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Doctor Who – 1×03 – Boom (2024): mina anti bellica

Vi ricordate la prima gestione Russell T Davies? Un’infilata di episodi leggeri, una finta bionda come compagna di viaggio per il Dottore e ad un certo punto, un episodio scritto da Steve Moffat, pronto a portare un po’ più di oscurità («Are you my mommy?») ma anche un finale che diventerà quasi un mantra per il nostro Doctor: everybody lives!

Riportare Moffat alla sua condizione di sceneggiatore di singoli episodio (sarà suo anche il prossimo episodio di Natale, salvo cambiamenti) e non più showrunner, potrebbe far rivalutare anche gli episodi più stanchi del Moffa (in amicizia), che torna a sua volta alle origini. Ma prima un pezzo a caso scelto sulla base del titolo della puntata!

Dopo l’infilata di suo mostri “Don’t”, quelli che ti impedivano di parlare, pensare o i più celebri, quelli del “Don’t blink”, qui Moffat sforna un altro mostro, quello del “Don’t take a step”. Anzi a ben guardare, considerando la frase ricorrente («Combat detected») il mostro della settimana sembra un incrocio tra i Dalek e gli angeli piangenti, ma se si limitasse a questo “Boom” non sarebbe un episodio interessante come invece è, per nostra fortuna.

Fantafuciloni fighi, li abbiamo?

Il titolo italiano dell’episodio, “L’algoritmo della morte”, nei confronti dell’originale “Boom”, ci ricorda la massima dei titoli esposta da Enzo G. Castellari, anche se poi troverà una sua spiegazione nel corso della puntata, che inizia con il TARDIS che atterra su Kastarion 3 (qualcuno sa come si vive sui primi due? Questo è un seguito sfigato?), un mondo in guerra tra soldati/preti che resistono contro i minacciosi Kastoriano, supportati – si fa per dire – da alcune ambulanze, la versione oscura della cabina del telefono del Dottore, pronte a “curare” i feriti sul campo, secondo l’algoritmo (eccolo!) della multinazionale Villengard.

«Ho sentito un click. Ora l’importante è non sentire anche il boom»

Anche se la vera avversaria, resta un pericolo in grado di inchiodare il Dottore, uno sempre in corsa, una mina anti uomo che potrebbe polverizzare anche il Signore del tempo se dovesse, colpevole di averci incautamente messo sopra un piede, ma essendo un episodio scritto da Moffat, il Dottore non perde la sua favella a mitraglietta nemmeno così, la battuta su “Mundy Sunday” è la classica freddura che mi fa sempre ridere.

Anche se dalla forma può non sembrare, quella in mano al Dottore è una Bara (non volante)

Guerra, mine anti uomo e una multinazionale nel mezzo, se a questo ci aggiungiamo l’uscita più anti clericale mai sentita in “Doctor Who” o giù di lì («Fede, la parola magica che vi impedisce di ragionare con la vostra testa»), questo episodio riesce a mettere insieme la solita bella dinamica di coppia già affiatata tra Ruby e il quindicesimo Dottore, oltre che manifeste istanze anti-belliche che voglio dire, sono sempre ben accette su questa Bara, figuriamoci poi in questo periodo. “Boom” è una variante sul solito “Everybody lives!” di Moffat, dove però qualcuno muore per motivi di trama e viene trasformato in una Bara non Volante ma a forma di tubo pneumatico, una delle tante trovate che il Moffa riesce a stipare in questi quarantacinque minuti di episodio.

Menzione speciale per il modo in cui in quattro puntate (considerando anche lo speciale di Natale) Ncuti Gatwa non solo non abbia ancora indossato due volte lo stesso abito, ma anche come l’attore abbia saputo calarsi subito nel ruolo, una parte che gli richiede l’energia e l’intensità che non gli mancano di certo. Sospendo il giudizio sulla compagna Millie Gibson, la sua Ruby al momento, sembra una Rose 2.0, tinta bionda e “Chavs” come da tradizione, ma è chiaro che Davies abbia un piano a lungo termine per lei.

insomma, il ritorno di Moffat si traduce in un episodio pienamente nel suo stile e riuscito, si lo so cosa state pensando: Cassidy hai visto la puntata nuova uscita ieri? Tanto che nei commenti mi parlerete solo di quella. Certo che l’ho vista, infatti per quella cambieremo passo, non mi va di continuare ad inseguire, ma a correre con il Dottore sì, quello è sempre uno spasso.

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