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Hardware – Metallo letale (1990): i vecchi Robot assassini di una volta

Non so dove eravate o con chi, la prima volta che avete visto “Hardware – Metallo Letale” (per una volta il sottotitolo italiano è una figata), perché… Voi l’avete visto “Hardware” Veeeeero? La prima volta che lo vidi, mi sembrò figo, era sicuramente in qualche passaggio televisivo durante gli anni ‘90, quindi per curiosità me lo sono andato a rivedere, sapete che c’è: Non è figo, è fighissimo!

Richard Stanley viene dai videoclip (e si vede), ma è anche uno che si è divorato un sacco di film fighi, infatti in “Hardware” le citazioni volano a pioggia, il buon Richard, alla fine è uno di noi! “Hardware” è figo perché è totalmente Cyberpunk, tanto Cyber perché c’è un robot fighissimo, Punk perché c’è Iggy Pop, o almeno, la sua voce alla radio, a metà tra “Talk Radio” e il commentatore della gara di “Punto Zero”, la componente Punk/Rockettara si impenna quando Lemmy (dei Motorhead) fa un cameo nella parte di un Taxista (di taxi acquatico) che ascolta “Ace of Spade” alla radio: figata, appunto.

… And don’t forget the joker! (cit.)

Ma andiamo per ordine: in un futuro post apocalittico, nel mezzo di un deserto post-apocalittico (che urla Mad Max fortissimo) c’è un losco figuro, tipo cantante di gruppo Hardcore, che trova un cranio d’acciaio di un robot e lo porta in città per venderlo come ferro vecchio, solo che il misterioso personaggio è talmente inquietante, che pare il portatore di una sciagura Biblica, infatti il film si apre proprio con una citazione Biblica, “No flesh shall be spread” che suona un po’ tipo: nessuna carne sarà risparmiata, che fa rima con morirete tutti. Malissimo.

«I miei sensori rivelano che qualcuno ci ha dato dentro con i filtri rossi»

Il simpatico cranio, è un pezzo del M.A.R.K. 13 (molto prima di Iron Man, 13 perché porta sfiga), cos’è un M.A.R.K. 13? Una roba che se la trovi, non è come fare 13 al Totocalcio, al massimo puoi vincere la morte (la tua) perché il Robottone è stato progettato per gestire il problema della sovrappopolazione mondiale, uccidendo (malamente) in maniera selettiva. Purtroppo, però, è difettoso, o troppo zelante, fate voi, quindi lui uccide TUTTI. In compenso, è auto-riparante, cosa che lo rende praticamente invincibile.

Il rottame se lo compra Dylan McDermott, per regalarlo alla fidanzata artista Stacey Travis, come regalo di Natale, sperando di fare con lei cose Hard, ma non ware, solo Hard (Spoiler: Le fanno). La bella Rossa spinta da moto creativo, prima dipinge il cranio di un bel colore “Bandiera Americana” (allarme Metaforone!!) poi lo rende la parte centrale di una sua, scultura? Quadro? Centro tavola? Non ne ho idea, fate voi.

Posso scrivere quello che mi pare qui sotto, perché tanto dopo questa immagine, sarete già tutti corsi a vedere il film.

Ovviamente il M.A.R.K. 13 si auto-ripara e inizia a fare quello che gli viene meglio, cioè: uccidere chiunque. Per tutta la prima parte, Richard Stanley mette su un film post-apocalittico, ricrea con dovizia di dettagli questo futuro decadente, con umani aggiustati con arti robotici, in un mondo radioattivo, bombardato da pubblicità in tv surreali (le renne che ballano, una roba che urla fortissimo Paul Verhoeven), in cui c’è un nano che smercia ferri vecchi, in cui il deserto è solcato da un cielo rossissimo. Insomma, Cyberpunk spinto a tavoletta, ma con la radio a palla. Pensate a tutti i film post-apocalittici della vostra vita, mescolati ad un look da fumetto, poi se Richard Stanley fa un cameo in un documentario, parlando bene di Jodorowsky, non è un caso.

La parte centrale del film frena un po’, c’è la questione del laidissimo vicino di casa: uno Stalker (ma non quello di Tarkovskij) viscidissimo che si infila in casa della rossa. Il ritmo qui rallenta, ma si cambia genere: dal film su un futuro dispotico, decadente, 100% Cyberpunk, allo Slasher da interni, con un Robot (fighissimo) al posto del classico assassino, brutto?

«Non starai mica dicendo che mi tocca pure fare la final girl adesso, vero?!?»

Qui Stanley ha due intuizioni geniali: la prima, è che il look del M.A.R.K. 13 è fantastico, sembra il fratello grosso e cattivo di Johnny 5 di “Corto Circuito”, con una varietà di modi di uccidere la gente che fa spavento: non solo la uccide, ma prima la sventra con una motosega, la spiaccica la testa per terra, la paralizza con un siringone medicinale che la manda in acido malamente e se si tratta di una donna, minaccia di trapanarla con una specie di trivella pelvica, una roba che può venire in mente solo ad uno che in camera ha il poster di “Tetsuo” (KANEDAAAAAAAAAAAAAA!).

Insomma, il M.A.R.K. 13 ha tante braccia quanto Shiva e le usa tutte per ammazzarti, così dopo le citazioni bibliche, abbiamo messo apposto anche gli Indù.

Il M.A.R.K. 13 è disponibile con cerchi in lega, tettuccio apribile e braccia assassine.

Siccome Richard Stanley ha per me le mani un robot, sì figo, ma da animare con pochi soldi e tanta fantasia, fa di necessità virtù e, siccome viene dai Videoclip, se la gioca così: trova il modo di riprendere il Robot nell’appartamento rimasto senza luce, lo illumina solo con una luce rossa intermittente di allarme, che lo mette in ombra, mostrandolo poco, ma aumentando moltissimo l’effetto inquietante del Robot, poi siccome di musica ne sa, spinge fortissimo sulla colonna sonora, tutti pezzi Hardcore/Rock/Punk fighi, mescolati ad un bel po’ di elettronica. Il risultato è che il pre finale (diciamo il lunghissimo inseguimento/scontro tra il M.A.R.K. 13 e Stacey Travis) sembra un Rave party di musica Hardcore, ma con un assassino da Slasher che non ti lascia tregua, brutto? (Secondo estratto).

L’altra grande intuizione di Stanley è il ribaltamento di protagonisti:
Dylan McDermott è grande e grosso, ha una mano robotica e un cappotto fino alle caviglie, per tutto il tempo fa il grugno da duro e ti aspetti di vederlo fare il Kyle Reese contro questo suo personale Terminator (altro film citato da Stanley), invece? Invece ciccia, perché finisce siringato, a farsi un viaggio lisergico (ho detto Jodorowsky da qualche parte in questo commento?) filosofeggiando sulla vita e sulla morte, prima di morire veramente.

Visto così sembra un posto del cavolo per nascondersi da un assassino, ma aspettate di vedere il film.

Di fatto, il film e i destini dei personaggi, restano nelle mani della rossa Stacey Travis. Sei lì che pensi che sia solo la bella in pericolo da salvare, messa lì a mostrare il numero minimo di tette che un film del genere richiede (ci sono, tranquilli), invece diventa la protagonista (chi ha detto Sarah Connor?) e lo fa con gran stile: prima salta giù da una finestra, fa la Tarzan appesa ai cavi elettrici e sfonda una vetrata finendo in casa d’altri, poi torna all’assalto sporca di sangue, incazzata nera e con una mazza da baseball. Questo e il fatto che sia bona come pane e Nutella, fanno sì che in un attimo stai tifando tantissimo per lei.

Il finale della corsa è inglorioso per il M.A.R.K. 13 che finisce KO per un difetto di progettazione da poco, ma pensateci, in un mondo arido, era davvero qualcosa da tener conto progettandolo? Tenete anche a mente che non bisogna MAI fidarsi degli Ingegneri, lezione di vita numero 1.

In pratica è come se il vostro vecchio Commodore 64 cercasse di farvi la pelle.

Risultato finale, “Hardware – Metallo Letale”, è una figata, sembra il Greatest Hits di uno o due decenni di film fighi, in cui tutte le poverate sono state coperte con mestiere e creatività, in cui funziona tutto, cast, cambio di ritmo del film, i volti noti ospiti, la colonna sonora, l’unico segno di vecchiaia? La gente scrive su computer che mostrano parole verdi su sfondo nero, cosa abbastanza comune nei film Sci-Fi datati, ma per il resto, un film che è invecchiato bene e forse è addirittura migliorato, perché lo guardi e capisci che comunque è meglio di tanta roba che esce ora fatta con la metà della qualità e il doppio del Budget. Insomma, me lo ricordavo una figata. Non è vero: è anche meglio.

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