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Eureka (1983): Citizen Rutger

Oggi torniamo ad esplorare lo spazio meno conosciuto della filmografia
del compianto Rutger Hauer, quello che si trova oltre le porte di Tannhäuser,
con un titolo che definire sottovalutato e poco noto, sarebbe peccare di
ottimismo.

“Regista visionario”, appellativo che viene appiccicato a
tutti quelli che utilizzano una fotografia un po’ acida, oppure che pensano di
inclinare di lato la macchina da presa, visionario! Da pronunciare
rigorosamente come farebbe Renè Ferretti.

Tra i registi visionari, ma visionari per davvero, credo
sia impossibile non annoverare Nicolas Roeg, un altro nome che proprio come Rutger
Hauer è ricordato per pochi titoli e di sicuro non citato abbastanza: “L’inizio
del cammino” (“Walkabout” del 1971) e l’ansiogeno horror “A Venezia… un
dicembre rosso shocking” (1973), sono prove concrete di un talento che
l’aggettivo visionario, lo meritava senza alcuna ironia.
“L’uomo che cadde sulla terra” (1976) è il mio film
preferito di Roeg, anche perché è quello che ha saputo sfruttare forse meglio di
tutti quell’alieno di David Bowie al cinema, mentre “Il lenzuolo viola” (1980)
è un solidissimo dramma che non viene mai citato, malgrado il cast davvero
interessante.

Eureka! Ho trovato i titoli di testa del film!

“Eureka” il successivo film di Nicolas Roeg uscito nel 1983,
viene considerato dalla critica come il suo film più completo e riuscito, ma
alla sua uscita trovò difficoltà notevoli per la distribuzione, diventando così un flop
abbastanza sanguinoso, che diede il via alla fase calante della carriera del
regista. “Eureka” è un riuscito miscuglio di generi, tutti gestiti con una
certa maestria ma in grado di disorientare lo spettatore. Si parte con
l’avventura alla Jack London, per passare a momenti di mesmerismo che sembrano
usciti da un racconto di Edgar Allan Poe, per passare alla biopic mescolata con
fatti di cronaca, il dramma personale, e per non farsi mancare proprio niente anche il “Legal
thriller”. Insomma non manca davvero niente, anche perché trattandosi di Roeg, due
pennellate quasi horror trovano spazio.

La sceneggiatura, scritta da Paul Mayersberg (quello di “L’uomo
che cadde sulla terra”, ma anche “Furyo” sempre con Bowie protagonista) è liberamente
ispirata alla vita e alla misteriosa morte del filantropo sir Harry Oakes, già
raccontata nel romanzo inchiesta “Who Killed Sir Harry Oakes?” di Marshall
Houts. “Eureka” oltre ad essere la storica esclamazione di Archimede (non
quello dei fumetti di Topolino!) è anche il nome della villa in cui il
protagonista del film, Jack McCann interpretato da un monumentale Gene Hackman,
passa la sua ricca pensione ai Caraibi, dopo aver sgobbato una vita a caccia
dell’oro che lo ha reso ricco.

“Mi sono fatto da solo, nel senso che mi sono fatto un mazzo così per diventare ricco!”

“Eureka” infatti parla di un personaggio in preda
ad un desiderio che lo consuma, nella fattispecie quello per l’oro da trovare,
ma poi prosegue raccontandoci cosa resta una volta che quel desiderio è stato
pienamente appagato. Infatti il film inizia tra nevi letali attorno al 1925,
quello che per altri film sarebbe il punto di arrivo, per “Eureka” è solo
l’inizio, infatti con il personaggio di McCann, uno come Gene Hackman può
permettersi di divorare ogni scena in cui compare fin dalla prima inquadratura
del film.

Il suo personaggio è mosso da una “ecstasy of gold”
(passatemi la citazione Morriconiana), che gli impedirà di mollare anche se le
condizioni climatiche sono le peggiori, anche se il suo compare preferisce
farsi saltare le cervella – in una scena che Roeg rende sanguinosamente
coreografica –, piuttosto che continuare l’impresa. Eppure McCann precipita
letteralmente dentro una montagna strapiena di oro, in un altro momento di regia
in cui Roeg dimostra che quando distribuivano la timidezza registica, lui era rimasto a letto a dormire.

“Ora comincio a capire come si sente Paperon de’ Paperoni”

“Eureka” si prende tutto il suo tempo per raccontare la
sua storia, per vedere Jack McCann svernare (in)felice ai Caraibi, bisogna
aspettare diversi minuti, ma qui veniamo premiati dalla presenza di alcune
facce notte: il boss della mafia che secondo la teoria dell’autore del libro,
poteva essere coinvolto nell’uccisione di Harry Oakes (su cui è stato basato
l’immaginario McCann), ha il volto di uno specialista di ruoli come questo,
ovvero Joe Pesci, affiancato da un Mickey Rourke ancora magro e piuttosto quieto nella parte, almeno per i suoi standard.

“L’hai rifatto, è così? Hai lasciato i rubinetti aperti. Tu sei picchiato! Perché lo fai?” (cit.)

Il nome del personaggio di Joe Pesci, Mayakofsky, è un
riferimento nemmeno troppo velato al vero boss criminale Meyer Lansky, ma oltre
a lui altri personaggi ruotano attorno al paranoico McCann, un uomo che ha dato
l’anima per conquistarsi il suo trono («Non ho mai guadagnato un soldo con il
sudore di un altro!» è la frase che viene spesso ringhiata dal protagonista),
ma che vive nella paranoia di perdere tutto, ossessionato dalla predizione
fatta da una sorta di strega (una selvatica maîtresse di un bordello tra le
nevi, sequenza lunghissima che si porta via svariati minuti del film), quindi ora
l’uomo odia l’alcolizzata moglie interpretata da Jane Lapotaire, e ha occhi
solo per la bella figlia Tracy (Theresa Russell, allora moglie del regista Nicolas
Roeg).

Il genero che nessuno vorrebbe ritrovarsi, l’olandese volante Rutger.

Problema! Tracy si è appena sposata un pomposo francese
che McCann vede come la sabbia negli occhi, Claude Maillot Van Horn è
interpretato dal nostro Olandese preferito, un Rutger Hauer fresco fresco del
successo di Blade Runner… no fermi,
Time Out Cassidy!

Giova ricordarlo per i negazionisti che tendono a
dimenticare, ma alla sua uscita Blade Runner fece un tonfo al botteghino clamoroso, se avessi un nichelino per
tutti quelli che ho conosciuto negli anni, che mi hanno detto cose strampalate
tipo: «Blade Runner non andò benissimo, ma chiuse tra i migliori dieci incassi del
1982», no, Enne-O. Solo con l’uscita in home video e il primo rimaneggiamento
del montaggio fatto da Ridley, lo Scott sbagliato, il film cominciò a far
parlare di sé e venne riscoperto, più che altro per i motivi sbagliati, e al clamoroso talento di un Olandese, capace di perforare lo schermo con il suo
monologo sulle porte di Tannhäuser. Ma nel 1983 “Blade Runner” era solo un titolo, nella all’ora non ancora così lunga filmografia di Rutger Hauer, che gli valse
l’opportunità di lavorare con Nicolas Roeg, ma a ben pensarci in una parte
identica a quella che aveva schivato in “Sfinge” (come abbiamo visto la scorsa settimana), ovvero quella del francese odioso. Fine del doveroso paragrafo
anti-negazionisti, torniamo al film.

“…E tutti quei fanatici dello Scott sbagliato, andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”

Rutger Hauer e Gene Hackman, due dei miei preferiti di
sempre uno contro l’altro (letteralmente!), “Eureka” andrebbe visto anche solo
per questi due. McCann è uno che si è fatto da solo, uno che si è spaccato la
schiena per arrivare, ed ora è un arricchito che ostenta i suoi soldi ad ogni
occasione utile, tanto da servire dell’oro anche a cena ai suoi invitati. [Cassidy inspira forte] Claude Maillot
Van Horn [Cassidy espira forte] è
scappato dall’occupazione nazista della Francia per pura e semplice
vigliaccheria (idealmente è l’opposto del personaggio di Rutger in Soldato d’orange), ma si comporta come se
la guerra l’avesse vinta lui. Figuratevi quanto può essere felice McCann, che
uno così abbia messo le sue manacce sulla sua adorata figlia!

“Ehi tu porco, levale le mani di dosso!” (cit.)

Infatti tra i due non scorre affatto buon sangue, diciamo
che si rischia seriamente di veder scorrere sangue e basta (quello di Claude).
In più di una scena Gene Hackman può sfoggiare un po’ di sana “cazzimma”, ma
quanto attacca il genero con un’accetta in mano fa più paura di Jason Voorhees.
Ennesima conferma che io, una prova di recitazione anche solo mediocre da parte
del vecchio Eugenio Mazzatore, sto ancora aspettando di vederla.

“Lasciami che lo faccio a dadini! A listarelle! A tocchettini sottili sottili!!”

Rutger Hauer alle prese con un personaggio pensato per
non essere simpatico (anche meno di un protagonista che di certo non sembra il
Mago Zurlì), risulta incredibilmente professionale e carismatico, anche quando
cercando di girare le scene di sesso con Theresa Russell sul set, ha dovuto
combattere con una mosca caraibica particolarmente fastidiosa, capace di
disturbare più volte le riprese della scena, come raccontato dallo stesso Hauer
nel suo libro “All Those Moments” (2007).

Quello che funziona della prova di Rutger Hauer è proprio
il suo modo di tratteggiare un personaggio che desta sospetti (è un arrivista
che ha fiutato i soldi?), in grado di volta in volta di bilanciarsi
perfettamente con le paranoie di McCann, davvero un ruolo al servizio del film,
perché Rutger Hauer qui è il barometro di quanto noi spettatori patteggiato, oppure denigriamo McCann. Aggiungeteci poi che tener testa ad un leone come Gene
Hackman non è certo roba per tutti, ed ecco che anche in questo film, il nostro Rutger
riesce a sorprendere ancora una volta.

Per certi versi “Eureka” mi ha ricordato “Quarto potere (1941),
perché la parabola di ascesa e caduta di McCann, ricorda molto quella del Charles
Foster Kane nel film di Orson Welles, quello che forse non ha reso
particolarmente memorabile questa pellicola è la svolta da thriller
giudiziario che lo conclude. Perché a parità di film dall’andamento poco
canonico, quello di Welles terminava in crescendo, con una rivelazione che
almeno per il pubblico, faceva raggiungere l’apice alla storia. Nicolas Roeg
invece qui decide di giocarsela di sponda, quindi piazza i momenti chiave del
film, quelli più memorabili, all’inizio e a metà, per il finale opta invece per
uno scontro in tribunale, che a ben pensarci è molto realistico, ma come tutti
le faccende legali, non proprio sexy.

“Rosabella” (cit.)

In ogni caso “Eureka”, ancora oggi viene tenuto in
altissima considerazione da moltissimi registi, in particolar modo inglesi, Danny Boyle intervistato in merito lo ha
indicato come uno dei più importanti film sottovalutati e dimenticati, ma
tra gli estimatori della pellicola possiamo contare anche Christopher Nolan. Se
volete vedere due grandi attori in gran spolvero come Gene Hackman e Rutger
Hauer nello stesso film, ora sapete a quale porta citofonare.

Per quanto riguarda noi invece, la prossima settimana
proseguiremo questa esplorazione oltre le porte di Tannhäuser, intanto passate
a trovare il Zinefilo che ha qualcosa da raccontarci sul film di oggi!
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