Home » Recensioni » Fantozzi (1975): la classe media va nell’acquario

Fantozzi (1975): la classe media va nell’acquario

Vi ricordate la prima volta in cui avete fatto la conoscenza del ragionier Ugo Fantozzi? Personalmente sono piuttosto certo di aver visto i film prima di mettere le mani sul libro scritto da Paolo Villaggio, pubblicato nel 1971 da Rizzoli Editore, quello dove è nato il personaggio che avrebbe reso celebre il comico genovese e generato un’icona nazionale ancora amatissima.

Devo dire che ho sempre trovato lo stile di scrittura di Villaggio, carico di aggettivi superlativi, un vero spasso, deve essere stata una bella sfida adattare quel testo così satirico e divertentissimo per il grande schermo, eppure il primo incontro per molto pubblico italiano resta la scena iniziale di questo film, che usciva proprio oggi, il 27 marzo, di esattamente cinquant’anni fa nei cinema italiani e da allora è senza ombra di dubbio un Classido!

La telefonata della signora Pina (Liù Bosisio che avrebbe passato il testimone del ruolo anni dopo a Milena Vukotic, mantenendo ben saldo invece il ruolo vocale di Marge, la moglie dell’Ugo Fantozzi americano, Homer Simpson) al centralino dell’illustre società ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica, per chiedere rispettabilmente notizie del marito, uscito di casa diciotto giorni prima e poi più tornato a casa, non riesco a pensare ad un inizio migliore per presentare un personaggio non solo prigioniero del suo lavoro, del suo status e letteralmente della sua azienda, murato vivo nei vecchi bagni dell’ufficio.

La bellezza di “Fantozzi” sta tutta nel suo essere ancora oggi un monito, un dito puntato verso la classe media valido nel 1975, un anno che stava ad un passo dal 1968, aveva ancora in testa il tentativo di abrogare la legge sul divorzio ed era destinato ad affacciarsi su quel 1977 che avrebbe visto il fermento, anche violento, gli scontri e le masse pronte a scendere in piazza sì, ma di proletari e studenti, non di certo la classe media che nel 1975 e ancora oggi, Fantozzi ben rappresenta, la maggioranza, silenziosa come da tradizione e sempre asservita al potente di turno.

«Ah Cassidy, anche esperto di storia italiana!»

Dopo l’enorme successo del libro, il piano di portare il personaggio che ha reso celebre Paolo Villaggio (cristallizzandolo eternamente nello stesso ruolo) era già un obbiettivo della Rizzoli fin dal 1971, il primo regista selezionato avrebbe dovuto essere Salvatore Samperi, ben più portato a titoli intrisi di dramma, ma il piano saltò e bisognerà attendere fino al successo editoriale del secondo libro, “Il secondo tragico libro di Fantozzi” (1974), per veder tornare in auge l’idea di un film, questa volta con Luciano Salce alla regia.

La trama è ultra nota, perché il collage di scene e scenette che compongono “Fantozzi” sono patrimonio del nostro italico DNA, in questo film uscito per la prima volta esattamente cinquant’anni fa, abbiamo avuto l’occasione di conoscere personaggi diventati archetipi, dal protagonista Fantozzi alla fedelissima moglie Pina, passando per la bert… Ehm, la bambina Mariangela (Plinio Fernando), per arrivare ad una serie di macchiette che ben rappresentano le idiosincrasie di uno strambo Paese a forma di scarpa, “Miss quarto piano”, la, si fa per dire, bella di cui Fantozzi è mostruosamente invaghino, la signorina Silvani (Anna Mazzamauro), fino al re degli sboroni pieni di boria, Calboni (Giuseppe Anatrelli), per arrivare al personaggio che nel libro risponde al nome di Fracchia, ma che nel passaggio sul grande schermo, adotta quello del ragionier Filini, il ruolo per cui ancora oggi è ricordato Gigi Reder, per non dimenticare “non personaggi” diventati espressioni di uso comune, come ad esempio la nuvola degli impiegati.

Immagini che potete sentire.

Sembra assurdo scriverlo ora, dopo cinquant’anni di italiani che più o meno volutamente replicano pose, modi di dire (e di fare) del celebre ragioniere, ma alla sua uscita “Fantozzi” venne più che altro criticato, non tanto dalla destra a cui, lo stesso Villaggio, era già psicologicamente preparato, quando più che altro dalla sinistra. Certo, è difficile dar torto a molte critiche del tempo che sottolineavano la natura episodica del film, dopo la celeberrima scena del biliardo e il rapimento della madre («… Prendo la vecchia!») non ci sono conseguenze per il protagonista, che torna alla sua grigia ruotine di tutti i giorni, ma va anche detto che molte di quelle critiche facevano leva sui difetti del film, senza nascondere il fatto che fosse il contenuto a non essere stato realmente apprezzato.

Fantozzi è il ritratto impietoso di quella maggioranza silenziosa che non fa sport, più che altro ne legge molto sul giornale al bar la mattina o lo segue ancora di più in tv, quella grossa fetta di popolazione che non sta così male da ribellarsi e quando lo fa, quando risolleva la testa in un moto d’orgoglio, o non è in grado di cambiare mai davvero lo status quo oppure peggio, si vede quel tentativo di rivalsa ritorto contro. Fantozzi rappresenta tutto questo, troppo impegnato a fare da zerbino al potente di turno, non è un caso se nel passaggio di mano e con l’arrivo di Neri Parenti alla regia dei seguiti, i film di Fantozzi si siano impegnati ad aumentare l’asticella delle vessazioni, solo nel corso degli anni la situazione – e con lei il pubblico – si è rilassata quel tanto che bastava per fare del ragionieri il sacco da Boxe di un intero Paese, che già nel 1975 era pronto a riconoscere nel personaggio chiunque, un amico, un vicino di casa, un collega o un parente, mai quello che Fantozzi ha sempre rappresentato, molti di noi, anzi la maggioranza.

Batti lei… ah congiuntivo.

La critica di “Fantozzi” è feroce, ma anche malinconica, come tutta la commedia più riuscita non può non esserlo, non voglio passare per il barboso di turno, ma pur avendo generato quintali di meme che verso il 31 dicembre tornano puntualmente di moda, tutta la lunga sequenza del Capodanno la trovo decadente, perfetta nel rappresentare quella voglia di sfoggiare a tutti una felicità solo di facciata, che esisteva ovviamente già nel 1975 e che ora, Social-cosi alla mano, è stata amplificata.

Amarezza.

Per restare in zona festività, sarà anche diventato un personaggio archetipico la povera Mariangela, paragonata a Cita Hayworth, ma quando il padre si riprende la bambina, portandola via dal ludibrio dei megadirettori, nel suo «Comunque a tutti loro, i miei più servirli auguri per un buon Natale e uno spettabile anno nuovo» ci trovo dentro una punta di ammirevole orgoglio servita con un contorno di palettate di amarezza.

Quintali di amarezza.

La vita del nostro ragioniere, ben riassunta ne La ballata di Fantozzi, gioiellino iconico quanto le musiche firmate da un grande del nostro cinema come il mai abbastanza compianto Fabio Frizzi, gode – si fa per dire – di momenti grigi come la telecronaca dell’uscita di casa, costellati da piccoli e imbarazzanti momenti di gioia («Ugo non hai mai preso autobus al volo», «Ma l’ho sempre sognato!»), tutti diventati iconici perché ben calati della vita di chiunque di noi, solo con molte più apparizioni a sfondo religioso.

Certo, alcune gag vengono tirate un po’ troppo per le lunghe, come quella della dieta risolta a colpi di cambiali e spaghetti Montecristo, per non parlare della ripetibilità, qui nella sua variante con lo Champagne, assistiamo ad esempio alla scena del dispettoso distributore automatico, che Villaggio ha ripetuto eternamente (come il personaggio di Fantozzi e molte delle sue gag) ma che il nostro ha preso in prestito… anzi no, l’ha proprio rubata a Mel Brooks, ma di questo abbiamo già parlato con dovizia di dettagli.

I momenti più esaltati per me sono le piccole rivalse fantozziane, come la mitologica partita a biliardo contro il bel direttore («… Un apostolo!») che è un piccolo momento alla Rocky, con Pina nei panni di Adriana, scatenato del ventottesimo «Coglionazzo» di fila, solo che invece di “Gonna fly now” il nostro ha il uacci uari ah firmato da Frizzi.

Apollo Creed è stato più sportivo, bisogna dirlo.

Anche se le scene più ricordate dal pubblico sono quelle in odore di stereotipo come quella del ristorante cinese con al triste fine di Pierugo (horror!), oppure la sparata dettata dal principio di congelamento «Sono stato azzurro di sci», la rivolta senza conseguenza di Fantozzi più importante, resta il trasferimento nel sottoscala con Folgara, la pecora nera, anzi rossa, dell’ufficio. Qui Fantozzi, grigio rappresentante della classe media ha un sussulto di coscienza sociale («Allora mi hanno sempre preso per il culo!»), che con i suoi nuovi capelli sessantottini a mezzo collo, lo porta al cospetto del Megadirettore galattico, se mai un film ha saputo riassumere cinquant’anni di storia della politica e della società italiana, resta sicuramente l’ufficio quasi francescano, dove con pacata e finta benevolenza, il megadirettore accoglie un suo simile (in realtà sottoposto) che di sua spontanea volontà finisce per inginocchiarsi prima e poi a fare la triglia, nel mitologico acquario dei dipendenti, in quello scherzare su etichette come comunista anzi, medio progressista, ci sono tutte le idiosincrasie di uno strambo Paese a forma di scarpa.

La passione di un povero Cristo (di nome Fantozzi)

Dal successo di questo film è nata una saga che è cambiata nel corso dei capitoli, adattandosi come Fantozzi al potente di turno, ma cinquant’anni fa esatti, questo film ha saputo essere pura commedia ma anche perfetta fotografia di una nazione, anzi proprio uno specchio, abbiamo riso per tutto questo tempo del ragionier Ugo Fantozzi, perché era più facile che ridere di noi stessi.

5 5 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
36 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

Until dawn (2025): un altro “Ricomincio da capo” in salsa horror

La prima notizia è che per scacciare un film tratto da un videogioco come Minecraft, dalla vetta dei film più visti, abbiamo avuto bisogno di un altro film tratto da [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing