Abbiamo tirato fuori dal Vault il nostro vagabondo solitario Quinto Moro, in rappresentanza di chi ha speso infinite ore giocando ai tanti capitoli della saga ludica, e questa serie un po’ la temeva e un po’ ci sperava.
Sparatorie, mostri e mutanti, frattaglie volanti e un sacco di morti ammazzati. Questo è ciò che di norma chiedo a un buon film o a un buon videogioco. Se poi c’è un’ambientazione post-apocalittica e una spruzzata di western sono anche disposto a vedermi un’intera serie tv. L’annuncio di questa serie mi lasciò freddino, perché seguiva al mezzo disastro che fu l’uscita di Fallout 76, e perché di Bethesda, beh, non è che ci si possa fidare mai troppo.
Non vi farò un pippone sulla storia dei giochi, su come e perché ne sono assuefatto da anni. Sappiate che non si tratta di un adattamento, una reinterpretazione, ma di una trasposizione non interattiva del mondo di gioco di Fallout. Questo è, nel bene e nel male. La riproduzione esatta di quel mondo di gioco, con le sue regole e dinamiche, le sue bizzarrie e i suoi concetti. No, non siete obbligati a conoscere i giochi, ma sareste come quelli che mangiano i Fonzies senza leccarsi le dita: godrete solo a metà, e chissà, potrebbe incuriosirvi tanto da volerne provare uno. Ex giocatori stanno tornando in massa a rigiocare i titoli, nuove leve, nuovi streamer. Quest’ondata di entusiasmo vorrà pur dire qualcosa.
Ma che roba è? Due parole per chi non conosce minimamente la saga. Fallout nasce come realtà alternativa del secondo dopoguerra, con l’energia nucleare al centro dell’evoluzione tecnologica mentre la società è fossilizzata nei sogni e incubi degli anni ’50, cosa che si riflette nel design e nelle musiche pre rivoluzione culturale del rock’n’roll. Lo spauracchio comunista è lì, com’era nell’isteria che portò alla lista nera di Hollywood e al maccartismo. Come nella miglior fantascienza, la critica sociale e politica è fatta per metafore, con esasperazioni e citazioni della storia reale.
Questi anni ’50 alternativi finiscono nel 2077, quando la guerra coi Rossi Comunisti (ovvero la Cina, mai citata apertamente) porta al conflitto nucleare totale. A livello di scrittura è azzeccatissimo il modo in cui l’ossessione comunista viene centellinata, mostrando come veri villain le corporazioni che hanno preso il sopravvento. Dal giorno del giudizio nasce una nuova America, una terra di frontiera con fuorilegge, pistoleri e bestie mutanti. Un nuovo west.
La prima sorpresa è stata l’abbondanza dei momenti splatter. Quello di Fallout è un mondo di violenza, e non era affatto scontato vederne tanta, benché patinata, stilizzata, da fumetto. Certo per i videogiocatori sarà più facile accettare cure miracolose e dita mozzate e riattaccate, mentre la sospensione dell’incredulità richiesta allo spettatore medio è tanta.
Non è una serie rivoluzionaria, né un capolavoro. La scrittura è altalenante, parte e finisce bene, con qualche inciampo nella parte centrale. Ho trovato interessanti tutti i personaggi, principali e secondari. La trama procede senza spiegoni, ed ho apprezzato l’equilibrio fra temi seri e fasi più leggere. Fallout ha un umorismo strano, sottile, a volte scemo, ma non di quel tipo grossolano e irritante da blockbuster. La serie non si prende troppo sul serio, non punta al realismo e va fiera della sua origine ludica. Se vi aspettate una rappresentazione post-apocalittica “cruda e necessaria” sulla guerra atomica siete nel posto sbagliato. Il mondo è andato in vacca, ed è diventato un gigantesco luna park di orrori e personaggi improbabili. Nei Vault sotterranei, pure le élite illuminate non sembrano schiodarsi dalle vecchie ossessioni…
La lore della saga è adattabile a spunti e interpretazioni sempre nuove. L’ambientazione determina tutto, plasma i personaggi, e solo dopo i personaggi plasmano il mondo, con la regressione tribale o l’attaccamento ad un sogno americano reazionario.
La serie si rifà ad archetipi già usati nei giochi, ma non a vecchi personaggi. I tre protagonisti incarnano le varie anime folli di questo mondo: Lucy è un’abitante del Vault, un’ingenua ragazza cresciuta nella bambagia di un rifugio antiatomico lontana dai pericoli della superficie e che – come da tradizione – deve allontanarsi da casa per affrontare il mondo reale. Ella Purnel ha la faccia giusta per il ruolo, tipo una Mila Kunis meno femme fatale e più ingenua. Poteva essere il personaggio che affossa la serie, invece il suo esasperante ottimismo funziona. La Purnell ci mette tutto l’entusiasmo possibile. Promossa.
C’è poi il soldato Maximus, apprendista della Confraternita d’Acciaio, una specie di setta militaresca (che a me è sempre stata sulle balle), i cui membri avvolti in favolose armature atomiche pattugliano le rovine a caccia di vecchie tecnologie. Aaron Moten è stato una sorpresa, sembra il figlio illegittimo di Denzel Washington. Guardate bene la scena dell’interrogatorio, somiglianza sospetta e stesse smorfie, con qualche momento di vibrante intensità (giuro, l’ho pensato al primo impatto, poi ho visto che sul web questa cosa l’han pensata tutti).
Ha un potenziale enorme, per quella sua moralità ondivaga che potrebbero farlo diventare pilastro della serie, e più di tutti si trova in equilibrio tra mondo civile e mondo selvaggio. Moten è bravo, gli sceneggiatori devono solo decidere se fare sul serio o scadere nel comic relief (come in certe scene).
E c’è infine il mostro, l’abominio, il ghoul, il personaggio più carismatico che porta la quota western in primo piano. Fatevi un favore e guardate la serie in lingua originale se volete godervi l’accento di Walton Goggins. Trasuda carisma e dà tutto ai suoi personaggi, dato il doppio ruolo da spietato ghoul cacciatore di taglie, e divo di Hollywood prebellico che ci accompagna alla scoperta di com’è iniziata l’apocalisse.
Goggins sguazza in ottimi dialoghi, sparatorie e momenti da badass. È il buono, il brutto e il cattivo in un solo personaggio. A differenza dei più giovani protagonisti non è alla ricerca del suo posto nel mondo, lui lo conosce bene, e rappresenta il vero spirito della Zona Contaminata.
La serie scorre bene nella prima metà, e si sviluppa su tre linee narrative che confluiscono nell’ultimo episodio. C’è la caccia al tesoro in superficie, gli intrighi per i tumulati nei Vault, la trama politica nei flashback prebellici. A lungo andare è proprio la parte nella Zona Contaminata a zoppicare, coi personaggi che vanno a zonzo da una parte all’altra con cambi di scenario spesso insensati. A livello di gestione dei tempi e degli spazi, il modo in cui si inseguono da un posto all’altro non ha senso. Poteva e doveva essere la parte più dinamica, on the road, ma risulta pasticciata, un pretesto per introdurre elementi di trama e luoghi visti nei giochi, come una lista delle cose da fare (o una lista di achievement su Steam).
Sintesi veloce di ogni episodio. NIENTE SPOILER.
1×01: Bomba! Letteralmente. La scena introduttiva è fantastica, assistiamo alla fine del mondo con un tonfo al cuore. Avanti veloce di 200 anni, introduzione dei personaggi e del nuovo disordine mondiale. Sesso, violenza, e un impatto visivo strabordante: l’estetica è quella dei titoli i Bethesda più moderni, Fallout 4 e Fallout 76.
Il primo assalto dei predoni rappresenta bene pregi e difetti della serie: tanti schizzi di sangue, ma non c’è una vera brutalità, e non si può girare una sequenza d’azione al rallentatore per 4 minuti filati. Nemmeno Zack Snyder oserebbe tanto (forse). Menzione d’onore per Michael Cristofer, l’Anziano della Confraternita che in pochi minuti tocca vette di carisma e minaccia altissime. Nel complesso un’ottima partenza.
1×02: Western! I tre protagonisti si incontrano e scontrano. Il ghoul di Walton Goggins si prende la scena con un massacro in grande stile. Altra menzione d’onore per la grinzosa Dale Dickey, che conferma l’alto tasso di talento del cast di contorno. Il suo “Fuck the Vaults” poteva essere l’epitaffio su tutto. In un universo alternativo, la Dickey spara in faccia ad Ella Purnell e vince l’Oscar.
1×03: Si stabilizzano le tre storyline principali: i flashback, le avventure nella Zona Contaminata e la vita nel Vault. Si avvertono anche i primi scricchiolii nel vai e vieni dei personaggi da una parte all’altra. Menzione d’onore per Moisés Arias, il fratello sfigato di Lucy che diventerà uno dei migliori personaggi secondari.
1×04: Camminamorti! Episodio con atmosfere cupe. La sottotrama del Vault si fa più intrigante. Lucy forse inizia a imparare come funziona il mondo. Forse.
1×05: Ottima la scena dell’attraversamento del ponte. Per il resto si tira un po’ il fiato… (Nota Cassidiana: e ci sta anche, perché rispetto al ritmo medio delle serie, “Fallout” comunque corre, bene così)
1×06: … e qui ci si ferma. Episodio statico, girato interamente in interni. Interessanti i flashback ma la sezione nel Vault è tediosa. Walton Goggins ci regala un’altra breve ma intensa scena western.
1×07: L’incipit è un’aperta citazione ai western di Leone. Lucy e Maximus a zonzo sono la parte meno interessante. Le trame secondarie si infittiscono in vista del…
1×08: …gran finale! La sceneggiatura trova la quadra di tutti i percorsi narrativi. Le motivazioni dei personaggi principali e secondari vengono esposte o rimesse in discussione. Battaglia con morti ammazzati, ottimi effetti visivi, sale il tasso emotivo. Cliffhangerone finale che coinvolge tutti i personaggi ma soddisfa nelle rivelazioni e nel percorso fatto sin qui.
L’amore per i dettagli trasuda da ogni inquadratura. Ogni singolo oggetto di scena è stato riprodotto dal gioco, ogni costume, suono, canzone, ogni singolo pezzo di mobilio. Persino la fotografia è fatta per somigliare a quella di Fallout 4. Oh, alcuni scenari allestiti meno bene si notano, e l’effetto “finta monnezza” risalta a un occhio attento.
La quantità di easter eggs è fuori scala, ma non mi sento di criticare perché non inficiano il racconto e ciascuno è inserito nel contesto. Se dovessi elencarli tutti starei qui sino alla fine del mondo, e me ne perderei qualcuno. Ne trovate una lista basilare QUI ma vi garantisco che ce ne sono tanti altri. Quello meno evidente è l’anno stesso di uscita di questa serie: il 2024, Anno Domini del film che ispirò i giochi, ovvero A boy and his dog – Apocalypse 2024 del 1975, citato anche nella filmografia fittizia di Cooper, il personaggio di Walton Goggins (nell’ep. 1×06). Potete – dovete! – recuperarlo su Youtube, sia in italiano che in lingua originale. È uno di quei filmoni di fantascienza anni ’70 che hanno plasmato il concetto stesso di post apocalittico, che non fa prigionieri e oggi non verrebbe mai prodotto, di certo non con quel finale cattivissimo e memorabile. In Italia ha avuto il zuccheroso titolo “Un ragazzo, un cane, due inseparabili amici”, che spero abbia ingannato un sacco di bimbi e genitori.
Fallout ama i cani e i cani amano Fallout. Il cane Dogmeat, compagno di chiunque abbia attraversato la Zona Contaminata non poteva mancare nella serie. E Dogmeat è il nomignolo con cui il protagonista di “A boy and his dog”, un vagabondo solitario, apostrofava il fido compare nella prima scena. Sempre da quel film viene l’idea dei Vault sotterranei in cui sopravvive una società americana distopica, reazionaria, dittatoriale.
Che dire, complimenti alla produzione e a Bethesda che ama le sue saghe, Fallout più di tutte. I soldoni di Amazon hanno garantito lo sforzo produttivo, 150 milioni di tappi di Coca Nuka Cola ben spesi. Gli effetti visivi sono ottimi, la CGI non è pezzente né usata a sproposito come temevo, anzi c’è abbondante uso di effetti artigianali.
Difficile mantenere uno sguardo distaccato e oggettivo per chi, come me, ha trascorso negli anni decine di ore nel decadente mondo di Fallout, assorbendone i dettagli, la logica, le sfumature, i concetti. Avrei solo voluto che la serie fosse autoconclusiva e il confronto finale tra i personaggi più risolutivo.
Nota Cassidiana non richiesta (e rafforzativa): la serie è stata curata per il piccolo schermo da Jonathan Nolan e Lisa Joy, sposati nella vita. Considerando il tema, vi immaginate le cene di Natale a casa Nolan? Parleranno solo di megatoni, radiazioni e via dicendo. Ma una serie con Walton “Più grande attore del piccolo schermo” Goggins, che nei primi sette minuti della prima puntata si gioca sette esplosioni nucleari, non può essere così male, no?
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