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Essi Vivono (1988): …And go get yourself some cheap sunglasses

Forse li avete visti in televisione, su qualche cartellone elettorale, magari avete anche votato per qualcuno i loro, abbiamo pensato che fossero come noi e invece abbiamo sbagliato, sbagliato terribilmente, essi vivono, noi dormiamo ed ora mettetevi gli occhiali… Ho detto: mettetevi quegli stramaledetti occhiali!! É il momento di vederci chiaro, benvenuti al nuovo capitolo della rubrica John Carpenter’s The Maestro!

Ho sempre pensato che il valore di un regista si misuri anche valutando la capacità di far arrivare il suo messaggio al pubblico, in tanti hanno utilizzato il cinema di genere per urlare forte la loro dichiarazione di intenti, facendo quelli che io scherzosamente amo chiamare dei METAFORONI, ecco, “Essi vivono” è un METAFORONE di 90 minuti, fatto volutamente a forma di B-movie, dritto sparato come i suoi intenti e, anche se è in giro da quasi trent’anni, è ancora una delle più decise e incazzate prese di posizione politiche mai viste al cinema. Cambiano i governi, ma il messaggio di questo film resta valido, per citare un altro personaggio Carpenteriano: “Più le cose cambiano, più restano sempre le stesse”. Per tutte queste ragioni, per il fatto che il DVD mi è stato regalato dalla mia wing-woman (… Come minimo ora mi tocca sposarla), e quelle che proverò a spiegarvi fra un po’(sempre se riuscirò a convincervi a mettervi quei dannati occhiali), “Essi vivono” è senza ombra di dubbio un Classido!

1988, l’America sta per uscire dalla lunga amministrazione del presidente Ronald Reagan («Il presidente di che?» cit.) per buttarsi nel caldo abbraccio di quella Bush (auguri!), malgrado il buon incasso al botteghino de Il signore del male, John Carpenter è arrabbiato e disilluso nei confronti dell’industria dell’intrattenimento Hollywoodiano, ma più in generale, dalla politica del suo Paese. Girato l’America in lungo e in largo, dopo essersi fatto un panciata di giornali, discorsi politici di Regan e politica varia, ne ha abbastanza, come dice sempre il vecchio Jack Burton in questi casi: Basta adesso. É un John Carpenter decisamente incazzato quello del 1988, forte del suo accordo con la Alive Films, sforna il secondo dei quattro film del contratto che lo lega alla piccola casa di produzione, lo fa senza freni inibitori, con un budget irrisorio e tante idee molto chiare in testa, quelle non sono mai mancate.
 
Essi vivono… Noi Graffiti…
Con lo pseudonimo di Frank Armitage, il Maestro scrive una sceneggiatura liberamente ispirata al racconto breve di fantascienza “Eight O’Clock in the Morning” di Ray Nelson, anzi, per essere precisi alla trasposizione a fumetto di quel racconto targata EC Comics, la storia di un uomo che si sveglia e scopre che il mondo è stato invaso dagli alieni.

Lo dico sempre che la mattina presto non può succedere nulla di buono.
Il tema della silente invasione aliena porta subito la storia in zona B-movie, in tutta la sua carriera Carpenter non ha mai fatto B-movie, malgrado gli scarsi budget, i suoi film sono sempre stati troppo colti per essere etichettati in questo modo, “Essi vivono” sfrutta la sponda della serie B, per mandare a segno in buca d’angolo un arrabbiato messaggio politico.

Anche il bianco e nero conferma che il Maestro NON è uno di loro.
Se la storia è ispirata ad un fumetto (popolare) e il film sfrutta gli echi della sci-fi a basso costo, allora anche il protagonista deve essere un proletario, uno di noi e per interpretarlo, chi meglio di un campione di Wrestling può tirare pugni in nome del popolo?
Concedetemi una piccola deviazione personale. Quando da bambino guardavo il Wrestling in tv (commentato da Dan Peterson, che già allora sproloquiava di prefissi telefonici americani, come fa ancora oggi quando commenta il basket), Rowdy “Roddy” Piper era il mio preferito insieme a The Undertaker, a dimostrazione del mio precoce Carpenterismo (e gusto per il macabro) fin dalla più tenera età.
Il giubbotto di pelle con il kilt, le cornamuse a sottolineare la sua “Theme entrance”, la maglietta con su scritto HOT ROD e una faccia da schiaffi che levati, ma levati proprio, come sapete il Wrestling prevede che nelle sua trame ci siano buoni e cattivi, bene allora Roddy Piper è stato il più grande cattivo della allora WWF.

Portare il concetto di “Faccia da schiaffi” ad un altro livello…
Carpenter decide di incontrare Roddy Piper prima del suo match contro Adrian Adonis a WrestleMania III (non ne so a sufficienza di Wrestling per ricordarlo, ma ho fatto i compiti per voi…), Piper ha sempre raccontato l’incontro come una cosa molto modesta, del tipo: “Vuoi fare il film?”, “Ok, va bene”. Eppure, i due sono perfetti per portare sul grande schermo questa storia: uno è incazzato nero e pronto all’azione, l’altro ha i muscoli giusti e l’ignoranza necessaria che gli permette di passare da silenzioso protagonista in stile John Wayne, a clamorosa macchina da battaglia capace di snocciolare frasi ad effetto memorabili… Lasciatemi l’icona aperta su questo argomento che ripasso.

Adesso sapete chi ha fatto venire i capelli bianchi a quel cretino di Vince McMahon.
Roddy Piper è uno che la strada la conosce bene, nei suoi anni da senza tetto ha accettato fatto mille lavori per campare, dal suonare al cornamusa per soldi, fino a combattere contro “Victor the bear”, salvo poi scoprire che “The bear” NON era un soprannome (storia vera!), non aveva davvero bisogno di saper recitare davvero per interpretare il John Nada di “They live”, il risultato è il più clamoroso esordio cinematografico di sempre, tanto che alla sua morte avvenuta il 31 Luglio del 2015, moltissime persone lo ricordano ancora per questo film e non per l’altro milione e mezzo di B-movie (quelli sì) in cui ha recitato in carriera, tra i quali il pazzesco “Hell Comes to Frogtown” e come per l’orso, queste erano davvero rane!
John Nada è uno che fin dal cognome “No tienes nada”, quando arriva a Los Angeles sulle note di un ipnotico blues suonato ovviamente da Carpenter, di lui non sappiamo niente, solo che ha la camiciona di flanellazza (nel caldo di LA? Auguri!), che ha cambiato tanti lavori, l’ultimo dei quali a Denver, perso dopo che quattordici banche hanno fallito… Come dite? Vi ricorda qualcosa di sinistramente attuale? Eh, lo so.

Zaino, camiciona e immancabile stuzzicadente!
Malgrado il fatto che oltre allo zaino e i muscoli non possieda altro, Nada si trova presto un lavoro in un cantiere al minimo sindacale, è un uomo tranquillo, uno comune come voi ed io, uno che malgrado tutto dice cose come “Io credo nell’America, di questi tempi è dura per tutti”, nemmeno parlasse dei tempi duri che vanno e vengono, come canta Bruce Springsteen.
Lo stuzzicadente in bocca che fa subito “ignoranza”, fa presto amicizia con Frank (interpretato da Keith David, fortemente voluto da Carpenter dopo la sua gran prova ne La Cosa), un altro spiantato come lui che vive nella baraccopoli per disperati chiamata ironicamente e con echi della Troma, “Justiceville”. Tra i poveracci, anche l’attore George Flower, presente in diversi film di Carpenter, ma soprattutto specializzato in ruoli da senzatetto, tipo quello celebre in Ritorno al futuro («Stupido pedone ubriaco!» cit.).

Questo si che è un salto di qualità George!
La prima parte del film è volutamente lenta, di costruzione, Giovanni Carpentiere si prende tutto il tempo di cui ha bisogno per mostrarci in maniera dura e realistica, la Los Angeles dei poveracci, lontana da quella glamour che si vede spesso nei film.
Carpenter prende una posizione politica e dimostrandosi ancora una volta il regista di genere più colto della sua generazione, in quello che sembra un B-movie, ci regala la sua versione di “Furore” di John Steinbeck, anzi della versione cinematografica di John Ford, lasciatemi l’icona aperta sul grande maestro di tanti leggendari western, perché più avanti tornerà buono il suo nome.
Ma Giovanni è anche (the) Maestro della suspence e del terrore, l’apocalisse aleggia in tutta la prima parte del film in maniera sinistra, fa mostra di sei nei graffiti sulle pareti con su scritto “They live”, ma anche nei criptici messaggi pirata che puntualmente interrompono le trasmissione televisive, provocando feroci mal di testa agli spettatori (il METAFORONE inizia a scorrere potente…), per altro, il telepredicatore è identico a George R. R. Martin, il che mi fa davvero riflettere sugli effetti della teledipendenza.
Il più apocalittico di tutti è il predicatore cieco, che sarà pure cieco, ma è l’unico che conosce la verità (in un mondo di ciechi…), quindi torna prepotentemente di moda uno dei temi Carpenteriani più efficaci: lo scontro tra visibile e invisibile, che in “Essi vivono” è più centrale che mai.
Indossare gli occhiali da sole, non sarà mai più lo stesso.
La svolta arriva quando John Nada scopre le finte prove del coro alla chiesa e inizia a pedinare la cellula della resistenza, il tempo di farsi un idea e il raid squadrista della polizia di Los Angeles fa piazza pulita di Justiceville, la sequenza è volutamente brutale e realistica, Carpenter anticipa gli scontri con la polizia, che da lì a poco avrebbero sconvolto la città degli angeli dopo l’omicidio di Rodney King, il Maestro è talmente concentrato sul suo messaggio, che per la prima volta anche gli elicotteri, che nel suo cinema di solito rappresentano una possibile salvezza (pensate a 1997 Fuga da New York o La Cosa), qui sono una costante minaccia, per altro Giovanni è un pilota provetto con tanto di brevetto di volo (storia vera), quindi sa di quello che parla.
In tutto questo, Nada cosa fa? Nulla, niente, nisba, anzi… Nada. É inutile girarci attorno: al cinema gli eroi proletari sono spesso edulcorati, in fondo sono tutti giovani e belli (come cantava Guccini) e con un cuore d’oro (come cantava Neil Young), sveglissimi e brillanti, costretti agli ultimi posti della lunga fila dagli eventi. Nessuno è mai davvero ignorante nel senso più “de panza” del termine, nessuno, tranne forse Jack Burton… E sicuramente John Nada!
«Sarò anche ignorante, ma sono un ignorante armato!»
Quando Nada scopre gli effetti miracolosi dei Ray-Ban tarocchi della resistenza, inizia a girare per la città come inebetito, le lenti hanno il potere di far calare la maschera del mondo, rivelando i messaggi subliminali nascosti nelle riviste, alla tv e nelle pubblicità (Obey, Obbedite, sposatevi e riproducetevi, non svegliatevi), ma anche nei soldi (Io sono il tuo Dio) e soprattutto scopre la verità suprema: gli alieni esistono e vivono tra noi. La cosa più tremenda è che occupano quasi tutte le posizioni di potere: Yuppies in carriera, ricche signore, agenti di polizia e anche il presidente degli Stati Uniti, sono tutti delle “Teste di morto” come le chiama lui (“Incredibile, siamo governati da teste di morto!” cit.), nel suo drittissimo METAFORONE Carpenter dichiara che il male indossa giacca e cravatta, ha le mani sul volante dell’America e, quindi, del mondo.
Davanti ad una situazione del genere John Nada cosa fa? La cosa più logica del mondo: si mette ad insultare le signore al supermercato.

Ammettetelo, in coda all’Esselunga vorreste fare lo stesso.
Dimostrando di non brillare molto per intelligenza, inizia a strillare ai quattro venti che vede il vero volto degli alieni, dice proprio cose del tipo: “È inutile che si specchi, tanto ha una faccia da cadavere”, facendosi beccare in meno di un nano secondo dagli alieni e dalla polizia collaborazionista.
Uno così di certo non fa delle mezze misure il suo punto di forza, in un attimo (e forse senza aver davvero capito proprio tutto tutto della cospirazione) passa dall’essere un tipo tranquillo e taciturno, ad un eroe dell’azione armato di fucile a pallettoni, pronto ad attaccare a testa bassa e sparando in una banca, simbolo del capitalismo, da qui in poi non si fermerà più fino alla fine del film.
La scena della banca è il momento esatto in cui Roddy Piper si ritaglia il suo posto nella storia del cinema, non esisteva una frase nella sceneggiatura, Carpenter aveva previsto solo la successiva sparatoria, Piper gli propone: «John se improvviso una frase ad effetto è un problema?», «Vai Rod, vai forte». Lui va fortissimo, pescando a piene mani dal suo bagaglio di frasi strafottenti da “Face” del Wrestling,
butta lì la clamorosa: «I have come here to chew bubblegum and kick ass…» 
[PAUSA SCENICA]

 «…And I’m all out of bubblegum.»

Tra le scene improvvisate più belle (e riuscite) del cinema.
BOOM! Dritto sparato lassù nel Valhalla delle più clamorose punch-line cinematografiche di tutti i tempi! Se non ricordate questa frase è perché non avete mai visto il film in lingua originale, il doppiaggio italiano (forse pilotato da qualche potente corporazione aliena) ce l’ha tenuta nascosta, storpiandola in un efficace, ma decisamente meno cazzuto: «Raccomandate l’anima al vostro creatore: sono venuto ad annientarvi… Anche perché ne ho le palle piene!», una specie di effetto meta cinematografico, insomma… Meno male che ci sono i DVD!
Al cinema quando l’invasione aliena è esterna, di solito è metafora di una minaccia politica, ne L’invasione degli ultra corpi, ad esempio, la paura che serpeggia è quella per la “Minaccia rossa”, per Carpenter, invece, l’invasione avviene dall’interno, i nemici sono già in casa e ci governano, dimostrazione che l’impero è corrotto e l’unica risposta è combatterlo, proprio per questo nella seconda parte si passa all’azione, proprio come fa John Nada.

Passare all’azione, nel senso “Action anni ’80” del termine.
Ma il vero colpo di genio di John Carpenter, sta proprio nella scena degli occhiali, quando Nada li indossa i messaggi subliminali “OBEY” diventano visibili, quello che vede Nada da dietro le lenti è un mondo in bianco e nero, effetto ottenuto decolorando la pellicola, un’idea visivamente semplice, ma geniale e di solito sono quelli davvero bravi come Carpenter a far sembrare facili le cose che non lo sono.

Ecco perchè leggere è importante.
Il messaggio del METAFORONE è chiaro e non prende prigionieri: gli alieni hanno addomesticato la razza umana portando il benessere, tenendoci addormentati e abituati ad un mondo fatto di colori sgargianti come i look esagerati dell’America degli anni ’80 di Ronald Reagan, tutta estetica e poca sostanza. Il cinismo di Carpenter è potente come il bianco e nero scelto per rappresentare il vero mondo, quello celato dietro una facciata di normalità, l’orrore Carpenteriano si nasconde ancora tra le pieghe che separano il visibile dall’invisibile e solo pochi eletti (con le lenti) possono vere il mondo reale. Tutto questo undici anni prima di Matrix, una critica al Capitalismo feroce e ancora incredibilmente attuale, non si vedono smartphone e connessioni ad Internet, ma volete davvero dirmi che il film non è ancora attualissimo?

…Beh, a me sembra ancora piuttosto attuale.
John Carpenter con “Essi vivono” prende le distanze da tanti film popolari allora (ed oggi), palesemente schierati a favore della politica Reaganiana, i più facili da citare sono sicuramente “Rocky IV” (come battere il Comunismo in braghini a stelle e strisce) o “Rambo II” (esorcizzare gli errori e la sconfitta del Vietnam). Tutti grandi film niente da dire, non li valuto per il loro contenuto politico, quello che voglio sottolineare, però, è che mentre tutti andavano in una direzione, un uomo solo (con i baffi) disse: «NO!» andando in direzione ostinata (e contraria) dall’altra parte, diciamo a sinistra. Per vedere un filmaker utilizzare il cinema di genere, per criticare così apertamente l’amministrazione del suo Presidente (in carica), abbiamo dovuto attendere George A. Romero e il suo “Land of the dead” del 2005… Guarda caso, oltre a Carpenter, era proprio Romero, l’altro regista criticato per l’eccesso di violenza nei suoi film, dai due critici televisivi “Teste di morto” che si vedono nel finale di “Essi vivono”, ennesima (satirica) risposta di Carpenter, alla ridicola etichetta di “Pornografo della violenza” affibbiatagli dopo La Cosa.

Il male per Carpenter, indossa giacca e cravatta.
Non si può non parlare di “They live” senza citare il motivo per cui questo film è ancora oggi nel Guinness dei primati, ovvero la mitica scena della scazzottata! Provata per diversi giorni tra Roddy Piper e Keith David nel cortile di casa di Carpenter (storia vera), il Maestro restò così impressionato dall’impegno di quei due nel menarsi, che decise di mantenere interamente la scena in cui Nada cerca di convincere Frank ad indossare a sua volta gli occhiali nel vicolo… 8 minuti totali, di cui 5 minuti e 27 di pugni, cazzotti, calci, colpi bassi, schienati e mosse di Pro-Wrestling, d’altra parte se il tuo protagonista è Hot Rod al massimo della forma, che fai? Non gli fai tirare due pugni?
«Saranno i 5 minuti e 27 secondi più lunghi della tua vita»
La scena non solo sottolinea la natura proletaria del film, ma soprattutto è un omaggio alla scazzottata tra John Wayne e Victor McLaglen nel finale di “Un uomo tranquillo” (The Quiet Man) di John Ford… Ve l’ho detto che sarebbe tornato! Era dai tempi del mio ex oculista che non vedevo qualcuno chiedere così insistentemente di mettersi gli occhiali.
Oltre a questa scena da record, “Essi vivono” si conferma un classido proprio per il modo con cui ha pesantemente influenzato la cultura popolare negli anni, la frase improvvisata da Roddy Piper, veniva pronunciata anche dal mitico protagonista del videogames “Duke Nukem 3D” e ancora oggi è la mia frase preferita quando mi fanno girare le palle al lavoro (nota a margine).

Se, invece, vi state chiedendo come mai gli alieni utilizzano dei dispositivi per rintracciare gli umani, identici a quelli che Egon utilizzava per scovare i fantastmi in Ghostbusters, è perchè sono proprio quelli! Riciclati da Giovanni per contenere il budget.

Shepard Fairey, uno dei più noti esponenti dell’arte di strada, ha come nome d’arte proprio Obey e credo vi sia capitato di vedere in giro persone l’ormai celebro logo “Obey” su felpe e berretti, sarebbe carino capire quanti di quelli che indossano questa linea di abbigliamento, abbiano mai visto “Essi vivono”, ma forse la risposta potrebbe non piacermi.
Anche questi conterranno dei messaggi subliminali?
In “Essi vivono” troviamo anche uno dei pochi personaggi femminili non positivi di tutta la filmografia di Carpenter, Holly Thompson (interpretata dagli occhi blu ghiaccio di Meg Foster) che come giornalista televisiva rappresenta l’establishment, fa il doppio e il triplo gioco ed è forse l’unico caso di personaggio femminile negativo mai scritto da Carpenter, evidentemente il Maestro si è concentrato completamente sul METAFORONE del film, non ho altre spiegazioni.

Il finale è uno dei migliori mai mandati a segno da Giovanni, uno che ha sempre saputo concludere i suoi film alla grandissima, l’impero Orwelliano messo su dagli alieni crolla grazie al sacrificio di John Nada, altro tema Carpenteriano ricorrente, sia Jena Plissken che R.J. MacReady si sacrificavano per il proprio pianeta, ma solo John Nada lo fa aggiungendo quel dito medio di sfida al sistema, che poi riassume perfettamente la forza, il messaggio e gli intenti di “Essi vivono”, un grosso dito medio di 90 minuti con cui rispondere ai colletti bianchi di questo mondo, un finale dove si vede tutto il ribelle che c’è in John Carpenter.
Il film riassunto in un fotogramma, in culo al mondo.
Due parole sulle musiche del film. Il Maestro collabora per la prima volta con Alan Howarth, il risultato è una colonna sonora quasi blues, con un tema portante ossessivo e stilosissimo, un giro di basso che ti prende e ti ipnotizza quasi quanto le trasmissione criptate aliene, ancora oggi, tra i miei ascolti costanti in cuffia.

Vivono tra noi, come uno storico numero di Dylan Dog.
“Essi vivono” è senza ombra di dubbio il film più politico mai diretto dal Maestro, con il suo tipico stile cinico e caustico, l’ultima scena che conclude il film non è solo un modo per sfoggiare un po’ di tette sul grande schermo, ma è soprattutto una satirica risata in faccia a tutti i potenti del mondo, ai colletti bianchi dell’amministrazione Reagan, ai critici e ai censori, camice a quadri contro giacca e cravatta. Inforcate i vostri occhiali da sole e state pronti, Giovanni è venuto qui per masticare gomme e dare calci nel culo ai potenti… E ha finito le gomme!

When you get up in the morning and the light is hurt your head
The first thing you do when you get up out of bed
Is hit that streets a-runnin’ and try to beat the masses
And go get yourself some cheap sunglasses
Oh yeah, oh yeah, oh yeah
Indossate i vostri occhiali da sole e fate un salto sulla pagina de Il Seme Della Follia – FanPage italiana dedicata a John Carpenter, che gentilmente ospita questa rubrica, trasmettono ad onde corte per disturbare il LORO segnale.
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  1. Un altro capolavoro del maestro, bravo Cassy continua così ^_^

    • Sempre! Grazie 😉 Cheers

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