L’istinto mi suggerisce di fare come Hellboy davanti al mostro di turno: guardarlo con l’aria di chi deve affrontare un altro lunedì in ufficio, mormorando il suo caratteristico «Vaaaa bene» strascicato e poi prendere molti che commentano a caso su “Infernet” a pugni in faccia con la mia manona destra (del diavolo) rocciosa. Ma do per scontato che dalla Bara Volante vogliate un altro tipo di approccio, per questo ve lo servo volentieri su un piatto d’argento.
La mia posizione la conoscete, sono un lettore di fumetti e questo vuol dire che ho già molti problemi di mio, inoltre leggo Hellboy dagli anni ’90 senza sosta, nel frattempo ho riempito casa di fumetti, per molti sono passato al digitale per ragioni di spazio e costi, ma ancora oggi, se esce un numero di Hellboy, uno qualunque, lo compro a scatola chiusa e anche tra tutti gli speciali del B.P.R.D. non ho mai sprecato un centesimo, ottime letture, non mi pento di nulla!
Sono nella fortunata posizione per cui ho avuto non uno, ma due dei miei registi preferiti pronti ad esibirsi con la creatura di Mike Mignola con risultati diversi, anche se accumunati entrambi dalla sfiga. Guillermo del Toro ha puntato sulla storia di origini, per evidenti affinità con la sua poetica, scegliendo un approccio personale, diverso da quello di Mignola, anche più giocoso a tratti, come è stato chiaro nel secondo film, ma si è schiantato contro il destino, lasciando alle sue spalle una trilogia incompleta.
A Neil Marshall hanno chiesto di seguire le orme di del Toro, ma con più parolacce e la metà del budget, adattando (maluccio) due cicli a fumetti del personaggio per un film ignorante, a cui non voglio male per nulla, ma lo stesso Marshall ha disconosciuto e poi, c’è la Wing-woman.
Voi direte come la Wing-woman? Lei non ha diretto un film su Hellboy, al massimo ha avuto la fortuna di sposarne una sorta di Hellboy, che per altro legge “Hellboy” e malgrado ne abbia copie sparse per tutta casa, non si è mai lanciata nella lettura, per un semplice motivo: il personaggio lo ha conosciuto con la versione di del Toro, le piace quella. Non è una colpa, sono in tanti a fare così, solo che la Wing-woman ha la testa sulle spalle (una cazzata sola ha fatto nella vita…) e davanti a questo nuovo, terzo adattamento del personaggio, ha fatto quello che andrebbe fatto con TUTTI i film, prima si guarda, poi si giudica, non viceversa come va tanto di moda su “Infernet”.
Lo dico sempre che se i commenti sulla Bara li scrivesse la Wing-woman sarebbero schietti il doppio e tre volte più brevi, risultato finale? Vi riporto le sue parole: «Boh è un Horror, mi sembra anche scritto meglio dell’ultimo che hanno fatto». Quindi, invece di fare i Nerd su “Infernet”, quelli che si atteggiano e pensano di conoscere solo loro come dovrebbe essere rappresentato un personaggio dell’immaginario, fate come la Wing-woman, oppure, sposatevi qualcuno che i fumetti li abbia letti per davvero a differenza vostra. SBAM! Pugno in faccia a tradimento con il mio pugno roccioso.
Io davvero potrei chiuderla qui, però siccome questa Bara la piloto ancora io finché una sommossa popolare non mi destituirà in favore della Wing-woman, quindi vi aggiungo un po’ di companatico: “Hellboy – The Crooked Man” è la terza incarnazione cinematografica del personaggio, girata in un tempo record, tra il suo annuncio e l’uscita negli Stati Uniti direttamente in streaming (qui da noi? Campa Effie Kolb cavallo e dita incrociate) è passato un tempo ridicolmente breve, come ridicolmente microscopico è il budget di un film girato in Bulgaria, nemmeno fosse che so “Dampyr” (2022, fate i confronti diretti, poi ne riparliamo) o un action con Steven Seagal.
Questo, come dire, “Infernet” lo ha notato subito, sottolineando fin dal trailer che invece di avere un nuovo Hellboy, per di più scritto da Mignola, l’operazione sembrasse tanto un “Fan film”, che a suo modo è l’unica critica almeno con un minimo di cittadinanza (per cinque minuti) rispetta alla marea di stronzate che ho letto. Parliamoci chiaro, dopo quattro film che hanno tutti dovuto combattere con il budget per portare in scena un personaggio che non ha equivalenti nel mondo del fumetto, era normale giocarsi l’ultima carta prima della serie tv, ovvero un film a basso budget, con un cast poco noto, diretto da un ex quasi famoso come Brian Taylor che i fumetti, ha dimostrato di amarli.
La colpa di questo film quale sarebbe esattamente? Non essere diretto da del Toro? Essere il quarto film sullo stesso personaggio? Ne esistono centoventi su Batman, non vi siete (quasi) mai lamentati. Il problema di “Hellboy – The Crooked Man” è quello di allontanarsi dalla versione del personaggio che il grande pubblico conosce, che era già un grosso modo per prendere le distanze dal fumetto, basta dire che gli stessi Mike Mignola e Guillermo del Toro, un tempo amiconi, ormai sono al “Buongiorno” e “Buonasera” se si incontrano (per motivi loro), e se volessimo essere precisi, il film dei sogni di Mignola sul suo personaggio, è una roba in bianco e nero con la fotografia ispirata all’espressionismo tedesco, che poi è una delle fonte di ispirazioni di un fumetto in cui le sagome, disegnate nei primi numeri da Mignola, emergevano dal buio.
“Hellboy – The Crooked Man” è l’adattamento di, pensate un po’, L’uomo deforme, che non solo è una delle storie più iconiche del personaggio, ma è a tutti gli effetti un Horror, uno di quelli originali. Avete presente quei cagacazzo di Nerd che davanti all’adattamento cinematografico di un fumetto lo vorrebbero pagina per pagina, altrimenti si mettono a piangere? Per assurdo il film di Brian Taylor è quasi così, si prende un paio di libertà per arrivare alla durata di 99 minuti ma resta fedelissimo, l’essere stato scritto dallo stesso regista, a sei mani insieme a Mike Mignola e al suo fedelissimo socio di trame, Christopher Golden, non solo garantisce la continuità ma è la prova che Mignola e il suo socio, hanno ragionato per il cinema.
Siamo sempre negli Appalachi dell’anno 1959, il nostro “Red” è davvero un “Boy” perché è in circolazione da pochi anni, invece di ammorbarci con una spiegazione del perché ci sia un agente del governo rosso, con le corna limate e il pastrano, Mignola e Golden preferiscono un prologo movimentato là dove il fumetto iniziava con il nuovo caso dell’investigatore del B.P.R.D. Andiamo, al quarto film davvero avete bisogno di un’altra storia di origini su Hellboy? Fate i bravi.
Il treno che deraglia per via del carico, un enorme ragnone apocalittico da portare a destinazione, animato con una CGI che fa tenerezza è un inizio come un altro, quasi un prezzo da pagare per iniziare la storia, per altro, il ragno MacGuffin non scompare completamente dalla trama, ennesima prova della bontà della sceneggiatura, che aggiunge solo due novità rispetto alla storia omonima, l’agente Bobbie Jo Song, impersonata da Adeline Rudolph, creata apposta per il film (ma identica a mille altri agenti esordienti del B.P.R.D. che abbiamo visto negli anni) e la sottotrama legata alla madre di Hellboy, tutta raccontata in flashback e passaggi onirici “pilotati” dell’uomo deforme, posso dirlo? A me sono piaciuti perché corvi, più o meno giganti, hanno sempre popolato le tavola di Mignola, peccato per il feto cornuto, ma più che altro per la solita tenerezza della CGI, ormai lo abbiamo capito, non hanno i soldi per mettere dei sigari veri tra le dita di Hellboy, figuriamoci per il resto.
“Hellboy – The Crooked Man” è diviso in capitoli, per altro presentati con una piccola immagine a tema con il titolo, insomma anche qui, se vi fosse capitato di sfogliare un fumetto di Hellboy, sapreste che anche questa è una caratteristica cara allo stile di Mignola, che qui non si nega nulla, ci sono gli insetti, i morti viventi evocati dalla loro tombe, c’è un personaggio sinistro come ne vedrete pochi al cinema quest’anno come l’uomo deforme, c’è la “Nynpho from hell” Effie Kolb (Leah McNamara) che riesce a non far rimpiangere le apparizioni del personaggio disegnate dal Maestro Richard Corben. No sul serio, ma che cacchio volete più di così da un film che si intitola “Hellboy”? Siamo di fronte ad un adattamento onestissimo che trova il modo di infilare il maggiordomo di Willie il principe di Bel-Air, ovvero Joseph Marcell, negli azzeccati panni del tosto reverendo al centro della vicenda, cioè anche la strizzatina d’occhio alla cultura pop, sul serio, che altro vi serve?
Quindi riassunto, più bell’Hellboy di sempre e ci dispiace per gli altri? Ecco no, “Hellboy – The Crooked Man” ha un problema solo, non c’ha una lira o meglio, quel poco budget che ha lo deve spremere, il problema principale resta la resa del protagonista, che nella prima parte del film si aggira per gli Appalachi in pieno giorno, difficile quindi coprire le magagne. Ora, non so se mi disturba di più il naso, che non mi sembra quello dell’attore che impersona Hellboy, ovvero Jack Kesy, quindi credo che quella canappia rossa sia stata ritoccata, in compenso a distrarmi da quella, la pelata finta, una calotta sulla testa dell’attore poco mascherata dai capelli sulla nuca, che sembra quasi un casco e per quanto faccia strano vedere le pupille di Hellboy, l’idea di non coprire il volto dell’attore con troppa plastica funziona. Kesy poi ha la voce giusta, l’approccio azzeccato e il fisico di ruolo, è un passo indietro rispetto a Ron Perlman perché non ha i suoi trascorsi e non può contare nemmeno sul gancio emotivo che David Harbour si porta dietro. Questo è un illustre sconosciuto che per di più, impersona un Hellboy più vicino a quello del fumetto, quindi doppiamente ignoto al pubblico, si capisce dal suo senso dell’umorismo, che è lo stesso del fumetto, ovvero una battuta fuori luogo sempre pronta ad avvenire per stemperare, applicata all’atteggiamento di chi sta facendo il suo lavoro, anche se la sua ruotine prevede di prendere a pugni in faccia mostri.
Quando poi Brian Taylor ha la giusta intuizione di far calare il buio su una storia che è quasi tutta ambientata di notte, perché essenzialmente è un lungo assedio notturno, il suo film guadagna dei punti, il buio maschera il costume da Comicon di Kesy e anche le creature rendono molto meglio quando emergono dal buio come facevano (quasi) dalle tavole di Mignola, certo, replicare lo stile inimitabile di Corben sarebbe arduo per una produzione ad altissimo budget, però ribadisco, “Hellboy – The Crooked Man” è un film onestissimo che funziona alla grande per quello che dovrebbe essere, un horror con un investigatore con le corna limate.
Si capisce dalle musiche che sono giustamente minimali e sinistre quanto basta, dalla scelta della facce, come quella scavata di Jefferson White da Yellowstone con furore. Il problema principale di “Hellboy – The Crooked Man” è aver tirato fuori il meglio dal poco budget disponibile, ora io dico, se tutti i film facessero questo, non vivremmo in un mondo migliore, ma per lo meno vedremmo del cinema migliore e vogliamo fare una colpa ad un titolo con pochi soldi che per altro, resta sceneggiato molto meglio della media?
No, la colpa vera di “Hellboy – The Crooked Man” consiste nel fatto che il pubblico spesso, non riesce e non vuole scostarsi dalla prima versione del personaggio che ha conosciuto, dimostrando ogni volta ZERO curiosità, anche in casi palesi come questo, dove la versione di del Toro, è comunque l’incarnazione numero due del personaggio, visto che fino a prova contraria, la prima sarebbe quella di Mike Mignola.
Le storie di Hellboy da cui pescare sono veramente taaaaante perché il diavolone ha indagato su ogni tipo di mostro, non credo che vedremo un altro film tanto fedele al materiale originale, anzi, non so nemmeno se mai lo vedremo in uno strambo Paese a forma di scarpa questo, a meno di qualche sbarco su qualche piattaforma, però ribadisco, il flusso logico corretto sarebbe giudicare un film DOPO averlo visto. Ma tanto è fiato sprecato, al prossimo giro farò parlare i pugni. O vi farò picchiare dalla Wing-woman, allora si invocherete i miei cazzotti.
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