Cosa succede quando il Dottore ha appena fatto la conoscenza di una nuova Companion? Il primo viaggio nel tempo lo fanno in un periodo caratteristico, utile a confermare i poteri del Tardis e a giocare con la parte migliore… I vestiti!
Per riportare Belinda Chandra (Varada Sethu) al 25 maggio del 2025 da cui è partita e a cui sembra non poter tornare, il Dottore usa il “vorticatore” e viene attratto dall’anno 1952, e da un cinema a cui hanno messo le catene a Miami, dove per altro veniva proiettato un film di Rock Hudson, giusto per sottolineare l’elemento Queer che sta tanto a cuore a Russell T Davies.
Dal prologo, noi spettatori sappiamo cosa sia successo alle quindici persone in sala, aggredite dal personaggio animato del breve cartone animato proiettato prima del film, il folle e sinistro Ring-A-Ding, un incubo in techicolor che sembra uscito da un’idea di Joe Dante.
Il Dottore e l’infermiera, per di più di colore, nella Miami quasi segregata del 1952, stanno alla grande con il loro stile da “Happy Days”, per una puntata che si gioca bene la carta Scooby-Doo (apertamente citato), il fatto che la minaccia sia cinematografica poi, non fa altro che rendere tutto più sfizioso per un fanatico di film come me.
L’episodio ha un buon ritmo e si gioca bene le trovate, a partire da quella di avere un avversario a cartoni animati, questo concede ai protagonisti di trasformarsi a loro volta, non voglio scomodare Zemeckis, ma il gioco risulta molto divertente, inoltre la luce del titolo, è quella che noi appassionati di cinema, sappiamo bene, può dare vita alle immagini anche quelle statiche, quelle impresse su pellicola, non è un caso che sia proprio il proiezionista del cinema uno dei personaggi chiave, lui e il suo lutto, che viene sfruttato malignamente da Ring-A-Ding.
Poteva secondo voi un episodio con tali premesse non premere a tavoletta sulla trovata meta-narrativa? GIAMMAI! Infatti arriva ed è anche piuttosto vistosa, non solo si scherza su un certo episodio molto amato e NON scritto da Davies, ma anche sulle tipologia di Whoviani, insomma prima o poi doveva accedere, la spruzzata di “Fanservice” (perdonatemi l’orrido anglicismo, ma è sempre una serie inglese), meglio così, in piccole quantità che altro, speriamo di esserci tolti il dente.
Il finale in crescendo devo dire che l’ho apprezzato, un modo quasi tenero di sottolineare una certa dipendenza da pellicola, dalla finzione a cui a volte, è necessario staccarsi, per quanto possa essere rassicurante, anche se pensavo che l’inizio alla Oppenheimer avrebbe avuto un ruolo ancora più centrale, ma quello che conta è che valga l’antico adagio: everybody lives! Anche se è ancora da capire la figura della nonnetta che pare sapere tutto, personaggio ricorrente da un po’ di episodi.
In ogni caso, non voglio passare per uno dei personaggi che compaiono durante i titoli di coda, ma anche questo, un altro episodio ben fatto, ci vediamo domenica prossima con la terza puntata e come sempre, vi ricordo lo speciale della Bara dedicato a Doctor Who e buona Pasqua!
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