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Déjà Vu (2006): La sensazione che si può descrivere soltanto in francese (Ritony al futuro)

Benvenuti al nuovo capitolo della rubrica… Lo Scott giusto!

Benvenuti al nuovo capitolo della rubrica… Lo Scott giusto! Ehi! Ho come una sensazione di déjà vu, vabbè in ogni caso: benvenuti al nuovo
capitolo della rubrica… Lo Scott giusto!

Déjà vu

Aggettivo:
Privo di originalità, pressoché identico ad altro già visto
in passato.
sostantivo maschile:
In psicologia, sensazione di aver già vissuto in precedenza
una situazione che si sta attualmente verificando.
Come abbiamo visto nel corso della rubrica, quello
proletario della famiglia Scott ha sempre avuto una certa tendenza a ripetere le
soluzioni e le storie che nel suo cinema hanno funzionato, senza fare i soliti
paragoni, pensiamo ai punti di contatto tra Revenge
e Man on fire, ad esempio. Insomma:
potremmo dire che il cinema del nostro Tony vive di déjà vu. Ma più per caso
che per vero merito, la distribuzione di uno strambo Paese a forma di scarpa,
aggiungendo l’inevitabile sottotitolo “Corsa contro il tempo”, forse per una
volta ha fatto un favore allo Scott che conta, mettendo in chiaro quella che è una
delle tematiche chiave di tutto il suo cinema: la corsa contro il tempo.

Tony in tutta la sua scottante “Scottezza” (o Scottitudine? Vabbè fate voi)

Certo, bisogna dire che “Déjà vu” è nato proprio per via
delle ripetizione, la produzione, ad esempio, è sempre quella del solito Jerry
Bruckheimer, ma per la trama questa volta bisogna fare un giro un po’ più
lungo che inizia con gli sceneggiatori Terry Rossio e Bill Marsilii.

Il primo ha lunga esperienza con i cartoni animati come Aladdin ed insieme al compare è
riuscito a spremersi le meningi per partorire questa stramba storia di una
specie di indagine di polizia al contrario, in cui, per una volta, lo sbirro
protagonista ha la possibilità di inchiodare il colpevole prima che compia il gran
casino, nella fattispecie, un attentato terroristico in cui un traghetto pieno
di persone verrà fatto esplodere a New Orleans uccidendo 543 innocenti.

Alcune delle vittime, tra cui una interpretata da Donna W. Scott, moglie di Tony (storia vera)

Il tocco di colore lo ha inserito Bill Marsilii, un tocco
anche leggermente necrofilo se vogliamo dirla proprio tutta, secondo Marsili il
poliziotto avrebbe dovuto nel corso dell’indagine innamorarsi di una delle
testimoni chiave della vicenda, anche se di fatto la prima volta che l’ha
vista, lei era già sdraiata sul tavolo del patologo. Non mi state già più
seguendo? È perché non pensate quadrimensionalmente (cit.).

I film ci hanno insegnato che il tempo è qualcosa di
lineare, non una specie di grossa sfera piena di wibbly wobbly… time-y wimey… stuff. Ma parliamoci chiaro: a
Tony Scott tutte questa roba da nerd non interessa minimamente. Una volta
letta la sceneggiatura lo Scott giusto cerca di convincere Jerry Bruckheimer a
tagliar via tutta quella roba fantascientifica, per realizzare un film più
lineare ed incentrato sulla sorveglianza, il che, se ci pensate, è abbastanza
naturale, parliamo dell’uomo che ha diretto Nemico Pubblico, ma anche di un regista con un occhio bionico per il cinema, le
inquadrature e il montaggio, tenetemi l’icona aperta su questo punto, più
avanti ci torniamo.

“Lasciare l’icona aperta. Ripeto, abbiamo ricevuto l’ordine di lasciare l’icona aperta”

Tony se ne tira fuori: “No, guarda Jerry a me questa roba da
secchioni non interessa, come se avessi accettato!”. A quel punto, però, la stessa
sceneggiatura finisce nella mani di Denzel Washington che reagisce in maniera opposta,
per lui quel soggetto è una bomba e lo sarebbe ancora di più se diretta dal
suo vecchio amico Tony, quindi Denzel fa il diavolo a quattro corre dal suo
vecchio compare e lo convince a tornare dietro la macchina da presa, terzo film
insieme per i due dopo Allarme Rosso
e Man on Fire e il tassametro corre.
Con la conferma di Tony Scott a bordo e di Denzel Washington sapete chi sono
stati i più felici di tutti? Terry Rossio e Bill Marsilii che sono riusciti a
farsi pagare da Jerry Bruckheimer la bellezza di quattro milioni e mezzo di
fogli verdi, con sopra le facce di alcuni presidenti defunti, la loro
sceneggiatura (storia vera). Al netto del risultato, quella volta che i Padri Pellegrini hanno portato via ai nativi l’isola di Manhattan in cambio di un
sacchetto di perline, è stato un atto lecito.

Un film diretto da Tony Scott con Denzel come protagonista, ora ho capito
perché si chiama “Déjà Vu”.

Quello che, a differenza del protagonista del film, la
produzione non poteva prevedere, era un altro genere di disastro imminente, uno
anche parecchio grave come l’uragano Katrina che nell’agosto del 2005 colpisce
e mette in ginocchio la città di New Orleans, l’ultimo dei danni, forse quello
più marginale colpisce proprio la produzione di “Déjà Vu” che subisce una sonora
battuta d’arresto.

Quando la produzione pensa di spostare tutto in un’altra
città, Denzel e Tony che saranno anche stati in disaccordo sulla qualità delle
sceneggiatura, non hanno nessun dubbio: si resta nella “Big Easy” per contribuire
a riportare fondi nello Stato della Louisiana. A volerci scherzare un po’ su,
verrebbe da dire che dopo un disastro così bisognava affidarsi a qualche
entità superiore, una qualunque e per non sbagliare “Déjà Vu” ha potuto contare
su tutti: Malcolm X (Denzel), Jim Morrison (Val Kilmer qui più bolso che mai) e
Gesù (James Caviezel).

Lo vedo un po’ nervoso, forse non è il caso di spiegargli la mia teoria sul Gesù nero.

Ricordo di essere andato a vederlo al cinema come con tutti
gli ultimi film di quello giusto di casa Scott, ricordo anche che un paio di
giorni dopo al lavoro un mio collega che lo aveva visto senza capirci molto, mi
ha chiesto delucidazioni. Io mi sono anche impegnato a cercare di rendere più
chiaro possibile il paradosso, ma il massimo che ho portato a casa è stato una
faccia a forma di punto interrogativo da parte del mio collega e la sua affermazione:
«Hai una certa propensione per questa roba vedo». Un po’ ho capito come si sono
sentiti Terry Rossio e Bill Marsilii davanti al primo rifiuto di Tony (storia
vera).

Me lo sono rivisto qualche giorno fa in vista di questa
rubrica insieme alla mia Wing-Woman, anche lei ben poco presa dalla trama ed è
inutile girarci troppo attorno: “Déjà Vu” è un film girato come al solito alla
grande e sostenuto quasi interamente da un Denzel Washington in grande forma,
che si carica personaggio, svolte (e inevitabili “Spiegoni”) sulle spalle, ma
risulta troppo spezzato tra le sue due anime. La parte fantascientifica della
storia fa capolino parecchio in là nel corso del minutaggio e monopolizza il
ritmo del film, in parecchi momenti è chiaro che lo Scott giusto si sia messo
al servizio della storia, ma le parti che gli riescono meglio di sicuro non
sono gli infiniti monologhi pseudo scientifici (che vengono inevitabilmente
percepite come roba da nerd), quanto più che altro i momenti d’azione e le
parti più intimiste.

“Quando è il momento dell’azione fate un fischio, sono già pronto”

La scena iniziale del traghetto, girata in pieno giorno è
drammatica quanto basta, uno dei momenti migliori resta l’inseguimento in differita
con il casco ottico che è una specie di versione in grande di quando sei
costretto a guidare con una lente a contatto fuori posto, però diretta da Tony
Scott, con il suo senso del ritmo e della composizione dell’immagine, quindi
comunque bellissima, ma un po’ troppo sola e solitaria in un film così.

Credo non ci fosse trovata migliore che rendere il
protagonista un agente dell’ATF, non solo perché così Tony ha avuto un’altra
occasione di far indossare ai suoi personaggi un berretto da baseball, ma
soprattutto perché lo scambio di battute «Un uomo non ha mai abbastanza alcool,
tabacco e armi da fuoco», «Mi viene in mente un’altra cosa», potrebbe essere il
titolo della biografia dello Scott giusto. Sta di fatto che l’agente dell’ATF Doug
Carlin (Denzel) è un dritto, uno di quelli che capiscono le cose prima di tutti
e grazie ad un paio di occhiate al cadavere della bella Claire Kuchever (Paula
Patton) si mette subito sulla strada giusta per beccare l’attentatore dinamitardo
che ha fatto saltare per aria il traghetto con a bordo 543 innocenti.
Denzel è talmente un dritto, che l’agente dell’FBI Val “Ciccio”
Kilmer lo arruola subito in una squadra speciale che dispone di tecnologia
innovativa, una specie di grossa finestra High Tech che consente di spiare l’andamento
regolare del flusso del tempo, a partire da quattro giorni nel passato da
questo momento, un tempo sufficiente per collezionare prove e inchiodare l’attentatore
prima (che nel passato) colpisca.

Un volta era “Iceman”. Ora potrebbe essere “Ice cream” (Ehi! Questa battuta dovevo giocarmela per “Top Gun 2”)

La tecnologia ci viene lungamente spiegata con la solita
tecnica del foglio piegato su se stesso, avete presente la pagina del calendario
di Miss Marzo 2047 di Punto di non ritorno? Sempre quella, lo stesso modo di
spiegare il multiverso che se lo utilizza Nolan in “Interstellar” (2014) è un
genio, se lo fa Tony Scott non se lo ricorda nessuno.

Questa finestra sul cortile tempo è un po’ venuta
fuori per caso, gli scienziati stavano studiando i soliti tachioni e PUFF! Eccoci
qui a spiare quattro giorni nel passato, da bravi nerd conoscono benissimo la
lezione di Doc Brown e non vogliono mettere in pericolo il continuum
tempo-spazio distruggendo l’intero universo, quindi si limitano ad usare questa
scoperta come un’enorme webcam di sicurezza, che Tony Scott sa benissimo come
rappresentare, chiudiamo quell’icona? Dài, forza, sotto con l’icona!

Le finestre (di Windows) sul cortile.

Prima o poi tutti i grandi registi fanno un film sullo
sguardo, è normale quando per lavoro filmi la realtà utilizzando il filtro di una
o più (nove nel caso di Tony) macchine da presa, lo ha fatto zio Hitch nel 1954
con “La finestra sul cortile”, lo hanno fatto registi di stampo hitchcockiano
come Brian De Palma e John Carpenter, lo ha fatto George A. Romero e qui tocca
a Tony Scott, ovviamente con il suo stile sempre riconoscibile.

Quello che fa diventare sospettoso l’agente dell’ATF è il
modo in cui i tecnici riescono a muoversi in lungo e in largo nel flusso del
tempo, entrando dentro le case, aggirando porte chiuse, spiando Paula Patton
nuda che fa
la doccia attraverso le pareti, un controllo dello spazio che è
quello tipico della regia e della post produzione digitale a cui Tony Scott ci
ha abituati da Nemico Pubblico in
poi.

Il mondo dal punto di vista dello Scott giusto.

Con la sua regia muscolare e il completo controllo dello
spazio del grande schermo, se “Déjà Vu” fosse stato un film sulla sorveglianza,
sono sicuro avrebbe funzionato meglio, qui, invece, la parte fantascientifica sembra
infilata dentro a forza, infatti Terry Rossio e Bill Marsilii si sono sbrigati
a dare subito la colpa delle parti scientifiche poco probabili (con la stessa
corrente riescono a mandare indietro nel tempo un foglietto, ma anche i quasi 90
chili di Denzel? Bah…) alla regia e ai tagli di Tony Scott, i soldi devono aver
dato un po’ alla testa a quei due.

“Denzel lo hai visto Salto nel buio?”, “Un’altra di quelle tue robe da Nerd per caso? Muoviti sono scomodo qui dentro”

Perché la parte fantascientifica, forse, è giusto abbozzata,
oppure davvero al regista interessava poco, ma per la caratterizzazione del cattivone
interpretato da James Caviezel che scuse abbiamo? Un generico fanatico patriottico/religioso
che agisce per motivi non ben specificati, considerando che ha il volto di Caviezel,
la spiegazione che mi sono dato io sono stati i maltrattamenti subiti da Mel
Gibson sul set di “La passione di Cristo” (2004), ma magari sono io che cerco
del torbido.

Resta il fatto che “Déjà Vu” è un intrattenimento che
procede un po’ a strappi, che conferma quanto Tony Scott e Denzel Washington
stessero bene artisticamente insieme, come il cacio sopra i maccheroni, come il
pane con la Nutella come… Devo smetterla di scrivere quando ho fame, guardate
che razza di frasi mi vengono fuori!

Per farmi perdonare, vi metto una foto della bella Paula Patton.

De Tony Scott mostra la grande macchina (che chiameremo “macchinone”)
come il braccio armato (di macchina da presa) della sua regia, il perfetto
contraltare di questo grande fratello (Scott) è proprio Denzel che qui ha il
ruolo di rappresentare il punto di vista dello spettatore che di questa roba da
nerd non ci capisce niente. Monumentale la scena in cui per capire se Paula
Patton può essere ancora salvata, Denzel prende una sedia, la scaraventa contro
un monitor sbraitando in cerca di una semplice risposta alla domanda: «Quella
donna è viva oppure è morta?». Aspetto il giorno di poter concludere una
riunione di lavoro piena di frasi in finto inglese, acronimi, sigle, «Business!»
e «Cash!» vari nello stesso identico modo. Giuro di dire anche «Citazione», mimando le virgolette in aria per esser il più irritante possibile dopo averlo
fatto (storia vera… Succederà quattro giorni da ora. Forse).

L’uomo che vorrei presentare ai miei colleghi di lavoro.

La verità è che “Déjà Vu” è un film che arriva da un passato
dietro l’angolo, ma sembra distante milioni di anni. Sembra uscito da un tempo
in cui bastava un attore carismatico e un regista con le idee chiare per sfornare
un titolo di punta, oggi una pellicola così sembra la preistoria del cinema,
possiamo giusto continuare e spiarla come fa Denzel con Paula Patton pensando:
“Mica male!”. Il tempo scorre inesorabile, la filmografia di Tony Scott ci ha
messo in guardia, per fortuna tra sette giorni arriverà un altro capitolo
della rubrica, ma prima, vi lascio con il solito schemino della “Scottitudine”.
Ci vediamo nel futuro!

“Ho come la sensazione che per un po’ di venerdì voi ed io ci rivedremo qui sopra”

Déjà Vu (2006)

Se lo avesse diretto Ridley?
Sarebbe su tutti i giornali la sua incredibile capacità di
mescolare i generi, di anticipare i tempi, le mode e Nolan. Ma anche l’enorme
cuore di girare comunque in una città colpita nel vivo. Ma lo ha diretto Tony e
tutti ancora si chiedono con che argomenti ricattasse Denzel per recitare nei
suoi film.
Nel paragone diretto, resta comunque molto meglio di:
Exodus – Dei e re (2014)
Almeno Tony nel suo guardare al passato, non ha dovuto per
forza scomodare l’Onnipotente (ma solo Gesù) pensando di essere diventato di
colpo Cecil B. DeMille. Poi se voi avete il coraggio di riguardarvi “Exodus”
complimenti per il pelo sullo stomaco, io di mio “Déjà Vu” me lo sono rivisto
almeno due o tre volte.
Risultato parziale dopo il quattordicesimo Round:
Quando un titolo minore riesce a collezionare consensi evitando
le pernacchie, vuol dire cadere in piedi, una capacità che hanno solo quelli
tosti, quelli giusti come Tony, lo Scott giusto!
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