Qui alla Bara
Volante ci siamo presi a cuore la saga di Death Race e del suo celebre pilota
mascherato Frankenstein creato nel 1975 dal mitico Roger Corman, potevo farmi scappare il nuovo capitolo fresco fresco
di carrozzeria?
Inoltre, ho un
co-pilota di lusso oggi, oppure sono io ad essere il suo co-pilota? Vabbè, non
importa, l’importante è tenere le mani sul volante, prendere bene le curve e cliccare
forte sul tasto colorato per leggere la recensione di Lucius Etruscus sulle pagine del Zinefilo!
ci sta? Come detto tutto è iniziato nel 1975 con Anno 2000 – La corsa della morte un titolo di culto con David
Carradine che nel 2008 ha avuto un divertente prequel diretto da Paul W. S. Anderson con Jason Statham sotto la maschera
del pilota Frankenstein.
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“Niente panico, è solo Cassidy che commenta un altro Death Race, ormai è una tradizione”. |
La corsa di Frankenstein
continua in home video, dove il regista Roel Reiné, specialista di seguiti DTV
sforna gli sfiziosi Death Race 2 e Death Race 3 – Inferno. A questo punto,
al vecchio Roger Corman salta la mosca al naso, com’è che qualcuno fa soldi con
una MIA idea? Quindi, ci propone quello che, a sua detta, è il seguito ufficiale
di “Anno 2000 – La corsa della morte”, ovvero Death Race 2050, altro titolo molto divertente che non manca di stoccate
satiriche all’attuale presidenza americana in carica.
di nuovo nella mani dello sceneggiatore Tony Giglio che ha ereditato il
franchise direttamente da Anderson che, però, si trova a dover colmare la
defezione di Roel Reiné corso a dirigere prima la serie tv “Blood Drive” (che
devo ancora vedere, ma ho degli informatori attentissimi) e poi qualche episodio di Inhumans
per la Marvel, per ragioni diverse, entrambe esperienze non finite benissimo, ecco.
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Ah! Poi ogni tanto nel film, si ricordano anche di fare qualche gara in auto. |
Nessun problema,
basta trovare un altro regista specializzato in seguiti per il mercato Home
Video, uno come Don Michael Paul, quello che ci ha regalato, ad esempio, Tremors 5 – Bloodlines. Ed insieme a lui
devono essere arrivati un altro po’ di dollarazzi con cui rimpinguare le casse
della saga perché, malgrado qualche difetto, tutto sommato questo nuovo “Death
Race 4 – Beyond Anarchy” ti salva la serata.
principale è che alla fine di Death Race 3 – Inferno, sotto la maschera di Frankenstein era finito (contro la sua
volontà) il cattivone della serie, fin dai tempi in cui era interpretato da
David Carradine, il nostro Frank non ha mai avuto dei modi da vero gentiluomo,
ma non era mai stato il vero cattivo della storia, al massimo un antieroe
ultra violento quello sì, quindi Tony Giglio e Don Michael Paul devono
inventarsi un espediente per raggirare questo problema.
interpretato qui dallo zazzeruto Velisla… Velislav Pavl… Velislav Pav… Oh,
insomma da uno con i capelli lunghi! Tanto in faccia non lo vediamo mai! Dicevo
Frank governa il suo carcere con il pugno di ferro, tra le mura della prigione
continuano i giochi al massacro, in cui i nuovi arrivati vengono utilizzati
come carne da macello per le varie gare motorizzate.
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Frankenstein questa volta in versione “Belli capelli”. |
Non serve nemmeno
mandare la SWAT per liberarsi di Frankenstein, infatti nella prima scena del
film gli agenti inviati dentro alla prigione vengono fatti a fettine,
letteralmente! Visto che alcuni energumeni li triturano con la motosega
facendoli a listarelle sottili sottili che dopo non potete dire di no.
autosufficiente anche grazie al lavoro di Baltimore Bob che garantisce un
quantitativo costante di benzina per motori e macchine, Bob fornisce carburante
e in cambio Frank lo lascia in pace di gestirsi la sua scuderia guidata dal
solito capomeccanico Lists (Frederick Koehler, unica vera costante in termini
di casting di questa serie). Ah, vi ho detto che Baltimore Bob è interpretato da
quella vecchia pellaccia di Danny Glover?
Non so voi, ma io sono sempre contento di vederlo in un film!
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“Sono troppo vecchio per queste stronzate, ma continuo a farle!”. |
Fuori, la Weyland (si proprio QUELLA
Weyland) vuole riprendersi a tutti i costi la prigione, quindi, cosa può
fare la compagnia del film Alien per
riprendere il controllo su una prigione inaccessibile dietro le cui mura i
carcerati si sono riorganizzati in bande di pazzoidi assetati di sangue?
Facile, l’unica cosa che possono fare è omaggiare 1997 Fuga da New York!
impossibile, meglio mandare un tizio silenzioso e possibilmente con i capelli
lunghi a fare il lavoro sporco, qui il “volontario” è Connor Gibson,
interpretato da Zach McGowan. Anche se ammetto di averci messo un attimo a
riconoscerlo, non tanto perché si è spuntato i rasta che sfoggiava quando
faceva il pirata in Black Sails,
quanto più che altro che riuscivo a capirlo mentre parlava, strano perché in
“Vele Nere” si esprimeva a suoni gutturali come se gli fosse andato di traverso
un motore diesel, aveva ingoiato la palla di pelo come i gatti forse?
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“Si sfotti Cassidy, intanto io con gli addominali ci grattugio il parmigiano, tiè”. |
Il nostro Connor
Gibson fa subito conoscenza della colorita fauna locale e pronti via è già
impegnato in una rissa al fianco di una nuova arrivata, sbarcata nella prigione
insieme a lui, un’Orientale con look da alternativa di nome Gipsy Rose (Yennis
Cheung) che dimostra subito di saper menare le mani.
mani, diciamo che Don Michael Paul fa un lavoro decente di regia, limita il
numero degli stacchi e tiene la macchina da presa ad una distanza decente,
quindi le scene di lotta funzionicchiano, o per lo meno tocca farsele bastare.
Beyond Anarchy” è un filmetto onesto, sincero nel suo guardarsi in faccia
consapevole di quali sono i veri punti di forza della saga,
ovvero: un protagonista impegnato a sfidare la morte e gli avversari in varie
prove di lotta e di guida, contornato da tante belle figliole vestite il meno
possibile, il tutto con una continuità garantita dagli attori, infatti oltre a Frederick
Koehler torna pure il mitico Danny Trejo che necessita di una parentesi tutta
sua.
nel capitolo precedente, l’Ebreo Messicano (eh!?) Goldberg ora è un uomo libero, ma siccome Danny Trejo non
rifiuta la partecipazione ad un film dal 1986, qui lo vediamo comparire, per
altro senza interfacciarsi mai davvero con nessun altro componente principale
del cast, come se le sue parti fossero state girare nel soggiorno di casa
Trejo e non mi stupirei di scoprire che è davvero andata così!
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Una normale giornata di lavoro del nostro Danny Trejo. |
Trejo gestisce le
scommesse sulle gare dal Messico e segue i vari match dalla tv di casa, di
solito circondato da signorine come El Carino (la guardabile Vanina Arias),
insomma a casa davanti al televisore con delle donne nude, avrà pure ricevuto
uno stipendio Danny Trejo per questo ruolo?
Bisogna dire che
il film forse dura un po’ troppo per la media di un prodotto del genere, un’ora
e cinquanta minuti non è un’enormità, ma troppo spesso il ritmo viene spezzato
dalle parti in cui Connor Gibson amoreggia con la bionda barista Jane,
interpretata da Christine Marzano, una che ha recitato in film anche abbastanza
noti (tipo “Sette psicopatici” 2012), peccato che il suo personaggio serva solo ad allungare il brodo della trama.
Race 4 – Beyond Anarchy” ha l’onestà di chi sa che tra il precedente capitolo e
questa nuova corsa della morte, non solo è uscito Death Race 2050, ma anche un filmetto di cui potreste aver sentito
parlare come Mad Max Fury Road,
motivo per cui tutti i criminali in prigione, hanno un look molto post
apocalittico che strizza l’occhio al capolavoro di George Miller.
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“Loro avevano il chitarrista sparafuoco? Beh noi abbiamo il ciplope bassista, allora?”. |
Quella più a suo
agio di tutte resta Bexie (Cassie Clare)
copilota di Connor alle prese con un personaggio che per look ed attitudine,
ricorda un po’ la capa delle prostitute di “Sin City” interpretata da Rosario
Dawson, ma una menzione speciale la merita la bionda adibita a sventolare la
bandiera della partenza dell’ultima gara finale, avete presente quando in Furiostrada, i Figli della Guerra si
sparano lo spray argentato in faccia prima di entrare in azione? Ecco, qui la
bionda sbandieratrice ci offre la sua versione di questo concetto, indossando
di fatto solo la vernice spray. Ma non in faccia.
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“Ammiratela!” (Quasi-Cit.) |
Zach McGowan a
vederlo qui sembra spesso uno appena sceso dal letto, quando si tratta di
recitare era decisamente più ispirato in Black Sails, ma tutto sommato tiene botta, anche se non si capisce perché il suo
personaggio è quasi sempre a petto nudo a mostrare i muscoli, anche noi momenti
più improbabili. Cioè, lo capisco perché, mi pare pure giusto che
ci siano pari opportunità e uguali quantitativi di donne e uomini nudi per accontentare
il 100% del pubblico.
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Provate ad indovinare quale di questi è il protagonista. |
Don Michael Paul usa tutto il suo mestiere per tirare fuori il meglio, nella grossa scena di
lotta con l’energumeno sotto la pioggia, Zach McGowan risulta abbastanza
credibile, se non altro perché il gigante con cui lo fanno scontare è goffo e
lento, ma minacciosissimo poiché armato di falce e martello, si sa che la paura
del Comunismo fa sempre presa sui nostri amici Yankee, no? Poi sì, di fatto è la
versione poverina dello scontro tra Jena Plissken ed Ox Baker nel già citato Fuga da New York, ma ormai dovreste
aver capito che il modello è quello!
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La falce e il martello non saranno mica un metaforone, veeeeeero? |
Questo quarto
capitolo tiene conto della concorrenza impossibile da battere come quella
del film di George Miller, ma anche di quella più alla sua portata, Death Race 2050 portava avanti la
tradizione dei mitici Wacky Racers, il cartone animato di Hanna e Barbera che
ispirò anche Corman nel 1975. Quindi “Death Race 4” per non essere da meno, quando
è il momento di far gareggiare i personaggi, sforna una serie di loschi figuri
dai nomi strambi quando il loro aspetto, parliamo di The Fireman, Cleopatra,
oppure Nazi-Bitch, giusto per darvi un’idea. Ma sembra quasi un obbligo contrattuale, visto che per vedere finalmente qualcuno sgommare in auto, bisogna aspettare la fine del film!
è sicuramente il tizio vestito da poliziotto (poliziotti? Pompieri? Manca l’indiano
poi sembrano i Village People!) con tanto di Monster truck a tema che nel film,
bisogna dirlo, fa la sua porca figura.
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Se ti lampeggiano chiedendo di accostare, forse è meglio fermarsi. |
Anche se poi i momenti comici veri e
propri sono davvero pochi, tipo il Nazista che insulta il tipo di colore usando
la famigerata parola con la “N”, però pronunciata in Tedesco, un modo spiritoso
di raggirare il visto censura, specialmente quando poi puoi giocarti la
reazione di Danny Glover che stizzito dice: «Non avrà mica detto quello che
penso?» sembra
quasi una strizzata d’occhio ai vecchi tempi, quando piantava casino nell’ambasciata del Sud Africa.
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“Madonna quanto mi manca Mel Gibson…”. |
Certo, non bisogna
aspettarsi chissà quali colpi di scena, se siete avvezzi a questa serie e ai vari
cambi di identità sotto la maschera Frankenstein il finale non è proprio
impossibile da intuire ed è forse questo il problema di “Death Race 4 – Beyond
Anarchy”, esattamente come per Tremors 5,
Don Michael Paul è uno che sa gestire il budget facendolo sembrare meno
pezzente di quello che sembra, grazie a parecchio mestiere porta anche a casa
il risultato, ma non aspettatevi certo novità o chissà che trovate originali,
sembra un film consapevole di essere ancora qui a correre a sgommare impegnato
a garantire un prossimo capitolo, il che per salvarmi la serata può andare
anche bene, d’altra parte è la tradizione della corsa della morte, Frankenstein
deve continuare a guidare, quindi per questa volta Don Michael Paul è
perdonato, per il prossimo capitolo, però, qualche idea in più non guasterebbe, e magari qualche gara di macchine, grazie!