iniziare un post ma datemi un minuto e arriverà al punto.
che il mio equilibrio non sia proprio da gatto, quindi quando salgo su una
scala preferisco tenermi con entrambe le mani, non si sa mai. In compenso
esiste una piccola manciata di film, abbastanza ben fatti da farmi percepire un
certo grado di ansia per il vuoto, di solito lo capisco perché mentre li
guardo, oltre che all’effetto capogiro, iniziano a sudarmi le mani per il
coinvolgimento con i personaggi. Oh, ognuno reagisce ai film a suo modo no? Questo
è il mio.
chiederete gioco a carte scoperte, i titoli sono “Cliffhanger” (1993), la cui
scena iniziale ogni volta mi inchioda, per poi passare a quella finale di “Up”
(2009) con il duello in precario equilibrio tra Carl e Muntz e da qualche
giorno devo aggiungere alla breve lista anche “The Walk” (2015), la scorsa
settimana ho recuperato l’unico film di Bob Zemeckis che ancora mi mancava e
anche lì, i momenti di mani sudate non sono mancati.
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Come mi sento quando devo affrontare questi titoli sospesi nel vuoto. |
in tempo ad assimilare il colpo del buon film di Zemeckis (che di fare film
brutto pare incapace, speriamo continui su questa linea) che mi sono ritrovato
a dover scalare “Fall”, film che ve lo dico, io spero qualcuno porti anche da
noi, se non proprio in una sala IMAX (formato nella quale il film è stato
girato), almeno in qualche festival, perché vorrei davvero gustarmelo su uno
schermo gigante, sudori o meno.
fatica di Mann, si ma l’altro però, non Michael, Scott Mann, quello di Heist
e Final Score che torna con un nuovo lavoro che abbraccia in pieno una
tipologia di film che ogni volta mi conquistano, quelli con i protagonisti di
turno incastrati in qualche posto per tutta la durata della trama,
costantemente a rischio vita. Per capirci quei titoli tipo Oxygène, con
i protagonisti nella cacca e tu lì, in ansia fino ai titoli di coda, sperando
che non facciano la fine del topo, o che non si spiaccichino male a terra come
nel caso delle due gonze protagoniste di “Fall”.
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«Sento già di avere un po’ superato il lutto, posso tornare a casa?» |
il sul film dimostrando di aver fatto i compiti, il prologo è una versione in
piccolo di “Cliffhanger” che serve a presentare personaggi e drammatico spunto
di partenza: Becky (Grace Caroline Currey) ama arrampicare insieme al marito
Dan (Mason Gooding) e alla sua migliore amica Hunter (Virginia Gardner), legati
insieme su una complicata parete Dan fa la fine del procione di “Ace Ventura –
Missione Africa” (1995) lasciando Becky nella disperazione alcolica più nera.
alticcio prova a scuoterla papà-cameo, visto che ad interpretarlo è un veterano
dei film di Scott Mann, ovvero Jeffrey Dean Morgan. Visto che il padre famoso
della protagonista non riesce ad ottenere molto da una figlia che ormai ha reso
leggenda il marito defunto, tocca ad Hunter provarci, perché non scalare
insieme il traliccione, chiodo scaccia chiodo dicono, ma in generale si sa che
i protagonisti di questi film “incastrati”, non sono quasi mai delle cima,
anche se qui le due amiche vogliono scalarne una.
liberamente ispirato alla torre della KXTV/KOVR Tower radio che si trova a Walnut
Grove in California, ma nell’interpretazione del film diventa il più
alto traliccio delle comunicazioni d’America, piazzato al centro del deserto e prossimo
ad essere smantellato il prossimo inverno. Un bestione alto un paio di torri Eiffel
o poco più, i suoi primi chilometri sono una comoda scala, circondata da una
gabbia di sicurezza, dalla seconda metà in poi, fino alla luce segnalatrice per
aerei in volo che sta sulla punta, dimenticatevi anche della sicurezza della gabbia ad avvolgerti,
perché si procede sulla scaletta senza nient’altro intorno.
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«L’ascensore, mai che ci mettano l’ascensore una buona volta, sempre le scale» |
del film se non il nome del suo regista, ho capito che la trama è stata scritta
da un uomo da un paio di dettagli, i titoli di coda mi hanno confermato che
avevo sbagliato di poco, la trama è stata infatti scritta da due uomini (il
regista insieme a Jonathan Frank), ma questo cambia poco, basta guardarlo “Fall”
per giungere a questa conclusione. Si capisce da due dettagli chiave, il primo
quello che indossano le protagoniste per scalare: shorts, Converse ai piedi e nel
caso di Hunter, anche un reggiseno Push Up che serve ad aumentare il numero di “followers”
che la seguono nelle sue spericolate imprese sui Social. Di positivo c’è che i film come “Fall”
quando sono curati, rendono ogni elemento di scena in mani ai protagonista, un
attrezzo da utilizzare per cercare di salvarsi la vita, quindi un trucco per
ricaricare lo Smartphone, un’asta da Selfie, una scarpa o addirittura il già
citato reggiseno, sono elementi alla MacGyver a cui Scott Mann riesce a dare
valore e un’utilità nel corso della storia, quindi tutto sommato tacche sulle
cintura del suo film.
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Un’immagine per farvi stare belli tranquilli e rilassati. |
mette in chiaro che il film sia stato scritto da uomini è che le due scalatrici,
una volta raggiunta la cima e rimaste bloccate senza più possibilità di
scendere, passano tre giorni senza che a nessuna delle due scappi mai, io per
solidarietà nei loro confronti l’ho trattenuta fino a fine visione, però capite
che o Mann non ha voluto spingersi troppo in là nell’utilizzare tutti gli
elementi necessari a sopravvivere (leggete tra le righe), oppure ha deciso che
le sue due protagoniste hanno delle super vesciche, il che non mi stupirebbe considerando
anche altri elementi della trama.
insieme per scalare il traliccione non mi sembra una gran idea, se Hunter in
alto dovesse sbilanciarsi (e potrebbe anche succederle, considerando il Push Up)
sarebbe un bel voletto di coppia, ma più che questi dettagli che sono miei
dubbi da non-scalatore, quando guardo questi film rifletto sempre su un fatto:
avete fatto qualche trazione in vita vostra? Se si allora difficilmente
crederete a quei film dove i personaggi restano appesi di braccia (o magari con
uno solo) per ore.
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«Ho già fatto due trazioni le altre non posso farle la prossima settimana!?» |
una scena così nella prima metà del film, necessaria a farci percepire il vuoto
e a festeggiare l’arrivo in cima insieme alle protagoniste, impegnate in Selfie
spericolate, dopodiché più avanti nella storia, le “potenza nei bracci” (cit.)
delle due torna di moda, però devo dirlo, Scott Mann si è davvero giocato bene
le sue carte.
momenti in cui “Fall” potrebbe scivolare e cadere nel vuoto perdendoci come
spettatori, eppure per quante scelte sbagliate facciano le due protagoniste,
riescono allo stesso tempo a farne altrettante per cui è istintivo sperare che
si salvino, certo andare lassù con così pochi mezzi non è stata una gran idea,
ma si meritano di morire come che so, i protagonisti di “Frozen” (quello di
Adam Green, non quello dove i pupazzi di neve cantano) forse si e forse no, perché
come detto, Scott sarà pure l’altro Mann, ma per questo film ha fatto i compiti.
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«Non posso nè scendere nè salire, nè scendere e nè salire!» (cit.) |
aveva protagoniste che rischiavano la pelle sprofondando giù verso il centro
della terra, quelle di Scott Mann fanno quasi lo stesso proiettandosi verso l’alto,
ma il Mann minore dimostra di aver imparato la lezione del regista Inglese e si
gioca nel suo film una svolta alla The Descent, che rende più credibile
la “potenza nei bracci” delle due protagoniste e anche quel cellulare dalla
batteria così resistente, da potersi concedere anche di rivedere vecchi video
in attesa dei soccorsi.
reinventa la ruota, non è il film che cambierà per sempre lo scenario dei
titoli con protagonisti incastrati in una letale mono location, ma è un film
che mantiene quello che promette e viste le premesse è già un ottimo risultato
così. Costato tre milioni di ex presidenti defunti stampati su carta verde, molti
dei quali sono stati utilizzati abbastanza bene, pare sia stato necessario
ricorrere alla “DeepFake” per far scomparire qualche «Fuck» di troppo per
rientrare nel PG-13, ma parliamo comunque di un film che mi ha fatto esclamare:
«Se ora fa come il Conan di Milius mi esalto!», quindi per ogni trovata
in grado di far sollevare il sopracciglio, “Fall” ne manda subito a segno un’altra
azzeccata, restando così in equilibrio senza precipitare, che poi è un po’ il
grande tema del film.
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Quando inizi a capire profondamente il dramma di Willy il coyote. |
dare valore alle riprese in IMAX, formato gigante che aumenta il senso di vertigine
ma risulta impietoso nei brevi passaggi in cui la CGI mostra il fianco, ma
posso dirlo? In più di un momento ho cercato di allungarmi per acchiappare le
protagoniste, ho avvertito l’effetto vertigine tanto caro a Jimmy Stewart e si,
mi sono anche sudate le mani, quindi per quanto mi riguarda “Fall” fa il suo
sporco lavoro davvero bene, giocandosi anche al meglio i colpi di scena, in un
modo più intelligente della media di questa tipologia di film con protagonisti nella cacca
pupù.
troppo nel dettaglio della trama, chiaro che un film così fin dal suo prologo, si trasformi
presto in un grosso METAFORONE sul superamento del lutto, però a livello di
intrattenimento funziona, fa sudare le mani e crescere il patema d’animo come
un film così dovrebbe sempre fare, giocandosi le sue svolte in modo tale da non
tirarci mai fuori dalla storia, con qualche trovata impossibile. Mi auguro solo
di poterlo vedere su uno schermo gigante, perché quello è il posto migliore per
godersi la vista offerta da “Fall”.