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Doom (2005) vs. Doom – Annihilation (2019): fantasmi (del videogioco) da Marte

Non potevo perdere l’occasione di partecipare all’iniziativa del Zinefilo dedicata ai 25 anni dello sparatutto più famoso di sempre: Doom. Anche io ho speso le mie belle ore giocando con la prima incarnazione del gioco, e molte di più con i videogiochi nati sullo stesso modello soggettiva-violenza-sangue che “Doom” ha sdoganato, primo tra tutti il mio amato “Duke Nukem 3D”. Ma gira che ti rigira, alla fine sempre a parlare di cinema finisco, quindi oggi vi beccate un doppio post a tema, dedicato ai due film ispirati al videogioco. Caricate le armi, ci saranno parecchi mostri brutti a cui sparare!

«Prima spariamo poi facciamo le domande», «Quali domande?», «Ho detto che prima si spara, niente domande!»

Doom (2005)

Originariamente volevo fare due post distinti dedicati alle pellicole, ma mi sono reso conto che l’unico modo sensato era giocarmi la carta del “Versus”, non solo perché i due film sono davvero molto simili, ma anche perché il primo “Doom” è una roba di tale bruttezza da lasciare (quasi) senza parole. Una roba che nel 2005, io andai a vedere al cinema (storia vera).

Cosa vi devo dire? Ero giovane, stupido (anche più di adesso) e con tanto tempo libero, conoscevo il videogioco e non sapevo niente di questo film, combinazione letale. Quindi sappiate che sono uno dei pochi che ha pagato il prezzo del biglietto per vedere questa roba. Un peccato di gioventù che ho voluto provare ad espiare rivedendomi questo film, per puro e semplice masochismo, non nella sua versione originale (1 ora e 44 minuti) ma in quella estesa (1 ora e 52 minuti), perché se martirio deve essere, che sia fatto bene!

Come ci ha ben raccontato il Zinefilo, dopo vari rimpalli i diritti dei videogioco sono finiti nella mani della Universal Pictures, che per “Doom” non spese nemmeno pochissimo, 65 milioni di fogli verdi con sopra le facce di alcuni ex presidenti passati a miglior vita. Soldi che servono a pagare attori giovani ma lanciati, ma soprattutto i servigi dello Stan Winston Studio per la realizzazione dei mostri, almeno un paio dei quali hanno potuto contare sulle movenze del “ripieno” più famoso della storia del cinema, il mitico Doug Jones, l’Abe Sapien di Hellboy.

Tieni duro Doug! Ti tireremo fuori da lì!

Nomi interessanti, affidati nelle mani di un professionista, che più di un semplice regista è un mucchio di lettere lanciate alla rinfusa, se io in questo momento svenissi per un calo glicemico, sbattendo la faccia sulla tastiera, quello che verrebbe fuori sarebbe Andrzej Bartkowiak. Non sono svenuto! Si chiama così il regista specializzato nei film americani di Jet Li, tipo “Romeo deve morire” (2000).

Cosa potrebbe andare storto? Mi verrebbe da dire tutto, perché chiunque abbia giocato a “Doom” per più di sette secondi, sa benissimo che per realizzare la vagonata di mostri e creature varie che popolano il videogioco, ci vorrebbero molti, ma molti più soldi, solo che la Universal se ne frega e manda il produzione il film lo stesso, raccogliendo pernacchie dai critici, dal pubblico generico e guadagnandosi l’odio eterno degli appassionati del videogioco, traditi da questa robetta triste, che come avrebbero detto in Space Jam, ci somiglia e vuole atteggiarsi.

Dal 2005, Rock deve aver fatto parecchi sollevamenti (con il fucile), almeno a giudicare dalla stazza che ha raggiunto.

Cosa ricordo di quella sera al cinema? L’incredulità per una roba così piatta, e la scena girata in soggettiva, un colpo di coda che arriva troppo tardi, e risulta comunque troppo poco. Per anni con gli amici in sala con me, abbiamo scherzato su “Doom”, il primo film non porno girato tutto in soggettiva. Però con meno azione di un porno.

Rivedere “Doom” non solo denota una certa dose di follia (presente!), ma mette ancora più in chiaro quando alla Universal un po’ ci credessero, o almeno ci sperassero di fare comunque soldi senza spendere (troppi) soldi. Le facce che popolano il film parlano chiaro in tale senso, una serie di attori famosi ma non famosissimi, che avrebbero potuto tornare buoni per i seguiti, come Karl Urban, uno che arrivava da un ruolo in “Il signore degli Anelli – Le due torri” (2002), venne messo sotto contratto addirittura per due film (storia vera). Spero almeno che Carlo Urbano sia stato ben pagato per il secondo film mai realizzato, ma penso che come risarcimento, avrà ricevuto i sette euro del mio biglietto, nella migliore delle ipotesi.

Perdonali Jimmy, non sanno fare il tuo “Aliens” ma nemmeno il tuo “The Abyss”.

In un avamposto scientifico su Marte, degli scienziati scatenano qualcosa di orrendo, e barricati nel loro laboratorio lanciano un massaggio di aiuto, ripetuto due volte scandendo bene le parole, come se fosse un “Mayday” alla radio, quando invece è un videomessaggio, quindi non serve a nulla scandire la parole. Iniziamo bene.

L’aiuto consiste in una squadra di cazzuti soldati guidati da Asher “Sarge” Mahonin, interpretato dalla versione 1.0 di Dwayne “The Rock” Johnson: capelli sulla testa, pochi tatuaggi (come quello finto sulla schiena, che si vede nella sua scena d’esordio) e l’aria di chi non ha ancora la pretesa di fare campagna elettorale usando i film, infatti qui interpreta un personaggio negativo, messo a bada di una banda di gatti senza collare che dovrebbero risultare almeno simpatici, invece sono delle facce da galera, roba che quando li vedi, ti viene voglia di mettere la mano sul portafoglio, anche se sei tranquillo sul divano di casa. La recitazione di The Rock invece, ti fa venire voglia di metterti le mani sugli occhi, ci volevano le commedie per farlo diventare un attore. Per uno che recitava sempre sui ring della WWE, resta incredibile che qui sia un tale palo.

“Frasi maschie” e come pronunciarle. Ecco, così è come NON si deve fare.

I marines di Aliens – Scontro finale, avevano l’aria pericolosa, ma erano anche degli adorabili casinisti per cui veniva istintivo prendere le loro parti. I militari di questo film? Carne da cannone. Il più caratteristico, quello che dovrebbe essere il simpaticone di turno, ha la faccia (e i denti) da serial killer di Richard Brake. Ecco, magari era più facile affezionarsi al soldato Hudson e a Vasquez, voi che dite?

«Sei siempre stato un estronzo, Gorman Richard» (quasi-cit.)

Ognuno di loro ha un soprannome “virgolettato”, quello del personaggio di John Grimm (Karl Urban) è “Reaper”, un gioco di parole con il suo cognome, che ricorda volutamente il tristo mietitore, il “Grim Reaper” del videogioco originale. Una trovata che deve aver fatto sentire molto intelligente lo sceneggiatore Wesley Strick, visto che nel film una paio di righe di dialogo vengono utilizzare per sottolinearla. Sai è talmente una roba di cui andar fieri che va sbandierata, e poi tanto abbiamo una durata infinita da riempire in qualche modo no?

A giocare con il soprannome del fratellino è sua sorella, l’archeologa di stanza sulla base Marziana di nome Samantha Grimm, interpretata da un’altra che ha fatto strada malgrado questo film, Rosamund Pike. Ci tengo solo a sottolineare che avete letto bene, i protagonisti di “Doom” sono i fratelli Grimm. Quando lo capiremo che i film che citano i popolari scrittori di fiabe Tedeschi non nascono sotto una buona stella?

«Non ti mettere a cantare Cassid…», «Roooosamunda! Tu sei la vita per meeeeeee», «Non lo sopporto quanto lo fa, è così imbarazzante»

Rosamund Pike paga subito pegno, e qui si esibisce in uno dei pochi ruoli sempre disponibili per le attrici ad Hollywood, in mancanza di un classico come “la prostituta dal cuore d’oro” le tocca la parte della “scienziata gnocca”, che ha scoperto in virtù di qualche supercazzola spacciata per scienza, che l’aggiunta di un cromosoma numero 24, trasforma le persone in mostri, oppure dona loro poteri sovraumani, non è ben chiaro. Ma giustificare i mostri infernali di “Doom” con una storia di cromosomi, è la più grossa idiozia dai tempi dei Midi-chlorian.

«Un cromosoma extra? La cosa più stupida che abbia mai sentito»

Quando sarebbe poi anche ora di mostrare qualcuna di queste spaventose creature in azione, Andrzej Bartkowiak (non sono svenuto, sto bene!) si deve arrangiare. Ha delle bellissime tutone di gomma fatte a forma di mostro, ma tocca inquadrarle poco e male al buio, nel tentativo disperato di dare alle creature un aspetto inquietante. Per questo ci tocca assistere ad uno scontro al buio tra una delle creature e un soldato armato di un tubo, che la trafigge credo al grido di «Non mi hai fatto un tubo!». Penso, perché ad un certo punto la noia ha iniziato a prendere il sopravvento su di me.

“Doom” avrebbe il potenziale per essere un Fantasmi da Marte con i marines di “Aliens – Scontro finale”, ma riesce ad essere una noia mortale lo stesso, per un’ora e passa i dialoghi ruotano attorno al niente, nel tentativo di spiegarci quanto sono minacciosi questi mostri che vediamo pochissimo. Invece di passare all’azione, si raccontano cose che dovrebbero essere intelligenti, e invece sono fuori luogo e basta, come se in un film porno partisse un lungo flashback per raccontarci l’infanzia della bionda protagonista. Anzi a ben guardare è proprio da mondo del porno che “Doom” pesca la sua unica scene memorabile, la lunga soggettiva che sembra incollata con lo sputo dentro al resto della pellicola, quelli che hanno criticato Hardcore Henry, è chiaro che in sala nel 2005 a vedere questa roba, non ci sono mai stati.

«…che diventano più rossi d’un livello di Doom» (non potevo non citarla!)

Lo scontro finale (occhiolino-occhiolino) tra Karl Urban potenziato dal cromosoma numero 24 e The Rock, reso mostruoso dallo stesso cromosoma (non fate domande, conservatele per qualcosa per cui vale davvero la pena) è pietoso, i due si lanciano da una parte all’altra del set usando i classici cavi dei film di arti marziali, ma non si sa perché, ad una velocità accelerata che fa sembrare tutta la scena uno sketch del Benny Hill Show. Malgrado tutto questo, un minimo di aspettative per il nuovo film su “Doom” le avevo, modeste, contenute, ma posso dirlo, almeno non tradite.

Doom – Annihilation (2019)
“Doom – Annihilation” ha una locandina brutta, un budget che consiste in quello che The Rock spende quotidianamente per fare colazione la mattina, ed è stato affidato ad uno specialista dei seguiti in home video di titoli di genere mediamente famosi, Tony Giglio, quello che ci ha regalato gioie con Death Race 2 e il suo seguito.

La scena iniziale è la stessa, nella base della UAC (United Aerospace Corporation) il dottor Betruger (Dominic Mafham, diabolico quanto basta) utilizza un “volontario” per testare il portale del teletrasporto da cui emerge qualcosa di orrendo e mostruoso. Dopodiché si passa ad una scena spaziale realizzata con la grafica del mio vecchio Amiga, quello con cui ai tempi giocavo a “Doom”. Segni di coerenza.

La metà dei soldi, il doppio del cuore: “Doom – Annihilation”

Tony Giglio sarà pure un mestierante dei film di serie B (se non proprio Z), ma é consapevole che se hai una squadra di marines spaziali mandati a salvare qualcuno, tu devi seguire la lezione di Aliens – Scontro finale e non rinnegarla. Forse per questa ragione la protagonista è una donna, il tenente Joan Dark interpretata dagli occhioni sgranati di Amy Manson, attrice scozzese intravista in giro, anche in “Torchwood” lo spin-off di Doctor Who.

Lo scrivo sulla fiducia, perché “Torchwood” non ho mai finito di vederlo.

Passatemi il paragone molto ardito, Joan Dark è una tipa tosta ma non come la intendiamo normalmente nei film del 2019, che si giocano un personaggio femminile per fare bella figura, ha qualcosa in comune con Ellen Ripley, è un personaggio con un trauma passato: per aver eseguito un ordine ha fatto un’enorme cazzata, ed ora ha perso il rispetto dei soldati che dovrebbe comandare. Per nostra fortuna, Amy Manson sembra una che potreste incontrare in coda alla posta, quindi è abbastanza facile immedesimarsi con lei.

Tra le fila dei soldati, facce tutto sommato caratteristiche ma normali, molto più facile da spettatori (maschi in particolare) provare simpatia per quella santa donna di Nina Bergman, che qui interpreta una soldatessa francese dai capelli azzurri (omaggio ad un film di Abdellatif Kechiche? Tenderei ad escluderlo) piuttosto che a pazzoidi con la faccia da serial killer.

Devo scegliere tra Richard Brake e Nina? Ma me lo chiedete anche!?

“Doom – Annihilation” dura 96 minuti titoli di coda compresi, dentro ha tipo duecento sparatorie in più rispetto al suo ben più costoso fratello maggiore del 2005. Certo i mostri sono il più delle volte dei tizi con delle maschere di gomma, ma questo non impedisce a Tony Giglio di dirigere un bel po’ di azione e anche un’arrampicata lungo una scala, che secondo me era il suo modo di strizzare l’occhio a Day of the Dead. Ma magari sono io che vedo Romero ovunque, sarebbe anche probabile.

«Oddio che schifo un mostro!», «Ma ha la cravatta e un camice, deve essere il Dottor Mostro»

Se decidi si fare un film su “Doom”, non possono mancare mostri e sparatorie, Tony Giglio ha un pugno di dollari e decide di usarli tutti per fare quanta più caciara possibile, ecco perché l’unico mostro grosso in tutta rossa di gomma, lo inquadra per benino, mostrandoci tutti i dettagli che i (pochi) soldi possono pagare, filo di bava dalla bocca compreso. Sul fatto che poi la creatura lanci delle palle di fuoco generate dalla pancia, come in una pubblicità del Maalox vabbè, questo passa il convento portale, chiudete un occhio e godetevi la caciara di un film, in cui la protagonista nel momento peggiore riassume gli intenti della pellicola: «Se me ne devo andare, lo farò sparando»

Esplosioni verdi…
…gente che entra e esce volando. Ok questa vale come citazione!

Questo film probabilmente continuerò a fare schifo agli appassionati del videogioco, ma se non altro è una pellicola onesta, ha pochi soldi e nessuna voglia di prendere in giro il pubblico, è il classico film che se avete familiarità con i seguiti “Direct to video”, riuscirete a notare il lavoro e la cura (malgrado le circostanze) di Tony Giglio. A tutti gli altri invece sembrerà brutto ma volenteroso, ma mi piace pensare che leggendo la Bara Volante, abbiate imparato a notare questo tipo di differenze.

Big Gun, come in un pezzo degli AC/DC.

Nel finale “Doom – Annihilation” inserisce anche uno degli elementi più amati dagli appassionati del videogioco originale (come ho imparato leggendo lo speciale del Zinefilo) il BFG, meglio noto come “Big Fucking Gun”, l’arma al plasma che Dark nel finale utilizza direttamente nel mondo da cui vengono le creature, una volta attraversato il portale. Una scena che si gioca tutti gli ultimi spiccioli in creature infernali create in grafica computerizzata. Il mio cervello che è rimasto fulminato dalle troppe ore passate a guardare e riguardare Spawn, ha avuto un paio di momenti di Déjà vu, ma posso assicurarvi che siamo diverse spanne sopra, e a parità di finale aperto non ho dubbi, nello scontro diretto tra pellicole, è il nuovo “Doom – Annihilation” proletario e girato in Bulgaria, a vincere a mani basse la sfida tra i due “Doom”.

Come nei sogni erotici di Mark A.Z. Dippé.

Certo ora che ci penso, forse il miglior film ispirato alle atmosfere malsane, violente e piene d’azione di “Doom” mai fatto, resta Fantasmi da Marte, e non credo che sia un caso se il Maestro John Carpenter è un videogiocatore incallito, ma in mancanza del miglior film di “Doom” che i soldi possano pagare, questo “Doom – Annihilation” almeno è intrattenimento che non prende in giro lo spettatore. Quello che di sicuro non lascerà deluso nessun vero fanatico di “Doom” è lo speciale del Zinefilo per i 25 anni del videogioco, passate a trovarlo per scoprire tutto e buona lettura!

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