Qualche settimana
fa, guardando il King Tamarthur di
Guy Ritchie, mi è tornata l’insana voglia di rivedermi un film che per me è
sempre stato di culto, “Excalibur” di quel gran matto di John Boorman!
sempre avuto una grande passione per tutto quello che riguardava Artù e i
cavalieri della tavola rotonda, ho letto tutti i libri che mi capitavano per le
mani sull’argomento, dai racconti classici alle variazioni sul tema come “Un
americano alla corte di re Artù” di Mark Twain (uno dei miei preferiti), un
mito alimentato dal cinema, tra il cavaliere a guardia del Graal de L’Ultima crociata già fino ad uno dei miei film Disney preferiti di sempre, “La spada
nella roccia” di Wolfgang Reitherman e se mi dite che non è anche uno dei
vostri preferiti non vi credo!
e quando ho scoperto “Excalibur”, molto probabilmente in qualche passaggio
televisivo, so solo che fin dalla prima visione, per questo film andai davvero
giù di testa! Il primo dettaglio ad affascinarmi era l’aderenza alla storia
originale, finalmente un film con le idee chiare sulla vita di Artù che teneva
bene a mente il fatto che il più famoso proprietario della mitica spada, era
figlio del re con il nome più cazzuto della storia (Uther Pendragon), che era
destinato a mettere al mondo quel gran bastardo di Mordred e poi… Cacchio! La
violenza! Battaglie epiche, fuoco, fiamme e braccia mozzate a colpi di spada
in primo piano, sparate dritto in faccia allo spettatore, scena che ai tempi
provocò una reazione schifata da parte di mia madre ed una entusiasta da parte
mia, sono sempre stato uno strambo bambino, lo so.
![]() |
Mucchi di cadaveri, spade sporche di sangue, il crepuscolo di un era. Il vostro classico film per bambini insomma. |
approfondito la mia conoscenza di quel matto di John Boorman, il risultato è
che “Excalibur” ancora oggi è uno dei tanti film diretti da questo grande
regista che, però, ai tempi, aveva ben altre idee, ma comunque molto bellicose,
perfettamente in linea con lo spirito del personaggio. Il piano originale di
Boorman era quello di portare sul grande schermo “Il signore degli anelli” di
Tolkien ed era anche a buon punto con i lavori, peccato che la sua
sceneggiatura, a tratti poco allineata con il materiale originale e farcita di
sesso e violenza, venne rifiutata dalla United Artist e Boorman incazzato come
una faina abbandonò il progetto, che per nostra fortuna finì nella capaci mani
di un altro sperimentatore come Ralph Bakshi… Ma questa è un’altra storia.
fate fare “Il signore degli anelli”? Fotte sega io posso fare di più, di più e
meglio! Quindi Boorman grande esperto dell’arte del volare basso (seee
proprio), pensa bene di adattare, una roba da niente, tutto il ciclo Arturiano,
prendendo ispirazione soprattutto dal celebre poema “Le Morte d’Arthur” di
Thomas Malory. Per farlo ha bisogno di un rospo, ma non di uno qualunque, di Rospo
Pallenberg suo storico collaboratore fin dai tempi di quell’enorme capolavoro
che risponde al titolo di “Un tranquillo week-end di paura” (Deliverance)
(1972).
nato Robert, ma ribattezzato così da uno zio pazzo di origini italiane (storia
vera) era al fianco di Boorman anche quando il loro progetto sul signore degli
anelli è naufragato e quando il folle “Zardoz” (1973) e “L’esorcista II –
L’eretico” (1977) non hanno proprio incassato i soldi sperati, per usare un
largo giro di parole.
rientrare dei due flop, Boorman pensa in grande, in grandissimo (forse pure
troppo) e sforna un polpettone di due ore e mezza, in cui condensa tutta la
vita di Artù, dal drammattico concepimento fino alla ancora più drammatica
morte, mettendo dentro TUTTO: Merlino, Ginevra, Lancilotto, la fata Morgana
(non facciamo battutacce facili), ma anche la storia di un mondo che passa dal
paganesimo selvaggio e magico, al cristianesimo più convenzionale, anche
attraverso la ricerca di Parsifal del Sacro Graal. Insomma: materiale per tre o
quattro film, tutto condensato in 140 ambizioni minuti.
![]() |
Solamente “Superfantozzi” ha osato più di così. |
senza girarci troppo attorno: il film è invecchiato, non necessariamente
benissimo, anzi in certi momenti proprio male male, è del 1981, ma sembra di
almeno un decennio prima. A rivederlo ora mostra gli effetti del tempo e una
certa sgangheratezza generale a cui non facevo caso durante le mie visioni
infantili, ma che oggi balza agli occhi, forse perché sono un vecchio bilioso
giusto per citare l’altro mio Merlino preferito, oppure perché ci sono gli
estremi per un Bruttissimo di rete Cassidy!
Mi sembra giusto
ricordare che gli intenti di questa non-rubrica sono sempre gli stessi: parlare
di quei film che sono ciambelle riuscite senza il buco, ma con carattere da
vendere, capaci di fare a loro modo la storia, non una celebrazione del brutto
fine a se stessa, ma un modo per ricordarci che una certa dose di follia, nella
vita e al cinema aiuta.
Merlino, per anni sono riuscito ad auto convincermi del fatto che ad
interpretare il celebre mago in questo film fosse l’attore Max von Sydow, non
chiedetemi il perché, ma ne ero quasi certo. Mi ha fatto piacere scoprire che
Boorman aveva quasi la stessa idea, essendo uno di quei registi che tende a
fidarsi degli stessi attori e collaboratori, per il ruolo avrebbe voluto
proprio lui prima e Sean Connery poi, salvo cambiare idea decidendo che
per questo film, gli spettatori avrebbero dovuto concentrarsi sulla storia, non
sui nomi famosi del cast, motivo per cui “Excalibur” diventa l’esordio su di un
palcoscenico internazionale per un sacco di facce note ancora oggi, non
stupitevi di vedere tra i cavalieri anche Liam Neeson, oppure scoprire che il
capitano Jean-Luc Picard di Patrick Stewart è degno di guidare l’Enterprise, ma
non di estrarre la spada dalla roccia.
![]() |
“Non possiamo teletrasportarla fuori dalla roccia!?”. |
Pendragon c’è Gabriel Byrne, mentre Morgana è una giovanissima Helen Mirren,
perché siamo abituati a vederla dagli ‘anta in su, ma è stato giovane pure lei!
Entrambi ci danno dentro con l’accento irlandese che, per altro, è dove il
film è stato girato, tra le contee di Wicklow, Tipperary e di Kerry. Boorman
voleva che i maghi parlassero l’equivalente odierno dell’antico Gaelico, mentre
Bryrne, dublinese di nascita, semplicemente parla così, ci sono ancora membri
del cast tecnico, pronti a giurarvi che proprio a causa dell’accento, la
richiesta del voglioso Uther a Merlino non fosse “One night with Igrayne”,
ma “One night with your granny” (storia vera).
mai stato un timido, parliamo dello stesso che in “Zardoz” ha pensato bene di
far indossare a Sean Connery un “Mankini” trent’anni prima di Borat, quindi
sappiamo di cosa è capace, le sue idee bellicose hanno dovuto scontrarsi con
una serie di casini produttivi, ad esempio, la United Artists non ne voleva
sapere di avere Nicol Williamson nei panni di Merlino, Boorman, invece, lo
riteneva perfetto e pur di averlo era pronto a gestire il fatto che Williamson
ed Helen Mirren non potevano sopportarsi per via di precedenti trascorsi
teatrali. Il nostro John fa di necessità virtù, vi odiate? Meglio sarete più
credibili nel rappresentare la rivalità tra Merlino e Morgana (storia vera).
![]() |
Lo so che sembra incredibile, ma anche Helen Mirren è stata giovane e pure carina. |
girare in Irlanda, può capitare che piova, non proprio un evento raro nella
verde isola, può capitare anche che piova per giorni di fila e, perché no, magari
pure per tutto il tempo che passi lì per girare il film, il che è perfetto
quando hai bisogno di terreni fangosi per i tuoi campi di battaglia, un po’
meno quando devi girare grandi scene di massa, come quella iniziale, ad esempio,
che è stata girata tre volte di fila, perché mancava sempre la luce giusta,
risultato: costo totale della prima scena del film, pari più o meno a quello
della guerra dei Cent’anni, cameraman a cui viene un mezzo esaurimento e
decide di mollare il set bestemmiando il drago e gli antichi Dei.
dire che la recitazione degli attori rispecchia l’estro del loro regista, il
cast va spesso di tanto sopra le righe, Nigel Terry passa metà film cacciando
gli occhi fuori dalla testa, ma il migliore è Nicol Williamson, il suo mago
Merlino passa dell’essere un buffone che inciampa e cade nel ruscello, al
narratore delle gesta epiche, tutta la scena iniziale, in cui evoca la nebbia
che poi altro non è che il fiato del drago (dove sto io deve essere pieno di
draghi allora!), resta un’idea molto evocativa. Per non parlare della “Magia
del fare”, una cantilena che vi si pianterà in testa e, malgrado siano
passati anni dall’ultimo volta che ho visto il film, ho scoperto con piacere di
ricordare ancora a memoria: Anaal nathrakh Uthvas Bethod Dokiel Dien-ve! Anche
perché se non ricordo male per un po’ ha fatto parte della coreografia di
entrata in scena di uno dei miei wrestler preferiti: The Undertaker.
![]() |
“Come faccio a non ricordarla? Di sicuro cominciava con la N… Anaal Nav… Ehm.. Ehm… Natrch!”. |
martellante cantilena, ci sono altre chicche sfornate da questo film entrate
dritte nell’immaginario, vogliamo parlare dell’assurda armatura di Mordred? Di
fatto, sembra un puttino con i ricciolini dorati, sembra uscito da un quadro
rinascimentale, se non fosse per i capezzoli a vista sull’armatura, roba che
per molto meno, il Batman di Joel Schumacher è stato messo alla berlina!
![]() |
In realtà era tutta una citazione del povero Joel, non è stato capito! |
questo film ha abolito le mezze misure, “Excalibur” è un tripudio di armature
luccicanti, non vedevo tanto scintillio in bella mostra dall’ultima televendita
di batterie di pentole in cui mi sono imbattuto facendo zapping. Le armature
dei cavalieri sono tirate a lucido e soprattutto non se le tolgono MAI,
nemmeno per fare sesso. Io capisco fare sesso sicuro Uther, però cacchio la
ammazzi quella poveretta con quella tonnellata di acciaio affilato che hai
addosso!
scintilla tutto, persino le mura di Camelot risplendono di luce propria, l’idea
di Boorman era quella di suggerire che la luce di Dio illuminasse la capitale
del nuovo illuminato (appunto) regno di Artù, sarà, ma intanto pure i mattoni
brillano in questo film! Anche la protagonista citata fin dal titolo
contribuisce a tutte queste luci e lucette, Excalibur ha dei
riflessi verdi che servono a sottolinearne la natura magica, ma anche il fatto
che sia l’arma definitiva della natura, consegnata dalla Dama del lago agli
uomini, anche se la mano ad uscire dal lago, era quella della figlia di John
Boorman (storia vera). Non mi dispiacerebbe avere l’occasione di chiedere ad Ang Lee se aveva in mente questo film, quando ha pensato al Destino verde, la spada
de La tigre e il dragone.
quando Boorman dirige la parte in cui il puro di cuore Parsifal (Paul Geoffrey)
parte alla ricerca del Sacro Graal! Oh, lì tocca mettersi gli occhiali da sole,
perché diventa un tripudio di luci scintillanti e musica epica!
La musica ha
un ruolo fondamentale nel film, basta la colonna sonora di Trevor Jones per
sottolineare l’infinita ricerca di Parsifal che prima di trovare il Graal,
passa in rassegna tutti i suoi compagni cavalieri morti nell’impresa e proprio
in virtù della costante voglia di Boorman di andare sopra le righe, il nostro
non si fa mancare niente, nemmeno dei brani di Wagner (Tristano e Isotta,
Parsifal e Marcia funebre di Sigfrido) per sottolineare i passaggi più epici,
ma soprattutto è il maggiore responsabile di aver sdoganato i Carmina Burana,
definitivamente lanciati verso la fama internazionale dopo questo film (Storia vera).
![]() |
Poi ditemi che la musica al cinema non è importante… O Fortuna! Velut luna! |
lunghezza eccessiva e il fatto che il tempo sia stato implacabile nei suoi
confronti, “Excalibur” continua a funzionare proprio grazie all’ambizione epica
di Boorman, gli scontri sono brutali, fatti da buio e fango, urla sangue e
Wagner, un tripudio di gente che si muove a fatica dentro armature pesantissime
tra le fiamme della battaglia piazzando spadate e colpi di ascia in faccia
all’avversario, un’epica grondante sangue che ancora oggi malgrado tutto i
difetti ancora m’incanta, i personaggi fanno un arco completo verso il
disastro, basta guardare Lancillotto (Nicholas Clay) che entra in scena
scintillante e pure un po’ tonto tanto che sembra uscito da una parodia dei Monty
Python e finisce pazzo urlante con barba e capelli lunghi, tipo Alan Moore appena sceso dal letto prima
del caffè.
e brutale che ancora mi fa pensare ad una delle più verosimili messe in scena
del Medioevo viste al cinema e che va a braccetto con una grandiosità anche
eccessiva, fatta di eroi che cadono e si rialzano per riscattarsi, o per
trovare un epica morte per mano del loro nemico.
invecchiato bene, ma resta un gran titolo, incarnava già il
gusto per l’esagerazione del decennio in cui è uscito, più tamarro e spavaldo
di King Tamarthur, me lo tengo così,
con tutti i difetti, le ambizioni altissime e i Carmina Burana tonanti, fedele
alla magia del fare, John Boorman lo ha fato, tantissimo sopra le righe e va
benissimo così.