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Driver l’imprendibile (1978): Sta zitto e guida

Poche parole, tantissimi fatti. A chiacchiere sono buoni
tutti ad atteggiarsi, essere il migliore è qualcosa che si dimostra con l’esempio,
è così che si diventa il re della collina. Benvenuti al nuovo, rombante
capitolo di… King of the hill!

Non credo che ci sia un singolo film in grado di fare la
differenza imponendo un nuovo standard di qualità per tutti, come “The Driver”
che in uno strambo Paese a forma di scarpa si è guadagnato un sottotitolo che
appesantisce il titolo, ma riassume il senso: imprendibile. Come Walter Hill
che al suo secondo film da regista dopo L’eroe della strada, riassume già quasi tutta la poetica del suo cinema, regalando
un archetipo narrativo che tutti gli altri registi dopo di lui hanno potuto
giusto provare ad inseguire, imprendibile per davvero.

Dopo essere stato assistente alla regia di “Bullitt” (1968)
e aver scritto “Getaway!” (1972), Gualtiero Collina voleva Steve McQueen come
protagonista, ma di recitare in un altro film con le automobili, il nostro
Steve proprio non aveva voglia, temendo di essere ricordato solo per quello
(storia vera). A questo punto Hill avrebbe gradito lavorare ancora con Charles
Bronson, ma dopo aver fatto il madornale errore di dire mezza parola contro la
recitazione della signora Bronson, Jill Ireland in Hard Times, il vecchio Charlie aveva messo il nome di Hill sulla
sua personalissima lista nera, quindi niente da fare, tocca cercare ancora.

La tradizione dei titoli di testa nella rubrica, uno dei pochi momenti statici del film.

Gualtiero inizia a pensare che Clint Eastwood potrebbe
essere quello giusto, quando il suo fidato produttore, Lawrence Gordon gli da l’imbeccata
giusta: “Se prendi gente come Bronson o Eastwood, quelli si mangiano il film
attirando tutti gli sguardi. Se prendi McQueen faranno tutti i paragoni con Getaway, ti ci vuole qualcuno di più adatto al personaggio che hai scritto, uno che
riesca ad essere figo in modo più sottile”. Parafrasando un suo film famoso mi
viene da dire: “Con questi mezzi Ryan O’Neal acquisì lo stile e il titolo di
Driver”.

E Ryan Gosling… MUTO!

A proposito di persone belle belle in modo assurdo (cit.),
pare che Isabelle Adjani abbia accettato la parte, perché positivamente colpita
da L’eroe della strada, ma se i
protagonisti sono una tale coppia di belloni, per la parte dell’avversario non
può esserci nessuno di più adatto della facciona da schiaffi e della massa di
riccioli di Bruce Dern che qui sembra il papà di Michael Bay, appena un po’
più arrogante, però.

“The Driver” è un film che m’incanta ad ogni visione, sul
serio, è girato alla grande, un trionfo dell’azione sui dialoghi, in cui ogni
scena è girata per risultare il massimo della figoseria possibile, la sua
influenza sulla storia del cinema è stata silenziosa quanto il suo
protagonista, ma notevole come il risultato finale, se dovessi riassumere il
cinema di Walter Hill ad un marziano, penso che gli farei vedere questo film
che si merita di stare tra i Classidy!

Per essere uno che si è sempre considerato un regista di western,
Walter Hill non si smentisce, “Driver l’imprendibile” è essenzialmente un
western urbano (ecco perché il detective sfotte driver chiamandolo “Cowboy”)
dove ogni dettaglio è scritto e diretto per risultare stilosissimo, un punto di
equilibrio perfetto tra i modelli di riferimento di Gualtiero Collina, il western
da una parte e Jean-Pierre Melville dall’altra.

Se in Le Samouraï,
molti dei personaggi principali non avevano nemmeno un nome, ma erano indicati
solo dal ruolo, qui Hill fa la stessa cosa estremizzando al massimo il
concetto: i protagonisti sono un archetipo che ne identifica la collocazione
sulla scacchiera. E se Melville concentrava la sua attenzione su un criminale
solitario, un assassino con l’etica di un Samurai, Hill fa qualcosa di identico,
ma ancora di più rivoluzionario: rende per la prima volta al cinema
protagonista della vicenda, uno che di solito sta in disparte, l’autista,
quello che durante una rapina, aspetta in auto fuori, con il motore acceso.

Prima di Walter Hill, l’autista era solo uno che guidava, ora è il protagonista.

Ora vi può sembrare normale, perché film come “Drive” (2011),
oppure, ancora meglio, Baby Driver, fin dai loro titoli, hanno saputo essere
quasi dei remake, anzi, meglio dei remake, delle rielaborazioni molto personali
(uno in chiave molto romantica, l’altro anche, ma con ancora più musica) di un classico, in cui il modello di
riferimento, il film di Walter Hill era chiarissimo, senza risultarne, però, una
copia sbiadita.

“No Edgar, io sono tuo padre!”

Le rapine e gli inseguimenti in auto, sono due specialità in
cui un regista d’azione deve cimentarsi prima o poi per eccellere, ci sono film
che ci concentrano su cosa accade in banca quando i rapinatori fanno irruzione
e altri che mostrano l’inseguimento successivo al meglio, ma per la prima volta
nel 1978, Walter Hill pone l’attenzione sul tizio che aspetta fuori in auto,
tanto che la rapina passa in secondo piano, è un cambio di fronte semplice che
sarebbe rivoluzionario già così, se non fosse seguito da un’estetica che
levati, ma levati proprio.

A proposito di estetica avere Isabelle Adjani aiuta, non poco. 

“Driver l’imprendibile” inizia di notte, non c’è niente di
più cinematografico della notte al cinema e come accade spesso nei film di
Walter Hill, le cose più importanti possono accadere solo quando cala il
sole. Se dico sempre che i primi cinque minuti di un film sono quelli che ne
determinano il ritmo, è anche perché sono cresciuto con i film di Gualtiero
Collina.

I primi cinque minuti muti, con driver (Ryan O’Neal) che guida
in auto di notte caricando a bordo i rapinatori in fuga sono perfetti, ma poi è
qui che il film inizia davvero con un lungo inseguimento girato come gli Dei
del cinema comandano, con le auto della polizia che aumentano di numero ad ogni
minuto e driver lì al volante, impassibile come solo il faccione di Ryan
O’Neal sapeva essere, un predatore nel suo elemento, peccato che il suo
elemento sia con il culo sul sedile di guida, le mani sul volante e il piede sull’acceleratore.
A tavoletta.

In realtà aveva solo la luce dello stop fuori uso…

Si tratta di un classico del cinema d’azione, l’inseguimento
in auto, ma il punto di vista diventa quello dell’autista, il tutto con una
varietà di inquadrature e un numero di stacchi di montaggio invidiabile, lo
ribadisco: nessuno dirige con la selvaggia eleganza di Walter Hill. Ed è solo l’inizio
del film!

Esattamente come faceva la pianista di Le Samouraï, la giocatrice interpretata da Isabelle Adjani, è l’unica
ad aver visto in faccia driver e a poterlo identificare, ma non lo fa
diventando volutamente sua complice, da qui comincia un duello a distanza con
il detective (Bruce Dern) in quello che è un western urbano, Melvilliano fino
al midollo, in cui i protagonisti sono tutti fighi, stilosissimi, hanno gli
abiti giusti, la camicia e la giacca perfetta e non escono di casa se non
hanno un paio di occhiali da sole e anche qui, una lezione di stile che Hill
regala al mondo e che registi come Michael Mann hanno fatto propria nel modo migliore
possibile.

Bruce Dern nella sua migliore faccia da: “Questa città non è abbastanza grande per tutti e due”.

Per sua stessa ammissione, Hill ha dichiarato di essersi
ispirato ai quadri di Edward Hopper per questo film, infatti “The Driver” è un
trionfo delle immagini che poi sono quelle su cui è basato il cinema, quindi è
un trionfo del cinema dove le parole sono centellinate (il protagonista pronuncia
solo 350 battute) e le immagini comunicano, ogni dettaglio ha la stessa
importanza, dai costumi di scena, al posizionare la macchina da presa nel modo
migliore possibile, per trasformare la città sullo sfondo, in una città da far
west dove va in scena il duello e sono le azioni dei personaggi a dare una
direzione alla storia, non i dialoghi. In questo senso non poteva esserci uno più
adatto di Ryan O’Neal per la parte del protagonista, uno che non ha certo una
mimica facciale variegata, ma che ad un personaggio così minimalista non
servirebbe proprio a niente.

Torchy’s il locale preferito nei film di Walter Hill, tenetelo d’occhio, tornerà a trovarci nel corso della rubrica.

Driver è il migliore in quello che fa, Chaney era un fenomeno con i pugni? Bene, lui è un fenomeno con il
volante, quando prima di assoldarlo per una rapina, gli chiedono se è bravo
come si dice in giro, lui non parla, lo dimostra, in un trionfo dello “Show,
don’t tell” come si dovrebbe sempre fare al cinema, lui sale sulla Mercedes
arancione e la devasta guidando come un pazzo a velocità suicida in un
parcheggio coperto, facendo zig zag tra le colonne di cemento armato e facendo
cagare sotto i matusa, i governi e i suoi nuovi datori di lavoro, salvo poi
concludere con una “frase maschia” perché uno così parla poco, ma quando lo fa
deve colpire nel segno: «Vi conviene cambiare la macchina se intendete usarla
ancora».

“Un po’ di pasta abrasiva e torna come nuova. Forse”.

Il cinema di Walter Hill è fatto anche di personaggi
opposti, come abbiamo visto Speed e Chaney lo erano, qui la tradizione continua, perché se driver è silenzioso
e letale, il detective è altrettanto letale senza, però, essere affatto
silenzioso. Bruce Dern qui fa lo spaccone, i suoi dentoni e la faccia come il
culo fanno il resto, non ci sono dubbi sul fatto che per quanto sia lui il
rappresentante della legge, da spettatori viene subito da fare il tipo per
driver, perché è uno con una sua etica, il samurai di Melville interpretato
dalla sensibilità di Walter Hill, non sarà l’ultima volta nel corso della sua filmografia
(e di questa rubrica) che Gualtiero ci farà fare il tifo per tipi sulla carta
poco raccomandabili, ma così giusti da conquistarsi con i fatti – non con
le parole – la nostra stima.

Ma questa ostentazione di figoseria diffusa, non è un
esercizio sterile per Hill, una cosetta fatta per puro edonismo no, Gualtiero
Collina parte dall’estetica super ricercata di Melville, per fare qualcosa di
molto più interessante, ovvero utilizzare il cinema per migliorare gli eventi,
renderli più interessanti, coinvolgenti, epici se serve.

Tutto è figo in questo film, anche le pose del regista mentre dirige.

Hill se ne frega del realismo, parte da spunti realistici,
ma poi va alla ricerca del modo per rendere quello spunto molto migliore sul
grande schermo di quanto non potrà mai esserlo nella realtà, questa ricerca
della finzione cinematografica, così riuscita da sembrare più vera del reale,
sarà alla base del film successivo di Hill che arriverà qui sopra tra sette
giorni e di cui non vedo l’ora di scrivere (olè!), ma che comincia qui.

Driver deve inseguire due tizi su una Corvette e si trova
alla guida di un vecchio pick-up rosso? Impossibile che uno scassone anni ’50 come
quello che sta guidando lui, per quanto bellissimo da vedere, possa stare
dietro ad una Corvette nuova fiammante, ma se l’assunto è che Driver è il
miglior pilota del mondo e Hill dirige l’inseguimento in quel modo magistrale,
allora chissenefrega se guida un pick-up oppure il carrello della spesa, quello
che conta è il risultato finale sul grande schermo.

Inseguimenti in auto: Dove davvero si scrive la storia del cinema.

Infatti quello che va in scena, è un vero e proprio duello,
degno di un film western, con tanto di scena “A chi si butta per primo” come Jack Slater (guarda caso un film dove la
finzione e la realtà tenevano banco), con le automobili al posto dei revolver,
però.

Una scena in particolare, forse, rende ancora meglio l’idea:
quando Driver nella stazione mette le mani sulla borsa e si volta, dietro di
lui vede il detective e un esercito di poliziotti schierati, uno accanto all’altro
disposti alla stessa distanza. No, sul serio, fino ad un momento prima non c’era
nessuno e dopo una ventina di poliziotti, senza fare un solo rumore, sono
riusciti ad entrare e mettersi in posa come se dovessero fare la foto di
gruppo? Ve lo immaginate Bruce Dern che con l’indice davanti alla bocca, fa
camminare tutti in punta di piedi, per poi spararsi la posa prendendo alla
sprovvista Driver?

“Zitti raga zitti, fate una posa da fighi che ora si volta”.

No, non ha senso, ma a Hill non interessa e ha ragione lui,
perché questo non cambia la potenza di quella scena, un attimo prima è solo, BOOM!
Si volta, ha letteralmente tutta la polizia schierata dietro di lui, l’effetto
cinematografico, che trionfa sul realismo, cinema allo stato puro, un
capolavoro, non ci sono altre parole, ne ho già usate ben più di quanto non
faccia Driver in tutto il film. Correte a vedere o rivedere questo film, ma fatevelo in fretta, a tavoletta.

Tra sette giorni, ne arriva un altro di capolavoro, ci
venite con me a giocare a fare la guerra? ma mentre ci siete, vi ricordo il poster di questo film, direttamente dalle pagine di IPMP!
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