Qualche tempo fa ho scoperto che in una delle mille mila fiere a tema Nerd che spuntano come funghi in lungo e in largo per questo strambo Paese a forma di scarpa, tra gli ospiti di punta era stato annunciato Hide the pain Harold, voi direte, chi è? Magari non conoscete il suo nome d’arte, ma il suo volto di sicuro.
All’anagrafe, András Arató, un ingegnere ungherese che ha scoperto di essere diventato l’idolo di “Infernet” quando le sue foto in posa per una compagna sul posto di lavoro, sono state decontestualizzate diventando virali. Oggi è il (più o meno) ragazzo immagine dei “Boomer” che fanno cose sul Web, e mi chiedo quanti siano corsi a comprare il biglietto della suddetta fiera per via della sua presenza, anche se la risposta in termini di numeri potrebbe farmi fare un altro passo per allontanarmi dagli altri bipedi della mia specie, perché per tanti la concreta possibilità di spararsi un “Selfie” con il tizio dei Meme deve essere qualcosa che fa veramente gola.
Kristoffer Borgli non è ungherese e non so se sogna di farsi fotografare con il tizio dei Meme, di sicuro so che è norvegese e che ha firmato un film niente male intitolato “Sick of Myself”, vincitore dell’edizione dello scorso anno del ToHorror, incredibilmente uscito anche da noi in quattro sale ad ottobre di quest’anno, molto probabilmente in vista del primo lavoro in lingua inglese del regista, proprio questo “Dream Scenario”, prodotto dalla A24, che ha fatto il giro di tutti i festival più grossi ma che ha come principale attrattiva Nicolas Cage nel ruolo del protagonista, quindi per chiudere il cerchio potrei ipotizzare che Borgli come idolo dei Meme su “Infernet” abbia “Cage Rage” piuttosto che “Hide the pain Harold”.
Se vi interessa un parere un po’ più approfondito su “Sick of Myself”, cercatelo sui Social-Cosi della Bara, ne ho scritto là in vista della sua uscita nelle sale italiane, per riassumere posso dirvi che si tratta di un film molto puntuale che utilizzando un tono volutamente grottesco, racconta di alcuni giovani borghesi annoiati il cui unico scopo nella vita è inseguire la notorietà con qualunque mezzo, anche una vaga deriva “Body Horror” se necessaria. Quindi il secondo plauso a Borgli va nella sua continuità tematica, al primo film americano con grossi nomi coinvolti, lui continua per la sua strana iniziando a mettere in chiaro le tematiche che gli stanno a cuore.
L’idea alla base della trama di “Dream Scenario” trae ispirazione dalla leggenda urbana di Ever dream Tlthis man?, un omino che sarebbe apparso nei sogni di migliaia di persone dal 2006, ma che non è mai stato identificato nel mondo reale. Dopo un breve prologo giustamente onirico, facciamo la conoscenza di Paul Matthews (Nicolas Cage), professore di biologia che in modo del tutto inspiegabile, comincia ad apparire nei sogni delle persone, senza fare nulla di particolarmente eclatante, anzi il più delle volte come comparsa, ma in maniera sempre più diffusa. Un innocuo «Mi hai sognato recentemente?», piccolo sondaggio condotto tra i conoscenti del professore, diventa il sassolino del dubbio che rotola e genera la valanga, un ruolo chiave lo svolge l’ex fidanzata e giornalista di Paul, che prima gli chiede di scrivere un articolo al riguardo con collegamento al profilo del Faccialibro del professore, che inizia a ricevere commenti da persone sparse ovunque, nel Paese e nel mondo, che lo hanno visto tutti comparire nei loro sogni.
Kristoffer Borgli riesce quindi a mandare a segno un film sui Meme, che fa riflettere sulla fama, quella che arriva per caso, senza che sia davvero meritata o frutto di vero talento a sostenerla. “Dream Scenario” è accreditato come commedia, ed in effetti si ride ma del riso amaro di una situazione che attraversa tutta la via crucis che potete immaginare, Paul passa da idolo delle folle a capro espiatorio del pianeta quando i sogni si trasformeranno in incubi, raccontandoci alla perfezione e con scarti d toni sempre ben dosati, il lato oscuro della fama, quella che grazie ad “Infernet” e i Social-Cosi sembra a portata di mano di tutti. In quest’epoca fatta di profili OnlyFans in cui il (non) lavoro dei sogni è fare l’Influencer, Paul si ritrova suo malgrado prima più famoso di quella che parlava in “corsivo” (che fine ha fatto? Stare bene? Bah!) e poi di colpo trasformato in una sorta di Freddy Krueger, che indipendentemente dalla volontà del professore, ogni notte trasporta tutti in incubi lunghe le strade di Elm Cage Street.
Lo dico fuori dai denti, ho trovato “Dream Scenario” un film bellissimo, perché ha dentro tanta bella roba raccontata in modo intelligente, puntuale, al passo con i tempi e in continuità con la (per ora) breve filmografia di cui fa parte, avendo per la mani una storia che gli permette di spaziare in campo onirico, Kristoffer Borgli si diverte a giocare in modo creativo con il montaggio, mandando a segno scene di tensione in odore di Horror e altre, che si fanno drammaticamente, se non proprio dolorosamente beffe di tutto, anche del mito dei sogni erotici, qui sfatati in una scena che trasforma il piccante sogno in anti gloriosa realtà in modo, comico sì, ma dolente.
Un equilibrio molto difficile da gestire in cui Borgli si destreggia alla perfezione, ad una prima occhiata “Dream Scenario” potrebbe sembrare un film di Michel Gondry particolarmente propenso al cinismo, in realtà riesce a parlare della versione 2023 dei famosi quindici minuti di gloria di Warholiana memoria, ma anche di “Cancel culture” lontano dai discorsi beceri e dal tifo da stadio dei Social, il tutto facendoci patteggiare per un povero diavolo che tutto voleva, tranne che diventare un meme, in tal senso la scelta di affidare la parte a Nick Cage non esito a definirla geniale, ma ci arriviamo tra qualche minuto, prima un paragrafo che mi sta a cuore.
Molti si sono sbrigati ad etichettare “Dream Scenario” come un film non risolto, qualcuno dopo averlo visto in anteprima nei vari festival lo ha definito incompleto, come se il regista non sapesse come concludere una trama sviluppata e portata avanti fino a quel momento alla grande, non sono affatto d’accordo, penso invece che trattandosi di un film di base onirico, non abbia bisogno di essere cartesiano per lasciarti addosso sensazioni su cui magari riflettere la prossima volta che ci troveremo a condividere Meme in rete, ma più che altro essendo un film così puntuale, non ha nemmeno bisogno di un finale che sia davvero risolutivo, il compito del cinema (e dell’arte in generale) non è quello di fornire risposte, perché è molto più divertente ed efficace quando invece fa nascere domande, e poi parliamoci chiaro, non avendo una conclusione netta, non una di quelle con la pretesa di dire al pubblico come comportarsi nella vita davanti, eppure esiste un antesignano storico di “Dream Scenario”, quasi un vecchio zio di questo film, mi riferisco a “Zelig” di Woody Allen.
Allen, che era il volto di quelle “belle commedie che dirigeva all’inizio che facevano tanto ridere”, ed ora è stato cancellato (leggetevi la sua autobiografia edita da la nave di Teseo, per avere un’idea più chiara del tutto, vi assicuro che non conoscete bene tutta la storia) e che ai tempi, proprio quarant’anni fa, fece un film che oggi quando lo pronunci, tutti pensano al celebre programma televisivo con i comici. Un titolo che faceva anche ridere, ma dello stesso sorriso amaro fatto di risatine nervose che ti coglie mentre guardi “Dream Scenario”. Quarant’anni fa con “Zelig”, Woody Allen ci parlava di un uomo che voleva sparire nella massa, il cui vero talento era mimetizzarsi, per essere come tutti gli altri, un numero in più nella folla della maggioranza, quella non per forza dalla parte del giusto visto che Allen, finiva per parlarci dell’ascensa del Nazismo, sapete com’è no? Ebreo di New York, mai stato in grandi rapporti con l’imitatore non simpatico di Charlie Chaplin.
Oggi, quarant’anni dopo, “Dream Scenario” ci parla di quello che è il sogno di tutti, diventare famosi, emergere dalla massa, distinguersi senza vero bisogno di sapere fare qualcosa in particolare, ma solo grazie ad “Infernet”. Ci racconta di pregi e difetti dei “Quindici minuti versione 2.0” con grande intelligenza, sensibilità e senza andare troppo per il sottile, ma soprattutto lo fa con il meme-attore dei nostri anni, Nicolas Cage.
Riflettiamo, quante persone conoscete in grado di identificare Woody Allen anche magari senza aver mai visto per davvero un suo film? Se escludiamo i giovanissimi, secondo me tanti ancora oggi. Potrebbe essere lo stesso per Nicolas Cage, tutti quelli che condividono i suoi Meme pescati da Stress da Vampiro il film lo hanno visto davvero? Eppure siamo nuovamente di fronte ad un’altra prova maiuscola del nipote di Francis Ford Coppola, non che serva davvero a qualcosa, troppi continueranno a considerarlo un raccomandato “Inespressivo” (brrr…) famoso per i Meme, eppure io non so di quante altre grandi prove da attore abbiate bisogno per valutarlo per quello che è, Master Cage qui si mette al servizio del film in maniera grandiosa.
Dopo una vita passata ad indossare parrucche per sfoggiare capelli matti per i suoi personaggi folli, qui Cage indossa una calotta, insomma una parrucca per essere palato e lima di molto, anche i momenti (tanti!) in cui potrebbe andare sopra le righe giustificato dalla trama. Dico sempre che Cage è un’arma letale in mano al regista giusto in grado di usarlo o di affidargli il personaggio più azzeccato, ora come ora, nessuno più di lui, anno di grazia 2023, poteva, per talento e fama conquistata sul campo, essere più adatto alla parte, un attore che è tornato alla “Serie A” cinematografica dopo essere stato il Re del cinema indipendente più matto, ma che non solo continua a dimostrarsi un gran lavoratore, di sicuro non disdegna film dove si sperimenta ancora un po’ come accade qui in “Dream Scenario”.
Tutta la prova di Nicola Gabbia in questo film, era disseminata di bucce di banana sulla quale avrebbe potuto scivolare risultando troppo grottesco, troppo sopra le righe oppure non abbastanza, invece in un film che gestisce l’equilibrio tra i toni così bene, Cage non sbaglia un colpo: fa ridere quando indica i suoi alunni cercando di capire cosa ha combinato nei loro sogni, fa tenerezza quando la vita del suo personaggio va a pezzi per colpe che non sono nemmeno attribuibili a lui, ma solo alla sua immagine fuori controllo nel mondo onirico altrui, inoltre sfoggia una decadente eleganza anche quando Paul, non ha altra scelta che abbracciare l’idea che tutti hanno di lui perché non gli resta davvero altro. Ci voleva talento e una certa dose di fegato per non risultare ridicoli con quella “parrucca da pelato” in testa e ancora di più, per sfornare una gran prova in un film così in equilibrio tra i toni e i temi, mentre guardavo “Dream Scenario” in almeno due occasioni distinte, tra i denti in silenzio in sala ho mormorato: «Minchia quanto cazzo è bravo Cage», storia vera e vedere per credere.
Ultimo paragrafo per tirare le somme: “Dream Scenario” mi è piaciuto più di quello che avrei immaginato, il classico film che potremmo riassumere, vieni per Nick Cage e resti per tutto il resto (e la prova di Cage), alla faccia di chi lo ha etichettato come un film non risolto, l’ho trovato molto più a fuoco del più pubblicizzato Beau ha paura, ma soprattutto con più testa e cuore di quello che avrei pensato prima di vederlo. Ci sono titoli nella storia del cinema in grado di fare il punto della situazione sulla società nel momento in cui escono in sala, una fotografia puntuale del momento che non ha bisogno di dare risposte o giudizi, o tanto meno giungere a conclusioni, perché non è quello il compito del cinema, se poi nel momento in cui questi film escono, la società rappresentata non è proprio questo capolavoro di virtuosità, non è certo un problema del film, al massimo come spettatore dobbiamo essere felici del fatto che ci siano ancora registi capaci di usare la settima arte come cartina al tornasole del mondo che ci circonda, condividere Meme su “Infernet” dopo, non sarà (forse) più lo stesso.
Sepolto in precedenza martedì 21 novembre 2023
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