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Doctor Who – 12×07 – Can you hear me?: Un dito in un occhio

«Pronto chi parla?»

«Hello Cassidy, I’m Chris. Chris Chibnall»
Cassidy alza gli occhi
al cielo facendo la sua migliore espressione da Walter Matthau
«Cassidy? I’m Chris can you hear me? Can you hear me?»
Cassidy si tappa il naso con dita e risponde
«Segreteria telefonica, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico»

Dopo l’avventura 50% ecologista, 50% Gay-friendly e 100% noiosa
della scorsa settimana, questa volta
il Doctor decide di portare i Tre Marmittoni in tangenziale per abbandonarli
a casa dove potranno smetterla di essere dei pesi morti passare un po’
di tempo con le rispettive famiglie, ma appena arrivati i tre iniziano ad avere
strane visioni, oh senza aver fumato niente eh?
Graham ha la visione di una sorta di Tempesta degli X-Men intrappolata in una stramba sfera
tra due pianeti in collisione. Ryan ritrova il suo vecchio amico Tibo, perseguitato da una misteriosa figura maschile e da una depressione che ormai lo affligge da
anni, mentre Yaz si ricorda di una donna poliziotto proveniente dal suo
passato.

Eppure io Halle Berry la ricordavo diversa.

Per la prima volta da quando Chris Chibnall è il curatore
della serie, un episodio di “Doctor Who” recupera la formula del “cold open”,
la scena di pochi minuti piazzata prima della sigla che qui sembra voler ribadire
che “Can you hear me?”, sarà una puntata dalle atmosfere vagamente horror.
Molto vagamente fatemi aggiungere.

Infatti la prima scena ambientata ad Aleppo nel XIV secolo,
introduce la nuova companion temporanea, una ragazza di nome Tahira (come al
solito ben più utile dei Tre Marmittoni), alle prese con un terribile mostro
peloso, che voglio almeno sperare sia un omaggio alla creatura di Grosso guaio a Chinatown, almeno quello
visto che nella puntata in realtà compare ben poco, facendo ancora meno.

Sì, il vecchio Jack Burton guarda il ciclone scatenato proprio nell’occhio e gli dice: “Mena il tuo colpo più duro, amico. Non mi fai paura”

Dopo un infinito chiacchierare attorno al nulla, Thirteen
scopre che il responsabile delle strane apparizioni è Zellin (Ian Gelder), che
non è un film bello di Woody Allen, ma una sorta di divinità che regola il
mondo onirico, controllando i sogni, anzi gli Incubi. Qualcosa che sta a metà
tra Freddy Kruger e il Sandman di
Neil Gaiman, che per altro un tempo era uno scrittore che frequentava questa serie,
e scriveva anche racconti dedicati a “Doctor Who”, bei racconti per altro.
Neil, visto che ormai hai grande esperienza con le serie televisive, vuoi venire ad occuparti di questa? No perché
ormai Chris Chibnall rivaleggia con il tuo Sogno per capacità di farmi
addormentare.

Cosa vi devo dire? Ian Gelder con la sua bella presenza
scenica è riuscito a destare un minimo la mia attenzione, in una puntata in cui
gli incubi, le paure, no gli umani non sono deboli ma sono forti perché le
affrontano e bla bla bla tutta roba già vista e sentita milioni di volte. Una
noia totale.

Non proprio il Tall Man di “Phantasm”, ma un’alternativa interessante.

Anche il (non) colpo di scena sull’identità di Tempesta
degli X-Men mi ha smosso poco, specialmente perché la risoluzione arriva
frettolosa e sbrigativa, il “mostro della settimana” presentato come un Dio
imbattibile, viene battuto pensate un po’? Rivolgendo i suoi stessi poteri
contro di lui. Come se un essere millenario non abbia speso nemmeno un minuto della
sua esistenza, per rendersi immune dai suoi stessi poteri, mi sembra giusto no?

Lo spiegone dei cattivi fatto usando la grafica tipo Power Point no però!

Ma poi scusate, va bene che Freddy Kruger aveva lunghe lame
affilate sul guanto della sua mano destra, ma solo io trovo l’idea delle “dita
staccabili” (e per di più fluttuanti) una vera idiozia? Mi sembra una trovata
buona se va bene, per il prossimo capitolo di “Scary Movie” e qui mi fermo, perché
potrei degenerare, sul serio, mi auto censuro cautelativamente.

Il primo che mi dice che questa roba somiglia a “Hush” di Buffy, gli rispondo usando un solo dito della mano.

Ok, lo so che cosa volete dirmi, in realtà Chris Chibnall e
Charlene James che scrivono l’episodio a quattro mani (per un totale di venti
dita, non staccabili… Credo), in realtà sono più interessati ad utilizzare
Zellin come metafora per parlare del male oscuro di Tibo, dei tormenti passati di
Yaz, dei timori per la sua salute di Graham. Tutti argomenti che se trattati
come si deve, sarebbero anche interessanti? Importanti? Altre parole che
iniziano per “I”? Si vero, solo che così non lo sono per niente e non risultano
nemmeno ben amalgamati con la parte fantastica della storia.

Inoltre Chibnall fa un errore grave, da per scontato il
fatto che a questo punto della sua gestione, come spettatori dovremmo esserci
affezionati ai Tre Marmittoni, senza aver fatto poi molto per farci appassionare
a questi tre personaggi, forse giusto un pochino a Graham, ma davvero poca cosa
e comunque troppo poco perché un episodio così possa riscuotere i suoi
dividenti emotivi. Anche se non è il tempo che passi con un personaggio dell’immaginario
quello che ti fa affezionare alla sua storia, la Sally Sparrow di Carey
Mulligan è comparsa in un solo episodio in questa serie!

Thirteen nella parte di noi spettatori, che sogniamo il momento in cui questi “Timeless Child” potremmo vederlo per davvero.

Aveva capito tutto Lisa,
ormai la trama principale del “timeless child” – qui accennata in una scena
onirica, per altro riciclata da un altro episodio – tornerà se va bene nel
doppio episodio nel finale di stagione, bah speriamo bene. Anche perché nel
mezzo ci tocca ancora una puntata ispirata a Mary Shelley e al suo “Frankenstein”.
Mi raccomando Chibnall sbagliami anche questa eh? Metti le tue manacce anche su
uno dei miei libri del cuore, serviti pure, mettiti comodo.

Come al solito vi ricordo la pagina dedicata a Doctor Who!
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