L’appetito vien devastando Tokyo mangiando
scrivendo, quindi in vista dell’uscita di “Godzilla II – King of the Monsters”
diretto da Michael Dougherty, tanto vale fare i compiti come si deve, un bel
ripasso al primo capitolo del 2014 è quello che ci vuole.
Il capolavoro di Ishirō Honda ha sempre avuto un fascino particolare su Hollywood, quando
nel 2010, armato di mollette per stendere i panni, colla vinilica e un amore
esagerato per i film di mostri, Gareth Edwards è apparso sulla scena mondiale
con un piccolo film intitolato…. Beh, “Monsters” era abbastanza chiaro che
finalmente avevamo l’uomo giusto.
americana di ‘Zilla nel 1998, quello di Roland Emmerich, ma davvero volete un
paragrafo dedicato a quella roba? Ok, ma solo perché siete voi! Il problema di
quella versione era anche la sua principale caratteristica: più che un film su
Godzilla, era una pellicola che cavalcava il successo di Jurassic Park. In tanti film sulla saga del famoso parco di
Spielberg
città, liberi di fare danni. Rolando Emmerigo, da sempre campione del mondo di distruzione su grande schermo, se non altro
ci ha dato un grosso T-Rex incazzato in giro per la Grande Mela, non a caso la
scena migliore era quella delle uova deposte al Madison Square Garden, ma per
il resto era tutto, tranne che un film su ‘Zilla, ne mancavano proprio le
caratteristiche. Ma che volete pretendere da una pellicola in cui la parte più
famosa, era una colonna sonora dove Puff Daddy rifaceva (male) un glorioso
pezzo dei Led Zeppelin e su, dài!
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Ho sempre sperato che il video finisse con Puffy divorato (storia vera) |
Avete ancora pazienza per un paragrafo anche su “Monsters”
di Gareth Edwards, oh siamo in ballo balliamo. Un film minuscolo, un grande
piccolo “Aspettando Godot” (anzi, “Aspettando Mostrò”) in cui il fuoco della
storia era tutta sui personaggi, ricordo di averlo apprezzato molto alla
prima visione, più che altro per le abilità del regista, ma alla lunga per me è
diventato il classico caso di: «Bella [Nome-di-città], ma non ci vivrei».
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“Gareth sei ti servono consulenze su ‘Zilla chiedi pure”, “Tranquillo, ho fatto i compiti a casa” |
Eppure, la regia di Edwards è fatta dal sarto per un film su Godzilla,
certo con una sistemata alla trama sarebbe stato un gioiellino, ma anche
rivedendolo mi sono goduto nuovamente il lavoro del regista. Il soggetto di David
Callaham, su sceneggiatura di Max Borenstein è rispettoso della tradizione dei
film su ‘Zilla, certo non è tutto pesche e crema (anzi), ma lo spettacolo visivo
resta notevole.
tempo, spostandosi di location in location (se sembro troppo Alessandro
Borghese, fatemelo sapere)? Ecco, questo “Godzilla” è uno di quei film. S’inizia con un bello spiegone che strizza l’occhio al film di Ishirō Honda se
non altro per la data: 1954, i test atomici americani nell’oceano pacifico
risvegliano il nostro amico ‘Zilla. Come fermare un dinosauro atomico che si
nutre di radiazioni? Facile, lanciandogli addosso altre bombe atomiche fingendo
che siano altri test nucleari, insomma la tipica reazione Yankee ai problemi,
se non sai come risolverlo, tu bombarda e poi se è il caso fai le domande.
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E il M.U.T.O. … MUTO! (scusate, non ho resistito) |
Non potendo batterlo, gli Americani fondano un’agenzia per insabbiare l’esistenza di Godzilla e tenere d’occhio il sonno in cui è sprofondato, questo gruppo segreto prende il nome di M.O.N.A.R.C.H., acronimo che vorrà dire sicuramente qualcosa, credo: Ma Ora Noi ‘Azzo Raccontiamo CaccHio.
M.O.N.A.R.C.H., il dott. Ishiro Serizawa (Ken Watanabe nella parte dell’attore
giapponese nei film americani) e la sua assistente Vivienne Graham (Sally
Hawkins) scoprono nelle Filippine alcuni fossili e un paio di enormi
crisalidi, da una di questa ciccia fuori una creatura nota come M.U.T.O. che
sta per Massive Unidentified Terrestrial Organism (organismo terrestre
gigantesco non identificato), ma per me vorrà sempre dire Mai Un Titolo Originale, una critica alla mania tutta Yankee di rifare tutti i
film, anche i capolavori.
nucleare giapponese della città di Janjira, vicino Tokyo, dove vive e lavora la
famiglia americana dei Brody: papà lo scienziato Joe ha il faccione di Bryan “più
grande attore del mondo” Cranston, fresco fresco del finale di “Breaking Bad”.
La mamma Sandra è Juliette Binoche nella sua migliore interpretazione di un
classico, acchiappa l’assegno e scappa più lontano che puoi.
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Si inizia così, e poi si finisce a fare Ghost in the Shell. |
Attraverso questi due grandi attori, Gareth Edwards ci
ricorda che per fare un film su “Godzilla” bisogna sempre tenere a mente
l’importanza degli umani che popolano il film se da spettatori non capiamo i
loro drammi, non ci sentiamo impotenti davanti alla natura che mena il suo
colpo più duro – ben rappresentata da quel METAFORONE semovente di ‘Zilla –
tutto va a zampe all’aria. Quindi, qui il dramma si consuma con la corsa
disperata della Binoche verso l’assegno la porta da sigillare e Bryan “più
grande attore del mondo” Cranston che urla, si dispera, va tantissimo sopra le
righe quando è costretto a chiudere la porta e sacrificare la moglie per
evitare che la falla del reattore nucleare cancelli Janjira dalle mappe.
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Ho fatto la stessa faccia, guardando il finale di “Breaking bad”. |
Altro giro, altra corsa, altro salto in avanti nel tempo, il
figlio della coppia, Ford Brody (Aaron Taylor-Johnson) è diventato un
artificiere dei Navy Seal, ha sposato Elizabeth Olsen ed insieme hanno messo su
famiglia. Il padre del ragazzo è scomparso da anni, si è trasformato in un
Terrapiattista che blatera di scie chimiche e conosce a memoria anche le
repliche di “Alieni: Nuove rivelazioni”. Ai tempi della prima visione ricordo
di essermi girato verso la mia Wing-Woman per dirle: «Tempo quindici minuti e Bryan
“più grande attore del mondo” Cranston farà un monologo in cui urlerà e sbraiterà
che la città di Janjira non è stata evacuata perché davvero radioattiva, ma per
nascondere la verità» (storia vera).
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A Bryan “più grande attore del mondo” Cranston scappa di fare un monologo complottista. |
Tempo dieci minuti Bryan “più grande attore del mondo” Cranston
sbraita che è tutto un complotto, l’incidente di Janira è stato pilotato per
insabbiare la verità. Io mi giro verso la mia Wing-Woman per dirle «Visto?» ed
ormai sono da solo, perché lei si è già esibita nel suo classico: «’Sta roba te
la guardi tu che è una palla» (storia vera).
procede a colpi di spiegoni per farci arrivare il METAFORONE ecologista, quando
sarebbero bastate le parole di Ken Watanabe che mostrando il vecchio orologio
del padre – fermo sulle 8.15 ormai dal 6 agosto del 1945, ora del bombardamento
americano su Hiroshiama – dichiara: «La natura ha un ordine per ristabilire il potere,
io credo sia lui quel potere». Povero Watanabe, qui non solo gli toccano tutti
i momenti espositivi del film e gli acronimi da spiegare, ma anche il classico
momento: «Il suo nome è Gojira, ma lo chiamiamo – Primo piano. Sguardo intenso
– Godzilla».
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“Bravo Ben, perfetto così, puoi andare a ritirare il tuo assegno!” |
Prima di vedere ‘Zilla in azione, bisogna aspettare più di
quaranta minuti, il che non è affatto un male per un film su Godzilla per
quello che mi riguarda, digerita anche la spiegazione sul fatto che i MUTO
possono sparare un impulso elettromagnetico (pronunciato rigorosamente EMP,
Electromagnetic pulse, ma basta! Anzi B.A.S.T.A.!) il film finalmente comincia
e quanto possiamo trovarci di buono, è tutta farina del sacco di Gareth
Edwards, non di certo di una trama inutilmente appesantita da spiegazioni
inutili.
viene rimpatriato alle Hawaii in attesa di volare verso casa sua a San
Francisco (vi servirà una mappa per tenere traccia degli spostamenti dei
personaggi) qui nella scena del treno salva un bambino dall’attacco di uno dei
due MUTO, mentre Gareth Edwards si concentra sulla scena dello tsunami che è
incredibile per l’ansia che ti fa venire per i protagonisti in pericolo, nella
fattispecie in padre con sua figlia. Sì, perché questo è il film in cui degli
adulti corrono con dei bambini in braccio, accade per quasi tutti i 123 minuti
di durata.
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Staffetta 400 metri ostacoli con passaggio di bambino. Presto specialità olimpica. |
Edwards sa benissimo che la distruzione sul grande schermo
diventa fine a se stessa se non è mostrata dal punto di vista degli umani che
rischiano la vita, trattandosi di una grossa produzione ad alto budget dei
soliti drittoni della Warner Bros. deve sottostare a dei compromessi evidenti,
non credo sia un caso se in ogni parte del mondo visitata dalla storia ed in
ogni nuovo attacco di uno dei mostri giganti, il punto di vista sia sempre
quello dei bambini, come quelli sullo scuola bus sul Golden Gate a San
Francisco. Il METAFORONE sottolineato con il pennarellone a punta grossa è
chiaro: di fronte alla potenza della natura scatenata, siamo tutti bambini, al
massimo bambini che giocano alla guerra come i militari nel film, ma quando la
terra trema, oppure gli oceani decidono che non vogliono più rispettare il limite
della spiaggia pubblica, è allora che l’umanità si ricorda che noi su questo
pianeta siamo ospiti, non i padroni.
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“Giuro che se uscirò vivo, farò sempre i compiti a casa” |
L’ennesima bomba atomica – soluzione Yankee ad ogni problema
di natura giapponese – con innesco analogico da far esplodere prima e disinnescare
poi (e provate ad indovinare chi dovrà farlo?) sono menate di contorno nemmeno
troppo riuscite che servono a far digerire il film al pubblico americano,
sbarcato in sala magari convinto di trovarsi di fronte un altro Pacific Rim, giusto con un grosso
lucertolone in più.
per spiegare inutilmente cose che Ishirō Honda ci aveva già spiegato in maniera
meno didascalica (per di più in un film del 1954), finalmente possiamo goderci
il talento di Gareth Edwards e il suo Godzilla. Che non è un grosso dinosauro
come lo aveva pensato Roland Emmerich, un mostro da blockbuster che guarda e
comprende le mosse degli umani che tentato di fermarlo, evitando ogni loro colpo
con l’astuzia del mio cane che corre ad imboscarsi per non fare il bagno.
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“Hey tu spostati! Mi copri il ponte dietro non riesco a fotografarlo, spostati!” |
No, il Godzilla di Edwards è davvero un animale le cui
dimensioni fisiche (108,9 metri, il secondo ‘Zilla più grande di sempre,
tenetemi l’icona aperta su questo, che dopo ci torniamo) erano pensate per un
mondo a sua dimensione, questo ‘Zilla devasta città semplicemente non per
cattiveria, ma per il semplice fatto di essere troppo piccole per la sua mole.
Godzilla non nuota evitando le navi americane, magari facendo lo zig-zag in
mezzo, lui va dritto per dritto, le portaerei Yankee che quasi si rovesciano al
suo passaggio, sono più o meno come il tappo galleggiante dello shampoo che
viene sparato fuori dalla vasca da bagno mentre vi rigirate dentro per fare il
bagno.
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Ci serve una vasca da bagno più grossa (quasi-cit.) |
Ecco perché il suo ‘Zilla non entra mai nell’inquadratura a
figura piena, di lui vediamo solo i dettagli (un piedone, la coda), Gareth
Edwards ci mostra il mostro (ah-ah) nella sua interezza solo nei campi lunghi,
quelli che il regista domina alla grande, ve la ricordate la battaglia sulla
spiaggia con i camminatori imperiali AT-AT in Rogue One? La Disney gli ha sforbiciato il montaggio (storia vera),
ma non è comunque riuscita a minare il cristallino talento di Gareth Edwards
nel rendere pieno e artistici i campi lunghi e se vuoi dare spessore e
credibilità a Godzilla, quelli devi saperli usare molto bene. A meno che non
si mantenga la tradizione di far recitare un attore dentro una tutona di gomma
piuma con la zip sulla schiena.
tradizione dei tanti film su Godzilla, sì perché nei vari seguiti ‘Zilla è
passato dall’essere una metafora sulla paura nucleare, al difensore della razza umana contro gli altri mostri
giganti. Nel 2014 facevo ancora uso di trailer cinematografici, quando mi sono messo
a dire in giro che in quello di questo film, avevo visto le ali di una creatura
sullo stile di Rodan, mi hanno preso per un paranoico nemmeno fossi… Beh, il Bryan
Cranston di questo film.
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Ecco, lo dicevo io! (Cit.) |
Eppure, Edwards rispetta in tutto e per tutto Godzilla e nel
corso dei 123 minuti della pellicola, ci mostra il dinosauro atomico prima come
la metafora della natura scatenata contro i disastri creati dall’uomo e poi
come protettore della razza umana contro le altre creature, infatti non è male
fare il tifo per lui, anche quando piomba a terra stanco morto dopo la lotta,
facendosi un sonnellino ristoratore in mezzo a San Francisco. Speriamo solo non
si rilassi troppo, dopo il fiato radioattivo, non vorrei scoprire che ‘Zilla ha
altre emanazioni tossiche, pronte a fuoriuscire dal suo corpaccione
addormentato.
manifesto amore per i mostri grossi lo hanno confermato come l’uomo giusto per
riportare ‘Zilla in America, certo, tutta la parte umana ed eccessivamente
didascalica del film mi sembrava poca cosa già nel 2014 e con il tempo non è
migliorata, ma se non altro questo è davvero un film su Godzilla, diretto da
uno che sa quello che sta facendo.
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Fare le cose nel modo giusto: una diapositiva per sostenere la tesi. |
Prima di andare, vi ero debitore di un’icona da chiudere, lo
facciamo subito: Godzilla è stato sempre una metafora dell’incubo nucleare e
della corsa agli armamenti, il fatto che un americano abbia sfornato il più
grosso ‘Zilla mai visto al cinema, ha scatenato un moto d’orgoglio in Giappone,
l’obbiettivo era quello di riscrivere il record, battendo i 108,9 metri fissati
da Edwards. Nel 2016 i Giapponesi si sono ripresi il primato fissando il
risultato sui 118,5 metri di Shin Godzilla.
Dimostrazione che la razza umana non cambierà davvero mai, per
questo avremmo sempre bisogno di ‘Zilla a ricordarci quanto siamo infinitamente
piccoli su questo gnocco minerale che ruota attorno al Sole, che abbiamo
l’arroganza di credere nostro.