Ci sono rivalità che non smettono mai di bruciare, Celtics e Lakers, Marvel e Distinta Concorrenza, oppure #TeamSly contro #TeamArnold.
Sylvester Stallone dopo decenni decide di aprire al piccolo schermo e per farlo sceglie il meglio su piazza, Taylor Sheridan e il massimo della visibilità garantita da Paramount+, il risultato è Tulsa King con un prezzo da pagare, l’inevitabile reality, disponibile sulla stessa piattaforma, sulla famiglia Stallone, che è una marchetton… Ehm, un modo per tentare di lanciare le notevoli figli di Sly.
La quercia austriaca cosa fa? Guarda caso anche lui, proprio adesso, decide che è il momento di dedicarsi ad un ruolo per il piccolo schermo, anche se sceglie la sicurezza e i fondi di Netflix. Sly e Arnold, come Red e Toby, nemiciamici, anche se qui si rende necessario un doveroso distinguo.
Stallone ha scelto un prodotto originale, su cui molto presto potrà mettere completamente le mani – come da sua abitudine – in quanto Autore purosangue. Arnold invece ha fatto tutto il giro, ogni tanto minaccia un film su Conan che parliamoci chiaramente, visti i tempi che corrono, un Cimmero che beve, impreca e uccide è il personaggio meno in linea con la direzione del vento nelle storie contemporanee, aggiungo purtroppo.
Terminator? Ci abbiamo provato e riprovato, forse sarebbe anche serenamente ora di rinunciare al ruolo, le alternative erano tradire le ultime parole di John Matrix e lanciarsi in un “Commando 2” alla sua bella età (per altro portata alla grande) oppure beh, ci sarebbe sempre True Lies, problema! Bisognerebbe prima convincere Jimmy Cameron, che come potete immaginare è interessatissimo a questo tipo di operazioni, visto che gli incassi da capogiro di Avatar 2 gli hanno concesso di prendere residenza fissa su Pandora.
Ecco perché mentre ero in attesa dell’annunciata “Fubar” su Netflix, frutto di un bel trucchetto per portare in scena un “True Lies 2” senza doversi accordare con Cameron, quando di colpo su Disney+ mi sono visto spuntare “True Lies – La serie”. Onestamente ho pensato ad uno scherzo, poi ho guardato il cast e beh, onestamente ho pensato ad uno scherzo.
Questa sì, prodotta davvero da James Cameron (aprire il vocabolario alla pagina: «Devo fare qualcosa o posso continuare a stare su Pandora? Ok grazie, sapete dove mandare l’assegno»), la serie che esce per CBS, oltre ad essere già stata cancellata – per fortuna – almeno stando a quello che ho letto, ha come protagonisti Steve Howey, il barista grande grosso e scemone di “Shameless” e Ginger Gonzaga, l’avvocatessa spalla comica di She Hulk, meglio nota come Carmen, perché beh, ha la faccia di una che potrebbe chiamarsi Carmen. Cacchio è ‘sto Ginger, non è nemmeno rossa.
Due parole su “True Lies – La serie”? Dimenticatevi Simon, il personaggio interpretato dal mai abbastanza compianto Bill Paxton, mettete in conto che nel pilota, la serie riassume frettolosamente il film di Cameron, ovviamente senza esplosioni atomiche, spogliarelli di Jamie Lee Curtis o Harrier AV-8B che decollano, insomma senza le parti migliori. Alla fine del primo episodio marito e moglie sono liberi dalle “Vere bugie” del titolo e sono una coppia di spie, per una serie che prova a seguire la sua strada su un canale negli Stati Uniti in chiaro, quindi per tutti, come CBS.
Insomma “True Lies – La serie” sembra una robina uscita dagli anni ’90, liberamente, molto liberamente ispirata al film di Cameron che fa quello che può con i limiti della censura di un canale per tutti. Può piacere? Forse un giorno se la trasmetteranno su Rai Due, a patto di dimenticarsi o meglio, non aver mai visto il film di Jimmy, ironicamente caratteristiche che ha in comune con “Fubar”.
“Fubar” non ha nemmeno il problema di dover essere “per tutti”, visto che è una produzione originale Netflix, questo spiega l’inevitabile componente della squadra omosessuale, la cui gag ricorrente è dare colpi nelle palle a tutti i compagni di squadra maschi, Arnold compreso. Ah-Ah, grasse risate.
Schwarzenegger interpreta Luke Brunner, che di fatto è la fotocopia del protagonista di True Lies con un altro nome, che ancora mente alla sua famiglia sul suo ruolo di super spia per la CIA. Sogna la pensione, la barba che lui ribadisce essere un veliero e di riconquistare l’ex moglie. Nel primo episodio in missione segreta, sul campo trova sua figlia Emma (Monica Barbaro, l’avete vista nell’ultimo Top Gun), che pensate un po’? È anche lei una spia! Logico, si chiama Barbaro ed è la figlia di Conan, non è che ci volesse proprio la CIA per arrivarci.
Da qui iniziano otto episodi (percepiti centosettantadue) di missioni sul campo padre figlia, per ricostruire un rapporto che è andato, dove si parla di tempo di qualità contro che so, recite scolastiche perse e dove ovviamente, fare lo stesso lavoro (che prevede di mentire alle persone amate, come il fidanzato Jay Baruchel) finirà per unire e BLA BLA BLA.
Dove sta l’errore di fondo di “Fubar”? Non essere stato in grado di sfruttare la valanga di personaggi di Schwarzenegger, si strizza l’occhio a “True Lies” certo, ma la sensazione è che se non fosse stato Arnold, Netflix avrebbe trovato qualche altro famoso a cui appioppare il ruolo. Il rapporto padre figlia poteva essere ricalcato su quello (assolutamente chiave) di Commando, ma nemmeno quello.
L’umorismo poi è sempre un elemento soggettivo, io personalmente davanti alle gag di “Fubar” ho sentito spesso il desiderio di sprofondare nel divano. Il tipo Nerd, che parla SOLO per citazioni pop, che sfoggia SOLO magliette pensate per far puntare il ditino verso lo schermo al pubblico, risulta talmente fastidioso che invece del supporto di Arnold, ho seriamente sperato che lo trattasse come un tempo Conan faceva con il cammello, invece niente.
Una menzione speciale la merita Tom Arnold, qui nel ruolo di un esperto di tortura fatto tutto alla sua maniera, che viene consultato dalla squadra solo nei momenti di estremo bisogno, dopo essere stato il secondo miglior Arnold di True Lies qui si conferma efficace, con la sola presenza contribuisce all’aria da rimpatriata dell’operazione.
“Fubar” non passerà mai su Rai Due in quanto produzione Netflix, ma sembra uno di quei telefilm degli anni ’90, con il famoso di turno intento nella missione della settimana, mi ha fatto pensare ad una parte della produzione di Bruce Campbell, roba tipo “Le avventure di Brisco County Jr.”, decisamente con un budget migliore ma nemmeno tanto, visto che quando la trama prevede che sia necessario evitare di far esplodere il super treno a lievitazione giapponese, avviene tutto in interni, con qualcuno collegato da remoto che spiega quale immane disastro – non mostrato – stiamo evitando.
Ovviamente affrontare questa serie, avendo in testa True Lies è un po’ come spararsi in un piede da soli, le lungaggini sono quelle tipiche della vostra produzione media Netflix, otto episodi da quasi un’ora l’uno, non si scappa da quel formato, anche se la trama è stiracchiata, piena di dinamiche viste e straviste tra personaggi, capirete chi tradirà al minuto uno, mentre dobbiamo sorbirsi il rapporto padre/figlio tra il personaggio di Arnold e il cattivissimo Boro, figlio di un cattivone che il nostro, ha fatto cadere in un dirupo, si spera almeno dopo avergli confessato che quello con cui lo teneva per una caviglia, era il suo braccio più debole.
Con un aspirante cattivo nel ruolo di figlio putativo e una figlia ribelle avete già intuito dove la serie finirà per andare a parare, io mi auguro piaccia, venga cliccata da chiunque sulla piattaforma, in modo da garantire ad Arnold entrate sicure per i prossimi anni, lui non ha colpa, immutata ed eterna stima nei suoi confronti, anche perché la quercia austriaca si mette al servizio dell’operazione al meglio, sa fare la commedia e fare brutto quando serve. Se il suo personaggio parla di patria e famiglia, funziona perché si vede che è Schwarzenegger a parlare, quindi se si siete completisti del migliore, per lui vale la pena vederla, anche se sulla “canzone della pipì” francamente diventa chiaro che attorno a lui, abbiamo il vuoto dell’umorismo idiota a tutti i costi, per un’operazione che qualche anno fa sarebbe stato un anonimo titolo nella sua filmografia, oggi per motivi di mercato è una serie tv.
Risultato parziale della sfida eterna tra Arnold e zio Sly? Il secondo è decisamente in vantaggio, con tutti i difettucci di Tulsa King, questa battaglia se la porta a casa Stallone.
Il risultato parziale registrato sul campo? L’assoluto dominio di James Cameron, che non solo ha appena mandato un altro film al terzo posto dei più grandi incassi della storia del cinema, ma può continuare a lavorare su come ritoccare ancora quella classifica, consapevole che non una, ma due serie televisive targate 2023, non allacciano nemmeno le scarpe al suo film più rilassato. Eterna stima per Arnold, ma ascoltate me, andate a rivedervi True Lies, ne vale sempre la pena.
Sepolto in precedenza sabato 3 giugno 2023
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