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Gretel e Hansel (2020): dalla fiaba all’horror il passo è breve

Vi ricordate quel breve periodo in cui i film tratti da fiabe sembravano l’alternativa al dilagare dei tizi in super calzamaglia? Una tendenza durata ben poco, ma Oz Perkins regista di “Gretel e Hansel” se ne frega, conscio che le fiabe, erano i primi racconti Horror.

In questo strambo periodo in cui le uscite cinematografiche sono tutte rimandate, Osgood Perkin (che il più delle volte si firma Oz) oltre ad essere il figlio dell’attore Anthony Perkins, è uno di quei registi che sta emergendo nel popolato sottobosco (tanto per restare in tema) delle produzioni horror, dopo una gavetta come attore e sceneggiatore, Oz si è fatto notare grazie a lavori come il riuscito “February” (2015) uscito dritto per l’home video, ma anche per il Wertmulleriano “Sono la bella creatura che vive in questa casa” (2016) preso per i capelli da Netflix e presentato nel suo catalogo. “Gretel & Hansel” sceneggiato insieme a Rob Hayes invece, è uscito per la rediviva Orion (che bello rivedere il logo della casa di produzione sui titoli di testa) con il budget base per gli horror nell’era di Jason Blum, cinque milioni i dollari, pochi ma abbastanza per catalogarlo come successo, visto che in patria ha portato a casa quindici milioni di fogli verdi con sopra le facce di altrettanti ex presidenti defunti.

Oz nella sua migliore imitazione di Lou Reed.

“Gretel e Hansel” è un horror basato sul folclore popolare, che punta ad una messa in scena naturalista un po’ come The VVitch senza arrivare alle stesse vette, ma regalando però dei momenti molto riusciti, grazie ad un cast molto azzeccato, una regia precisa e una fotografia efficacissima (curata da Galo Olivares, già assistenza alla regia per Alfonso Cuarón) perfetta per l’atmosfera horror del film.

La storia non è famosa, e ultra famosa! La conosciamo tutti, anche se come si può notare fin dal titolo, l’attenzione questa volta ruota tutta intorno alle protagoniste femminili della storia, “Gretel & Hansel” è un punto di vista un pochino differente sulla classica fiaba dei fratelli Grimm. Gretel (Sophia Lillis la Beverly Marsh dell’IT diretto da Muschietti) e il suo fratellino Hansel (Sammy Leakey) vengono scacciati da casa da una madre impazzita dopo la perdita del marito, e nel boschetto della loro fantasia trovano il vitello dai piedi di balsa prima un cacciatore che offre loro un po’ di aiuto, e poi alcuni di quei funghetti, sapete quelli con i puntini bianchi che anche senza essere esperti, è chiaro che sarebbe meglio non mangiare? Ecco quelli.

Sapete di cosa avrebbe bisogno questo film? Una bella simmetria centrale.

Incontri (anche lisergici se vogliamo) che allungano un po’ il brodo di un film che dura novanta minuti (titoli di coda compresi) e che ci mette un po’ ad entrare nel vivo, tenetelo in conto se vi capiterò di vederlo, ma sappiate che l’attesa ripaga abbastanza bene. Si perché quando i due fratellini perduti trovano nel mezzo del bosco una casetta, non di marzapane questa volta, ma piena di succulento cibo apparentemente infinito in tavola, Gretel e Hansel diventano ospiti fissi della misteriosa donna di nome Honda (Alice Krige), anziana inquietante e dalle dita tutte nere che però pare disporre di scorte infinite di cibo.

«Ma si sarà lavata le mani con quelle ditacce nere?», «Zitta e mangia!»

La fiaba originale dei fratelli Grimm passava volando su parti della storia che invece sembrano interessare molto ad Oz Perkins. Leggendo il racconto da bambino mi chiedevo sempre, cosa facevano tutto il tempo Hansel e Gretel, oltre che mangiare e fare le pulizie? Secondo me la convivenza con la strega è la parte davvero spaventosa della storia, Tommy Wirkola nel suo “Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe” (2013) aveva ipotizzato un Hansel diventato diabetico per i troppi dolci, prima di buttare la storia in una divertente caciara. Perkins invece dirige un romanzo di formazione gotico che spostando l’enfasi su Gretel, riesce a risultare anche piuttosto moderno del suo parlare dei ruoli femminili nella società.

Lo so! Lo so cosa state pensando! Che palle un altro film che veicola messaggi femministi per fare bella figura, senza avere davvero niente da dire sull’argomento. Calmi, la situazione qui è un pochino diversa, ve la racconto nella porzione di post con moderati SPOILER!

Vi state addentrano nella selva oscura delle anticipazioni sulla trama…

Non dico che alcuni passaggi non siano fin troppo forzati, di sicuro mettere in bocca le affermazioni più femministe del film, ad un personaggio che di fatto è una cannibale potrebbe sviare dall’obbiettivo finale, e a dirla anche tutte, il manifestarsi dei “poteri” di Gretel, più che una presa di coscienza del personaggio (perfettamente calata nell’atmosfera da fiaba oscura del film) sembra la continuazione della serie “I Am Not Okay with This” in cui recitava proprio Sophia Lillis come protagonista e che devo dirlo, non mi ha fatto impazzire visto che sembrava un “Carrie lo sguardo di satana” (1976), solo molto meno riuscito. Fine della porzione con moderati SPOILER!

Eppure io una bella simmetria centrale, ogni tanto vorrei vederla.

Oz Perkins è molto abile a farci guardare la mano destra, mentre con la sinistra ci sfila il tappeto da sotto i piedi, il suo “Gretel & Hansel” comincia con un prologo tutto incentrato su un racconto popolare che ruota attorno al passato di Holda, una premessa molto sinistra che rende minaccioso il personaggio, ancora prima di vederlo entrare in scena con le sembianze di una bravissima Alice Krige, che qui trovo ancora una volta il modo di utilizzare sguardo e sorriso nel modo più sinistro possibile, non la vedevo così spaventosa e magnetica dal 1996, dove interpretava la regina dei Borg in Star Trek – Primo Contatto.

«Attente Gretel… Quella ha quasi ucciso Data» (quasi-cit.)

Anzi è quasi un peccato che quando la storia chieda a Holda di scatenarsi per davvero, entri in scena una versione più giovane del personaggio, che sarà anche interpretato dalla bellissima Jessica De Gouw, ma nell’aspetto sempre una Goth con i tatuaggi brutti che ad Halloween ha deciso di vestirsi da strega, un vero peccato perché i momenti in cui la De Gouw compare sono quelli dove la regia di Oz Perkins fa il lavoro migliore, riuscendo davvero a rendere moderno anche il classico «…E la strega venne spinta nel forno dove morì bruciata». Non venite a dirmi che vi ho rovinato il finale perché la fiaba la conoscono tutti, quindi non voglio sentire lamentele ok?

L’importanza di lavarsi sempre la mani (non solo in questo periodo)

Anche perché Oz Perkins sa benissimo come giocarsi le sue carte, e nell’epilogo del film riesce a dare una forma a questa storia che parla anche di come il potere femminile si manifesti, e come venga etichettato in una società patriarcale, il tutto (per fortuna!) senza dimenticarsi che si tratta di una fiaba, ovvero i primi Horror, quindi se si riesce a tenere lo spettatore sul filo, non è certo un male.

I piccoli scivoloni e alcuni messaggi un po’ forzati, sono errori tutto sommato perdonabili in un film che riesce a rendere di nuovo sinistra una favola, che a furia di essere raccontata in tutte le forme possibili, aveva perso un po’ dell’orrore, un po’ come se la routine avesse reso bambini scacciati a morire nel bosco, forni e streghe cannibali tentatrici, delle pure formalità.

E per finire… Una bella simmetria centrale!

Insomma Oz Perkins con la sua mania per le simmetrie centrali si conferma un regista con un ottimo occhio per la regia, il suo lavoro continua a migliorare ad ogni nuovo film, al netto di qualche lungaggine di troppo il suo “Gretel & Hansel” è una conferma, il DNA di paterno inizia a farsi sentire, chissà se da bambino al piccolo Oz papà Anthony gli raccontava le fiabe dei fratelli Grimm. Questo spiegherebbe molte cose.

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