Ho una memoria selettiva che per fortuna mi permette di cancellare dettagli che non ritengo importanti, anche se il commento ricevuto nel post dello scorso episodio di Doctor Who, secondo il quale la serie si starebbe spostando verso il fantasy, a distanza di giorni mi risuonava nei miei neuroni, anche mentre guardavo “Dot and Bubble”, quinto episodio (sesto contando anche lo speciale “zero” di Natale) di una stagione che è la numero quattordici secondo i puristi, ma è la nuova numero uno per via delle tante novità.
A Cittàbella inizia una nuova giornata per Lindy Pepper-Bean (Callie Cooke), si attiva Dot che a sua volta attiva il Bubble, che è letteralmente la rappresentazione visiva della “bolla” social in cui tutti noi viviamo, chi più e chi meno, anche perché è scientificamente provato che spimpolando i social-cosi sul telefono, il cervello va in beta e il mondo attorno scompare, motivo per cui camminando per strada devi evitare che i “telezombie” (cit.) al cellulare non ti vengano addosso.
Il Dottore infilandosi tra i contati della bionda Lindy prova ad avvisarla di un periodo, fuori da Bubble, per le strade di Cittàbella, degli enormi mostri, anticipati dal moscio titolo italiano della puntata, a metà tra dei lentissimi insettoni e delle gelatinose piante carnivore, divorano i ragazzini con la testa nei social, prede facilissime.
Andiamo per gradi, anzi per strati di lettura, il METAFORONE sui social con la sua nemmeno velata critica è chiarissimo, non potrebbe esserlo più di così, infatti “Dot and bubble” potrebbe risolversi così, daje di METAFORONE tanto poi ci penserà il Dottore a salvare tutti. Per nostra fortuna Russell T Davies è molto più arguto di così.
Per prima cosa, gli abitanti della cittadina vanno dai 17 ai 27 anni, sono bianchi, ricchi figli di papà e mammà (infatti occhio alla mamma della protagonista, faccia nota e ricorrente nella stagione), può sembrare una trovata da Boomer quella per cui i giovanotti non siano in grado nemmeno di camminare fuori dalla loro “bolla”, ma vi rimando ai “telezombie” di cui sopra e poi per fortuna Davies sa giocarsela alla grande, togliendo più volte a noi spettatori le certezze, anche sull’utilizzo del suo cast.
“Dot and Bubble” sembra un altro episodio girato in contemporanea per risparmiare sul piano di lavorazione, infatti per metà del tempo in scena abbiamo solo Callie Cooke, il Dottore e Ruby se la giocano in gran parte in “Smart Working” (quando l’uso sbagliato di un’espressione in inglese si radica talmente tanto da diventare di uso comune), ma anche questa trovata cambia in corso d’opera.
Ad esempio, l’entrata in scena dell’influencer Ricky September (Tom Rhys Harries) fa sospettare del personaggio, che in realtà si rivela essere uno che vive più nella realtà di quanto non si direbbe, proprio per questo lo troviamo nella palazzina al numero 55 suggerita dal Dottore come unica speranza, quindi per tornare allo spunto di partenza di questo post, “Dot and Bubble” è fantascienza tanto quanto poteva esserlo un vecchio episodio di Star Trek. Se non si fosse capito è un enorme complimento.
Si parte con un METAFORONE sui Social, una resa visiva della vita nella “bolla”, per poi parlare piuttosto apertamente di come i Social siano un modo per ignorare i mostri e gli orrori della vita reale, anche se accadono ad un metro da noi. Poi per nostra fortuna Russell T Davies scava ancora più in profondità, e con un colpo di scena (in realtà largamente anticipato da parecchi indizi piuttosto chiari), manda a segno un finale che ancora una volta ribalta molte delle abitudini di questa serie.
Vivere nella propria zona di comfort, ignorando tutti coloro che stanno fuori, può diventare una condizione elitaria, da difendere, con ogni mezzo (anche quelli meno leciti), il monologo finale del Dottore non solo conferma che Ncuti Gatwa è stata una scelta illuminata per il ruolo del nostro Doctor, ma anche un gran modo di far valere le caratteristiche proprie dell’attore, quello che Doppia C non è MAI riuscito a fare con una Doctor donna. Nel prossimo paragrafo seguono moderati SPOILER!
Sentir pronunciare le parole «Tu non sei uno di noi», da una banda di riccastri bianchi ad un Dottore nero che sta loro tendendo la mano, ha il triplo della potenza, se poi Ncuti ci mette il carico, con quella risata che diventa una mezza crisi isterica condita da lacrima maschia finale, che gli vuoi dire? A lui che ha quasi imbroccato il suo primo “momento Doctor” (quello in cui l’attore si cala nel ruolo e si conquista i cuori del pubblico) e a Russell T Davies, che con questo finale e quel sorriso da Gioconda di Lindy (con dentro un po’ di terrore e tanta arrogante spavalderia), ha messo la firma su una puntata clamorosa, un titolo che potrebbe diventare un piccolo classico di questa serie. Questa serie di fantascienza, giusto ricordarlo. Fine del paragrafo con moderati SPOILER.
In attesa della prossima puntata, una sorta di “Bridgerton” con gli uomini-pennuti di Rick & Morty, io resto sul pezzo e vi ricordo tutte le altre puntate di “Doctor Who”, le trovate cliccando QUI!
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