L’uomo discende dalla scimmia, l’uomo ha inventato il cinema e quindi il cinema discende dalle scimmie no? Lo sapete, qui alla Bara Volante siamo scimmiologi DOC, crediamo in questa massima e sappiamo che tutto è iniziato con King Kong, anche il cinema.
Senza Kong non ci sarebbe mai stata l’ispirazione primaria per Ishirō Honda nel 1954 a creare il suo METAFORONE semovente, ovvero quel capolavoro di Godzilla. Lo so, l’ho presa un po’ alla lontana questa premessa, anche peggio di come faccio di solito ma lo faccio per arrivare ad un punto: Joseph E. Levine, influente produttore dell’epoca, fiutò il successo in patria del film di Honda e fece di tutto per importarlo negli Stati Uniti, anche rimontare una versione più occidentale del girato, con meno giapponesi e più Raymond Burr come protagonista, risultato? Successo anche in America per il nostro ‘Zilla e questo ci porta alla prossima fase di questa operazione di import/export internazionale.
Da un’idea originale di Stefano Accorsi Willis H. O’Brien, nata come un film a passo uno intitolato “King Kong vs. Frankenstein”, il produttore John Beck fece un sacco di soldi (senza dividerli con O’Brien) vendendo alla Toho il soggetto, che ai giapponesi piacque, a patto di metterci dentro Godzilla al posto del vecchio Frankie. State capendo dove voglio arrivare?
Avanti veloce, altrimenti questo post finirete di leggerlo a Natale altro che Pasquetta, se da una parte per anni Kong ha imperversato in tante produzioni giapponesi, sempre interpretato da un nuovo sudatissimo figurante con la tuta da gorillone tipo Jim Belushi in Una poltrona per due, gli americani hanno sempre cercato di fare loro il mito di ‘Zilla, prima con Roland Emmerich nel 1998 e poi con la versione di Gareth Edwards, uscita ormai dieci anni fa, quella che ha dato il via al MonsterVerse, con un titolo che resta ancora un Kaiju una mosca bianca in questo universo di titani e schiaffoni, perché i film venuti dopo hanno avuti tutti un tono sempre più in linea con l’import/export che vi ho descritto a volo di Bara.
Dopo un paio di avventure soliste dal tono sempre più discutibile, Kong e ‘Zilla nemiciamici hanno fatto a schiaffoni per la prima volta, all’interno del MonsterVerse nel 2021, Godzilla vs. Kong è il film che ha messo in chiaro il fatto che i sogni di gloria che avevo per il regista Adam Wingard, dovevano essere pesantemente e mestamente ridimensionati, un grosso marchettone al neon, divertente il giusto che ora si è guadagnato un seguito diretto, che pare aver a suo modo assimilato le richieste di molto pubblico, tra cui il vostro amichevole Cassidy di quartiere: la prossima volta, meno umani grazie!
Ecco, l’ufficio reclami della Warner ha tenuto conto di questo in un modo un po’ bizzarro, in effetti in “Godzilla e Kong – Il nuovo impero” gli umani sono ancora meno centrali, ci sono anche passaggi in cui i Titani a loro modo dialogano tra di loro, lasciando intendere come in parte ha confermato anche Wingard, che un capitolo con solo mostroni giganti sarebbe anche possibile. Però va detto che la rappresentanza umana all’interno del MonsterVerse è stata ben utilizzata nella serie tv “Monarch”, legata al mostruniverso e prodotta da Apple, su cui non mi dilungherò perché avremmo modo di parlarne diffusamente a breve (a buon intenditor…), questo ci porta al tono generale del film di oggi.
Volete gli umani sviluppati con un senso e affidati ad un cast come si deve? Guardatevi “Monarch”, sembra proprio che Wingard ci voglia dire questo, perché il suo “Godzilla x Kong – The New Empire” con quella “X” nel titolo originale che sta lì a ricordarci che dobbiamo metterci una croce sopra, questo film è un po’ la versione con i soldoni degli scontri in costume di gomma tra Kong e ‘Zilla dei film giapponesi degli anni ’60, il sottoprodotto di lunghe trattative e ore di trasporto via nave sull’asse Tokyo/Washington, una baracconata? Certo, con una sua dose di fascino e con Wingard che sicuramente si è divertito, anche libero da un po’ di vincoli che lo tenevano imbrigliato nel primo scontro tra i due Titani, però una roba che per essere apprezzata in pieno, andrebbe vista come un bambino che rovescia i suoi giocattoli preferiti sul pavimento, pesca il pupazzo di Godzilla e quello di King Kong e si inventa una trama, che poi è un pretesto per farli combattere, BOOM! SBAM! Bada-BOOM! Avete presente Andy di “Toy Story” che ogni tanto faceva fare capolino nelle sue storie al malvagio dottor prosciutto? Stessa cosa, con la discriminante che per una volta qui l’andazzo sembrava chiaro e dichiarato ormai da tempo, ma su “Infernet” (e non solo) il film verrà giudicato da persone anagraficamente ben più grandi di Andy di Toy Story che però non rinunciano ai loro giocattoli.
Poi siamo alle solite, tre sceneggiatori di cui non ho voglia di riportare i nomi perché tanto nemmeno loro penso ci terranno molto a farsi pubblicità, per buttare giù un altro pretesto per fare incontrare i due titolari, eravamo rimasti con i due Titani, che dopo il loro scontro con Mechagodzilla ad Hong Kong, si sono spartiti il pianeta, Kong Re della Terra Cava e ‘Zilla difensore dell’umanità di stanza a Roma, dove lo ritroviamo a fare a sberle in faccia con Scylla (senza Cariddi) un ragno gigante che minaccia la capitale più del traffico o delle buche, perché se sei il Titano più grosso in circolazione, arriverà sempre qualcuno intenzionato a buttarti giù dal tuo trono. Per altro nello scontro, a farne le spese l’Altare della Patria, qualcuno potrebbe considerarla una trovata satirica, per tutti gli altri ‘Zilla che porta il buongusto nella Capitale.
I difetti sono sempre gli stessi, Kong viene umanizzato fin troppo rispetto alla forza della natura che dovrebbe essere e ‘Zilla, sempre un po’ in secondo piano perché gli Yankee propenderanno sempre per il mostrone a chilometro zero, quindi abbiamo Kong un po’ depresso in cerca di una famiglia, che per ora sembra rappresentata dagli uomini e le donne di Monarch, il solito podcaster complottista e la sempre guardabile Rebecca Hall che zitta zitta, non ci può credere di avere uno stipendio quasi fisso, in una saga di film che non le chiede nemmeno di doversi infilare una super tutina di gomma aderente ma anzi, la fa recitare il minimo sindacale, bella Rebecca! Anche con il capello nuovo.
Mentre sopra la panca Terra il nostro ‘Zilla inizia il giro delle sette chiese centrali nucleari per ricaricarsi in vista di una minaccia che ha avvertito, sotto la panca Terra Kong campa anche se ha male ad un dente, si perché un branco di scimmioni si sono agitati richiedendo il suo intervento, ed è qui che Wingard cala la maschera, perché non solo dimostra di essersi guadagnato un po’ più spazio di manovra, ma richiama un suo feticcio, Dan Stevens con cui aveva iniziato quando era una giovane promessa del cinema horror, anche se poi gli chiede di interpretare un bizzarro Ace Ventura in fissa con la musica Disco. Il suo personaggio Trapper alla fine è la spalla comica umana di cui non si sentiva il bisogno ma che dovrebbe far capire a tutti il tono, insomma gente parliamo di un film dove uno dei momenti chiave è King Kong che ha male ad un dente, essù! Accanirsi sarebbe roba da popolazione media dell’Infernet.
“Godzilla e Kong – Il nuovo impero” potrebbe essere un film d’animazione, per fortuna utilizza la CGI e basa ancora molto sull’impatto sonoro, in una lunga gara a chi urla e ruggisce più forte, ma di base è un grosso cartone animato in cui il cattivo, se così possiamo definirlo, sembra la versione sotto steroidi del Re Luigi del libro della giungla che di cattivo ha solo il nome, Scar King, un gorillone adiposo (cit.) che se ne va in giro con il suo lucertolone persone, una sorta di grosso drago di nome Shimo. Insomma, sono Shimo e più Shimo.
Avete capito no? Se il gorilla cattivo ha un lucertolone come guardia spalla, magari per Kong è arrivato il momento di fare una telefonata a quello là con le scaglie che conosce lui, per un momento da “Buddy Movie”, per il classico ancora 48 ore, dove si fa squadra malgrado le differenze contro un nuovo nemico comune e quindi vale tutto, il fatto che Kong si guadagni un tirapugni speciale per picchiare ancora più forte oppure che ‘Zilla sia il lilla che invoglia, un grosso cannone spara raggi che non sono ancora arcobaleni, ma hanno il Pantone del rosa alla moda.
Se lo prendete come un giro del mondo, una grossa lotta tra giganteschi pupazzoni, il film fa il suo dovere, intrattiene e verrà dimenticato domani, perché tanto il suo compito principale è quello di conquistarsi la platea dei bambini e di portare avanti la saga. Non è certo un caso se la sotto trama della famiglia (quella che troviamo nel 90% dei film americani e nel 100% dei film d’animazione yankee) ci sia anche qui è preveda un comunque filologicamente pensato “Figlio di Kong”, anche se posso dirlo? Posso lanciare la provocazione? Visto l’andazzo, perché il prossimo capitolo non lo facciamo direttamente dirigere allo Scimmiologo Supremo, il mio grande amico John Landis? Sai che pacchia ne verrebbe fuori?
Detto questo, rilassatevi, perché se ad una prima occhiata “Godzilla x Kong – The New Empire” vi sapeva di bambinata è soltanto perché proprio di quello si tratta, se non altro è una di quelle fatte bene perché rispetta esattamente l’obbiettivo che si è posto, se poi da una saga di mostroni che si picchiano voi desiderate qualcosa di più, io due domande me le farei, ma una di quelle prevede sicuramente come risposta Godzilla – Minus One, per fortuna avremo sempre Parigi la Toho.
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