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Hellraiser II – Prigionieri dell’Inferno (1988): compratelo un materasso nuovo ogni tanto!

Da qualche giorno il primo capitolo della saga di Hellraiser
ha spento le sue prime trentacinque candeline, anzi se vi va qui sulla Bara
trovate il post dedicato al classico di Clive Barker in versione riveduta, corretta e ampliata.

Visto che l’universo parla e manda segnali chiari, poco
prima del compleanno ho messo le mani sulla scatola di Lemarchand sul
cofanetto della Midnight Factory che contiene i primi tre capitoli della saga
(gli unici che contano, i seguiti preferirei dimenticarli), considerando che ad ottobre su Hulu arriverà un
nuovo “Hellraiser” a sua volta riveduto e corretto, beh avete già capito no?

Il primo Hellraiser è ancora oggi un classico, Clive Barker
non aveva nessuna esperienza come regista quando lo girò e sul set inglese, i
tecnici attorno a lui facevano valere la maggiore esperienza sullo scrittore
prestato alla regia, non voglio proprio parlare di bullismo ma quasi, risultato
finale? Ancora oggi il primo Hellraiser è uno di quegli horror in grado di
andarti sottopelle più degli uncini dei Cenobiti, con quella sua aria malsana ti
si appiccica addosso, nemmeno una doccia e una lima da ferro ti può davvero
scrostare di dosso l’orrore portato in scena da Barker.

Anche sul titolo il film ha le idee un po’ confuse.

Ma parliamoci chiaro Hellraiser,
malgrado la sua capacità di scoperchiare le porte di quello che per comodità
(anche della nostra sanità mentale) chiameremo inferno, resta un piccolo film
da interni, di fatto un dramma su una famiglia molto disfunzionale, ovvero come
tutte le famiglie, solo che questa ha più incesti, catene e metri di pelle
strappata via, in un trionfo dell’estetica sadomasochista che è stato uno dei
motivi per cui il film di Clive Barker si è impresso a fuoco nella cultura
popolare.

Scommettiamo che questa è la scena del film che ricordate meglio?

Costato una fesseria il film è diventato un culto, per tanti
ma non per il critico cinematografico Barry Norman, che nel suo popolare
programma alla TV lo vede letteralmente a pezzi con la ferocia di mille Supplizianti,
ma questo non ha impedito che un seguito venisse messo immediatamente in
cantiere (e a Norman di essere invitato sul set del secondo film, storia vera). Squadra che vince non si cambia? Ehm si, a meno che il tuo regista
non abbia una precedente carriera da romanziere pronta a grattare la porta e
dei piani precisi per il suo futuro, che ruotavano tutti intorno alla pre
produzione della sua seconda regia, un altro classico come Cabal, posso dirlo? Clive Barker ha fatto bene a restare fermo
sulla soglia dei tanti seguiti della sua saga, anche perché i suoi racconti
spesso lasciavano spazio di manovra per gli adattamenti sul grande schermo ma
più in generale, considerando i risultasti anche infimi raggiunti dalla saga, meglio farsi rimpiangere che compatire.

Il primo candidato alla regia del seguito è Michael Mcdowell,
ma per problemi personali l’accordo non arriva e Tony Randel è già pronto a
subentrare, dopo aver supervisionato la produzione del primo capitolo, ormai si
sentiva pronto anche lui ad imitare Barker passando dietro alla macchina da
presa, insomma altro giro, altro regista che ha imparato il mestiere facendolo,
forse con minori fortune visto che oltre a Hellbound (da noi in uno strambo
Paese a forma di scarpa “Hellraiser II – Prigionieri dell’Inferno”), Randel è
ricordato solo per il film su Ken Shiro (o presunto tale) ovvero “Fist of the
North Star” (1995), dove molti appassionati del personaggio avrebbero voluto
inseguirlo per rendere onore al suo cognome e picchiarlo con un grande
randello.

Nascita di una Cenobita, giorno uno.

“Hellbound” è un film che punta più in alto, dopo il dramma
di famiglia da interni del primo capitolo,
questo seguito potendo contare su un budget più alto, cercando di fare sua la
regola aurea dei seguiti: uguale al primo ma di più! Infatti torna il
compositore Christopher Young a cui dobbiamo la riuscita e inquietante colonna sonora del film, torna anche
buona parte del cast a partire dalla bellissima Ashley Laurence nuovamente nei
panni di Kirsty Cotton, protagonista di una storia che come Aliens, comincia subito dopo la fine del
primo capitolo e tiene conto delle conseguenze, infatti Kirsty è rinchiusa in
un ospedale, perseguitata dalle indicibili visioni degli orrori a cui ha
assistito e in cura presso il nuovo acquisto del film, il Dottor Phillip
Channard (l’attore shakespeariano Kenneth Cranham), ma se la premessa è solida,
il resto molto meno.

Ashley Laurence le occhiaie più sexy del cinema horror.

“Hellraiser II” riesce a ricalcare l’atmosfera malsana del
primo film ma ha un problema molto grave alla base, risulta essere un film
figlio di troppe riscritture, alcune anche eseguite al volo in grado di creare
passaggi a vuoto, un esempio? Inspiegabilmente il personaggio di Kirsty, suo
padre Larry Cotton finito incolpevolmente all’inferno, nella prima stesura
aveva una parte tanto minuscola da convincere l’attore che lo interpretava, il
bravo Andrew Robinson a non scendere nemmeno dal letto per così poco, ecco
perché il personaggio che dovrebbe essere alla base delle motivazioni della
protagonista, scompare lasciando solo una scritta con il sangue benvenuto
nell’AIDS
sono all’inferno aiutatemi.

Lasciate una scrittina, voi ch’intrate.

La sceneggiatura firmata da Peter Atkins ha avuto fin troppi
rimaneggiamenti che minano la logica della trama, ad esempio i piani originali
prevedevano che la cattiva ricorrente nella saga, avrebbe dovuto essere Julia
Cotton, non più matrigna come lei stessa si annuncia ma vera nemesi della saga,
problema: per sua stessa ammissione, l’attrice Clare Higgins, pur essendo
bravissima nel ruolo della perfida regina della favole a caccia di pelle umana
per far ricrescere la sua, non ha mai amato gli horror, lo dichiara in tutte le
interviste di non aver mai visto i film della saga a cui ha preso parte per
intero, tanto che alla prima di Hellraiser è uscita dalla sala dopo due minuti
per andare a bere al bar. Più o meno la mia reazione davanti ai numerosi seguiti.

«Mangia a mamma, che devi crescere!»

Inoltre è inutile nasconderci dietro ad un chiodo, quando si
parla di Hellraiser si parla di
Pinhead, il capo dei Cenobiti ribattezzato testa di spillo dai fan, il
personaggio che ha resto Doug Bradley l’idolo delle convention horror, niente
male per uno che ai tempi del primo capitolo ha potuto scegliere se
interpretare il ragazzo che consegnava il materasso, oppure il Suppliziante dal
volto truccato e ricoperto di spilli (storia vera).

«Buongiorno signora, devo consegnare il materasso nuovo e consumarle l’anima»

Tutti questi rimaneggiamenti di trama necessari a liberare Clare
Higgins dal suo peso e a dare al pubblico tutto il Pinhead che desideravano,
passano proprio da un materasso, quello dove era morta Julia, quello di cui
Kristy racconta per filo e per segno al suo nuovo dottore, ma anche quello da
cui risorgerà la cattiva. Però che schifo cavolo, cambiatelo il materasso ogni
tanto!

Essendo un film così tanto scritto e riscritto, nel
tentativo di mediare tra tutte le parti coinvolte, non aspettatevi la logica da
“Hellbound”, un film che è basato sulla pura estetica, seguendo l’impostazione
data da Clive Barker, il regista Tony Randel cerca di giocare nello stesso
campo da gioco, mostrandoci un po’ dell’orrore che sta oltre la soglia, per un
film che urla «ANNI ’80!» a pieni polmoni e ad ogni fotogramma.

Altro che quella roba al gusto di anni ’80 che va di moda oggi.

Nell’ospedale dove si trova, Kirsty fa tante nuove
conoscenze, ognuna di questa rappresenta un pezzo scritto e riscritto della
trama, che più o meno trova una sua collocazione nella storia, partiamo da Tiffany
(Imogen Boorman) una ragazzina traumatizzata dall’omicidio della madre, che non
spiccica più una sola parola da allora ma è bravissima a risolvere puzzle ed
enigmi a tre dimensioni, appena entra in scena è chiaro che sarà lei ad aprire
nuovamente la scatola di Lemarchand che nel frattempo ha cambiato nome in
configurazione del dolore, così, tanto per non farci mancare nulla.

Vuoi non affiancare a Kirsty qualcuno di bello bello in modo
assurdo? Mi riferisco al giovane assistente del dottor Channard ovvero Kyle
MacRae, che mi fa capire perché lassù ho citato istintivamente Aliens, visto che ad interpretare è William Hope.

«Sei siempre stato un estronzo, Gorman Kyle!» (quasi-cit.)

Altro giro, altro tiro, altro regalo, Doug Bradley, che
passerà il resto della vita e della carriera aggrappato con le unghie e con i
denti al ruolo di Pinhead, vogliamo fargli fare qualcosa? Qui in “Hellbound” si
esplora per la prima volta la vita del personaggio prima che diventasse un
Cenobita, quindi senza trucco l’attore interpreta anche il soldato inglese di
stanza in India, Elliot Spencer che verrà approfondito ancora di più nel
prossimo capitolo (a breve su queste bare).

A mio avviso per godersi “Hellraiser II” l’unico modo è
lasciarsi andare alla teatralità di un film che pare puntare al surrealismo,
non tanto come obbiettivo primario, ma come piazzola di sosta comoda in cui
parcheggiarsi godendosi un risultato che è figlio in parti uguali della voglia
di osare di più, di un budget più alto ma comunque non abbastanza e di tagli anche
brutali, degni delle catene dei Cenobiti, a mio avviso ci è andata ancora di
lusso.

Qualcuno gli dia un cerotto!

Si perché “Hellbound” è pieno di momenti che comunque
calamitano lo sguardo, ad esempio la resurrezione di Julia da quel marcissimo
materasso, davvero è impossibile distogliere lo sguardo quando uno dei pazienti
proveniente dalla collezione privata di picchiatelli del dottor Channard si
prende a rasoiate il petto, cercando di scacciare i vermi che vede solo lui (e
noi spettatori). Una scena che è troppo lunga, esagerata nel suo soffermarsi su
Julia senza la pelle addosso che striscia a terra nel sangue della sua vittima,
prima di avventarcisi contro, da spettatori siamo un po’ come William Hope
nascosto dietro la testa, incastrati in un incubo ad occhi aperta dalla quale non si riesce a
svegliarci, secondo me questo film andrebbe visto tutto in quest’ottica.

La mia stessa reazione quando ho visto Doug Bradley senza trucco.

Anche perché ha dei lampi di orrore illuminanti, come la
panoramica sull’enorme labirinto oltre le porte della percezione, che sembra
una gigantesca scala di Escher che però va detto, faceva una figura migliore
sulle vecchie VHS un po’ sgranate, nella pulizia dell’immagini in alta
definizione si vede che è un fondale dipinto, utilizzato per puzza in trenta
secondi non consecutivi, prima di passare a Kristy e Tiffany che come sue
Alici, hanno attraversato lo specchio tanto che a dirla tutta, una delle due è
anche muta come un’alice (ah-ah).

“Hellraiser II” con tutti quei corridoi da percorrere, a
tratti sembra un Labyrinth che non ci
ha creduto abbastanza, non aiuta nemmeno che nella versione doppiata sia stato
fatto un grossolano errore, il Leviatano che crea i Cenobiti, in una scena
viene etichettato come “levitazione”, ma se non altro la creatività di quella
specie di obelisco triangolare nel cielo ci regala uno dei punti di forza del
film, ovvero la trasformazione di Channard in un Cenobita.

«Perché a Jennifer Connelly è toccato David Bowie e a me tutto questo!»

Uno per altro dalla fisicità impossibile, reso ancora più
credibile dall’uso dell’animazione a passo uno oppure da un saggio utilizzo di
inquadrature al contrario (quando viene accalappiato per la testa da quell’enorme
tentacolo che lo trasformerà in una sorta di marionetta dedita al sadismo),
insomma ad un certo punto “Hellraiser II” non racconta quasi più nulla a
parole, ma si limita ed evocare orrori per immagini, astrattismo puro che non
tira via la mano su quasi niente, nemmeno sul mostrarci i Cenobiti nella loro
forma umana, dopo il loro scontro mortale con il diabolico Channard.

Difetti? Per me sicuramente il finale, in quello alternativo
avremmo dovuto vedere Julia risorgere ancora da ‘sto stramaledetto materasso,
ma gli effetti speciali facevano sembrare Clare Higgins un fantasma in abito
nero e con la fuga dell’attrice, si è optato per il finale che tutti conosciamo
e che francamente io trovo terribile, l’entrata in scena del tanto sbandierato pilastro
delle anime, per me resta una ciarpanata che mi ha sempre fatto arrivare ai
titoli di coda con i remi tirati in barca. Quella specie di totem con le facce che
spuntano e gli scheletrini che fanno sesso, sembra un brutto addobbo di
Halloween, una roba ben oltre il pacchiano che ogni volta mi convince a
terminare la visione con Kristy e Tiffany che lasciano l’ospedale, molto meglio
ricordarle così.

The doctor is in (cit.)

A proposito di scene pacchiane passate però alla storia, “Hellbound”
contiene la leggendaria scena del chirurgo, più o meno i fatti sono andati in
questo modo: tutti erano pronti a girarla, Doug Bradley aveva già indossato il
camice azzurro da chirurgo sopra il suo costume da Pinhead quando il fotografo
di scena scattò la foto finita sul retro di tutte le VHS stampate e vendute sul
pianeta. Ma la scena per intero non venne mai completata alimentando la sua
leggenda. Cosa conteneva di tanto atroce la famigerata scena del chirurgo di “Hellraiser
II” da venire falciata via senza pietà in questo modo? Orrori cosmici? Litrate
di sangue? Nessuno spreco di dolore? La realtà è più semplice.

Forse nessuno ha mai capito che questo film è tutto una metafora sulla malasanità.

In teoria Kristy e Tiffany in fuga nei corridoi dell’ospedale,
avrebbero dovuto vedersi parare davanti due chirurghi con indosso il camice,
dalla mascherina sul volto di uno dei due avrebbero dovuto spuntare dei chiodi
rivelando così il travestimento di Pinhead, che con parte del camice ancora
addosso, avrebbe dovuto inseguire le due ragazzo a passo svelto, fino all’ascensore dove
sarebbero state braccate da Chatterer, il Cenobita sorrisone. Una scena facile
da scrivere, un po’ meno da realizzare con il budget a disposizione e gli
effetti speciali del tempo, che quindi è stata tagliata trovando il modo
comunque di alimentare il suo mito e insieme a lei, quello del film. Lo
sceneggiatore Peter Atkins ha sempre provato a spegnere l’incendio dicendo:
«Quando rispunterà dagli archivi la vedrete e scoprirete la verità: che fa ca&@re!»,
vi lascio giudicare a voi, ma secondo
me ha pienamente ragione.

Per quanto riguarda questo film per oggi abbiamo finito, ma
la prossima settimana completeremo la trilogia con l’ultimo capitolo che conta
della saga, in attesa di veder tornare i Cenobiti firmati da Hulu, intanto però
non dimenticatevi di passare a trovare Il Zinefilo, che alla saga di Hellraiser
ha dedicato un lungo ciclo di post!

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