vale) a tutte le ragazze e i ragazzi che pizzicano la “R”, quando dovranno
pronunciare il titolo di questo film, non si fanno certe bastardate! Detto
questo parliamo del film.
Quanti film Baschi vi è capitato di vedere di recente? Eh
così eh! A grappoli! No scherzi a parte, non molti immagino, i Paesi Baschi
hanno generato oltre che un famoso cappello con lo stesso nome, anche una
lingua propria e di conseguenza, come tutte le popolazioni autoctone, un
folklore locale alla quale questo film si ispira, ma che può anche vantare una
produzione di Álex de la Iglesia, si perché sembra incredibile, ma quell’adorabile
matto che ha diretto “Azione mutante” (1993) ora fa scuola e proseliti o almeno
ci prova.
giusti per affascinare, una favola folk horror che fa pensare al Guillermo Del
Toro, alle favole classiche che sono
sempre un buono spunto di partenza in quanto veri archetipi narrativi, si
immagina tutto condito con buone dosi di sangue senza tirar via la mano. Lo
trovate su Netflix e vi consiglio la lingua basca (con i sottotitoli) perché da
sola regala un buon dieci per cento extra di fascino al film, che però al netto
del risultato finale, di davvero affascinante ha proprio solo quella lingua
aliena all’orecchio in cui parlano i protagonisti e davvero poco altro, che
cacchio è successo?
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Saranno anche Baschi, ma questo a me sembra un Mamuthones Sardo. |
Deve essere successo Paul Urkijo Alijo, regista che ha per
le mani folklore, favole, una lotta per la propria anima e un diavolone grosso
e rosso, ma riesce comunque ad appiattire il ritmo, con la parte centrale del
film non va proprio avanti. Un risultato finale è meno della somma delle sue
parti e risulta stranamente piattissimo malgrado le premesse.
si muore, con una bambina ai margini del suo villaggio e un vecchio pazzo che
vive solo nei boschi, conciato come una mamuthones sardo, e in odore di
cannibalismo, almeno a quanto dicono gli abitanti del villaggio. Il tutto si
risolve in una lotta per la propria anima ancora più banale dello spunto di
partenza.
protagonista, il mamuthones, è proprio l’Errementari del titolo, che voi
direte: Con un nome così altisonante (e pieno di “R”), che cazzarola è un
Errementari? Un fabbro, questo vuol dire in basco, fabbro. Che come ci spiega
la favoletta piazzata in modo didascalico all’inizio del film, ha ingannato il
diavolo (sono io che continuo a notare potenziale di roba alla Gilliam in questo film?) ed ora si guadagnato una vita in
solitaria in mezzo al bosco, alimentata dalle voci sul suo conto e soprattutto
da un’eterna veglia da condurre in gran segreto.
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EVVeme… EVVementaV… EVVementaV… Il FabbVo. |
A garantire il classicismo totale abbiamo una bambina come
protagonista, che viene “spernacchiata” da tutto il villaggio perché sua madre
si è impiccata, ed evidentemente l’umorismo Basco prevede che per questo i
parenti superstiti del suicida debbano essere bullizzati. Ma la ragazzina non
si fa problemi a trattare male i suoi persecutori che per liberarsi di lei le
lanciano la sua bambola del cuore del cortile di casa dell’Errementari, avete
già capito come continua no?
cattivo, in realtà è solo un po’ burbero e i veri cattivi, si presentano con
volti amichevoli da burocrati (si, io qui continuo a vedere robe alla Terry Gilliam abbozzate
malamente), ovviamente non manca nemmeno un diavolone, realizzato con un trucco
vecchia scuola che lo fa sembrare quello palestrato di “Legend” (1985) prima delle
mille mila ore di palestra. Peccato che il trio di protagonisti, a metà film
faccia arenare il film, il ritmo e anche noi spettatori nelle secche di
dialoghi infiniti, tutti in Basco eh? Quindi incredibili all’orecchio non
abbituato, ma pallosissimi lo stesso.
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Il diavolo di “Legend” prima di scoprire gli steroidi. |
Quello che manca è proprio una direzione, sei un horror con
elementi Folk? Sei un film satirico con esplosioni di violenza? Sei una favola
particolarmente oscura? Non sono un fanatico dell’etichettare i film a tutti i
costi, ma qui mi pare abbastanza chiaro che la trama cerchi di essere un po’
tutto, per riuscire stringi stringi, a non essere proprio niente.
modo per distrarre dai costumi abbastanza raffazzonati, un po’ come se fosse
mancata davvero la voglia di esplorare una storia in cui i protagonisti devono
combattere per tenersi stretta la propria anima. Potresti farci qualunque cosa
con un fabbro cazzuto, una bimba che non le manda a dire e un diavolone chiuso in
una gabbietta come se fosse una cocorita, anche trasformare tutto in una favola
dal finale beffardo e invece? Invece niente.
di roba senza dare spessore davvero a niente, come a sperare che in quel gran
mucchio di cose ammonticchiate, il pubblico troverà qualcosa di suo gradimento.
Forse il finale? Non lo so, mi è sembrata una lunga sequenza talmente pacchiana
che altrove avrei criticato, ma che qui se non altro smuove un po’ la storia
dal nulla cosmico in cui era precipitata, quindi anche le fiamme infernali realizzate
con mezzi di fortuna, almeno danno l’illusione di una storia che ha qualcosa da
dire, quando invece, è già terminata dopo il didascalico inizio.
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“Sono una bambina in una favola, potrà mai capitarmi qualcosa di male?”. |
Inoltre ho trovato una sinistra tendenza a prendersi molto
sul serio, anche troppo quando comunque nella tua storia hai un diavolo chiuso
in una gabbietta, e un finale ambientato in un inferno che risponde a tutti i canoni
più banali e abusati, a cui si pensa quando qualcuno pronuncia la parola “Inferno”.
Insomma un titolo davvero dimenticabile ed evitabile, se pizzicate la “R” di
sicuro, ma in generale proprio per tutti.