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Dèmoni (1985): auguri al nostro film, quello per veri fanatici

Essere un appassionato di cinema Horror è una scelta di vita, anzi, nemmeno una scelta, io credo proprio che uno ci nasca con la passione per questo genere o al massimo, nel corso dei primi anni di vita, venga magneticamente attratto dall’Horror, per non lasciarlo mai più, almeno per me è stato così.

Si passa poi la vita a parlare con chi non è appassionato di cinema o peggio, chi lo ama schifando quello Horror e in alcuni casi, è facile spiegare come mai un film abbia un valore tale per cui, possa trascendere il genere d’appartenenza, di solito sono i casi in cui la critica, quella con la pipa e gli occhiali, prova a negare che Misery o Il Silenzio degli innocenti siano Horror, perché daì, non possono essere quella robetta per voi degenerati, questa è arte vera.

Già sapete tutto della mia insana passione per le maschere vero? Andiamo avanti.

Di mio credo che questa Bara, le sue lettrici, i suoi lettori e il pilota, il vostro amichevole Cassidy di quartiere, questa distinzione non la facciano, l’Horror è un genere in grado di infilarsi già da solo in ogni anfratto, variegato, poliedrico, si prende la scena da solo, per questo ci sono film che la critica con la pipa e gli occhiali non considererà mai “alti”, e a volte non lo sono nemmeno perché sono orgogliosamente dei B-Movie, però è innegabile che un valore lo abbiamo, a volte proprio perché sono dei B-Movie di cui chi continua a considerare solo l’etichetta Horror e non il contenuto del film, non capirà mai davvero.

“Dèmoni” è il nostro film, si riconosce chi ama l’Horror e non fa distinzione tra cinema “alto” e cinema “basso”, perché questo film di solito lo adora, con tutti i suoi enormi difetti e li riconoscete, perché NON sono quelli che lo etichettano con la solita espressione anglofona che odio, “Guilty pleasure”… Puah!

La mia reazione quando sento qualcuno usare anglicismi a caso.

Il piano originale di Lamberto Bava era di sfornare un nuovo Horror ad episodi, come quello del suo grande padre, per questo si è fatto supportare da Dardano Sacchetti per scriverlo, uno dei racconti prevedeva dei mostri usciti dallo schermo di un cinema, l’unico soggetto che ha avuto la forza di resistere e diventare davvero un film solista, grazie all’intervento di Dario Argento, forte del successo commerciale di Phenomena e sempre più interessato a produrre, come fatto per Zombi di Romero.

Tutto materiale per la mia teoria delle scene in metro nei film.

Il copione diventa un lavoro a più mani che coinvolge lo stesso Argento e Franco Ferrini, per il resto siamo nel piano della “Factory” (per dirla alla Andy Warhol) argentiana: clamorosa colonna sonora dei Goblin di Claudio Simonetti, sostenuta da un’aggiunta di pezzi fighi uno meglio dell’altro, ma soprattutto gli effetti speciali di Sergio Stivaletti, che a mio avviso qui si è superato, quei vomiti verdi e quei denti appuntiti non si dimenticano.

«Sei un Cosplayer di Iron Man o di Due Facce?», «Dèmoni venite a prendervela…», «Cosa?», «Niente, vuoi un biglietto per il cinema?»

Nella zona delle operazioni non può ovviamente mancare Michele Soavi, che qui impersona il ragazzo con la maschera metallica sul volto, che in metropolitana, regala biglietti per lo spettacolo serale del cinema Metropol e se può sembrarvi strano un tizio mascherato, pensate alla Berlino della metà degli anni ’80 e secondo me, tutto immediatamente si ridimensiona, per la follia ci sarà tempo e modo in “Dèmoni”, che ci tengo a sottolinearlo, inizia subito con una scena in metropolitana, pronti via. Cosa vi dico sempre della mia teoria delle scene in metro nei film? Ecco, abbiamo altra materiale.

La giovane Cheryl (Natasha Hovey) acchiappa i biglietti gratis e si porta l’amica al cinema, nell’atrio del Metropol vengono accolti da una maschera speciale, l’enfant terrible del nostro cinema di genere, la mitica Nicoletta Elmi, lanciata da papà Mario e sostenuta da Darione nazionale, qui tornata a recitare dopo una lunga pausa e se mi è concesso un parere extra cinematografico, anche molto bella, ma Nicoletta Elmi sarà sempre il mio spirito guida, quindi sono di parte, andiamo avanti.

Lo spirito guida di tutti quanti noi Horror-maniaci.

Dentro al Metropol, di tutto, sembra un multisala un sabato sera invernale, ci sta il pappone con le sue due “amiche”, anche se il migliore resta il non vedente, accompagnato dalla moglie che fa da pagina 777 di televideo raccontandogli le immagini, e ogni tanto lo molla in sala per andare ad amoreggiare con l’amante nei bagni del cinema. E niente, dovrei aggiungere una battuta, ma fa già ridere così.

La maschera al centro del film (Dèmoni) e del film nel film proiettato sullo schermo, tiene banco, quindi per alcuni minuti abbiamo il piacere di poter seguire non uno, ma due B-Movie che procedono in parallelo, un doppio spettacolo avendo idealmente pagato un solo biglietto. Quando le creature demonianche, un po’ zombie romeriani con un tocco alla Evil Dead, si manifestano sullo schermo, arriva anche la prima trasformazione in sala, quella spaventosa e truculenta di Rosemary (Geretta Geretta) entrata nell’immaginario collettivo, come la maschera, come la camminata delle creature con la luce dalle loro spalle (finita dritta sulla locandina del film), perché “Dèmoni” è così, si intrufola sotto pelle come un’infezione.

Questa invece è la mia reazione davanti a quelli che stanno al cellulare in sala.

L’idea di base potrebbe provocare pruriti ai cinefili colti, con la pipa e gli occhiali, l’orrore che esce dallo schermo cinematografico e si diffonde, però “Dèmoni” dei messaggi e dei METAFORONI non se ne cura, preferisce invece sparare a palla “Everybody Up” dei Saxon mentre si scatena l’inferno nel cinema, con uscite murate, il solito No Vax di turno che davanti a mostri assassini sbavanti urla «Io non credo a queste cose!» mentre tutto diventa un delirio, e con tutto intendo proprio tutto.

La recitazione è il trionfo della cagnara, “Dèmoni” potrebbe essere un perfetto esempio di come un’attrice o un attore NON dovrebbe mai recitare per non rendersi ridicolo, eppure anche per questo, è tutto perfettamente in linea con una trama che… Esiste una trama? Tanti anni passati a vederlo e rivederlo, e la spiegazione che mi sono dato e che i quattro sceneggiatori si siano divertiti, se non a sparare le idee più folli, per lo meno a lanciarsi in una gara all’accumulo di trovate matte.

Denti che farebbero paura a chiunque, non solo ai dentisti.

Me lo immagino quei quattro a pensare soluzioni e ad iniziare frasi con: Allora, ad un certo punto facciamo che arriva una banda di Punk, intenti a sniffare coca da una lattina di Coca (in questo post non ho bisogno di fare le mie solite battutacce, mi basta attenermi alla trama) sulle note di un pezzo di Billy Idiol, così poi possiamo lanciarci in una scena angosciatissima nei condotti dell’aria condizionata, che non so voi, ma ogni volta mi fa venire voglia di urlare ai personaggi di strisciare più velocemente (storia vera).

Poi facciamo che sulle note di Fast as a Shark, un personaggio agguanta una katana, sale sulla moto da enduro parcheggiata nell’atrio del cinema (ogni sala dovrebbe averne una) e inizia a rombare e ad affettare mostri così, come se fossero sushi, perché? Perché è fighissimo!

Nel dubbio… METALLO!

Il trionfo del delirio, quello bello? Il soffitto crolla e nel mezzo della sala precipita un elicottero, le cui pale tornano utilissime per affettare un po’ di capocce a quei mostri e qui, non so voi, ma io ci vedo lo zampino di Dario Argento che a questa trovata deve tenerci molto, dopo averla “tagliata” (ah ah) al suo amico Romero, l’ha voluta nel film di Lamberto Bava.

Quando poi questo “Survival Horror” esce dal Metropol, quello che ci viene mostrato è un mondo in rovina, in cui i più veloci si sono adattati, come la famiglia sulla jeep armata fino ai denti, che si meriterebbe uno spin-off, il padre mi sa di uno che non aspettava altro che una scusa per armare i bambini. Ma in realtà nessuno è al sicuro, il finale è un discreto dito medio alle aspettative e ai canoni cinematografici, perché nemmeno i titoli di coda mettono per davvero al sicuro i personaggi.

Ribadisco, “Dèmoni” non ha grilli metaforici per la testa, non perde nemmeno un secondo a ribadire, che so, che una volta che ti innamori di questa bellissima “robaccia”, quella che i critici con la pipa e gli occhiali non capiranno mai, te la porti dietro a vita. Al film di Lamberto Bava non serve nemmeno spiegarlo o ribadirlo, noi lo sappiamo già che è così, per questo possiamo amare indistintamente il cinema “alto” e quello “basso,” perché sappiamo distinguere quello che ha valore da quello che non lo ha, anche nei B-Movie come questo, ed ecco perché “Dèmoni” sarà sempre nostro, lo è da quarant’anni, lo sarà ancora molto a lungo.

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