Per essere una pagina di cinema dal nome che fa fare gli scongiuri, la rubrica su Michael Mann ha portato bene al regista di Chicago, ma ammettiamolo, la fortuna a volte uno se la crea senza restare con le mani in mano, che non è certo l’abitudine di Michele Uommo.
Dopo aver supervisionato e diretto il pilota della serie Tokyo Vice (la trovate su Paramount+ quindi non avete più scuse), Michael Mann è finalmente riuscito a sbloccare lo stallo attorno alla biografia su Enzo Ferrari ferma ai box da fin troppo tempo, il nostro è stato più volte avvistato dalle parti di Modena sul set del suo prossimo film. Inutile direi che lo attendo molto, ma nel mezzo il regista di Chicago si è imbarcato in un’altra sfida, ve lo dico subito, vinta.
Quando un regista torna sul luogo del delitto del suo film più famoso e celebrato, di solito vuol dire che la sua carriera è finita in una fase di bassa marea, quindi tocca sfruttare l’onda lunga e dare in pasto al pubblico un seguito, problema che Mann non ha visto che lui fa le cose a modo suo, quello giusto, parafrasando una battuta famosa di Robert De Niro, giusto per restare in tema.
Tra i tanti film bellissimi diretti dal regista di Chicago, Heat è forse il più monumentale, anche nel cuore del pubblico, un film talmente fondamentale che qui alla Bara gli abbiamo dedicato non uno, ma due post. Sono passati ventisette anni da quel film, ma Mann non ha mai smesso di restare concentrato, sul pezzo, proprio come Neil McCauley o Vincent Hanna, impegnato in una lunghissima rincorsa iniziata con Sei solo, agente Vincent e terminata per davvero con questo “Heat 2”, il primo romanzo del regista, il suo ritorno sul luogo del delitto che chissà poi davvero se sarà la fine della sua caccia, visto che Mann non ha nascosto l’interesse di portarla per davvero al cinema questa storia, ma andiamo per gradi come avrebbe detto Anders Celsius.
Da vero professionista Mann, per questo colpo si è affidato ad una squadra di veterani, infatti “Heat 2” porta la sua firma e quella di Meg Gardiner, pluripremiata scrittrice texana di thriller venduti in tutti il mondo e per di più tre volte campionessa al celebre quiz televisivo americano “Jeopardy!”. Insieme i due combinano per un seguito in cui tutta l’esperienza di Mann diventa un valore aggiunto e per una volta, anche i suoi dati anagrafici, seguitemi per un momento nel mio ragionamento.
Michael Mann fa parte della generazione di registi con l’età giusta per essere stati influenzati più che positivamente dall’uscita in sala di Il Padrino – Parte II, infatti bisogna sottolineare come Coppola abbia messo idealmente insieme i due più grandi attori della loro generazione, Al Pacino e Robert De Niro, ma come sia stato poi Mann a farli – letteralmente – sedere allo stesso tavolo, uno di fronte all’altro. In questo senso “Heat 2” (sottotitolo fondamentale “1988-2000”) paga ancora una volta il debito con il film di Coppola, perché è allo stesso tempo prequel e seguito di Heat, ambientato su più piani temporali, un prima e un dopo la rapina andata male che era l’apice del film del 1995, il modo perfetto per fare propria la lezione di Coppola.
Se si trattasse di quasi qualunque altro regista, avrei pensato subito ad un’operazione macina soldi per sfruttare la popolarità del film, ma Mann tante volte è identico ai personaggi che scrive, professionisti fenomenali nel loro lavoro, a cui sono completamente dediti come se la loro fosse una missione di vita, infatti “Heat 2” dà valore a tutto questo perché è frutto di tutto l’enorme lavoro preparatorio fatto dal regista per girare il film del 1995, le ore di appostamento insieme alla polizia, lo studio delle azioni del vero criminale che ha ispirato il personaggio di Neil McCauley, tutto questo trova spazio nel romanzo che senza girarci troppo attorno, non solo è il migliore tra quelli che ho letto quest’anno, ma forse anche dell’anno procedente (storia vera).
Il romanzo di Michael Mann e Meg Gardiner comincia un minuto dopo la fine di “Heat”, nel 1995, con Chris Shiherlis (nel film interpretato da Val Kilmer) rimasto gravemente ferito e aiutato dall’hacker Nate a scomparire, spedito a nascondersi nel centro nevralgico del contrabbando, il regno dei narcotrafficanti sudamericani, ovvero Ciudad del Este, proprio al centro della triplice frontiera tra Paraguay, Brasile e Argentina.
I salti in avanti della storia (tutti molto chiari e senza possibilità di confondersi) ci mostrano l’ascesa di Chris in un luogo che definire ostile sarebbe riduttivo, da americano intento a mantenere un basso profilo, su fino alla sua nuova condizione, una vera e propria trasformazione professionale ed umana, che passa dalla famiglia criminale orientale che si avvale dei suoi servigi, ma anche di un nuovo amore. Quando la storia si riavvolge per Chris, lo fa per ricordarci l’inizio della sua storia travolgente con Charlene (Ashley Judd nel film), l’àncora emotiva del personaggio, impossibile da dimenticare perché per essere un maestro delle storie da duri, Mann sa sempre come far esplodere la passione e i sentimenti nei suoi personaggi, fuori di ghiaccio dentro cuori in fiamme, segni di continuità da narratore che sono sparsi per tutto il libro.
Non è un caso che la nuova donna di Chris sia una tostissima orientale – un vero classico per Mann – tanto che in alcuni momenti leggendo, sembra di sentire nelle orecchie gli Audioslave, quando i personaggi si scambiano sguardi carichi di desiderio o si consumano nel non verbale, che Mann ha sempre maneggiato alla grande al cinema e che colpisce duro anche dalle pagine del romanzo.
Ma “Heat 2” oltre a raccontare cosa è accaduto ai protagonisti dopo il film, riavvolge la storia fino al 1988 per raccontarci del giovane Vincent Hanna, alle prese con un difficile caso a Chicago (città natale del regista), che vede l’ennesimo parallelismo tra il poliziotto e la sua nemesi, perché anche Neil McCauley alle prese con un complicato colpo in fase di preparazione, si trova in trasferta temporanea nella città del vento nello stesso periodo, un modo raffinato di sottolineare ancora come i due personaggi siano sempre stati due facce della stessa medaglia.
La contrapposizione tra Hanna e McCauley che era tra i lati più positivi del film, trova il modo di continuare anche su carta, visto che Mann introduce qui il personaggio di Otis Lloyd Wardell, un feroce assassino, matto come un cavallo che in tempi diversi nel corso di questa storia ambientata tra il 1988 e il 2000, sarà avversario di entrambi i personaggi creati dal regista.
“Heat 2” non è un romanzo che si crogiola nei vecchi ricordi, Mann tiene conto della direzione moderna, se non proprio futuristica presa dal suo cinema, in questo romanzo si trovano le ossessioni per gli ultimi ritrovati della tecnologia che era alla base di titoli bellissimi e sottovalutati come Blackhat e Miami Vice quindi “Heat 2” è molto più di un’operazione nostalgia, ma è un tassello importante della poetica e della produzione di Michael Mann, che trova il modo di fare dell’ottima azione anche su carta.
Difficile, quando si tratta di un romanzo scritto a quattro mani, andare a distinguere chi abbia scritto cosa, il che non può che essere un punto a favore del libro, probabilmente in molti passaggi è stata l’esperienza di scrittrice di Meg Gardiner a trovare il modo di far filare la storia al meglio, ma i due autori insieme lavorano in sinergia tale da sperare che il loro sodalizio artistico prosegua anche in futuro, perché “Heat 2” sono 560 pagine che ho divorato in un tempo ridicolmente breve.
Le virgole e la punteggiatura sono quasi una rarità in questo romanzo, i due autori prediligono frasi che sono epitaffi conclusi da un punto, stilettate di parole che rendono velocissima la lettura di quello che è un vero romanzo, non una sceneggiatura malamente riadattata, anche se si annusa aria di grande cinema ad ogni pagina. A “Heat 2” manca davvero solo la fotografia e la colonna sonora, ma con una certa famigliarità con il cinema di Mann, leggendo il vostro cervello ci metterà gli Audioslave (o chi volete voi) di sottofondo nei momenti giusti, mentre la storia ti riporta in quelle strade bagnate illuminate dai neon, o nelle notti di Los Angeles, che qui non vediamo, ma sono tutte brillantemente suggerite dalle parole, perché si dice sempre che il libro è meglio del film, una frase fatta, ma in questo caso il formato scelto sembra quello migliore possibile.
Il difetto – se così possiamo definirlo – di “Heat 2” è il suo saltare completamente tutta la parte data per scontata, penso che potrebbe leggerlo anche chi non ha visto il film, grazie alla sua natura in parte di prequel, ma scordatevi che vi venga data una descrizione fisica di Chris o degli altri personaggi. Come lettori è automatico “vedere” nella propria testa Val Kilmer invecchiato bene, con le rughe giuste quando Mann fa continuare la storia del personaggio nel futuro, così come nessun “de-aging” potrà mai funzionare meglio dell’immaginarsi un Al Pacino più giovane, impegnato in un’indagine a Chicago che nel suo DNA ha qualcosa della caccia al serial killer di Manhunter.
Insomma, se sentivate puzza di sbirri ed eravate pronti a mollare tutto in trenta secondi netti, sappiate che “Heat 2” non è solo il migliore dei prequel e dei seguiti possibile per un capolavoro del cinema d’azione, ma è una lettura che non dovreste negarvi per nessuna ragione al mondo, anche perché è davvero puro cinema Manniano al 100% su carta, quindi già di suo imperdibile.
Affrontiamo l’elefante nella stanza? Perché tanto lo so che siete ossessionati dall’idea più di Mann dalla ricerca sui suoi personaggi: “Heat 2” potrebbe diventare un film e nel caso, sarebbe una delusione di seguito?
Appena la notizia del romanzo ha iniziato a girare, “Infernet” è impazzito, anche perché Mann non si è nascosto dietro ad un dito, fin dall’annuncio il regista sta parlando apertamente della volontà di portare questa storia al cinema. Personalmente ho dei dubbi sulla fedeltà del pubblico, che si sa, dice di amare così tanto Heat ma poi Blackhat al cinema, non va a vederlo. Per me “Heat 2” potrebbe diventare un grande film di Michael Mann, certo il romanzo ci permette di avere nella nostra testa di lettori il casting perfetto, invecchiato o ringiovanito proprio come Padre Tempo e la trama richiede.
Mann ha dichiarato di avere nella sua di testa più di una soluzione per questo fattore determinante (ma senza dichiarare quale), io avrei una mia idea per un possibile nuovo casting, se volete ne parleremo nei commenti, ma ci tengo molto a non distrarre con queste chiacchiere dall’elemento chiave, restiamo concentrati sul fatto che se davvero il pubblico ama così tanto Heat e ne desidera ardentemente un seguito, esiste già ed è il migliore dei seguiti possibili (perché è allo stesso tempo anche un prequel), non tutto diventa “vero” solo sotto forma di cinema, una storia è sempre reale quando qualcuno la racconta e in questo caso, in un modo talmente cinematografico da riuscire con successo a travalicare i limiti della parola scritta e allo stesso tempo, ad utilizzarla a proprio vantaggio, quindi se volte un grande film, lo trovate dentro queste 560 pagine. Ora sapete cosa fare.
Sepolto in precedenza sabato 19 novembre 2022
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing