che è tutto ripetuto uguale a se
stesso: la giornalista bionda, popputa e svampita che dice che tutti gli
intervistato sono suoi grandi amici, il rivale che sputa sull’auto di Frankenstein
(un perfetto Manu Bennett) beccandosi una minaccia di morte, c’è persino la
co-pilota bionda, con lo stesso identico ruolo, ma con le gambe (mica male) di
Marci Miller.

“Anche con quella maschera, ti ho visto che mi guardavi il culo”.

Le novità sono pochine, ma azzeccate, ad
esempio, gli spettatori possono seguire la gara in tempo reale attraverso un
visore da realtà virtuale (in realtà occhialini da nuoto dipinti, ma è pur
sempre un B-Movie no?) e, ovviamente, anche gli sfidanti sono stati un minimo
aggiornati.

Matilda la nazista di Milwakee è diventata Tammy la terrorista (Anessa Ramsey), bionda sul tipo “White Trash” come direbbero i
nostri amici dall’altra parte dell’Atlantico che prega strane divinità tra cui
Tom Hanks (!). Minerva Jefferson (Folake Olowofoyeku) intravista in Westworld, vi terrà allegri con il suo nuovo singolo, l’appena appena
martellante “Drive, Drive, Kill, Kill, Drive” e via dicendo così per una
mezz’ora buona.



Ti si ficca in testa peggio del ritornello di “Ramaya”.

Mentre il sostituto di Sylvester Stallone è
Jed Perfectus (Burt Grinstead) e non venite a dirmi che il nome non lo hanno
pescato da Mad Max – Furiostrada
perché non ci credo!

“Che giornata! Che splendida giornata!” (Cit.)

“Death Race 2050” si mette perfettamente in
scia all’originale, istruzioni per l’uso: se non amate il cinema povero e
cazzaro tenetevi alla larga e sappiate che l’unico difetto è una certa
ripetitività nello sviluppo della storia che si avverte molto di più rispetto
al primo film, il che è strano visto che la struttura, gara, pausa in attesa
della prossima tappe e nuova gara, è identica a quella del 1975.

Il bello è il finale che non è certo
rivoluzionario, ma a suo modo riesce a rivisitare quello del
film del 1975, ma la vera forza di “Death Race 2050” è il suo essere
assolutamente spudorato: uccisioni e ammazzamenti, donnine nude e cazzoneria
diffusa come solo un piccolo film indipendente può offrire nel cinema
bacchettone del 2017, ma ancora di più una presa di posizione satirica
chiarissima.
Il presidente dei nuovi Stati Uniti d’America,
si vanta con gli amici di aver fatto raggiungere al Paese il 99% di disoccupazione,
felice di essere potente e ricco sfondato e per rendere ancora più chiaro il
messaggio, si perde anche il giusto tempo a fare battute sugli strambi capelli
del presidente, tanto che Malcolm McDowell sfoggia un ciuffo in cui pare
abbiano fatto il nido un paio di razze diverse di pennuti, sarà pure satira di
grana spessa, ma direi che il messaggio (e il bersaglio) è piuttosto chiaro, no?



“Presidente di che?” (Cit.)

Insomma, vi avevo promesso una gara ed in ogni
gara c’è un vincitore, chi vince la sfida tra i due film? Sicuramente Anno
2000 – La corsa della morte senza il quale non avremmo avuto tanti giochi
mortali cinematografici tipo L’Implacabile, ma in realtà a vincere è la serie Z
del cinema, che quando sfoggia questa satira e questa faccia da culo, è più
divertente di tanta serie A troppo impegnata a non offendere nessuno.

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