Dire che era uno dei miei fumetti più attesi dell’anno, è più o meno come dire che l’ossigeno è importante per la mia vita, quello che posso dire è che dopo la lettura, sono totalmente soddisfatto, Hellboy è tornato, ma soprattutto, è tornato il suo creatore: Mike Mignola.
Devo dire che è sicuramente una novità, il primo fumetto Americano in cui il suo protagonista morto, resta morto! non è Spoiler, altrimenti lo sarebbe anche il titolo “Hellboy all’Inferno”, che non è tanto per dire.
Ci si poteva aspettare da qualunque altro autore la classica rappresentazione dell’inferno, fatto di fuoco e fiamme, ma Mignola è fatto di un’altra paste, riesce comunque a fare le citazioni tradizionali, le prigioni di ghiaccio del Cocito Dantesco, passando per l’inevitabile Milton, ma c’è spazio anche per il Folklore, pescando anche dalla letteratura ‘alta’ come Shakespeare, per assurdo, Mignola riesce in un’impresa quasi eroica, ovvero modellare tutte le prime quattro storie sul classico dei Classici, “Canto di Natale” di Charles Dickens, si, ripescando proprio i tre fantasmi in visita a Sgrooge, in questo caso impersonato dal nostro Hellboy, sapete qual è la cosa bella? Che funziona! Funziona alla grande senza sembrare l’ennesimo scimmiottamento del lavoro di Dickens.
Canto di Natale con Hellboy
Si perché Mignola farcisce il tutto, l’identità di uno dei tre fantasmi, è una vecchia conoscenza del ‘Mignolaverse’ e non aggiungo altro per non rovinarvi la lettura.
Le prima quattro storia rilanciano il personaggi, colmano lacune importanti, come la nascita di Hellboy, la sua famiglia (Proprio vero che i parenti non puoi sceglierteli!) anche l’identità del fantasma citato sopra, forse è una digressione rispetto alla trama principale, ma sono poche pagine, e comunque interessantissime.
L’ultima storia quasi auto conclusiva, quella della frusta, ci rimanda alle storie brevi di Hellboy, dimostrando che il nostro, può funzionare alla grande anche in modalità “Dantesca” facendo la conoscenza di strambi figuri nell’aldilà.
I disegni sono fantastici, la narrazione sequenziale vecchia maniera inframezzata da vignette che sembrano messe a caso, ma in realtà aggiungono spessore e danno un ulteriore punto di vista sulla storia, non c’è un pugno assestato male, o una vignetta, magari riempita solo con un onomatopea, che sia fuori posto, il nero di Mignola è talmente abissale, da farti intuire che in quel buio, qualcosa striscia…e non è nulla di amichevole.