Tutto cominciò con Neil Marshall, il nome che per anni sembrava ad un passo dal portare sul grande schermo la sceneggiatura scritta da Bragi F. Schut e Zak Olkewicz, il vero motivo per cui da qualcosa come dieci anni o forse più, sogno di vedere “The last voyage of the Demeter”, prima che il progetto finisse in un limbo produttivo da cui è uscito solo ora che il Maresciallo è sceso dalla nave. Ah-ah freddura amara e marinara.
No, in realtà cominciò a Whitby, cittadina della costa inglese in cui nel 1885 una goletta russa chiamata Dmitry finì per arenarsi nel porto, con a bordo il suo carico di polvere d’argento, senza che nessuno sapesse mai davvero cosa fosse successo a bordo. A raccontare questa storia, m’immagino davanti al fuoco, tipo lupo di mare di The Fog, fu un marinaio di lungo corso ad un bambino che frequentava Whitby con la famiglia, un ragazzetto Irlandese di nome Abraham Stoker, più noto come Bram (storia vera).
La Dmitry, trasformata nella finzione letteraria nella Demeter è protagonista del settimo capitolo di quel libricino – piuttosto famoso – firmato dal cresciuto Bram intitolato “Dracula”, potreste averne sentito parlare per un paio (di milioni) di adattamenti cinematografici e per qualche copia venduta, forse anche più dei libri di Fabio Volo eh! Magari il buon Fabio non ha mai scritto della bara del vampiro più famoso dell’immaginario trasportata via mare dalla Transilvania all’Inghilterra e del massacro avvenuto a bordo, ma confesso candidamente di non essere aggiornato sulla bibliografia di Fabietto.
Una storia nella storia non raccontata, almeno fino ad ora, che nelle mani di Neil Marshall sarebbe stata una bomba, anche perché sono sicuro che in linea con la sua poetica, avrebbe dato ben più spessore al personaggio di Anna (Aisling Franciosi), di quanto non accade nella versione del regista che alla fine, “The last voyage of the Demeter” è arrivato a dirigerlo per davvero, mi riferisco a André Øvredal.
Ora però, come se il viaggio delle Demeter non fosse stato già abbastanza tormentato, secondo voi non poteva mettersi di mezzo uno strambo Paese a forma di scarpa? Proprio no, infatti in pieno agosto è uscito “La maledizione della Queen Mary”, senza fare un paragone tra i due film e malgrado il dominio di Barbie, esiste mercato per titoli così, peccato che la distribuzione nostrana abbia pensato bene prima di modificare il titolo, in modo da infilarci dentro il nome Dracula, per accalappiare quanto più pubblico possibile, salvo poi far uscire il film solo in 32 sale in tutto il Paese, di cui solo una in Piemonte, a 100 km da casa mia. Quindi mettiamola così, disegnando una tratta e organizzandomi, ho fatto quasi più strada della Demeter per vedere questo film (storia vera).
“The last voyage of the Demeter” grazie ai costumi di Carlo Poggioli e alle scenografie di Edward Thomas ci aiutano a calarci nell’anno 1897, al resto ci pensa la fotografia di Roman Osin e la regia asciutta (tranne quando decide di mostrare l’immancabile sangue) di André Øvredal. Parliamo di uno che si è fatto un nome con “Troll Hunter” (2010), Autopsy e Scary stories to tell in the dark, quindi non sarà di certo il Maresciallo, ma siamo finiti in ottime mani, anche perché il norvegese dimostra di aver fatto i compiti.
La trama ruota attorno al capitano Eliot (Liam Cunningham, ovvero l’ultimo estremo lascito del passaggio di Marshall su questa nave) e del suo primo ufficiale Wojchek (David Dastmalchian), impegnati a mettere insieme un piccolo equipaggio per trasportare misteriose casse dalla Romania, una in particolare marchiata con il sigillo di un drago nero, spaventa i locali e crea problemi fin dall’imbarco, insomma la Bara Galleggiante, credetemi, me ne intendo di ‘sta roba lugubre.
Uno dei personaggi chiave è lo scettico Clemens (Corey Hawkins), un medico di colore che nel 1897 potete immaginare, non se la passa benissimo anche se ha studiato e non basa la sua vita sulla superstizione come il resto della ciurma. Posso dirlo? Il colore della pelle del personaggio ha una sua logica nella storia e non è la solita forzatura imposta dalla produzione. Fino ai cinque minuti finale il viaggio della Demeter procede come forse, avrebbe gradito anche l’irlandese, perché oltre che dal suo famoso romanzo, Øvredal pesca a piene mani dall’iconografia di Alien.
Una nave, con un equipaggio di “camionisti spaziali” versione 1897, che a bordo carica il male, lo spunto di partenza è simile, quello di arrivo? Lo conosciamo perché se non avete letto il libro, avrete sicuramente visto uno degli adattamenti. Per fortuna le due ore di “Demeter – Il risveglio di Dracula” filano via piuttosto bene, con Øvredal che il suo particolare Xenomorfo decide saggiamente di mostrarlo poco, in costante evoluzione ad ogni nuovo sanguinoso omicidio.
Non che Dracula entri in scena come uovo (ma come bara che lo contiene si) per poi diventare un chest-buster (ma una sorta di strisciante mostrillo si) via via e su, fino alla sua forma finale, enormente debitrice di quella di Nosferatu (e di conseguenza di Le notti di Salem), per un film che tratta la materia applicando un tono molto serio, con le parti notturne in evidente vantaggio di interesse rispetto alle scene di giorno, che però non mancano di brutti casi di ustione vampiresca per troppa esposizione senza crema solare.
Difetti? Alcuni personaggi vengono un po’ troppo lasciati indietro, in particolare Anna, giusto un accenno alla nota superstizione legata alle donne a bordo, poi tutta l’attenzione è sul personaggio interpretato da Corey Hawkins, l’uomo di scienza e di medicina che vede sistematicamente smontate tutte le sue credenze, di fronte ad un essere paranormale come Dracula.
Va detto che il vampiro interpretato da Javier Botet (sotto quintali di trucco si vede la sua mimica facciale, ben abbinata alla CGI utilizzata con saggezza) è una macchina di morte notevole, in grado di spargere emoglobina come visto fare al conte in Renfield ma senza umorismo, insomma un film piuttosto riuscito che per assurdo poteva trovare il suo pubblico nel corso di quest’estate, ma la nostra distribuzione ha pensato bene di nasconderlo in tutti i modi, strano! Ma il pubblico non era ritornato in massa in sala? Barbie stando a molti cinefili creduloni non aveva salvato la nostra possibilità di vedere i film al cinema? No perché da certi discorsi di molte penne (anche stipendiate) sembrava diventato tutto rosa di colpo e i problemi delle sale svaniti per sempre.
Per tornare a questo film tutto nero, il suo difetto principale sono i cinque minuti finali, che non vi descriverò ma sono un tentativo di infilare una scena a sorpresa (e magari lasciare una porticina aperta per un seguito che non arriverà mai), nel solco di un film che ha inizio e fine già scritto (da Bram Stoker), quindi la parte interessante era mostrare il massacro e bordo, che se fosse stato per me, sarebbe stato ancora più oscuro e marcio, visto che la Demeter portava la peste, il male assoluto chiamato Dracula, mentre qui l’interesse vero sembra piazzare quella scena inventata e un po’ anacronistica. Non so, io avrei spinto un più sul pedale dell’orrore a bordo piuttosto che concentrarsi così tanto su un finalino così, alla fine quello scritto da Bram Stoker andava già benissimo. Anche se io il film non l’ho realizzato, il mio compito a bordo di questa Bara è quello di farne un analisi, ho fatto 100 km andata e ritorno per poterlo fare! (storia vera).
In generale “Demeter – Il risveglio di Dracula” è un film competente, che non sporca troppo il foglio e preme sull’acceleratore, per quanto un horror “distribuito” (si fa per dire) in sala, quindi non indipendente, possa permettersi di fare. Certo forse lo abbiamo atteso più del necessario e si sarebbe meritato meno anni nel limbo e più di 32 sale, ma Dracula non aveva fatto i conti con un orrore ancora più grande di lui, la distribuzione di uno strambo Paese a forma di scarpa… Brrrrr!
Sepolto in precedenza martedì 22 agosto 2023
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing