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Doctor Who – Christmas Special (2017) Twice Upon A Time: Ultima chiamata per Twelve

Ogni appuntamento di Natale con il Doctor Who è speciale, ma questo ha tutto un altro sapore, ci siamo lasciati cinque mesi fa con la promessa di un episodio Natalizio con fiocco e carta regalo, e Steve Moffat ha mantenuto la promessa, oh lo dico solo per sicurezza, da qui in poi SPOILER, come avrebbe detto River Song.

Ho trovato una scelta molto azzeccata quella di chiamare David Bradley (il mitico Abraham Setrakian di The Strain) per interpretare il primo Dottore, una cosa che in un certo senso aveva già fatto nello speciale “An adventure in space and time” (2013) dove però impersonava più che altro William Hartnell, ovvero l’attore che prestò il volto al primo Doctor Who nel 1963.

Tutto un altro paio di maniche interpretare proprio lui, One, il primo Dottore, andando così a riempire un vuoto durato 51 anni. Cosa aveva fatto l’anziano Dottore negli ultimi minuti dell’episodio “The tenth planet” (1966)? Ora sappiamo come ha vissuto gli ultimi momenti prima della rigenerazione, che saggiamente la brava Rachel Talalay (regista di quasi tutti i migliori episodi della gestione Moffat/Capaldi) mostra cambiando formato, tornando al glorioso 4:3 in bianco e nero, chiudendo idealmente il cerchio con l’episodio del 1966.

Date subito un aumento di stipendio al direttore del casting per la scelta di Bradley!

Ma al resto ci pensa proprio il grande David Bradley, l’idea di farlo parlare come un uomo del suo tempo, con le sue “Pacche sul sedere” e tutto il resto è uno spasso, sembra quasi uno schiaffo in faccia dato dal Moffat ai nostri tempi così in ansia per il politicamente corretto a tutti i costi, ma anche un modo per ribadire l’importanza delle donne in questa serie, dettaglio che diventerà chiarissimo nei minuti finale dell’episodio.

Questo “Twice Upon A Time” non è un finale esplosivo, ma quasi una storia intimista, ho trovato molto azzeccato il paragone con il campo di battaglia da cui arriva il soldato interpretato dal solito Mark Gatiss ed un fatto storico datato 1914, che è molto in tema con l’episodio. Una bella “Mossa Kansas City” (Cit.) da parte del Moffa, che ci distrae con donne di vetro, con l’identità (non impossibile da indovinare) del personaggio di Gatiss e con il paradosso della bottiglia di Brandy, ma poi risolve tutto con una pagina di storia che è perfetta per il giorno di Natale.

Poi dicono che non si trovano più cabine del telefono in giro!

Questo speciale è anche l’occasione che concludere un paio di trame, tipo quella dedicata a Bill Potts, che come abbiamo già visto in The Doctor falls, era stata in qualche modo “salvata” come spesso accade a molte delle companion del Dottore, specialmente sotto la gestione Moffat (tende a ripetersi lo Scozzese? No no, per nulla). Da questo punto di vista era quasi obbligatorio che quella rompicoglioni di Clara facesse un salto per un saluto, ne avrei fatto volentieri a meno a dirla tutta, però è il personaggio su cui Moffat ha basato quasi tutta la seconda parte della sua gestione, quindi era in qualche modo inevitabile.

Ho preferito di gran lunga le dinamiche tra Capaldi e l’ottima Pearl Mackie, oppure il modo in cui i due set, quello del “Nuovo” e del “Vecchio” TARDIS siano stati utilizzati al meglio, anche per sfornare quante più battutine possibili, d’altra parte avere due Dottori insieme è un’occasione davvero troppo ghiotta per non essere sfruttata come merita!

La parte peggiore dell’episodio è fondamentalmente una, ovvero la consapevolezza che Peter Capaldi non ricoprirà più questo ruolo, anche qui la sua prestazione è stata magnifica, il suo monologo finale, diviso idealmente in due parti (prima quello sul campo di battaglia vuoto e poi quello nel TARDIS) non è ruffiano o fatto per strappare lacrime facili, anzi suona quasi come una lezione di vita che lo ammetto, sento molto mia: “Laugh hard, run fast, be kind”.

Cinque alto Peter! Grazie di tutto sei stato magnifico!

Che poi pronunciata da quello più (apparentemente) burbero di tutti gli ultimi Dottori visti, suona ancora più efficace, ma sul serio, questo giovane Dottore vecchio con chitarra Rock non lo dimenticheremo tanto facilmente!

Quella che invece è già arrivata facendosi largo nella cloaca dei Social-così è il nuovo Dottore, no scusate. La nuova Dottore. Oppure si dice Dottoressa? Facciamo Dottora? Oh insomma! beati gli Inglesi che non hanno di questi problemi linguistici, loro dicono solo THE Doctor, e così farò io!

Infatti il nuovo showrunner della serie Chris Chibnall, ha scelto un’attrice che conosce bene, ovvero Jodie Whittaker che aveva recitato proprio nella serie di Chinball ovvero Broadchurch. Lo ammetto candidamente, conosco la Whittaker solo per il suo (non simpaticissimo, ma nemmeno facile) ruolo in quella serie, però ho la sensazione che la signora potrà fare molto bene, e già per il fatto che ha fatto incazzare un sacco di idioti in rete (chi ha detto il nuovo Ghostbusters?) mi sta già molto simpatica!

Può sembrare una scena di “Nei panni di una bionda” invece è “Doctor Who”.

Sono volante un sacco di battute di cattivo gusto sul fatto che una donna in quanto tale, non sarebbe in grado di guidare il TARDIS (ah-ah, mamma mia che fantasia, le battute sulle donne al volante, bah!), io preferisco sottolineare un altro dettaglio: Thirteen preme un pulsante e il TARDIS salta per aria, sparando la nuova arrivata nello spazio, che poi è la condizione di noi Whoviani fino all’inizio della prossima serie, a ben notare.

Siamo proprio così sicuri che il tredici non porti sfiga vero? No perché mi aspetto un sacco di battute sulla nuova numerazione del Dottore/a, sul fatto che Jodie Whittaker sarà fantastica ne sono piuttosto sicuro, anzi non vedo l’ora di vederla in azione!

Anche perché bisogna avere davvero una mente limitata per amare una serie televisiva dove il protagonista può fare ogni cosa, da viaggiare nel tempo a sistemare ogni cosa con un cacciavite sonico, ma allo stesso tempo rifiutarsi di accettare il fatto che tra le infinite cose che questo alieno possa fare, ci sia anche quella di trasformarsi in una donna. No sul serio, io il fandom, di questa serie, ma anche di qualunque altra opera di fantasia, non lo capirà mai, sono storie gente, perché porre limiti alla fantasia!

Forse non avremmo mai una James Bond donna, però intanto gli Inglesi hanno aperto le porte di una delle loro più storiche e famose icone nell’immaginario al gentil sesso, già di suo questo è un evento storico, quasi “A fixed moment in time” per dirla con la parlata da Whoviano.

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