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Dracula di Bram Stoker (1992): il sangue (e il cinema) è vita!

Nel 1990 Francis Ford Coppola si stava ancora riprendendo dalla batosta del suo “Il Padrino parte III” (1990), storicamente quello considerato il fratellino minore della celebre trilogia (a breve su queste Bare), stanco e deluso dai risultati al botteghino, lo zio di Nicolas Cage ricevette dallo sceneggiatore James V. Hart un plico di fogli, quando l’occhio di Coppola cadde sul nome “Dracula” in bella vista cambiò subito espressione.

A qualcuno potrebbe sembrare strano che un regista di riconosciuto prestigio come Coppola, all’inizio degli anni ’90 fosse interessato ad un progetto legato al conte più famoso della storia del cinema, ma il regista nato a Detroit da immigrati italiani di Bernalda (provincia di Matera) aveva una vera passione per il romanzo di Bram Stoker inoltre, non dimentichiamoci che è stato uno dei tanti ragazzi cresciuti alla scuola di Roger Corman, quindi quasi trent’anni dopo “Terrore alla tredicesima ora” (1963), Coppola era pronto per un altro Horror.

Visto che i diritti di sfruttamento sul nome Dracula erano ancora saldamente nelle mani della Universal, Coppola propose inizialmente di intitolare il film semplicemente “D”, come la firma usata dal conte nella sua lettera ad Harker, per poi virare bruscamente su un deciso utilizzo del genitivo sassone ovvero “Bram Stoker’s Dracula”, per sottolineare la maggiore aderenza al romanzo originale.

Francis, ma che gli fai tu alle vampire?

Ci voleva un autore della statura artistica di Coppola per regalare al mondo un Dracula filologico finalmente vicino a come lo aveva scritto l’Irlandese nel 1897? La riposta è un netto: quasi. Perché per certi versi il conte nelle sue varie apparizioni al cinema è quasi sempre stato modificato, tradito e riadattato, anche dallo stesso Coppola che mantiene una parte della natura epistolare del romanzo, per poi portare la storia dove decide lui, ovvero nel campo che conosce meglio, quello cinematografico, ma andiamo per gradi.

Diventa anche molto complicato non giudicare quello che è ancora oggi uno degli adattamenti di Dracula più famoso e amato del pubblico, senza prendere in considerazione quanto accaduto dopo, chissà se lo immaginava Coppola che il suo vampiro tragico e romantico sarebbe anni dopo diventato il padre nobile dei vampirelli scintillanti impegnati in tira e molla amorosi, in famose saghe tratte da romanzi di scrittrici tendenti al conservatorismo più spinto, forse da questo punto di vista però è stata Anne Rice a fare molti più danni di Coppola. Sta di fatto che come adattamento puro del romanzo, il regista non fa un gran servizio al romanzo di Bram Stoker, ma direi che i tradimenti sono tutti a fin di bene, di sicuro è andata peggio alla povera Mary Shelley nel 1994, con il Frankenstein diretto da Kenneth Branagh e prodotto dallo stesso Coppola, nato sulla scia del successo del conte al cinema, ma questa è un’altra storia.

«AB positivo mmmm, anche di un’ottima annata!»

Il Dracula di Coppola è maestoso, non mi sovvengono aggettivi più adatti per riassumerlo, dal punto di vista visiva è barocco, capace di generare quintali di iconografia, forse anche un pelo troppo sopra le righe (nella recitazione di sicuro), ma è ancora oggi un punto fermo, esiste una percezione dei vampiri e di Dracula al cinema A.C. e D.C. (Avanti Coppola e Dopo Coppola), per questo il film è senza ombra di conte dubbio un Classido!

Per essere “Bram Stoker’s Dracula”, il vecchio Irlandese ha dovuto subire un ideale schiaffo morale fin dal minuto uno del film di Coppola, perché quel prologo a suo modo è già un tradimento del materiale originale, pensato dal regista per ottenere il suo scopo fin da subito, ovvero farci patteggiare per il cattivo, che poi sarebbe anche il titolare con il nome in bella vista sulla locandina. La Romania minacciata dall’avanzare dei turchi nell’anno 1462 trova in Vlad Draculea, anche noto come l’Impalatore (perché nessuno voleva fare mai la doccia con lui il giovedì sera dopo il calcetto) l’unico in grado di opporsi all’avanzata. La battaglia sanguinosa, l’armatura che sembrano fasci muscolari tanto coreografica quanto inutile sul campo di battaglia, il suicidio dell’amata Elisabetta e il suo rifiutare bestemmiando la croce, ho visto inizi appena appena peggiori in vita mia eh? Ma sono i cinque minuti iniziali, quelli che come dico sempre determinano tutto l’andamento del film e che Coppola utilizza per farci patteggiare per Dracula, la sua perdita diventa la nostra, alla faccia della creatura mostruosa con lunghi baffi descritta da Bram Stoker del suo libro.

Come un teatrino di ombre che ricorda il cinema dei Lumière, però grondante sangue.

Quando poi il film di Coppola si rimette sui binari del romanzo lo fa alla grande e con una messa in scena grandiosa sotto tutti i punti di vista, Jonathan Harker in quanto ultimo arrivato si becca il lavoro di cacca, quello di andare fino in Transilvania e parlare con questo conte spregiudicato che sta comprando case a Londra come se fosse impegnato in una partita di Monopoli, tanto da mandare ai pazzi (letteralmente!) il suo precedente contatto, il Thomas Renfield che ha il ciuffo e la voce roca di Tom Waits, il più famoso “famiglio” dell’iconografia vampiresca qui è affidato ad uno degli artisti più talentuosi di sempre che al cinema ci è stato tante volte, ma ancora oggi fare meglio del suo Renfield è davvero complicato.

Sha la la la la I’m in love with a Transylvanian girl (quasi-cit.)

Allo stesso modo il personaggio di Jonathan Harker ha una sua storia passata, la Columbia Pictures voleva a tutti i costi Keanu Reeves a bordo, per sfruttare l’enorme momento di popolarità dell’attore, Coppola era d’accordo perché sapeva che Reeves avrebbe portato le ragazzine al cinema, anche se il ruolo di Dracula che la Columbia voleva affidargli, magari no ecco.

Per quello fecero la corte a tutti: Daniel Day-Lewis, Alec Baldwin, Hugh Grant, Rupert Everett, Ray Liotta, Kyle MacLachlan, Alan Rickman e si, anche il nipote di Coppola ovvero Nicolas Cage che per fortuna presto potrà regalarci la sua versione del conte (non vedo l’ora!) ma il ruolo venne messo in cassaforte assegnandolo ad uno dei miei preferiti, Gary Oldman che giustamente della parte, non ne voleva nemmeno sapere, accettò solo per lavorare con Coppola, perché la produzione era notevole e perché sarebbe stato il suo primo film americano da protagonista (storia vera), detto questo non si tirò indietro nemmeno dal dover imparare lunghe righe di dialogo in rumeno da recitare senza conoscerne nemmeno una parola.

«Come Dracula? Non avevate detto Milord di Sailor Moon? Sapete quanto ci ho messo a trovare un cappello a cilindro!?»

Malgrado averlo lasciato in braghe di tela sul set di “Il Padrino parte III”, Coppola recidivo diede un’altra opportunità a Winona Ryder che questa volta completò il film, per sua fortuna aggiungo visto che Mina Murray è ancora oggi uno dei ruoli per cui My-Winona (cit.) ancora oggi è ricordata e apprezzata dal pubblico.

Quasi una bellezza botticelliana.

Lo sapete cosa dico sempre, il cinema non ha il dovere di essere realistico, per quello ci sono i documentari, il Dracula di Coppola fin dal primo minuto ha una messa in scena volutamente irrealistica, barocca a ricercata da farti calare immediatamente nell’atmosfera, le musiche di Wojciech Kilar svolgono un ruolo fondamentale, ma è proprio la cura dei dettagli che permette al regista di portare a casa il risultato. Fin dal trenino in viaggio verso la Transilvania è chiaro che come spettatori, stiamo per essere portati per mano in prima fila ad assistere ad un orrore mai visto, un tipo di orrore che gronda sangue e cinema ad ogni fotogramma.

Coppola ha letteralmente litigato con tutti sul set per di tenere lontano dal suo film ogni forma di tecnologia, pur di non avere la più facile (ed economica) grafica computerizzata, ha licenziato l’intero reparto effetti speciali affidando tutto alla supervisione del figlio Roman Coppola (storia vera). Tutti gli effetti speciali del film sono orgogliosamente artigianali, ad esempio la scena in cui Harker arrivato in Transilvania, quando viene caricato di forza a bordo della carrozza, il braccio del cocchiere che pare allungarsi in modo innaturale è stato ottenuto seguendo il braccio di Oldman con la macchina da presa mossa verso il lato destro dello schermo. Allo stesso modo i movimenti “a scatti” di Dracula sono stati ottenuti da Coppola alternando le immagini con fotogrammi diretti a velocità inferiore rispetto ai canonici 24 fotogrammi al secondo (storia vera).

Questa ombra deve essere comoda per quando ti sei già sdraiato sul divano ma hai lasciato il telecomando altrove.

Tutti questi trucchi da grande uomo di cinema restituiscono immediatamente la dimensione dell’orrore, percepiti come innaturali dall’occhio del pubblico, non fanno altro che farci calare ancora di più nell’atmosfera del film che per certi versi è ancora più cinefilo di così, più avanti ci torneremo.

«Giochiamo a testo o croc…», «Aaarrrghhh!»

Una grossa fetta del budget, composto da quaranta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti se ne sono andati per precisa scelta di Coppola in costumi e set, selezionatii e disegnati per essere il più barocco e ricercato possibile. Ecco quindi la scelta della costumista Eiko Ishioka di vestire il conte con una storta di iconico Kimono rosso sangue, al resto ci ha pensato la capigliatura da nonna appena uscita dal parrucchiere a regalare al mondo un film che ha quintali, ma proprio quintali di iconografia. La risata di Dracula che sfuma verso il nero in una dissolvenza mentre Harker viene prosciugati dalle tre mogli del vampiro (tra cui Monica Bellucci, l’avete notata di sicuro vi conosco mascherine!), la croce in fiamme davanti alla versione “pipistrellosa” del conte oppure Lucy (Sadie Frost), che scende le scale della cripta bianca in volto, una sorta di deforme e grottesca sposa rinata non il giorno del suo matrimonio ma in quello del suo funerale, cosa gli volete criticare a Coppola? Questo è cinema allo stato puro.

«Vabbè ma bastava dire che sceglievi testa, che caratteraccio!»

Anche perché nel 1992 il regista poteva permettersi di far emergere dalla storia uno degli elementi che ha reso il romanzo di Bram Stoker un successo, non puoi raccontare una storia di vampiri senza metterci dentro del sesso, con i limiti della censura del periodo lo aveva fatto anche lo scrittore Irlandese, pur suggerendo piuttosto che mettendo nero su bianco, ma se le ragazze dell’aristocrazia correvano a farsi comprare una copia di “Dracula”, era per qualche brivido horror certo, ma più che altro per il sotto testo pruriginoso della storia che Coppola porta in superficie. Facile dopo il 1992 associare la storia di Dracula e Mina a temi romantici, ma prima di trent’anni fa per farlo, ci voleva un grande uomo di cinema come Coppola per osare così tanto.

Un ragazzo sensibile, guarda i film romantici e poi ha tutti gli occhi rossi.

Il personaggio di Lucy è quello che più di tutti mette in chiaro la natura “birichina” della storia, la ragazza prima si diverte a mandare ai pazzi tutti i suoi ammiratori, con giochi di parole e quella sfacciataggine che attira l’ammirazione anche di Mina, prima di cadere vittima delle mire del conte, che la vampirizza saltandole letteralmente addosso in preda ad animalesca passione, letteralmente visto che i due consumano su una tomba con il conte ritratto con un peloso Bigfoot infoiato, Eros, Thanatos e tutte quelle robe lì.

Ma questo non è Bram Stoker, sembra più una categoria di YouPorn!

Difetti? Forse noi in uno strambo Paese a forma di scarpa non ci siamo accorti quasi di nulla, protetti dalla coperta calda del doppiaggio, ma negli Stati Uniti ancora oggi il film di Coppola è oggetto di scherno per via degli accenti assurdi utilizzati dagli attori, quello con tutti i mirini laser ancora puntati addosso è proprio Keanu Reeves, non proprio il più dotato tra gli attori del cast che qui si esibisce in un accento inglese improbabile, ma anche i nomi grossi non scherzano.

Gary Oldman qui regala una prova monumentale, ma alla pari della sua nemesi, il prof. Abraham Van Helsing interpretato da Anthony Hopkins, dodici o tredici metri sopra le righe dandoci dentro con l’accento, sentirlo parafrasare Kyle Reese ha creato momenti di culto che mettono in cassaforte la sua prova, ma la prossima volta che vi capiterà di guardare il film, concentratevi su sir Anthony Hopkins e ditemi se lo avete visto altrove più su di giri che in questo film, considerando che arrivava da una prova decisamente più misurata, si nota ancora di più.

«Coraggiosa Mina, me lo farai sapere quando quei pipistrelli smetteranno di gridare, vero?» (quasi-cit.)

Eppure Francis Ford Coppola ci regala un Dracula con i piedi ben piantata nel media in cui si è ritrovato nel 1992, il suo conte è un dandy con cappello a cilindro e occhiali da sole al limite dell’anacronistico, che quando prova a sedurre Mina per le strade di Londra, in quello che è una sorte di grottesco primo appuntamento cosa fa? La porta al cinema, infatti sullo sfondo del loro corteggiamento fatto di lupi in fuga per la città, vediamo andare in scena la battaglia del prologo del film, raccontata con ombre e sagome che ricordano volutamente le prime proiezioni dei fratelli Lumière, ma il grande gioco cinematografico messo su da Coppola non si limita a questo.

Pur essendo un horror in tutto e per tutto, “Bram Stoker’s Dracula” in 128 minuti (percepiti? La metà) abbraccia anche l’avventura e a tratti nel finale persino il Western, sul serio fin dalla mie prime visioni di questo film da bambino, sono sempre andato pazzo per il cowboy yankee con il suo coltellaccio Bowie che gioca un ruolo fondamentale nel finale, una corsa contro il tempo per arrivare a destinazione prima della bara del conte e prima del tramonto, ogni volta che rivedo questo film, pur conoscendolo a memoria, finisco sempre per cambiare posizione sulla poltrona, facendo un tifo spudorato per la corsa contro il tempo dei protagonisti, un attacco alla diligenza che mette in chiaro quanto cinema ci sia in questo film, a tutti i livelli, dagli effetti speciali rigorosamente “artigianali” quasi alla George Meliès, fino ad arrivare al cinema più popolare, l’avventura, il western, l’horror e appunto il genere romantico e melò, che da secoli fa vendere libri e film con grande facilità.

«Tu di che gruppo sanguigno sei mia cara?»

Dopo trent’anni il lascito di questo film è più facile da quantificare, anche perché ormai è chiaro quanto sia stato una bomba atomica sganciata sulla cultura popolare, non solo ora si può pensare ai vampiri come elemento chiave in storie romantiche, ma se la vera dimensione del successo è garantita dalla parodia, cosa vogliamo dire di un film che è stato amabilmente sbeffeggiato dai migliori? I Simpson hanno pescato a piene mani dal film di Coppola e un altro Maestro come Mel Brooks, lo ha ricalcato quasi fotogramma per fotogramma in “Dracula morto e contento” (1995), infatti ancora oggi la seconda morte di Lucy mi fa pensare subito al “cavicchio puntuto” di Brooks. Il fatto che Coppola abbia scelto per il ruolo di lord Arthur Holmwood, quel Cary Elwes che per il vecchio Mel sarebbe stato Robin Hood (un uomo in calzamaglia) nel 1993 è solo l’ultimo cortocircuito di un film che è strapieno di cinema.

Una drammatica scena del fil… No scusate, ho fatto un po’ di confusione.

Sarà pure nato con l’intento di essere un Dracula filologico, un “Bram Stoker’s Dracula” ma siamo sicuri che invece tradendo il materiale originale non sia forse uno dei Dracula più cinematografici di sempre? “Francis Ford Coppola’s Dracula”. Nel dubbio tanti auguri di compleanno al conte!

Sepolto in precedenza venerdì 25 febbraio 2022

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