Dopo aver adattato per il grande schermo romanzo di Ballard e di Burroughs, ormai dovrebbe essere chiaro che la letteratura ha un ruolo fondamentale nel processo creativo di David Cronenberg, per la sua prima sceneggiatura completamente originale dai tempi di Videodrome, il mio secondo Canadese preferito si lascia ispirare nuovamente da uno scrittore, in particolar modo dalle vicende di Salman Rushdie che nel 1988 venne accusato di blasfemia da parte degli islamici quando scrisse “I versi satanici” (The Satanic Verses), tanto da dover fuggire negli Stati Uniti per non rischiare la pelle.
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cOme dA tradiZione i tItoli Di tEsTa dEl filM. |
David Cronenberg non è mai stato un fanatico di videogiochi (a differenze di Carpenter per esempio), ma come dico sempre, è un ossessivo di prima categoria, quindi il nuovo campo dei videogames, è l’occasione per tornare a sviscerare temi a lui molto cari, i punti di contatto tra questo film e Videodrome sono molteplici, verrebbe quasi da definirlo una versione 2.0 o se non altro una sua variante, con i videogiochi al posto della televisione.
Per la seconda volta in carriera, il nostro Cronenberg fiuta l’aria e capisce da che parte tira il vento, proprio come M. Butterfly, anche “eXistenZ” si trova a scontrarsi al botteghino con un film dalle tematiche molto simili, sì, certo, sto parlando dell’ultra celebrato “Matrix” degli allora fratelli Wachowski (oggi sorelle Wachowsikfo). Al netto di un budget di quindici milioni di ex presidenti spirati stampati su carta verde, il film ne porta a casa circa ehm, tre, forse anche meno, impossibile conquistare il grande pubblico con una trama volutamente a scatole cinesi, troppo complicata per opporsi ai balzi a rallentatore di Neo. Ma intanto zitto zitto, il mio secondo Canadese preferito, proprio con questi film ha anticipato tutti i temi che avrebbero tenuto banco al cinema nel decennio successivo, sfornando un altro capolavoro unico nella sua filmografia, trama? Vai di Trama!
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Intanto il Dottore, ci spiega il corretto utilizzo delle maiuscole. |
In un futuro che potrebbe essere mercoledì prossimo, Allegra Geller (un ottima Jennifer Jason Leigh) viene celebrata come una divinità in terra, la biondina è la più famosa creatrice di videogiochi del mondo e sta per provare con un gruppo di volontari beta tester la sua ultima creatura, eXistenZ, un gioco creato su un complesso sistema di collegamenti biologici che permette al giocatore di vivere la sua partita in una dimensione parallela del tutto realistica. Ma non proprio tutti tutti amano Allegra (Quindi diciamo che ha poco da stare allegra, ah-ah!), di sicuro non è l’idolo dei Realisti, gruppo fondamentalista che accusa la donna di aver messo in discussione la sacralità della realtà e proprio durante il lancio del gioco attentano alla vita della donna ferendola lievemente con ehm, un morso? Vabbè, lasciatemi l’icona aperta che su questo punto ci torniamo.
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Brood versione 2.0, da oggi disponibile anche su Amazon. |
La continuità tematica di Cronenberg è la sua vera costante, anche in “eXistenZ” troviamo tutti i temi cari al regista canadese, iniziando proprio dal rapporto uomo/macchina, qui Davide Birra ci regala la sua interpretazione del rapporto fisico, quasi intimo, che si crea tra un videogiocatore e il suo gamepad. Anche se non sono mai stato un gran giocatore in vita mia, persino io so che certi giocatori incalliti sono pronti a tutto pur di arrivare all’ultimo livello, un buon giocatore deve poter usare il suo gamepad al buio, anche bendato, pensateci, quante volte vi è capitato di uscire di casa senza lo smartphone e sentirvi come se vi mancasse un pezzo del corpo?
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Che carino possimo tenerlo? Voglio chiamarlo Giano! |
La bioporta è l’occasione per Cronenberg d’inserire riferimenti nemmeno tanto velati al sesso, perché il congegno è una chiara metafora sessuale, che viene portata avanti per tutto il film, quando Pikul confessa ad Allegra di non averne una e di non aver mai giocato a nessun gioco, è un po’ come se stesse ammettendo di essere verginello.
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Vi consiglio di non farlo con la porta USB del vostro computer. |
L’altra faccia della medaglia sono i Realisti, talmente ancorati alla realtà da arrivare ad utilizzare armi fatte con le ossa degli animaletti anfibi e al posto dei proiettili dei denti umani (“La fatina dei denti del traffico armi”), un’idea talmente bizzarra e geniale, che Cronenberg prima ci illustra il funzionamento della pistola attraverso i dialoghi dei protagonisti e poi, non pago, ci fa vedere come l’arma viene assemblata, pescando i pezzi dal piatto speciale del ristorante cinese, in una scena che se per caso voi foste tra quelli che hanno pregiudizi nei confronti della cucina etnica, di sicuro non cambierete idea dopo aver visto questo film!
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«La prossima volta che ho voglia di cibo etnico, tu dammi uno schiaffo in faccia ok?» |
A Cronenberg non interessa fare come vostra madre, quando vi gridava “Tutti quei videogiochi ti faranno male al cervello!”, per lui “eXistenZ” è l’occasione di aggiornare ad una nuova tecnologia il messaggio del professor Oblivion, ancora una volta il Canadese utilizza l’arte per sollecitarci a dubitare delle immagini che ci vengono propinate come realtà, continuità tematica soffocante, pensavate che non l’avrei detto, vero?
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«In effetti non vado mai al cinema, di solito sono direttamente dentro al film» |
Nel bellissimo finale sono gli stessi personaggi (del film) a riflettere sulle caratteristiche dei propri personaggi (nel videogioco), in un continuo gioco di specchi tirato su ad arte dal Canadese non per fornire risposte chiare, ma per sollevare dubbi, insomma: ancora una volta per fare quello che l’arte dovrebbe sempre fare.
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Fun Fact: Perky Pat è il fastfood del film, ma anche la bambola del romanzo “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” di Philip K. Dick. |
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Metti i riccioli, togli i riccioli, tutto un lavorone di piastra per capelli. |
Visto che sono entrato in argomento, Jennifer Jason Leigh qui è bravissima, “Doppia J” ha più di un film di culto in carriera, ma la sua prova qui in “eXistenZ” è mitica, basta dire che il grande citatore Tarantino, in The Hateful Eight, ha trovato il modo di farle fare nuovamente le boccacce come fa qui, quando mostra la lingua allo schifato Ted, quando i loro dialoghi vertono su “Punti di accesso al corpo umano”. Inoltre, tanto di cappello alla Leigh che pur di interpretare Allegra Geller si è rifiutata di tornare sul set di “Eyes Wide Shut” (1999) per girare alcune scene aggiuntive volute dal certosino Kubrick che, comunque, l’ha presa bene, sì sì, infatti se non vi ricordate di Jennifer Jason Leigh in “Eyes Wide Shut” è perché al rifiuto, zio Stanley ha tagliato il suo personaggio dal film (storia vera).
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La risposta di Jennifer alla ripicca di zio Stanley. |
Altrettanto bene funziona il buon Giuda Legge, che per tutto il tempo ha un’aria spaesata da “Alicio” nel paese delle meraviglie, ma è bravissimo a cambiare di passo quando il suo personaggio si lascia tirare dentro le dinamiche del gioco, la scena in cui urla “eXsistenZ in pausa!!” con relativo collasso/stand-by del personaggio mi fa morire, Cronenberg utilizza poco l’umorismo, ma questo non vuol dire che ne sia privo, tutt’altro.
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Alla faccia di chi dice che Cronenberg non ha il senso dell’umorismo. |
Inoltre, adoro il modo in cui i personaggi risultino tutti volutamente schematici, non sono altro che la versione cinematografica delle comparse dei videogiochi, Ian Holm che ci dà dentro con un pesantissimo accento ungherese (omaggio a due dei produttori del film, così come le lettere maiuscole nel titolo “XZ” che in Ungherese suonano come “Isten”, che vuol dire Dio. Storia vera), ma pensate anche al cameriere del ristorante cinese, al militare conciato come un G.I. Joe, o ancora meglio al personaggio di Willem Dafoe, dai andiamo fa il benzinaio e di nome si chiama Gas!
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Vi assicuro che la proprietaria del mio ristorante cinese preferito è molto più pericolosa (storia vera). |
Bisogna dire che la parte centrale del film risulta volutamente frammentaria e questo lascia una sensazione di poca coesione allo spettatore, ma vi giuro che mi importa davvero pochissimo, perché grazie a quel finale così azzeccato, il film si conclude di slancio, dando a tutto il film/videogioco un’atmosfera onirica in cui tutti i simbolismo funzionano alla grande, pensate al cane che porta la pistola nel corso del film e che trova una sua spiegazione solo in quel bellissimo finale aperto, che ci costringe ancora a riflettere sulla immagini che stiamo guardando.