Le radici, ognuno di noi ha le proprie e spesso hanno origine in famiglia, la famiglia è importante si sa, chiedetelo anche a Laurie Strode, lei ve lo potrà confermare. Proprio di radici si parla oggi, le radici del Cinema Horror, le origini di un classico dello Slasher, ma anche le radici del male… Benvenuto ad una nuova puntata di Giovanni Carpentiere’s – The Maestro!
Anche se John Carpenter è nato a Carthage, nello stato di New York, le sue radici vanno cercate nella cittadina di Bowling Green (Kentucky), un posto non tanto diverso dalla Haddonfield di questo film, che Carpenter non ha mai amato moltissimo, ha sempre dichiarato che tutto quello che c’era da sapere sul male, lo ha imparato proprio a Bowling Green e da ragazzo di provincia trasferito in città non posso che comprenderlo.
Quando i Carpenter abbandonarono il maledetto Kentucky in favore della amata (da John) Los Angeles, i genitori del piccolo Giovanni non erano propriamente tranquilli e sereni, tanto che al calare della sera, impedivano sistematicamente al figlio di uscire a giocare. Anni dopo in un’intervista, Carpenter riassunse tutta questa situazione in una frase che rende alla grande tutto il suo modo di fare Cinema:
“Io guardavo fuori dalla finestra di casa e in quel buio non vedevo niente, i miei genitori invece, dentro quel buio vedevano qualcosa e ne erano terrorizzati. Questo è il tipo di paura che ho sempre cercato di mostrare nei miei film.” Basta questo per dire che stiamo parlando di un Classido?
Pochi mesi dopo aver diretto il film per la tv Pericolo in agguato, Carpenter è ancora uno sconosciuto, Distretto 13 è stato adorato in Europa, ma praticamente ignorato in patria, come ha dichiarato Giovà “In Francia sono un autore, in Germania un regista di Horror, in Inghilterra in filmaker e negli Stati Uniti un buono a nulla”. Quando arriva di fronte al produttore Moustapha Akkad con un copione intitolato “The Babysitter Murders”, Carpenter ha 29 anni, i baffi (mai mancati), i capelli lunghi, i jeans e porta le Converse ai piedi, sembra il 29enne più vecchio del mondo bisogna dirlo, ma ha il piglio giusto che ti aspetteresti da uno che in carriera ha diretto 20 film e le ha già viste tutte.
Del suo spiegone Akkad capisce poco o nulla, anche perché non lo sta ascoltando, in esclusiva per voi, vi riporto ciò che il produttore ha recepito del discorso di Giovanni: «Bla bla bla, bla, bla, bla-bla-bla, posso girare il film in poco tempo, bla bla-bla, bla bla, bla, con un budget bassissimo, bla-bla-bla, bla bla bla»
Akkad taglia corto: “Ok ragazzo, in soldoni, di che parla il tuo film?”. Carpenter essenziale e deciso come sempre risponde: “Babyistter ammazzate dall’Uomo nero”. Il resto è storia del Cinema.
Carpenter mantiene la parola, gira tutto in una ventina di giorni, restando all’interno dello smilzo budget di 300.000 ex presidenti defunti stampati su carta verde. Il film esce (ovviamente) il 31 Ottobre del 1978, di ex presidenti morti ne porta a casa 60… Milioni! Il più grosso successo economico della carriera di Carpenter, per anni un primato imbattuto, dopo questo film abbiamo due nuove icone del Cinema: Giovanni e Mike Myers.
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Le donne e gli uomini che fecero l’impresa (Voto dieci al look di Giovanni) |
Per rendere il contributo della Hill, basta dire che la bionda produttrice è nata ad Haddonfield (si esiste e si trova nel New Jersey) e nella sua vita ha fatto anche la babysitter, le idee sul personaggio di Mike Myers, invece, sono farina del sacco del Giovanni.
Dico spesso che l’inizio di un film ne determina tutto l’andamento, forse per gli Horror questo discorso vale doppio e per “Halloween” in particolare vale mille volte di più, il celebre piano sequenza di Carpenter, che con la sua Steady cam, ci porta nel vivo dell’azione, mostrandoci letteralmente il punto di vista dell’assassino. Per essere precisi la scena è composta da due piani sequenza, uniti insieme nel momento in cui l’assassino indossa la maschera (appoggiata direttamente sulla Steady cam), la scena in sè è tesissima, ipnotica e con un finale a sorpresa che è un vero shock, sono sicuro che lo conoscete, ma per i due che non avessero ancora visto il film (stolti!!) non lo rivelo, posso dirvi, invece, che la manina che veniamo nella scena, allungarsi per afferrare il coltello, è quella di Debra Hill, a proposito di buttarsi anima e corpo nella produzione.
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«I bambini! Perchè nessuno pensa ai bambini» (Cit.) |
“Halloween” non è stato il primo slasher movie della storia e sicuramente non è stato l’unico, ma è stato il primo a spostare l’attenzione dalla vittime all’assassino, trasformandolo in un’icona. E’ impossibile non immedesimarsi nel personaggio di Jamie Lee Curtis, ma “Halloween” sta tutto nel suo silente assassino, uno che invece il significato della parola empatia proprio non la conosce.
Carpenter costruisce un nuovo archetipo del Male. Un “Boogeyman” che si manifesta nel nostro mondo, proprio durante la notte in cui i fantasmi possono girare a piede libero cercando la strada di casa, proprio come il Jack O’Lantern della leggenda Irlandese, ma oltre a trovare le sue origini nella mitologia e nelle favole (le prime vere storie horror come dice Stephen King), Mike Myers risulta agghiacciante per la totale mancanza di alcuna reazione umana, un’inarrestabile macchina di morte che si rialza (SEMPRE) ogni volta che viene colpito.
Mike Myers è la manifestazione del male che indossa vestiti umani, non ha un volto, dietro a quella maschera e a quelle orbite vuote, potrebbe tranquillamente esserci un enorme buco nero, o anche qualcosa di più orribile, la maschera dà una parvenza di forma umana al corpo, ma ne annulla anche l’identità e la riconoscibilità (dietro quella maschera potrebbe esserci chiunque). Cosa c’è di più terrorizzante di guardare fuori da una finestra nel buio (come facevano i genitori di Carpenter) e trovarci un volto senza vita che ti fissa. La maschera, che altro non era il volto di William Shatner (il capitano Kirk di Star Trek) scolorito con la candeggina, è andata persa alla fine delle riprese.
Carpenter con la sua regia crea una costante sensazione di minaccia, come aveva già fatto con gli assalitori senza volto del Distretto 13, ma qui tutto è visto dal punto di vista dell’assassino. Nella prima metà del film Giovanni opta per una serie di carrellate basse che simulano alla perfezione lo sguardo dell’assassino, intento a pedinare le sue vittime dalla sua macchina. Mike Myers compare, scompare, lo vediamo in lontananza mentre fissa Laurie, per poi sparire dietro una siepe, non riusciamo mai a vederlo bene, ma possiamo riconoscere sempre la sua minacciosa silhouette, da qui il suo soprannome “The Shape”.
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Una Dr. Pepper con quel mattacchione di Nick Castle, il ripieno di Mike Myers. |
Castle non aveva alcuna esperienza come attore e cercando di essere più professionale possibile chiedeva all’amico regista “Giovà come la devo fare la scena? Il mio personaggio è scappato da un manicomio, devo mimare qualche tick, devo fare qualcosa di particolare?”, risposta di Carpenter “Nick, just walk”. Ecco cosa vuol dire essere diretti da John Carpenter!
Bisogna dire che l’unica richiesta di Carpenter all’amico è la classica mossa in cui Mike Myers inclina la testa di lato, come fa il mio cane quando mi guarda e non capisce cosa gli sto dicendo (perché dei due l’essere inferiore sono sicuramente io…). Michael inclina la testa di lato lentamente, come se stesse cercando un punto di vista differente sulle sue vittime, come se cercasse di capirle mentre invocano pietà. Gli intenti sono differenti, ma il movimento della testa è lo stesso che Jeff Bridges farà in “Starman”, quindi è sicuro che è stata una precisa richiesta di Carpenter.
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«Ti affacci da qui con il coltello in mano, poi scendi e mi ammazzi tutti ok?» |
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«Ok perfetto… Buona la prima!» |
Per creare questo archetipo del male, Carpenter ha pescato tra le sue radici scegliendo il suo amico Nick, ma in senso più ampio, Giovanni non si è dimenticato degli amici, il nome Mike Myers è un omaggio al produttore inglese che distribuì Distretto 13 in Gran Bretagna, per anni questo signore si è chiesto come mai dare il suo nome ad un assassino di baby sitter è da considerarsi un omaggio, ma bisogna fare i conti con il senso dell’umorismo di Carpenter, un pezzo di pane, ma la parola più utilizzata tra quelli che lo conoscono è “Pazzo”, la stessa Jamie Lee Curtis, ad anni di distanza continua a sostenere cose del tipo “Gli voglio un sacco di bene, gli devo tutto, ma è un tipo strano (creepy) non lo vorrei vederlo gironzolare vicino ai miei figli”. Pazzo, strambo o “Creepy” che sia io a Giovanni gli voglio un sacco di bene!
Mike Myers è stato un po’ lo stampo su cui sono stati ricalcati tutti i più celebri assassini seriali della storia dell’Horror, a partire da Jason di Venerdì 13, che dal terzo capitolo in poi della sua saga personale, inizia ad indossare una maschera (bianca) da Hockey, la leggenda vuole che lo stesso Wes Craven avesse pensato a Freddy Kruger come ad un assassino silenzioso ispirandosi ad “Halloween”, poi per fortuna non è andata così, ci saremmo persi le freddure di Robert Englund altrimenti.
Quella che secondo me è la differenza sostanziale tra Mike Myers e Jason sono gli intenti: il ragazzone di Cystal Lake è un po’ il braccio armato (di Machete) della censura americana, nei suoi film i giovani che si divertono, fanno sesso, bevono e spipacchiano droghe leggere (insomma fanno gli adolescenti), vengono brutalmente uccisi, un po’ come se Jason incarnasse una specie di forza reazionaria.
Mike Myers funziona in senso opposto: apparentemente sembra un monito ai rischi della repressione sessuale, l’omicidio della sorella sembra un manifesto del pensiero di un ribelle come Carpenter, ma il suo personaggio assassino-bambino non è altro che il sottoprodotto di una società falsamente perbenista, argomento che Carpenter tornerà a trattare anche in “The Fog”.
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Lievissimi indizi sulle motivazioni del Killer. |
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Fun fact: Carpenter ha dichiarato che questa è la sua inquadratura preferita del film. |
Carpenter con la sua regia fa qualcosa che supera il tempo e le mode, per tutta la durata del film crea un senso di costante minaccia, creando delle scene iconografiche (tipo l’assassino che spunta dai sedili posteriori dell’auto) che sono diventate la base per un’infinità di altri film dell’orrore. Criticare un film del genere valutandolo con canoni estetici moderni non ha senso, sarebbe come dire che: “Il gabinetto del Dottor Caligari” è un film da nulla solo perché non è in 3D, spero di aver reso l’idea… Rispettate i classici giovinastri!
Un indizio non da poco ci fa capire le radici di “Halloween”, ovvero la quasi totale assenza di sangue nella pellicola, giusto una spruzzata sul corpo della prima vittima di Myers ad inizio film, il che ci riporta alla vera ispirazione di Carpenter, ovvero “Psycho” di Alfred Hitchcock. Molto spesso il Cinema di Carpenter è stato influenzato da quello di Zio Hitch, ma qui l’ispirazione è palese, la capacità di spaventare utilizzando il Cinema e non il sangue finto, accomuna fortemente le due opere. Non a caso, la protagonista del film è Jamie Lee Curtis, figlia di Tony Curtis e Janet Leigh, la Marion Crane di “Psycho”, mentre il Dottor Sam Loomis deve il suo nome proprio ad uno dei personaggi di quel film.
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«Secondo te quel cretino di Cassidy sta dicendo che sono raccomandata?» , «No, sta cercando di farti un complimento, lascialo perdere è senza speranza» |
Parliamo del cast, come dicevo parlando di Distretto 13, Carpenter è celebre per i suoi antieroi, ma grazie soprattutto al lavoro di Debra Hill, le donne dei suoi film sono tostissime e credibili, quello che bisogna riconoscere a Giovanni è un occhio non da poco nello scegliere attrici brave, ma anche belle, per Laurie Strode ha scelto Jamie Lee Curtis, che con questo film e con il successivo “The Fog” inizia la sua scalata alla vetta, ancora oggi la possiamo considerare la più famosa “Scream Queens” della storia del Cinema e, cosa tutt’altro che secondaria, titolare di un micidiale senso dell’umorismo.
La sua prova è maiuscola, perfetta quando deve schivare le martellanti domande del piccolo Tommy, credibile nei panni di una ragazza secchiona, timida e un po’ impacciate e risoluta quando è il momento di affrontare il male cercando di portare a casa la pelle. Ah per altro, visto che l’ho citato, i film che Tommy guarda in tv sono “Il pianeta proibito” e “La cosa da un altro mondo” entrambi prodotti da Howard Hawks… Chissà perché!
Per la parte del Dottor Sam Loomis, Carpenter ha dovuto incassare i “No” di Peter Cushing e di Christopher Lee, per poi ricevere un poco convinto, ma professionalissimo “Sì” da Donald Pleasence, meraviglioso attore britannico protagonista di un’infinità di grandi titoli (ne scelgo uno mitico dal mazzo “Agente 007 – Si vive solo due volte” dove interpretava il capo della Spectre), che sarà stato pure poco convinto, ma è stato l’unico personaggio a comparire in tutti i sequel di “Halloween” (sbalestrato remake escluso) e che ha lavorato con Carpenter in altri due film (1997 Fuga da New York e Il Signore del Male). Il suo passato da attore di teatro lo rende l’incarnazione del “Coro Greco”, l’unico capace di capire le dimensioni del disastro imminente che si è scatenato su Haddonfield, attore di un’altra razza, hanno gettato lo stampo dopo averlo fatto.
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La vendetta del fantasma formaggino (Elio Docet) |
La regia di John Carpenter è una macchina da terrore ben oliata, dopo aver creato un così riuscito rappresentante dell’incarnazione del male, attraverso la sua inarrestabile spinta ad uccidere, i protagonisti del film e noi spettatori insieme a loro, capiamo quello che il Dottor Loomis ha già capito da tempo: Mike è il Male, che non può essere fermato. Il finale è solo uno dei tanti finali azzeccati, fantastici e nerissimi della filmografia di John Carpenter.
Non c’è fuga dal male, gli puoi sparare, lo puoi buttare giù da una finestra, ma questo non lo fermerà davvero, questo senso di inesorabile minaccia è la vera forza di “Halloween”, un film che inchioda lo spettatore allo schermo e intrappola i personaggi all’interno di spazi claustrofobici. Mike Myers si è liberato dalla sua piccola cella del manicomio ed ora sono tutti gli altri ad essere chiusi da qualche parte (magari un armadio) insieme a lui.
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Come on baby (Don’t fear the reaper) Baby take my hand… |
Ma le radici del male si alimentano e il loro passo è ritmato dai tamburi di guerra della colonna sonora del film, talmente iconica da essere ancora oggi uno dei temi musicali principali quando si pensa ai film dell’orrore. Carpenter che ha sempre dichiarato che la musica è un dono che gli è stato fatto da suo padre, costretto a fornire una colonna sonora completa in soli tre giorni, proprio alle sue radici si è rivolto. Il tema principale di “Halloween”, virato in chiave orrorifica dalle tastiere di Giovanni, non è altro che un pezzo in cinque quarti che il padre di Carpenter suonava con i bonghi, quando insegnava i rudimenti della musica al figlio. Fate una prova, provate a togliere l’audio durante la visione del film, le vostre coronarie tireranno un mezzo sospiro di sollievo, capirete da soli che è si tratta di una delle colonne sonore più funzionali ed efficaci della storia del Cinema.
Ho parlato di radici per cercare di spiegare l’enormità di questo classico del Cinema Horror, “Halloween” resta uno dei migliori film di John Carpenter, che ancora oggi chiunque voglia scrivere, dirigere, produrre, recitare e comporre per l’Horror dovrebbe imparare a memoria, o anche solo guardare una volta l’anno, magari per celebrare la festa di ognissanti, la notte in cui Mike Myers torna a casa… Abbiamo bisogno di un armadio più grande.