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Ghostbusters – Legacy (2021): e chi chiamerai? L’imbarazzo!

La verità è che io questo film non lo volevo nemmeno vedere, era lampante che sarebbe stato imbarazzante, la parola che utilizzerò più spesso in questo post, perché tanto è la più adatta ad inquadrare alla perfezione questa operazione bislacca.

Non lo volevo vedere ma mi sono convinto a farlo lo stesso, ed è qui che arriva la parte più dolorosa, perché non mi sono certo fatto abbindolare dalle recensioni positive della critica stipendiata, quella ho quasi smesso totalmente di calcolarla da tempo. Mi sono fidato di alcuni di quelli che scrivono di cinema in modo super competente (gratis) e che negli anni, sono sempre state voci affidabili tra i miei contatti, non farò i nomi ma sappiate che mi dovete almeno una birra.

Tutto questo mi fa riflettere su quanto l’onda anomala della malinconia abbia fatto breccia nei cuori, io potrò continuare a scalciare come il Don Chisciotte che penso di essere (un vecchio pazzo male in arnese), ma è chiaro che la maggior parte del pubblico ami essere presa per i fondelli da venditori di fumo come GIEI GIEI Abrams oppure dalle “Strane Cose” che sacrificano storia e personaggi sull’altare della malinconia. Insomma io non devo convincere nessuno, anzi facciamo subito la prova, lasciatemi fare come Peter Venkman, vi attacco due elettrodi al capo e vi mostro un’immagine, tanto fare le citazioni a caso a “Ghostbusters” è divertente no? Allora le faccio anche io, beccatevi questa “carta”:

Ecco la fonte, giusto per mettere proprio tutte le carte in tavola.

Come reagite a questa immagine? Avete esultato? Allora è probabile che la vostra idea di libidine cinematografica sia un episodio di Stranger things diretto da quel cretino di GIEI GIEI, in pratica la mia idea di inferno, ma non la vostra che probabilmente avete amato tantissimo questo nuovo “Ghostbusters”. Però è dicembre, la tradizione vuole che io scriva un post in cui dico la mia sulla malinconia imperante al cinema, non ho intenzione di alterare di un millimetro il vostro parere sul film, non lo faccio mai e non inizierò certo ora, mi limiterò ad attaccare a testa bassa mulini a vento e farvi da “guidatore sobrio”, quello che vi riporta a casa dopo la vostra sbornia di malinconia, tutto qui.

“Ghostbusters – Legacy” a differenza del palazzo costruito da Ivo Shandor (facile fare le citazioni, visto?) è un condominio costruito su basi instabili, le sue fondamenta poggiano sulle sabbie mobili infatti è un film completamente sbagliato e imbarazzante, almeno quanto l’idea di affidarlo al figlio di Ivan Reitman nel tentativo disperato di guadagnarsi la fiducia persa dei fan, dopo le precedenti incarnazioni della saga.

«Woa! Questo affare è talmente ripieno di fanserv…. Auch! Scotta!»

Però quello che dico sempre è che i film prima di rifarli, bisognerebbe capirli, l’idea di affidare il tutto ad un gruppo di comici per lo meno rispettava la natura del film del 1984, poi capisco perché il film del 2016 con le Ghostbusters non sia piaciuto, era molto scarso e le comiche scelte avevano poca chimica, inoltre il film finiva per dare più spazio alla spalla comica (il Kevin di Chris Hemsworth) che alle protagoniste, oltre a portare in scena dei fantasmi che non facevano minimamente paura, a differenza di quelli del 1984. Non capisco perché in tanti si siano accaniti contro il film del 2016 prima di averne visto anche un solo fotogramma, ma purtroppo “Infernet” è un posto brutto tante volte.

“Ghostbusters – Legacy” è un film profondamente sbagliato, quindi per questo imbarazzante perché riesce nell’impresa eroica di radunare insieme tutti i pezzi giusti sulla scacchiera, per poi utilizzarli nel modo più sbagliato possibile. Quando dico che è completamente sbagliato intendo dire proprio tutto, a partire dal titolo “Italiano” che pensa bene di “tradurre” l’originale “Ghostbusters – Afterlife” in “Ghostbusters – Legacy”, visto che tanto devi mettere mano alla locandina a colpi di photoshop, perché usare un’altra parole inglese? Non lo so, ma è una sinistra nuova normalità alla quale non mi rassegnerò mai. Oh che bello, un mulino a vento!

Personaggi di cui vi dimenticherete in cinque minuti, perché tanto nemmeno la trama si cura di loro.

Sbagliata è l’idea di base di cercare di adattare la formula di “Ghostbusters” ad uno dei prodotti più popolari presso il pubblico in circolazione, che proprio al film di Ivan Reitman del 1984 deve una buona fetta della sua esistenza, ovviamente mi riferisco a Stranger Things, l’immagine con cui abbiamo fatto il test lassù penso che sia stata quella utilizzata in fase di riunione creativa per determinare tutta la struttura del film. Un’idea balorda? Certo, perché sarebbe un po’ come organizzare il nuovo tour mondiale dei Led Zeppelin e poi sentire il gruppo esibirsi solo in cover di pezzi dei Greta Van Fleet. Capisco perché sia stato fatto, era un tentativo per vincere facile, mettendosi in scia alla tradizione del maledetto GIEI GIEI di affiancare nuovi personaggi a vecchie glorie, ma posso dirlo? Il risveglio della Forza riusciva a risultare meno disastroso di questo “Ghostbusters – Legacy”, che al massimo riesce a passare per una spudorata marchetta, e ve lo dico io che considero Episodio VII il peggio della produzione cinematografica occidentale contemporanea. Vi avviso, siccome parlo a ruota libera del film, da qui in poi SPOILER, ma tanto lo avete già visto tutti.

“Hereditary” iniziava più o meno allo stesso modo (da qui in poi SPOILER!)

“Ghostbusters – Legacy” seguendo il nuovo modello di “Strane Cose”, toglie agli Acchiappafantasmi lo sfondo di New York (che è un po’ come togliere Gotham City a Batman, «Madornale errore» cit.) per spostare la trama in una cittadina di provincia, introducendo i nuovi personaggi, i nipoti di Egon Spengler che non sanno di essere nipoti di Egon Spengler perché tanto tutto questo film è stato costruito, scritto e pensato alle spalle del defunto Harold Ramis. Posso dirlo? Omaggiare uno che in carriera è stato un prolifico sceneggiatore, con una trama pezzente e lacunosa come questa, non mi sembra l’idea migliore, ma ho letto tanto in rete scrivere che questo film “omaggia il film del 1984”, quindi evidentemente siete contenti, ma tenetemi l’icona aperta su questo punto, più avanti ci torniamo.

La figlia di Egon non si sa bene con chi l’abbia fatta, la candidata ideale sarebbe Janine Melnitz, ma qui quando Annie Potts torna in scena (con i suoi capelli e non quelli influenzati dal cartone animato visti in Ghostbusters II) si smarca subito dalla candidatura, quindi non si sa chi sia la madre. Questo “How I met you mother Egon” non ha idee quindi tira dritto e passa subito alle nuove generazioni, i detentori di quella “Legacy” a cui tenevano molto i distributori italiani, quindi saranno personaggi sfaccettati, curati, scritti a modino? No.

Trevor Spengler lo interpreta uno dei ragazzetti di “Strane Cose”, un Finn Wolfhard cresciuto che ora ha la patente, giusto per giocare a carte scoperte. Quella più brava di tutto il cast è Mckenna Grace, nei primi minuti con il suo aristocratico distacco ci regala una buona imitazione del nonno nei panni di Phoebe Spengler, di fatto un Mini-me al femminile di Harold Ramis, dopodiché si assesta sulla modalità “Freddure che non fanno ridere” scadendo nel monotono e sprecando anche l’unica attrice davvero in palla del film.

«A Mini-me piace la cioccolata e la scienza» (quasi-cit.)

Di contorno mettiamoci il facente funzione di Raymond “Ray” Stantz, un ragazzino orientale che si fa chiamare Podcast perché ehi, lui ha un Podcast. Fine della caratterizzazione del personaggio. Bell’idea! Sarebbe un po’ come se io mi facessi chiamare Blogger. Ah poi ci sarebbe la ragazza nera, ma in quanto tale segue la tradizione di Winston e viene ignorata dalla storia, ecco questo forse è l’unico momento in cui questo film è fedele a quello del 1984, bisogna dirlo.

Oltre alla mamma (senza madre) di questa banda, ci sarebbe il professore, interesse amoroso, Rick Moranis 2.0, siccome nel frattempo i Nerd sono diventati di moda, lo interpreta Paul Rudd, uno che dai più è amato mentre dagli altri ignorato, scegliere lui nel cast è come entrare con le mani già in alto durante una difficile mediazione con ostaggi, un modo per essere sicuri che almeno non ti sparino subito addosso. Siccome “Ghostbusters – Legacy” (anche noto come “Ghostbusters – Levati” perché dopo questo post non ne vorrò mai più sentir parlare) è un film pieno di “facenti funzione” da colmare, al posto del regista ci mettiamo il figliolo, qui Jason Reitman si merita un paragrafo tutto suo.

«Capito ragazzi? Voi vi mettete dietro di me ed io parerò i colpi, me lo ha insegnato Capitan America»

Nel documentario “Clerk” (2021), Jason Reitman racconta della prima volta che ha incontrato Kevin Smith, dicendogli: «Ciao Kevin, volevo dirti che il tuo film Clerks mi ha convinto a cominciare la mia carriera da regista», la risposta di Smith (che ricordiamolo, è assiduo consumatore di quelle sigarettine un po’ storte che fanno un buon odore, ma anche lui ha qualche momento di lucidità) è stata una cosa tipo: «Benedetto figliolo, sei cresciuto sul set di Ghostbusters e ti sei convinto a fare film dopo aver visto Clerks!?» (storia vera). Quindi la carriera di Giasone sta tutta qui, uno che si chiama Reitman di cognome ma da grande vorrebbe essere Kevin Smith, il che è allo stesso tempo sia ammirevole che beh, un po’ imbarazzante no?

Un affare di famiglia oppure l’ingombrante ombra paterna? Chi lo sa.

Non vado pazzo per i film di Jason Reitman, ha fatto delle cose che mi sono piaciuto e delle altre che ritengo molto sopravvalutate (tipo “Juno” del 2007), ma è uno che ha una sua poetica e non va mai sotto un certo livello di qualità media. Di solito i suoi film parlano di personaggi alle prese con un difficoltoso nuovo inizio per le loro vite (lasciatemi semplificare), per certi versi anche il suo Ghostbusters è così, con quel cambio di città al seguito di mammà, che sembra un Karate Kid ambientato in campagna. Il che mi starebbe benissimo, perché non sono un mostro senza cuore, quanto deve essere stato difficile per Giasone passare anni ad uscire dall’ombra di papà facendo il sul stesso mestiere, per poi finire inevitabilmente a dirigere il nuovo capitolo del film paterno più famoso? Io ci vedo una difficoltà aggiuntiva che qualunque altro regista non avrebbe avuto e Jason Reitman come se la gioca? Con un film di una piattezza esagerata, mette su un pilota automatico dimostrando che tra le legioni di persone che affermano di essere cresciute con Ghostbusters (ma che poi di fatto non ne hanno mai capito i veri pregi), bisogna annoverare anche lui, che in fondo da grande, voleva solo essere come Kevin Smith.

Rimettete in moto la Ecto-1, bisogna spremere il limone ancora un po’

“Ghostbusters – Legacy” dura due ore ed è piatto e monocorde come un pezzo all’Ukulele suonato male, procede come se volesse scoprire le carte un po’ alla volta o come se avesse una serie di punti da depennare da una lista, bisogna introdurre la nuova vita da “zappaterra” di nonno Egon, per poi riportare in scena tutti gli elementi più caratteristici degli Acchiappafantasmi: la trappola, gli zaini protonici, la Ecto-1 (a proposito? L’hanno ritrovata dopo Lucca Comics? Vi giuro che non l’ho presa io!), per farlo ci mette una noia e un piattume infinito. Per vedere di striscio il primo fantasma bisogna spettare trentacinque minuti e dopo una quarantina viene utilizzato lo zaino protonico. I giovani protagonista passano da non sapere nulla degli Acchiappafantasmi, da non averli nemmeno mai sentiti nominare, a saper utilizzare auto, trappole e zaini come se non avessero mai fatto niente di diverso per tutte le loro giovani vite, il che mette in chiaro con quanta sciatteria sia stato scritto il film da Giasone e il suo compare Gil Kenan. Sbrigata la noiosa impostazione del film, “Ghostbusters – Legacy” può fare quello per cui è stato pensato e diretto: ingozzare il pubblico pagante con palate di “fan service”, perché tanto la malinconia è più importante di personaggi scritti bene a cui affezionarsi e per cui fare il tifo no?

Quello che trovo assurdo in un film che senza logica alcuna ha saputo infilare TUTTI gli elementi in grado di far sciogliere i fan presi dal film del 1984, poi non abbia fatto la scelta più logica, ovvero far tornare anche Slimer, qui sostituito da beh, una versione paffuta di Slimer chiamato ehm… Munker (mamma mia che imbarazzo!), un fantasma che non si sa perché, non attraversa le sbarre di metallo come farebbe qualunque fantasma ma le mangia. Che abbiano introdotto questo “nuovo” personaggio per poter dire di aver fatto anche loro qualcosa di nuovo? A questo punto seguendo l’esempio dell’androide BB-8 avrebbero potuto chiamarlo Slimerotto, lo Slimer cicciotto!

Slimerotto, il fantasmotto con le ossa grosse (e trasparenti)

Mi spiegate che senso ha far tornare i “cani” del primo film? Il tassista fantasma, oppure i mini Marshmallow man? Ok che ci sono i Funko Pop da vendere, però il Marshmallow man era una forma per Gozer scelta (involontariamente) da Ray, infilare dei mini Marshmallow man in questo film che senso avrebbe esattamente ai fini della trama? Giustificare la golosità di Gozer? Tanto a “Ghostbusters – Legacy” non frega nulla della trama, delle svolte, di personaggi con un loro arco narrativo, gli frega solo di ricordarci il film del 1984 il più possibile, ecco quindi che due dei miei preferiti come J. K. Simmons e Olivia Wilde vengono sprecati in parti che avrebbero potuto essere affidate a caratteristi per Ivo Shandor e Gozer il Gozeriano, un cattivo talmente mitico che qui, viene eliminato da una ragazzina che non sa usare uno zaino protonico, ma si è messa la tuta da Ghostbusters quindi vincerà con il potere del fan service!

Ha chiamato Doctor Who, rivuole indietro i suoi Adipose.

Sul serio un film così raffazzonato che si affanna a citare a caso, sarebbe riuscito ad omaggiare al meglio il film del 1984? Da anni la IDW pubblica i fumetti dei Ghostbusters in cui pensate un po’? Egon è vivo e vegeto, perché davvero l’omaggio migliore ad un personaggio è quello di ammazzarlo sul grande schermo per giustificare biecamente questa “fiera del precotto”? Eh ma i fumetti non contano secondo tanti voi fan(atici): «Esistono solo i fiiiiiiiiilm!!!!!!1!!!»

Devo dire che i dialoghi scritti da Reitman e Kenan se non altro filano bene, la battuta sulla sessualità di Gozer è simpatica, infatti i protagonisti parlano come dei trentenni alla faccia della loro età, ma siccome aveva un’icona lasciata aperta la chiudiamo subito: ho letto in giro tanti che orgogliosamente sosteneva che questo film omaggiava al meglio il film originale del 1984, ignorando del tutto il seguito, perché bisogna salire sul carro dei vincitori, mica redimere i perdenti qui!

In cosa esattamente omaggerebbe il film originale di grazia? Raccontandoci che il trionfo dei Ghostbusters, l’aver distrutto Gozer nel 1984 è stata una vittoria di Pirro? Un lavoro incompiuto da più di trent’anni che i nostri eroi (quelli che in teoria saremmo qui per omaggiare), hanno bellamente ignorato preferendo litigare tra di loro allontano Egon, trattandolo come il Doc Brown del 1985 alternativo? Di fatto i nostri acchiappafantasmi sono finiti come la PFM, in costante litigio tra di loro ad ignorarsi uno con l’altro, il che ci porta alle vecchie glorie e al loro ruolo in questo film, li metto in un ordine personale, in base alle loro “colpe”, iniziamo dal più facile.

Il risveglio della malinconia, quella pesante che fa vendere i biglietti.

Harold Ramis, totalmente innocente perché gli hanno costruito alle spalle un film dopo (e sulla) sua dipartita, il commento della mia Wing-woman per me resta il migliore, sui titoli di coda, lapidaria come al solito ha affermato: «Almeno Egon se n’è andato con dignità» (Storia vera), anche se la trovata del suo ectoplasma è di un imbarazzante, ma così imbarazzante che persino i suoi altri tre colleghi sono rimasti zitti quanto lo hanno rivisto ridotto così. Prima o poi qualcuno dovrà rispondere del fatto di aver inserito un Harold Ramis fantasmoso in CGI nel suo film, gli Dei del cinema non perdonano certe trovate.

Dan Aykroyd è da sempre l’entusiasta, se fosse per lui esisterebbero dieci film dei “Ghostbusters” e venti dei Blues Brothers, solo che si è scelto degli “sport” di squadra e i suoi compagni non hanno il suo stesso entusiasmo, lo sappiamo che il vecchio Dan è così, lui pensa a produrre la sua Vodka e ad un nuovo film sugli Acchiappafantasmi. L’ultimo dei puri.

«Pronto? No Cassidy non ti regalerò la mia vodka, smettila di chiamare»

Ernie Hudson, non lavora, i fan sfegatati di Ghostbusters quasi non ricordano il nome del suo personaggio infatti Winston Zeddemore, qui rientra in scena senza spiegazione alcuna, nemmeno quando il movimento “Black Lives Matter” imperversa, lui riesce a trovare un minimo di rispetto. L’eroe dimenticato.

Sigourney Weaver è sempre disponibile, ad un nuovo Alien figuriamoci ad un nuovo “Ghostbusters”, per me lei resta la migliore, ha capito l’andazzo malato dell’operazione e ha capito che era un assegno facile, infatti Dana Barrett compare otto secondi (netti) nella scena dopo i titoli di coda e fine delle trasmissioni. Pragmatica!

Foto a caso di Sigourney, madrina e prediletta di questa Bara.

Ma sapete chi è il peggiore per me? Quello che per anni è stato la diga umanoide contro il proliferare di seguiti a sbuffo di “Ghostbusters”, quel Bill Murray che con le sue trovate eccentriche, come rubare le patatine alle persone che cenano o presentarsi in ritardo e in pigiama alle interviste, si è costruito una fama di «Che mito Bill “inculafantasmi” Murray!». Lo stesso che ha dichiarato che a nessuno interessa vedere dei vecchi con gli zaini protonici o che sarebbe tornato solo se Peter Venkman fosse morto nel film (storia vera per entrambe le affermazioni). Qui cosa fa? Non solo ha la faccia tosta di ripresentarsi, vecchio e con lo zaino protonico, ma si comporta come quello che alla rimpatriata dei compagni di scuola non ci voleva andare, ma poi quando si trova lì fa la parte del più simpa della cumpa. Che imbarazzo Bill, proprio vero che meno affermazioni fa un uomo meno risulterà ridicolo quando dovrà ritrattarle, la conferma che i due Bob (Gale e Zemeckis) con il loro rifiuto ad ulteriori film, hanno preservato Ritorno al futuro da imbarazzanti operazioni malinconia come questa.

Bill com’era la storia dei vecchi con lo zaino protonico?

Perché Ritorno al futuro non è mai stato rifatto (almeno finché i due Bob saranno in vita, cento anni di salute ragazzi!) ma al massimo è diventato un modello di riferimento da imitare, una formula magica che più che replicata deve fare da ispirazione. Quello che nessuno vuole fare per “Ghostbusters”, che parliamoci chiaro, è un po’ come il siero del super soldato di Capitan America, tutti vorrebbero replicarlo ma nessuno ci riesce, non è riuscito il cast e il regista originale con il seguito, non ci è riuscito lo stesso Ivan Reitman nel 2001 con altri attori e un altro titolo (“Evolution”), di sicuro non ci sono riusciti nel 2016 quindi perché accanirci in questo modo? Solo per mettere in imbarazzo Jason, noi spettatori e tutti gli appassionati non ammalati di malinconia a tutti i costi?

No, è impossibile distillare il fulmine dentro la bottiglia, ricreando nuovamente le condizioni che hanno reso l’originale “Ghostbusters” il film leggendario che è, quindi il massimo che si può ottenere e la malinconia che piacerà a tanti e l’imbarazzo per un film profondamente sbagliato per tutti gli altri. Una volta il mio mito era Bill Murray, ora sapete chi è? Rick Moranis, lui davvero il grande dimenticato, l’ultimo dei Mohicani con zaino protonico, davanti ad un film così mi viene da parafrasare un suo film: tesoro mi si è allargato l’imbarazzo!

Sepolto in precedenza lunedì 13 dicembre 2021

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