Dietro ad una bella locandina di solito ci sta un brutto film, questa volta non è così, anche se bisogna digerire il nome “ROGER CORMAN” a caratteri cubitali. Capisco che l’ultranovantenne produttore sia un nome che tira più del regista e sceneggiatore G.J. Echternkamp (Salute!), sappiate che proprio come il film originale Corman ci mette solo il nome, ma anche lo stampo, perché “Death Race 2050” è in tutto e per tutto identico al film del 1975, se non per qualche gustosa variante.
I primi minuti sono spiazzanti, sembra davvero di stare guardando una versione aggiornata del vecchio film, fatto con (un po’) più soldi e con Malcolm McDowell, sempre morigeratissimo, nella parte del Presidente (lasciatemi l’icona aperta che ripasso sgommando…), bisogna digerire il fatto che per una mezz’ora buona, sembra che Echter… Echternka… Sembra che G.J. non voglia urtare il suo produttore venendo accusato di lesa maestà, infatti “Death Race 2050” sembra una copia carbone del cult che già conosciamo.
Nel senso che è tutto ripetuto uguale a se stesso: la giornalista bionda, popputa e svampita che dice che tutti gli intervistato sono suoi grandi amici, il rivale che sputa sull’auto di Frankenstein (un perfetto Manu Bennett) beccandosi una minaccia di morte, c’è persino la co-pilota bionda, con lo stesso identico ruolo, ma con le gambe (mica male) di Marci Miller.
Le novità sono pochine, ma azzeccate, ad esempio, gli spettatori possono seguire la gara in tempo reale attraverso un visore da realtà virtuale (in realtà occhialini da nuoto dipinti, ma è pur sempre un B-Movie no?) e, ovviamente, anche gli sfidanti sono stati un minimo aggiornati.
Matilda la nazista di Milwakee è diventata Tammy la terrorista (Anessa Ramsey), bionda sul tipo “White Trash” come direbbero i nostri amici dall’altra parte dell’Atlantico che prega strane divinità tra cui Tom Hanks (!). Minerva Jefferson (Folake Olowofoyeku) intravista in Westworld, vi terrà allegri con il suo nuovo singolo, l’appena appena martellante “Drive, Drive, Kill, Kill, Drive” e via dicendo così per una mezz’ora buona.
Mentre il sostituto di Sylvester Stallone è Jed Perfectus (Burt Grinstead) e non venite a dirmi che il nome non lo hanno pescato da Mad Max – Furiostrada perché non ci credo!
“Death Race 2050” si mette perfettamente in scia all’originale, istruzioni per l’uso: se non amate il cinema povero e cazzaro tenetevi alla larga e sappiate che l’unico difetto è una certa ripetitività nello sviluppo della storia che si avverte molto di più rispetto al primo film, il che è strano visto che la struttura, gara, pausa in attesa della prossima tappe e nuova gara, è identica a quella del 1975.
Il bello è il finale che non è certo rivoluzionario, ma a suo modo riesce a rivisitare quello del film del 1975, ma la vera forza di “Death Race 2050” è il suo essere assolutamente spudorato: uccisioni e ammazzamenti, donnine nude e cazzoneria diffusa come solo un piccolo film indipendente può offrire nel cinema bacchettone del 2017, ma ancora di più una presa di posizione satirica chiarissima.
Il presidente dei nuovi Stati Uniti d’America, si vanta con gli amici di aver fatto raggiungere al Paese il 99% di disoccupazione, felice di essere potente e ricco sfondato e per rendere ancora più chiaro il messaggio, si perde anche il giusto tempo a fare battute sugli strambi capelli del presidente, tanto che Malcolm McDowell sfoggia un ciuffo in cui pare abbiano fatto il nido un paio di razze diverse di pennuti, sarà pure satira di grana spessa, ma direi che il messaggio (e il bersaglio) è piuttosto chiaro, no?
Insomma, vi avevo promesso una gara ed in ogni gara c’è un vincitore, chi vince la sfida tra i due film? Sicuramente “Anno 2000 – La corsa della morte” senza il quale non avremmo avuto tanti giochi mortali cinematografici tipo L’Implacabile, ma in realtà a vincere è la serie Z del cinema, che quando sfoggia questa satira e questa faccia da culo, è più divertente di tanta serie A troppo impegnata a non offendere nessuno.
Sepolto in precedenza martedì 28 febbraio 2017
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