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Essere o non essere (1983): everybody lives!

Il motivo principale che mi ha spinto ad iniziare la rubrica su
Mel Brooks, era quello di avere l’occasione di poter rendere omaggio soprattutto
ai titoli del regista di Brooklyn che più di tutti, mi hanno convinto e insegnato che
l’ironia e la farsa possano essere usati per parlare di qualsiasi argomento,
anche il più atroce e controverso, a patto di farlo avendo a disposizione dieci
chili di cervello e dieci chili di cuore da mettere sul piatto della bilancia.
Quelli che ci dimostrano che l’Arte magari non sarà fondamentale come ossigeno,
acqua, cibo e libertà, ma a volte è quella che può salvarti la vita.

Del prodotto della Brooks Films di oggi il pubblico non parla mai,
eppure é una pellicola bellissima, con quei venti chili di materiale organico,
metà nel petto e metà nel cranio, che servono a trattare un tema come
l’Olocausto. Una di quelle pellicole che se non siete dei cazzo di T-800 come
il sottoscritto, programmati per non piangere davanti ai film, vi farà venire
le lacrime agli occhi dal ridere, ma allo stesso tempo è ancora capace di stringervi il groppo in gola, per tutte quelle scene incredibilmente toccanti. 
Un capolavoro senza sterzo che ha ispirato direttamente gli unici
che sembrano aver potuto parlare della pagina più atroce e oscura dell’umanità,
gente come Benigni e Spielberg, e che per umiltà Mel Brooks non volle firmare
per dedicarlo e dedicarsi alla moglie.
Visto che dai Maestri bisogna imparare, per festeggiare come merita questo mio
coetaneo, che oppone alla pagina più oscura della storia, il potere salvifico
dell’arte e uno spirito che tiene fede al motto del Doctor Who, ho convocato di
nuovo l’unico bipede a me noto che ami sperticatamente questo film ancora più
del sottoscritto, anche più di Joe DanteGiocher
Torna a trovarci con un monologo degno dell’Amleto, ma che mi
ha garantito sarà più breve e circonciso dell’ultimo suo commento.

Il mio compito oggi prevede solo più una faccenda da sbrigare prima di lasciar libero il palcoscenico, anche stavolta quel geniaccio scompisciare di Brooklyn ci ha fatto dono di un Classido! 
 

#GRWM : Pronti insieme a questo nuovo appuntamento della rubrica…
 
In questo film che ha 40 anni i protagonisti sono Brooks
e sua moglie, l’attrice Anne Bancroft.
Qui lavorano per la prima volta assieme,
nel ruolo di Fredrerick e Anna Bronsky, impresari di una piccola e coraggiosa
compagnia teatrale in una Varsavia
occupata dai Nazisti della Seconda Guerra Mondiale. Anna soffre
l’ego troppo grande del marito e spasima per un aitante pilota militare che va
ogni sera a vederla a teatro. 
Mel Brooks, spassosissimo, fa il tipo
eclettico, capace di recitare un brano di Shakespeare
e un attimo dopo in una gag intitolata I Nazisti
Cattivi
, tutto la stessa sera e nello stesso spettacolo! Che infatti si
chiamavano Varietà. Ma poi arriva la
guerra in Polonia.
Che cosa potrà fare un’umile compagnia
teatrale per essere resiliente
Niente! dice Bronsky ad un certo punto del
film. Ma poi la banda si ritrova coinvolta in una complicata messa in scena
NO
SPOILER
!!
in cui gli attori fanno finta di essere dei
nazisti per poter cacciare i nazisti veri, e cercare di impedire la vittoria
delle truppe tedesche.
Commedia degli equivoci proprio fatta
bene. Non è buffa ma divertente e Mel
Brooks e sua moglie sono bravissimi.
Ma forse è perché sembrano divertirsi tanto e
anche tutto il resto degli attori poi sono scelti molto bene. Ci sono Il Doc Brown di Ritorno al Futuro, il Comandante di Scuola di Polizia e una vera Drag Queen, (devo dire molto ben
rappresentata come personaggio nel film). Ma anche tanti altri che abbiamo già
visto in altri film di Brooks.
Non fa ridere come altri più famosi di questa
rubrica perché non era lui alla regia e poi su certe cose non si scherza. L’ho
trovato però molto ben fatto e scorrevole
e lo consiglio se volete passare un’ora e mezza senza troppo impegno e con qualcosa di storico che però ricorda purtroppo anche i nostri tempi.
 
«Che succede?… Stavolta é bravo»
 
ATTENZIONE
[nell’interesse
della chiarezza e della salute mentale del recensore, il resto di questa
rubrica NON sarà in Becille]
Potreste aver nozione del concetto di
“Istant Book”, vestigia ancora stampata di un’era dell’uomo che avea
nella lettura l’unica via per elevarsi dal chiacchericcio del sentito dire, che
oggi svolge la funzione di avvalorare con la carta attualità sparate troppo
veloci e troppo velleitariamente da ogni orifizio audiovisivo.
Altro Argomento ponderoso che Vi si chiede
sforzo e dedizione nel conoscerne almeno fumosamente i principi, è il
suffissone META  che sta bene con
tutto e va tantissimo nell’ultimo periodo. Facciamo che Vi stimo abbastanza da
considerarVi più saputi di un Marco Zuckerberg a riguardo.
Gradirei considerarVi alla medesima stregua
per quanto concerne tutta la storia di ” ‘REMAKE‘ ‘ (dai, presente, no?) Ok.
E sapete un’altra cosa che va trendissima in
stò evo attuale qual è ?!? 
IL Nazionalsocialismo del Reich Millenarioh!! 
 
«Heil per me!»

Europa, 1936: le truppe naziste si annettono
la Renania. Marzo 1938: le stesse schiere uncinate si annettono l’Austria.
Esattamente l’anno dopo si pappano i Sudeti e l’intera Cecoslovacchia. Tutto
ciò senza colpo ferire. Agosto 1939: truppe naziste si ammassano al confine
Orientale della Polonia; siamo ai blocchi di partenza per la Seconda Guerra
Mondiale.
Nel 1942, quando si è proprio in piena corsa
campale al massacro, negli States Unites della sponda ad occaso del Mare
Atlantico, un presule Ungherese di nome Menyhért Lebovics, conosciuto poi sulle
targhe delle scuole della sua patria come Melchior Lengyel, butta giù un
racconto ambientato nella stretta attualità e nell’ambiente che meglio conosce,
il teatro, per veicolare la pressante urgenza del pericolo anticulturale
costituito dai fanatici col passo dell’oca. Poco lontano, tra le montagne
rocciose, il sedicenne Melvin Kaminsky, presule Prussiano in seguito noto come
Mel Brooks, fa lavoretti estivi mentre suo fratello mitragliere sui bombardieri
combatte eroicamente i Crucchi di cui sopra. Entrambi venerano il dio
dell’Antico Testamento e le Opere Immortali del Bardo di Stratford- up- Avon,
l’oscuro, bizzarro, prolifico, erudito, gran figlio d’un ciabattino Willy
Shakespeare.
Ora, non molto tempo addietro, IVI, facevo
proprio riferimento alla quantità di opere audiovisive che possono essere
prodotte partendo da un singolo Best Seller altrui, anche solo da un suo
scampolo. Ed anche all’inversa proporzione di pellicole in grado di
rappresentare senza eccessi, retorica, qualunquismo, ignoranza od opportunismo,
l’Olocausto perpetrato dai Nazi.
A discapito delle apparenze, questo delizioso
capolavoro non parla del biondo prence di Danimarca, bensì del Gran Strozzino
del Gheto Novo e del Moro Geloso, sudditi dello Serenissimo Doge de Venecia; e
pur essendo un’irriverente, satiricissima, spassosa ed intelligente critica del
fanatismo fascista, ma anche un delicato ed ironico dipinto del Teatro e di
tutti i suoi componenti, é l’Antesignana diretta e citata ispiratrice di tutte
quelle opere cinematografiche la cui categoria è rappresentata da Schindler’s
List
, “Trein de Vie”, giù giù fino ad “Inglorious Basterds” e, appunto,
pochissime altre.
 
Se non lo avete mai visto, oggi avete due grandi film da scoprire.


Non foss’ altro che per aver per primo
approfittato del neo introdotto sonoro per irradiare il folto pubblico dei
suoi cine con un lunghissimo, pionieristico, pernacchione mainstream, di nuovo
stimo le Vostre competenze bastevolmente sapute da conoscer chi sia  Ernst Lubitsch e che ruolo abbia avuto per la
cosiddetta Settima Arte (perché il settimo ci si riposa). Personalmente amo
ricordare che senza questo ebreo tedesco sfuggito ai progrom, un
CiccioBombaCannoniere Inglese pieno di sé non avrebbe potuto scrivere i
libri di testo della regia cinematografica. Lui il primo ad ammetterlo.
Ammirazione che nutriva in comune con Anne
Bencroft e Mel Brooks i quali, già perdutamente innamorati, passarono la cena
del loro primo appuntamento a parlare tutto il tempo delle sue opere e i
successivi 50 anni insieme a rigurdarsele in bingewatching sul divano.
Primo Registone ad avere il nome in cartellone
davanti al titolo e a tutto il resto, é lui a mettere le dita dal Leggendario
Tocco sull’istant book di uno dei suoi sceneggiatori di fiducia e renderlo un
Istant Classic, perfetto per veicolare in modo leggero la propaganda Alleata
Antinazista e sostenere lo sforzo bellico tra il pubblico generalista che pompa
denaro nei botteghini e nel futuro piano Marshall.
La trama è esattamente quella descrittaVi dal
Me Scemo piú sopra, il cast di Stelle, il copione a orologeria, l’accoglienza
tale da richiederne uno sceneggiato radiofonico per una maggior diffusione, là
dove le sale cinematografiche ancora erano un lusso.
Viene distribuito persino nel nostro Stivalone
Fascista, dove i già attivissimi titolisti c’ancor tutti c’ammorbano hanno
l’arguta alzata d’ingegno di sostituire Amleto con il nazional Uno, Nessuno,
Centomila. Idea più colta e raffinata di quello che possa sembrare, o che ci
venga propinata tutt’oggi anche senza più Leggi sulla Purezza dell’Italico
Idioma: da To be or not to be… a Vogliamo Vivere!

 
«È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggioso aspirante pittore mancato di Monaco»


Uno degli antichi proverbi hollywoodlendiani,
raccomanda saggiamente all’artista spremuto dalla vitaccia nella Giungla delle
Majors: 
“One for me, one for them”    Metà delle cose che la società dello
spettacolo fa, le fa perché le va; l’altra metà, perché sa che funzioneranno
con il pubblico. 
Ipotizzo possiate avere una certa frequentazione con la faccenda.

Nel 1983, quando è il turno di Mel di seguire
l’Adagio, lo fa alla sua maniera e per l’Amore della sua vita, quella cinefila
e quella sentimentale.
Umilmente, da genio quale tutti lo
riconosciamo, sceglie di omettere il suo nome alla regia proprio in pedissequo
omaggio al Maestro dell’Arte Sua, chiamando un altro figlio di Sion che da
Lubitsch aveva tratto dinamiche e ispirazioni dirette già in The Producer e
in West Side Story, Alan Johnson. Onoratissimo prestanome di gran lusso,
sempre con la Berlina per Nazi pronta all’uso.
A curare e ricostruire perfettamente il remake
di Essere o Non Essere a 40 anni dall’uscita nelle sale, un altro che
festeggiava Annukka coi coniugi Brooks, Terry Marsh, tipo da scenografare da
Oscar Lawrence d’Arabia e il Doc Zhivago, per poi passare ad Allestimenti Vittoriani Maniacali Demenziali
.
Non vuole assolutamente permettersi di
sbagliare nulla, per la più grande parodia della sua carriera.
O meglio: per la Grande Parodia della Sua
Vita. La summa e contemporaneamente l’origine della sua Vis Comica coltivata
nel ghetto newyorkese: un pamphlet yddish perdutamente appassionato su ogni
piccolo e grande aspetto tragicomico che ha reso indimenticabile il suo lavoro,
nel bene e nel male.
É un soggetto maestosamente brooksiano, eppure
non ne ha scritto una riga Mel. (Leit Motive agrodolce nella sua carriera) E
si guarderà bene da modificarne non più di qualche linea e dettaglio, lasciando
che il deMELziale marchio di fabbrica che lo ha reso celebre emerga
esclusivamente dalle interpretazioni.
Mette in scena una coppia dal menaje
imbarazzantemente simile a quello nella vita vera dei due protagonisti da fare
il giro del META-referenziale, doppiarlo, e diventare un Intero.
Nel guardarlo (e riguardarlo, Vi auguro) con
attenzione, si notano lampanti schegge del meglio di ogni suo film precedente,
mondati delle parti grassocce per il popolino, come scelti e raccolti per
adornare il suo trionfo personale ed artistico più caro: La Moglie.
 
La mitica, leggendaria, incredibile (Anne Bancroft)


Intorno a quel Miracolo di Anna Maria
Italiano-in-Brooks, l’adorante Capocomico schiera solo obici da montagna per
calibro di talento professionale, nei ruoli che già tutti i cinefili conoscono,
in modo da far risaltare ancora meglio le sue doti maiuscole.
Josè Ferrer fu un Cyrano de Bergerac da Oscar,
in b/n, e rende estremamente viscido e glaciale il traditore della Patria 
Prof. Siletski, voce possente e celebrata di
Radio Polonia Libera.

 
Per altro, papà di Miguel e zio acquisito di George Clooney.
Charles Durning aveva già una filmografia
dallo spessore imponente quanto il suo girovita, vantando uno scaffale di
benemerenze pregiate secondo solo a quello del protagonista Bronsky/Brooks, e
qui viene convocato per interpretare il terribile Standartenführer Erhardt
‘Campo di Concentramento’, un’icona della piaggeria, faciloneria e stupidità delle
alte gerarchie di tutti gli eserciti del mondo, talmente bene da meritarsi la
candidatura alla statuetta dorata più ambita.
«La statua del Führer, a quella ambisco!»
 
Tim Matheson, meglio noto da queste parti come
il motociclista ‘Dolce’ di Una 44 magnum per l’Ispettore Challagan ha una
faccia da Sberla dell’A-Team che non gli daresti 5 centesimi di kopeko, in
realtà già nell’83 recitava da 20 anni in film e serie famose, e si farà poi un
ulteriore gran nome alla regia di West Wing, Cold Case, The Twilight Zone fino
a Lucifer. Qui è il giovane ed aitante aviere ufficiale e fan sfegatato Andre
Sobincki, bel tenentino impomatato dal Grande Rombante e Possente Bombardiere.
L’ennesimo Manzo Ebreo Adorante di quella folta coorte che Anna Brooks /Bronsky
amava collezionare per “Laurearli”…
«Conosci un certo Dustin Hoffman? Veniva a ripetizione da me»
 
Christopher Lloyd riesce a rappresentare
magistralmente con mimica e sguardo allucinantemente fesso, il prototipo ariano
del soldato perfetto: uno squillante heil hitler a posto delle congiunzioni
nelle frasi.
L’intera ed iconica sua carriera attoriale
deve tutto a questa interpretazione.
Se non ridete dei suoi imbarazzati (e imbarazzanti) “Heil Hitler” mi dispiace, ma dovreste dubitare della vostra umanità.
Ogni anfratto del cast è foderato di talenti
della Golden Age anche in comparsate: Tucker Smith! Lewis J. Stadlen! Ronny
Graham!
George Gaynes è un personaggio secondario
d’eccezione, che interpreta sé stesso: un attore un po’ decaduto, con molti km
di proscenio sulle spalle. Ma come non citare il Comandante Eric Lassard di “Scuola di Polizia”.
 
Ci vogliono tutti questi esperti della risata per farvi commuovere.
Uno dei bambini addirittura diventerà la
futura mano dietro WorldWar Z. (Incidentalmente era il figlio novenne di Ann e
Mel. Aggiungete anche il discorso NEPO a
tutti quei concettoni intellettuali di attualità moderna che mi pregiavo di
dare per scontati nel Vostro bagaglio culturale). Persino la sarta di
produzione arriverà a voler ordinare la stessa torta che prende Sally per
insegnare la Vita ad Harry, scena che a Melvin piacque parecchio
Solo chi è sopravvissuto ai Nazi da bimbo, da grande poteva scrivere Manuale per sopravvivere agli zombie


Pur nell’ormai proverbiale massimo rispetto
della fonte primigenia della presa per i glutei, Brooks ovviamente non può
esimersi da un Tocco personale ed intimo persino con una tematica e un genere così
delicati.
Qui mi ripeto, ma è fondamentale tenersi a mente
che si tratti di dichiarato REMAKE
e non dell’usuale Parodia-Di..
Fa un sacco di differenza, come tutti sappiamo perfettamente. C’eravamo messi
d’accordo all’inizio, giusto?
A garanzia che lo Stimato Pubblico abbia
comunque il SUO nome bene impresso davanti a tutto il resto, nonostante Titolo,
Argomento, Cast e Regista in cartellone, Mel spara altissimo con una doppia
trovata promozionale.
Perculando il neonato trend dei film veicolati
al successo da un’abbinata clip di un motivetto orecchiabile della popstar del
momento (già che sapeva perfettamente quanto fosse bello essere Re) si
inventa lo scorrettissimo ed Istant Classic HITLER RAP.


Nel quale, oltre a baloccarsi con il Grande
Dittatore in persona (dico Chaplin, neh…), la butta direttamente sul
“Virale” quando ancora era terminologia strettamente clinica e Ista
ciao proprio, riuscendo a far imbestialire contemporaneamente più categorie di
Jake ed Elwood Blues.
Poi mette mano ai personaggi per ristabilire
la gerarchia artistica interna, con piglio prettamente Pirandelliano.
Già perché nell’originaria piece teatrale
dell’autore di Ninotchka, quindi nel film di Lubitsch, I due protagonisti
impresari e star del vaudeville sono i coniugi Tura.
Bronsky è uno degli attori della compagnia,
che però sul finale attenterà atrocemente alla vita der Führer recitandogli in
piena faccia l’invettiva di Shylock, Atto III – Scena 1, dal Mercante di
Venezia; un pezzo di indicibile intensità che riecheggia da sempre nelle
orecchie di ogni popolo angariato.
Anche se, sempre per intelligente umiltà, non
sarà Brooks a pronunciare il monologo, indossare il nome del vero eroe della
storia gli restituisce la reale importanza nella produzione, nel
“Cartellone”: la cosa che sta più a cuore ad ogni artista.
Non rinuncerà comunque a dirigere il suo
coraggioso Lupinsky (Lewis J. Stadlen) in diretto omaggio e paragone di un
altro gigante cinematografico con cui aveva fatto comunella, quell’Orsone del Wells, vincendo parecchio il confronto.
Infine, come usuale ormai per lui, amplia
l’argomento Olocausto a TUTT#
le categorie che ne furono oggetto. 
Per dirla con parole sue: << Froci &
Zingari >>.

 
Senza di loro il teatro (e il mondo dell’intrattenimento) non esisterebbe, cari i miei reazionari.


James‘Jipsy’Haake, assistente della Diva in
pieno stile “Il Vizietto”, fa qui una parte storica, intensa e
simpaticissima. Grazie a lui, l’opinione pubblica di massa scoprirà che gli
omosessuali erano costretti a girare con un triangolo rosa cucito sul cappotto,
durante la dittatura nazista.
E stonava con tutto. (Cit. <3)
Ma come è uso per le Vere Queen, lascio che sia solo Lei a parlare di Sé
Stessa:
Quell’anno, Stelle come Lucille Ball e Lana Turner avevano il loro tavolo fisso
al nostro club La Cage aux Folles. A Natale Mel Brooks e Sua moglie Anne
Bancroft vennero a vedere lo spettacolo, e Lui mi chiese – Quanti anni hai
Gypsy? –
E io,
celiando  – Oh, sono appena un bambino…
Cinquantun’anni. –
Mel
replicò – Non si è mai abbastanza vecchi per diventare star del cinema, ed è
quello che intendo fare con te. –
E LO
FECE: mi scritturò per il film “Essere o non essere” per interpretare
la costumista di Anne e fu proprio Lei personalmente a prepararmi per la parte.
Ogni sera, per 6 mesi! Avrebbero potuto pagare qualcuno, naturalmente, invece
lo volle proprio fare lei. In molte scene recitammo insieme e, inoltre, nel
copione vi era un importante numero di ballo con Mel. Il mio nome fu persino
sottoposto ai capi dell’Accademy per una candidatura come miglior attore non
protagonista. Ovviamente non ci arrivai, ma il mio nome venne fuori. E a quel
film ne seguirono altri, oltre a quasi un centinaio di puntate di serial”.

Il tocco finale i coniugi lo danno prendendo
lezioni da un professore della UCLA per imparare la complicata lingua madre
dell’allora Pontefice: il polacco.
Dice, ma perché?
Dziękuję della domanda..
Al puro scopo di bullizzare ferocemente la
sempre piú folta schiera di Intenditori Cinematografici, allora ancora una
nicchia, beato il cielo, incapaci a loro dire di guardare pellicole Doppiate
nella lingua dello spettatore.
O segui le interpretazioni attoriali con la dovuta attenzione mentre ne
ascolti le battute, O leggi i
dialoghi sotto. (per altro oggi sempre più striminziti proprio per permettere
la lettura agli illetterati). NON esiste modo di fare bene entrambe
contemporaneamente.
Punto. STOP.
Il battibecco iniziale totalmente
incomprensibile dietro il sipario tra marito e moglie, visibilmente sollevati
quando poi vengono autorizzati a parlare in inglese dopo la prima demolizione
della quarta parete (e non son passati che due minuti), è una preziosità che
segna il tono di tutto il resto della pellicola, come recita uno dei più
antichi proverbi di questa Bara Volante.

 
«Pierwsze pięć minut filmu to te, które determinują cały jego przebieg»


Si può essere o non essere d’accordo, col
fatto di mettere per ultimi i protagonisti e Primi in Severissimo Ordine
d’Apparizione sulla Scena… Ma era lecito assicurarsi prima che Vi fosse chiaro
ogni aspetto di questo Remake molto Meta di un Istant Movie
crossmediale Vintage, dalle tematiche Inclusive, MinoranzeEtnicheFriendly,
antifa, edgy, con un Concept Esportabile in ogni contesto
di prevaricazione ideologica ed occupazione bellica, promosso al pubblico con
un Fake Trailer Virale, che fa ridere ma anche riflettere ed ha il ritmo
ed il piglio di un block buster bollywooddiano pur essendo quasi un Celebreality. Il tutto nell’anno che provvedeva al palato dello spettatore esigente con
ben 3 TERZI capitoli di frachising di cinefumetti di cui uno in 3D, il SEQUEL
di Psyco, Flash Dance, 007 Octopussy, Scarface, Il Grande Freddo, Stayn Alive o
il QUARTO appuntamento con la saga di Dirty Harry. Un Gran Guazzabuglio Postmoderno
(cit.) affrontato con i leggendari menefreghesimo e strafottenza.
Dotato di una gigantesca idea di sé medesimo e
del proprio talento, sorta di Tutto il Brodway Minuto per Minuto EstEuropeo in
cui i contorni tra Carattere ed Interprete si fanno labili, nell’autoironia e
nella volontà caricaturale dei propri colleghi presenti e passati, come Florenz
Ziegfeld, e le loro manie, Mel si fa letteralmente in quattro, vestendo i ruoli
alternativamente e a volte contemporaneamente di altrettanti personaggi: canta,
balla, si traveste e dà fondo ad ogni briciolo del suo enorme bagagliaio
artistico di fama mondiale… Invano.
Anne Bancroft in Brooks eguaglia sullo schermo
il preclaro appetito che lo sposo vantava a tavola e si divora ogni singolo
istante in pellicola. Si diverte da matti, tiene su intere scene con un
semplice movimento di spalla, un accenno di sopracciglio, un sospiro,
l’arrochimento del tono, una sfumatura nel cambio dello sguardo.
Paz.Zes.Ca.
Le tonalità dolenti e tenere che infonde al
personaggio che fu di Carol Lombard sono il canto del cigno al Divismo
Drammatico delle grandi star di un tempo, la satira più efficace alla sua
stessa vita su e giù dal palcoscenico e una lezione d’Arte Attoriale
incredibile.
In un film che parla di tradimenti ideologici
ed affettivi, esecuzioni sommarie, censura, occupazione militare,
rastrellamenti, spionaggio, persecuzioni etnico/culturali e amore coniugale
nelle avversità peggiori, l’intero effetto comico farsesco che il pubblico
pagante si aspetta dalla Brooksfilms è garantito dal continuo gran daffare che
tutti si danno per risultare degni di Lei.

 
Le altre, dive che si atteggiano, lei Anne Bancroft (senza le parentesi)


Trovo immensamente esplicativo che questo sia
l’unico prodotto della propria creatività ed instancabile laboriosità artistica
di cui Mel nelle sue memorie non menzioni proventi o costi.
“Essere o Non Essere” è il palese
trionfo di ogni cosa che per lui fosse affettivamente fondamentale, massimo
esempio di approccio ai Grandi Argomenti dell’Esistenza ed alla Cinematografia
che ha cercato di insegnare al mondo, in reazione all’abbruttimento culturale
che vedeva sorgere immane dal suo sempre arguto osservatorio privilegiato.
Allegramente saccheggiato da Benigni e
Tarantino, palesemente citato nella scena del trasferimento nell’alloggio
condiviso del Ghetto di Varsavia da Steven Spielberg, ispirazione per Mihăileanu
e Waititi, nominandone due più esotici, è giunto praticamente intatto nel
suo messaggio fino all’egregio Gabriele Mainetti di Freaks Out.
Quest’Opera è semplicemente TUTTO QUEL MEL:
racchiude, descrive, documenta, dettaglia, passa in rassegna ed esalta ogni
talento e caratteristica peculiare della sua inimitabile Arte.
Riassume ogni suo intento comico in un dialogo
intimo con la propria Vita che se ne sbatte
maestosamente
di botteghini, gusti del pubblico e immediatezza dei
contenuti per consegnare alla Storia il suo Atto d’Amore.


Che poi è la lezione che appunto ho imparato
IO, dal Maestro dei Maestri, di cui amo tutto ma questo soprattutto. 
Oggi, che parliamo tutti solo a chi parla come
noi, guai a dirci che non parliamo a tutti. Quindi questa recensione avrei
potuto esprimerla come in incipit, o scriverla direttamente
in Klingon, non potrei aggiungere o spostare un’oncia del valore di questa
pellicola verso chi non ha l’umiltà di sentirsi inadatto a comprendere la complessità
richiesta da certi argomenti e Vi si accosta facendo paragoni inutili con gli
altri lavori di Mad Mel.
Infatti di mio personalmente ho fatto il
possibile per evitare in ogni modo di parlarVi del film in Sé, perché ben al di
sopra di qualsiasi aggettivo, descrizione particolareggiata o scena leggendaria
possa riuscire miseramente a narrare.
FateVi un favore, non restate lì a fissare il
mio sproloquio come gli inglesi del pub in cui fa irruzione Adolf Hitler
chiedendo indicazioni alla fine di questo lungometraggio spettacolare: correte
a farlo diventare anche il Vostro Preferito.
 
«Scusate? Qual è il vostro film di Mel Brooks preferito?»
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