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Dovevi essere morta (1986): lo strano caso del professor Craven e del signor Wes

«Bravo, ma non si applica». Qualcuno vi ha mai dedicato questa frase molto scolastica? Diciamo che è un po’ il tema di oggi, nel nuovo capitolo della rubrica… Craven Road!

Ci sono pochi dubbi sul fatto che la carriera di Wes Craven sia stata quella con l’andamento più bizzarro, sicuramente tra tutti i maestri dell’horror è quello che al genere ci è arrivato un po’ per caso senza riuscire poi più a lasciarlo, incollato come carta moschicida.

L’enorme successo di Nightmare – Dal profondo della notte avrebbe dovuto fargli spiccare il volo, ma per via di alcune differenze di vedute sul seguito del suo capolavoro, la carriera di zio Wessy ha preso svolte inattese, anche televisive. Per Craven che aveva fatto tutta la gavetta, da fattorino sottopagato a regista, era l’occasione di lasciarsi alle spalle il genere più sanguinolento di tutti e passare ad altro, ad esempio Beetlejuice.

Chissà se zio Wessy ricomparirà ripetendo tre volte di fila il nome Wes Craven?

Sì, per un lunghissimo periodo il regista di “Beetlejuice” avrebbe dovuto essere Wes Craven e per la prima bozza di sceneggiatura stava lavorando con lo scrittore Bruce Wagner quando a gamba tesa arrivò un elemento incontrollabile come la sfiga: dopo i risultati modesti di gradimento raccolti da Nightmare 2 – La rivincita, la New Line corse disperata dal papà di Freddy Kruger che non poteva perdere l’occasione di rimettere le mani sulla sua creatura più famosa e quindi iniziò a lavorare in contemporanea alla prima bozza di Nightmare 3, ma anche al suo nuovo progetto, il tutto mentre affrontava un sanguinoso (anche per lui, piuttosto esperto in maniera) divorzio dalla moglie Mimi.

Insomma, fin troppa carne al fuoco per il nostro zio Wessy che per incompatibilità di idee, si vide sfilare “Beetlejuice” dalle mani, in favore di un regista meno bellicoso come Tim Burton, potreste averne sentito parlare. Sì, perché a questo punto della sua carriera Wes Craven era alla ricerca di un titolo “per tutti” che gli permettesse di mostrare la sua capacità non solo come regista di film dell’orrore, l’ispirazione per zio Wessy arrivava da un altro Maestro del genere, John Carpenter che con il suo Starman era riuscito quasi a fare pace con Hollywood dopo… Vabbè, robetta… Aver firmato il suo capolavoro considerato, però, troppo violento.

I mortali titoli di testa del film, come da tradizione della rubrica.

Il soggetto che Craven riteneva avere le carte in regole, arrivava dal racconto della scrittrice Diana Henstell intitolato “Friend” (1985) che zio Wessy adatta per il grande schermo lavorando insieme allo sceneggiatore Bruce Joel Rubin, cercando di mantenere la sceneggiatura in linea con l’atmosfera originale del racconto, peccato che la Warner Bros. dopo i primi test di prova, bollò il lavoro del regista come “non abbastanza horror” un prodotto firmato da Wes Craven che nelle intenzioni delle casa di produzione doveva uscire nei cinema il giorno di Halloween.

Secondo John Kenneth Muir e il suo libro “Wes Craven: The Art of Horror” (1998), il primo montaggio del film che in uno strambo Paese a forma di scarpa è uscito con il titolo di “Dovevi essere morta” riprendendo la frase terrorizzata del padre della protagonista, era una riuscita pellicola sulla falsariga di Corto Circuito, qualcosa di diverso dalle aspettative che il nome Wes Craven si porta dietro, ma, comunque, di riuscito ed è qui che il professor Craven, si è trasformato nel signor Wes.

Negli anni ’80, non eri nessuno se non avevi un robot tutto tuo.

La filmografia del maestro di Cleveland è stata caratterizzata da clamorosi alti e catastrofici bassi, ma in generale il dualismo è parte della natura di Craven, ex professore laureato in filosofia e psicologia, colto e con ambizioni di cinema “alto”, ma allo stesso tempo un talento naturale per sangue, budella, teschi, insetti e serpenti, perfetti per un cinema mosso da istinti molto bassi. Quando il primo montaggio di “Friend” è stato bocciato dalla Warner Bros. il professor Craven ha dato libero sfogo al signor Wes dentro di lui: If you want blood you got it, come cantavano gli AC/DC.

Craven assecondò la richiesta della Warner aggiungendo scene oniriche una più spaventosa dell’altra alla storia, la protagonista Kristy Swanson intervistata ha dichiarato che mentre giravano la scena in cui il suo personaggio Samantha, pugnala in sogno l’orribile padre al petto con un pezzo di vaso scheggiato, Wes Craven sul set continuava a sbraitare ai tecnici degli effetti speciali che voleva molto più sangue finto, ancora di più! Anche se a quel punto la Swanson ne era già ricoperta (storia vera).

«Ho capito, mi toccherà un altro ruolo ingrato anche questa volta»

Craven aveva una certa predilezione per romanzare i racconti legati a se stesso e alle produzioni dei suoi film, ma questa mi sembra coerente con la situazione descritta, quindi ve la riporto anche perché è citata da più di una fonte. Pare che per convincere i tipi del visto censura, evitando così il famigerato “Rated-R” (vietato ai minori) che avrebbe definitivamente affossato la sua pellicola, Craven abbia difeso la scena di decapitazione di “Deadly Friend” (aggettivo voluto dopo le modifiche dalla Warner che descrive bene la piega presa dal film), paragonandola con tutte le scene analoghe in film non vietati ai minori che è riuscito a trovare in circolazione, alla fine l’ha avuta vinta lui, ma questo non ha salvato “Dovevi essere morta” dal fallimento, solo 9 milioni di fogli verdi con sopra le facce di altrettanti ex presidenti defunti portati a casa, al netto di una spesa di 11 milioni, molti dei quali dovuti ai vari rimaneggiamenti del montaggio voluti dalla Warner Bros, gli stessi che hanno fatto infuriare Craven, finito a prendere le distanze da un film, ormai stravolto.

Sì, perché malgrado la svolta smaccatamente horror, l’idea di Wes Craven era quella di mantenere la sua poetica, anche se la minaccia in “Dovevi essere morta” è rappresentata dalla brava ragazzina della porta accanto (ecco perché uno dei personaggi del film in tv sta guardando “Il ciglio nero” 1956, i riferimenti non potrebbero essere più chiari), per Craven i veri mostri avrebbero dovuto essere gli adulti attorno a lei, in particolar modo il padre di Samantha, uno che dietro la facciata da bravo papà, in realtà è un mostro che picchia e terrorizza la figlia. Il problema è che buona parte delle intenzioni iconoclaste di Craven, sono finite a zampe all’aria in un film che sembra una stramba pellicola adolescenziale anni ’80, con incredibili acuti horror, insomma un prodotto capace di scontentare tutti.

Il braccio violento (e robotico) della legge di Wes Craven.

Se l’approccio colto del professor Craven e gli istinti sanguinari del signor Wes ben bilanciati possono sfornare capolavori, quando il bilanciamento non funziona, il nostro zio Wessy sembra uno studente bravo che non s’impegna e i risultati sono dei Craven “minori” come questo.

Eppure, per essere una pellicola così sbilanciata “Dovevi essere morta” azzecca una serie di trovate niente male, a partire dal robottino BB costruito dal protagonista Paul Conway (Matthew Laborteaux, che arrivava da serie famose come “La casa della prateria” e “I ragazzi del computer”), che riesce alla perfezione a rappresentare tutta quella fetta di pubblico cresciuta negli anni ’80, dove i computer erano ancora oggetti misteriosi, ma dotati di grande fascino e in cui non eri nessuno se non avevi il tuo “terminator privato”, citando un altro film piuttosto noto.

«Voglio i tuoi abiti, stivali e motocicletta» (Cit.)

Ci sono poche cose più anni ’80 di un robot in giro per la casa, l’immaginario americano dell’epoca è strapieno di questi esempi: Rocky ne regalava uno a Paulie in Rocky IVCorto Circuito l’ho già citato, ma è doveroso menzionarlo ancora, in “La donna esplosiva” (1985) due adolescenti imbranati creavano la donna perfetta usando un computer e per spostarci sul piccolo schermo, gli investigatori della “Riptide” avevano un robot arancione e sono sicuro che tutti quanti voi abbiate visto la vostra buona dose di episodi di “Super Vicki” durante la vostra infanzia, anche solo per stabilire se il protagonista era il cantante degli Smashing Pumpkins (SPOILER: Non lo era, bastava leggere i titoli di testa del telefilm per togliersi ogni dubbio).

Il giallo del robot giallo.

Ora io non vorrei rovinare i ricordi a nessuno di voi, però quanto era sottilmente spaventosa Super Vicki? Aveva uno sportellino sulle schiena tipo vano porta batterie, roteava testa e arti con intenti comici, ma del tutto innaturali, inoltre “dormiva” nell’armadio. In piedi. Con gli occhi aperti. Quasi come un vampiro. Ecco, “Dovevi essere morta” avrebbe dovuto lavorare su quel labile confine tra spaventoso e divertente, solo che per via delle influenze nefaste della Warner Bros. finisce per affidarsi al sangue dando un calcio al secchio del latte, a rivederlo oggi sembra solo un film molto datato e leggermente schizofrenico, con il senno di poi (di cui sono piene le fosse), sembra solo il genere horror che cerca di trattenere Wes Craven in tutti i modi possibili.

“Dovevi essere morta” inizia come tanti horror, con un trasloco in una nuova casa da parte di Paul (Matthew Laborteaux) e del suo robot BB, un trionfo anni ’80, in pratica un paracarro a metà tra Bumblebee ed “Emiglio robot” doppiato da Charles Fleischer, che Craven si era portato dietro dal set di Nightmare, ma sarebbe diventato famoso doppiano Roger Rabbit.

BB è sgraziato, ma adorabile, fa tutto quello che un ragazzo vorrebbe dal suo robot, lo difende dai bulli, lo aiuta a fare amicizia con il ragazzo dei giornali Tom (Michael Sharrett) e gioca anche a basket, malissimo, però può comodamente indovinare le combinazioni dei lucchetti, se la palla dovesse finire nel cortile di casa di quella megera di Elvira Parker (Anne Ramsey).

Era a capo della banda Fratelli, di sicuro non si farà intimorire da un piccolo robot giallo.

Cosa può volere di più uno come Paul? Beh, magari una ragazza? Ecco perché nessuna può risultare migliore della bella vicina di casa Samantha interpretata da Kristy Swanson, ovvero Buffy l’ammazzavampiri, per lo meno nel primo film in cui il personaggio ha esordito, prima di essere sostituita nella serie tv da Sarah Michelle Gellar. Kristy Swanson qui è oggettivamente carinissima, non ha davvero bisogno nemmeno di una caratterizzazione per funzionare, anche perché tutto quello che serve lo scopriamo dal livido che nasconde sul polso (un regalino paterno) e da un dialogo di Tom quando il Paul gli chiede informazioni della ragazza: «Samantha? Belle tette!», «Sì, le ho notate». Fine della caratterizzazione del personaggio, provate a farlo in un film del 2020 cari amici di Hollywood, verrebbero a prendervi a casa con force e forconi.

La vicina di casa che tutti gli adolescenti vorrebbero avere.

“Deadly Friend” malgrado il tuo titolo che promette battaglia, diventa la storia di tre amici e un robot tutti insieme appassionatamente, almeno fin al primo dramma: per recuperare la palla da Basket nel cortile della signora Elvira Parker, questa lo fa saltare per aria a colpi di cannemozze e, ditemi cosa volete, sarà stato anche stato una sorta di cassapanca con ruote, con voce e movimenti sgraziati, ma ogni volta che vedo esplodere in mille pezzi BB, il ragazzo degli anni ’80 in me si lancia in un poderoso: «Nuuuuooooooo!».

Ma quando piove grandina e dopo la morte di BB, ci lascia anche Samantha, ufficialmente, beh, “caduta dalle scale” (se volete potete immaginarmi mentre mimo le virgolette con le dita), di fatto spinta di sotto dal padre violento che va di corsa a mascherare il gesto e ancora più in fretta vuole far staccare le macchine che tengono in vita la ragazza.

Tu nella vita comandi fino a quando / Ci hai stretto in mano, il tuo telecomando (Cit.)

Qui intervengono Paul e il recalcitrante Tom, il ragazzo del computer ha una soluzione: se il rivoluzionario microchip di sua invenzione aveva reso vivo BB, possono usarlo per riportare in vita la ragazza. Siccome il film è del 1986, bastava ancora buttare in pista qualche mumbo jumbo informatico per giustificare tutto, anche la resurrezione dei morti e da qui in poi Samantha diventa una specie di zombie (con tanto di camminata impacciata a braccia tese) pronta a vendicarsi dei torti subiti, con una memoria che è il frutto dei ricordi della ragazza, ma anche della precedente programmazione di BB.

Domo arigato, Mr Miss Roboto (Cit.)

Lo dico fuori dai denti: vedere Kristy Swanson che barcolla (ma non molla) non è proprio la più spettrale delle visioni, anzi, a lunghi tratti fa anche abbastanza ridere (involontariamente), quello che rende il film davvero spaventoso sono gli acuti horror che deviano il film dalle idee originali del Professor Craven, ma lo rendono il parco giochi del signor Wes!

Paul è perseguitato dai sensi di colpa, quindi i suoi sogni sono piccoli horror degni delle apparizioni di Freddy Kruger in Nightmare, cadaveri bruciacchiati fumanti che spuntano dalle lenzuola, ma soprattutto la scena della decapitazione (con palla da basket!) sono forse i momenti più memorabili di “Dovevi essere morta”, ci sarà un motivo che Wes Craven non è mai riuscito ad abbandonare per davvero il genere horror, gli veniva dannatamente bene.

Il mio allenatore di Basket diceva di passare sempre la palla con forza, ma così mi sembra esagerato!

Il risultato finale è una creatura di Frankenstein costruita con pezzi presi da svariati film, in cui le due anime di Wes Craven coesistono con difficoltà, «Bravo, ma non si applica» insomma, ma malgrado tutto questo Craven minore strappa qualche brivido, l’ultima scena è talmente efficace che alla pari di Benedizione mortale, è finita omaggiata dalla locandina del film.

Craven ha quasi disconosciuto il film, anche perché non ha mai potuto completare il montaggio perché l’aveva data un po’ su, nel frattempo aveva preferito passare a dirigere alcuni episodi del rilancio di Ai confini della realtà, ma soprattutto si preparava a mandare a segno una zampata clamorosa, il titolo che arriverà su questa Bara tra sette giorni, ci vediamo qui tra una settimana, sempre su Craven Road! Intanto vi ricordo il post del Zinefilo dedicato al film di oggi.

Sepolto in precedenza venerdì 5 giugno 2020

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