Siete mai stati chiamati ad aggiustare il casino combinato da un altro? A me sul lavoro capita con una certa puntualità, ma vi assicuro che Rhett Reese e Paul Wernick hanno tutta la mia stima, riuscire ad organizzare un piano di rientro decente, dopo il sanguinoso disastro lasciato dal passaggio di Stephen “Attila l’unno” Sommers, richiede una certa dose di coraggio.
G.I.Joe è un marchio che muove ancora un certo quantitativo di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, un capitale immobilizzato che fa gola a molti, ovviamente anche ad Hollywood, che non poteva rassegnarsi a quella tragedia rappresentata dal primo inguardabile film sui Joe.
Magari potrebbe non fregarvene un accidenti dei soldatini snodati della Hasbro, non è obbligatorio essere cresciuti giocando con i G.I.Joe come il sottoscritto, ma da appassionati di cinema bisognerebbe almeno riconoscere che al netto del risultato, più o meno di vostro gradimento, “G.I. Joe – Retaliation” resta un esempio di fai da te notevole. Per essere migliore del primo capitolo, a questo seguito sarebbe bastato niente, invece il film si gioca il tutto per tutto per funzionare al meglio del suo potenziale. Un piano degno dei G.I.Joe applicato ad una mentalità da grande azienda: per massimizzare il risultato (e gli utili), bisogna tagliare via i rami secchi e applicare dei cambiamenti.
La prima delle tante scelte azzeccate fatte da questo film è quella degli sceneggiatori: Rhett Reese e Paul Wernick arrivavano dal successo di un film che era di fatto una loro creatura, Benvenuti a Zombieland li ha messi sulla carta geografica e Hollywood che ha pensato bene di fagocitarli, affidando il peggior lavoro da stagista neo assunto, se questi sono riusciti ad uscire a testa alta dal “Piano Marshall Sommers” necessario a ristrutturare il marchio G.I.Joe al cinema, dopo avrebbero potuto fare davvero di tutto, non a caso, sono ancora in giro e grazie al loro (dis)gusto a metà tra nerd e caciara totale, hanno messo su un curriculum di tutto rispetto.
Per prima cosa bisogna sforbiciare il numero di personaggi del primo film, via i pretoriani di Sommers come Brendan Fraser, oggettivamente inutile già nel primo capitolo e via anche Sienna Miller, l’unica che si è pubblicamente espressa, denunciando i disastri di Sommers a partire dalla sua gestione degli attori sul set. Un peccato non rivederla fasciata nei panni della cosplayer della Baronessa, ma il suo era anche l’unico personaggio ad aver avuto un arco narrativo quasi completo, se così possiamo chiamarlo.
Christopher Eccleston non ha avuto rimpianti ad abbandonare Doctor Who, dove era acclamato e da qualcuno anche ancora invocato (tipo il sottoscritto), figuriamoci se ha perso un minuto di sonno all’idea di non poter più tornare sotto la maschera di Destro, catturato e messo in una tecnologica boccia per pesci, da una riga di dialogo della nuova sceneggiatura e da una frettolosa voce narrante. Mentre Joseph Gordon-Levitt ha portato le sue labbra ad un indirizzo nuovo, la sua faccia sovrapposta a quella di chissà chi altro, perché tanto il suo Cobra Commander (che io continuerò a chiamare Comandante Cobra, perché sono cresciuto con il cartone animato) ha un casco integrale e parla con il Vocoder, quindi per quello che sappiamo ad interpretarlo, potrebbe essere anche quello che di norma fa il “ripieno” del Gabibbo.
Come in un’azienda pronta a tutto per evitare la bancarotta, chi ha dimostrato valore (o anche solo la capacità di sviluppare attenzione nel pubblico) è stato confermato, come lo Snake Eyes di Ray Park, a cui per fortuna viene fornita un’armatura decente, basta addominali e labbra di gomma come Alba Parietti. Ad altri personaggi invece tocca un “cambio Basket”, Scarlett e Lady Jane sono due personaggi che dai fumetti fino al cartone animato, hanno ben poco in comune (se non l’essere le due donne dei G.I.Joe), nel film invece se non fosse per il cambio di nome, sembrerebbe quasi che Rachel Nichols sia stata sostituita, ed ora qui lo dico e non lo nego: so che la Nichols ha parecchi estimatori, lasciatemi anche aggiungere la parola bongustai, però con Adrianne Palicki secondo me ci abbiamo anche guadagnato. Non ho mai capito se sa anche recitare (ma sospetto di no, penso che sia più adatta alla commedia) in ogni caso chissene, io Adrianne Palicki la vorrei vedere in tutti i film e le serie tv da qui alla fine del mondo.
L’incolpevole Adewale Akinnuoye-Agbaje, che era già un perfetto Roadblock (anche se interpretava Heavy Duty) qui viene sostituito da qualcuno di molto meno adatto per certi versi, ma decisamente più carismatico, The Rock qui, era già pronto a rendere “G.I.Joe” la sua saga d’azione personale, non è un caso che la poca convinzione con cui questo “franchise” viene portato avanti da anni, lo abbia poi dirottato verso Fast & Furious, che poi è quello che “G.I.Joe” avrebbe potuto diventare, se non fosse stato azzoppato da Sommers.
Siccome il colore di pelle di The Rock manda più in crisi i responsabili dei casting di Hollywood di un’accusa di molestie sessuali, nel tentativo di farlo passare per un afroamericano come il personaggio chiamato ad interpretare, qui Rock appare più abbronzato del solito e gli sono state appioppate d’ufficio due figlie interpretare da due bambine di colore. Avete fatto caso al fatto che i figli di The Rock nei suoi film passano da neri ad Alexandra Daddario a seconda dell’esigenza? Se fossi un regista, pretenderei come protagonisti The Rock e Lucy Liu nel ruolo di papà e mamma, solo per far impazzire le agenzie di casting in cerca degli attori giusti per i loro possibili figli. Sono più diabolico di Cobra Commander del Comandante Cobra, lo so.
L’insopportabile Marlon Wayans? Per sostituire lui hanno chiamato, vabbè robetta… Bruce Willis. Il che rende questo film ufficialmente il preferito del Cassidy bambino che sono stato, peccato che sia uscito quando ormai avevo abbracciato gli ‘enta, perché un film sui G.I.Joe, ad alto budget, con nomi grossi e Bruce Willis nel ruolo di padrino, era più o meno il sogno bagnato di quel pupo che giocava per ore ed ore ed ore (ed ore) con i soldatini della Hasbro. Il fatto che Bruce Willis qui, sia chiamato ad interpretare il primo Joe, rende questi soldatini di celluloide idealmente figlie, figli e nipoti di John McClane, in un periodo in cui il buon Bruce non solo sembrava ancora vivo, ma sembrava pronto ad abbracciare il ruolo di grande vecchio, in un momento in cui film con gente che si spara addosso sembravano ancora possibili, prima che le super tutine inglobassero tutto. Purtroppo sappiamo com’è andata – anche la carriera di Bruce – però la sua entrata in scena, smitragliando come un pazzo sul retro di una El Camino nera, solo per poi snocciolare quella battuta(ccia) alla Palicki («Sto bene, tu come stai?», «Ho il colesterolo un po’ alto») per me, nella sua totale ignoranza, vince tutto, anzi è stata anche l’ultima volta che Bruce Willis, ha fatto il Bruce Willis per davvero.
La vera dimostrazione che questo film ha davvero selezionato i talenti già a disposizione, per me è rappresentata da Jonathan Pryce, nel primo film, poco più che una comparsata nel ruolo del presidente degli Stati Uniti, qui invece, complice il talento di Zartan di cambiare volto, Pryce viene coinvolto in un doppio ruolo anche perché parliamoci chiaro, Arnold Vosloo se gli date cinque euro, viene anche alla festa di compleanno di vostro nipote vestito da clown, ma passare dall’Arnold minore ad un fuori classe come Jonathan Pryce, libero di gigioneggiare con i missili nucleari mentre gioca ad Angry Birds, equivale a passare da uno dei Wayans a Bruce Willis. Certo, avrei potuto avere più fantasia nella metafora, ma volevo ricordarvi ancora una volta che il Marlon minore è fuori dai giochi in questo film, tiè!
Il ruolo del miracolato tocca a Channing Tatum, pare che dopo i primi test di prova, per “G.I. Joe – Retaliation” sia stato necessario girare delle scene aggiuntive, perché il pubblico voleva più tatone Tatum, che nel frattempo aveva mandato a segno un paio di titolo giusti (come “21 jump street”) e al pubblico piaceva tanto. Incredibilmente qui, nel ruolo della spalla comica di The Rock (anche se è il suo superiore), i due sfoggiano una chimica più che decente, anche se tatone è di fatto il solito personaggio con un bersaglio disegnato in fronte, necessario a giustificare il titolo del film, quella “Retaliation” che non solo è la parola più usata in “Sons of anarchy” (i SAMCRO la ripetevano ogni quattro parole), ma che grazie a dei titolisti italiani ispirati (o cresciuti con i film giusti), in uno strambo Paese a forma di scarpa diventa “G.I.Joe – La vendetta”, seguendo l’antica regola per cui tutti i seguiti, dovrebbero intitolarsi “… la vendetta”.
Per dirvi di quanto questo film sia in grado di azzeccare tutte, ma proprio tutte le scelte persino il regista, Jon M. Chu sembrava un compromesso per tenere basso almeno il suo salario, invece il regista forte di non uno, ma ben due film della saga di “Step Up” (non chiedetemi, mai visto nemmeno mezzo) qui si conferma l’uomo giusto al posto giusto. Vuoi perché in fondo, i film di danza sono come i film di arti marziali, con le mosse di ballo al posso delle mosse di Kung-Fu, ma per lo meno Chu riesce a mantenere causa ed effetto di tutte le scene, le coreografie sono chiare e anche quando film diventa un giocattolone, per lo meno si vedono i pugni e i colpi mandati a segno. Era tanto difficile Sommers?
La trama riesce a limare al minimo sindacale anche i flashback di cui il precedente capitolo invece abusava, bisogna inoltre dire che Snake Eyes, da sempre il più carismatico dei Joe qui fa quasi una gara solitaria, protagonista di una sorta di film nel film, che sottolinea la sua natura di tiratore libero del gruppo, impegnato nelle sue trame Ninja, “giocattolose” quanto volete ma tutto sommato divertenti, anche perché portano avanti la sua faida con Storm Shadow (confermato anche Byung-hun Lee, che per effetto il nemico nel mio nemico è mio amico, diventa per un po’ alleato dei Joe), menzione speciale per la ninja Jinx, interpretata da Élodie Yung, talmente azzeccata per la parte che Netflix, in un moto di estrema creatività, le ha affidato il ruolo fotocopia di Elektra nella seconda stagione di Daredevil.
Sul perché RZA interpreti il maestro Ninja, cieco come Zatōichi ma con le sopracciglia di Peo Pericoli non so dirvelo, se non per ribadire la sua enorme passione per i film di arti marziali. Se possiamo considerarlo un Maestro sciancato, sarà l’eminente Ninja Lucius a confermarcelo.
Ciliegina sulla torta? Nel ruolo di un generico carceriere ghignante, che sembra per un momento riuscire a sfatare il tabù del mutismo di Snake Eyes (tranquilli, tutto un trucco), troviamo un altro maestro… Walton Goggins. No dico, uno dei più grandi attori del pianeta, gettato così nel mucchio, potete pensare quello che volete di Tarantino, ma al momento è ancora l’unico che ha saputo sfruttare il vero potenziale di Goggins, senza sprecarlo in ruoli minori in questi giocattoloni.
“G.I.Joe – La vendetta” è un costoso B-Movie orgogliosissimo di esserlo, vitaminizzato dalla musiche di Henry Jackman che si gioca riff rockettari perfetti per una trama in cui è chiaro che anche Rhett Reese e Paul Wernick giocavano con i G.I.Joe da bambini, o per lo meno hanno studiato bene i fumetti spesso scritti da Larry Hama o ancora meglio i cartoni animati.
Non bisogna chiedere la logica ad un film così, è normale che il presidente degli Stati Uniti, possa affidare l’incarico della sicurezza nazionale prima ai Joe e poi ai Cobra, come se non esistesse un parlamento o un senato, insomma come voleva governare Trump, giusto per non fare nomi. Poi per lo meno i personaggi sono tutti riconoscibili, il Roadblock di The Rock (detto Rockblock per comodità) in teoria dovrebbe essere un sottoposto del mio G.I.Joe preferito, ovvero Flint, ma siccome nessuno può mettere Rock in un angolo (anche perché non esistono angoli abbastanza ampi), malgrado il grado la trama trova il modo di renderlo presto il capo della compagine, anche perché Flint è stato affidato ad un pupazzo di nome D. J. Cotrona, uno che sta ad una “T” di distanza dal cantarci “The Rhythm of the Night”, che sarebbe comunque una scelta musicale meno tamarra del remix di Seven nation army Po poporppopopo poooooo presente nel primo trailer del film.
Grazie all’intervento del dinamitardo Firefly (quel mito di Ray Stevenson, uno con il fisico giusto per potersi permettere un credibile corpo a corpo contro Rockblock), i Cobra prima con un attacco vigliacco lasciano sul campo centinaia di Joe tra cui Mouse (interpretato dall’ex ragazzino di Jurassic Park) e grazie al finto presidente degli Stati Uniti (ancora oggi, se mai sentissi qualcuno fischiettare “Perché è un bravo ragazzo” penso che mi volterei di colpo a cercare Jonathan Pryce nella folla) i Cobra prima diventano i meglio fichi del bigonzo e poi con una minaccia degna dei Looney Tunes, liberano il mondo dalle armi atomiche come nemmeno Superman è mai riuscito a fare, prima di minacciare il mondo con delle beh, barre di Tungsteno sparate dallo spazio. Si il materiale dei filamenti delle lampadine, meglio non approfondire, credetemi.
Sul serio, cercare la logica cartesiana in un film dove i buoni si chiamano tra loro Joe e i cattivi si fanno chiamare Cobra? Per fortuna Rhett Reese e Paul Wernick hanno saputo ricreare quell’atmosfera da guerra di plastica che ha fatto grande i soldatini della Hasbro, ma che a ben guardare è a tutti gli effetti un fracassone film in stile anni ’80, girato molto, tanto fuori tempo massimo, ma che riesce a non prendersi mai sul serio, come quando Bruce Willis nasconde fucili, granate e armi da guerra nei mobili dalla cucina e tiene un carro armato in garage, cosa si può chiedere di più?
Se avessi visto “G.I.Joe – La vendetta” da bambino, penso che sarei morto di felicità, d’altra parte ai tempi sono andato sotto bevendo dall’idrante riguardando a rotazione film anche peggiori (storia vera). Questo non vuol dire che siamo davanti ad un bel film, ma ad una divertentissima cafonata che ha capito lo spirito dei G.I.Joe e che ogni volta che passa in televisione (abbastanza spesso), finisco per rivedermi ipnotizzato davanti a tutta questa orgogliosa caciara.
Il problema? Dopo aver aggiustato tutti i danni di Sommers, ed essere andati anche oltre, portando in scena facce che non sarebbe stato nemmeno lecito immaginare di trovare in un film così (nemmeno nei miei sogni di bambino), nessuno ci ha creduto davvero. L’incasso è stato dignitoso ma non da capo giro, certo qualche altro ettolitro di petrolio è stato trasformato dalla Hasbro in giocattolini da vendere, ma invece di alzare la posta in gioco puntando ad un film ancora più grosso, ognuno è andato per la sua strada, saluti e baci.
Il sospetto è che questi film sui G.I.Joe escano così distanti uno dall’altro, solo per non far scadere i diritti di sfruttamento cinematografico sui personaggi, anche perché che senso ha sfornare uno spin-off su Snake Eyes otto anni dopo il film precedente? Peccato, se volete ho cento trame scritte giocando con i soldatini della Hasbro da bambino già pronte, nel dubbio, mi tengo questo tamarrissimo B-Movie, al Cassidy bambino di allora sarebbe piaciuto un sacco. Come si diceva ai vecchi tempi: Yo Joe! Ed ora sotto con Snake Eyes, so già che sarà bene poca roba ma a questo punto, sono pronto.
Sepolto in precedenza giovedì 22 luglio 2021
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