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Here (2025): la nuova macchina del tempo di Robert Zemeckis

Lo so, è brutto auto citarsi, però concedetemelo, mi serve per arrivare al punto. Il mio ultimo post su Robert Zemeckis, prima del film di oggi iniziava così: Il cinema di Robert Zemeckis ha sempre avuto uno sguardo rivolto al passato in maniera intelligente. Ecco, appunto, il suo “Here” è l’ennesima conferma.

Che poi io vorrei sinceramente capire che problema hanno in tanti con il vecchio Bob, in realtà lo so benissimo, sua è la “colpa” di aver diretto il film più amato del mondo (in tre parti) e forse, anche il secondo, quindi tutti gli altri suoi lavori devono essere meno, per quelli che io chiamo “Cinefili del Super Sayan” che devono dividere tutto in livelli. Lo dico fuori dai denti? Robert Zemeckis ha fatto un film orribile, uno solo, Pinocchio e comunque una bella fetta della colpa è della Disney, il resto? Film che vanno dal buono al classico intramontabile, anche nei film meno memorabili, il vecchio Bob porta avanti con coerenza un discorso cinematografico molto interessante.

“Here” ha dentro anche questo, quasi un punto della situazione sulla lunga carriera del buon Bob, un ideale piano inclinato lungo la quale scivolano temi, stile e trovate e anche nomi coinvolti, tipici del suo cinema, il problema di “Here”? L’impronta Spielberghiana che è nel DNA di Zemeckis, questa sua ultima fatica è cinema di buoni sentimenti, per il semplice fatto che la vita stessa prevede anche quelli, quindi verrà demolito perché fa più figo atteggiarsi a cinici a tutti i costi o a continuare a negare che, proprio alla pari di Spielberg, in ogni sui film Zemeckis ci piazza la sua zampata, il suo tocco, per quello in carriera ha fatto un solo brutto film, dove quel tocco lo ha sacrificato firmando per la Disney.

«Robin, Tom, bentornati qui, si qui, dove gireremo il film, qui, anzi si chiamerà proprio così!»

Potremmo dire che “Here” prende un elemento cinematografico che per sua natura, fa da sempre da sfondo alle storie e lo rende LA storia stessa, o per lo meno il motore di essa, la scenografia, l’ambientazione che diventa il MacGuffin. Non sono il tipo di persona che pensa che i luoghi abbiano un’anima, anche se questo principio orientale ci ha regalato del gran Cinema, però è innegabile che ogni luogo abbia la sua storia che viene scritta dalle persone che ci abitano, per dirla in un altro modo, potremmo dire che “Here” è la storia catastale definitiva di una casa, dalla preistoria al giorno d’oggi, ripercorrendo gli eventi chiave della società americana (quindi occidentale) attraverso spaccati di vita di tutti quelli che sono passati da qui. Qualcuno potrebbe sostenere che Zemeckis l’abbia presa un po’ alla lontana, come le premesse dei miei post.

Maestri come Howard Hawks o John Ford eccellevano nell’arte di posizionare la macchina da presa nel punto migliore possibile, tanto da renderla quasi invisibile, alla faccia di tutti quei registi che la agitano il più possibile alla ricerca del virtuosismo. “Here” è interamente diretto con un solo angolo di inquadratura, sempre lo stesso, il tipo di film radicale che porta avanti in modo coerente fino alla fine un’idea e non la molla mai, anzi, quando decide di farlo è solo per puri e sacrosanti motivi cinematografici, chi era in sala con me l’altro giorno forse ha riconosciuto quel momento anche grazie alle musiche di Alan Silvestri o perché (malgrado mia sia contenuto) devono avermi sentito mormorare: «Minchia Alan Silvestri smettila di essere così bravo cazzo!» (storia vera).

«T’abbraccerei Alan», «Ma io non sono Alan», «Non sarai mica Jenny vero?»

I dinosauri, i nativi americani, la grande casa coloniale dall’altra parte della strada e la villetta che viene prima edificata e poi abitata, da molte famiglie, ma per lungo tempo da una in particolare gli Young, che si trasferiscono qui (o “Here”, fate voi) con nonno Al reduce di guerra un po’ sordo (Paul Bettany in gran spolvero) e nonna Rose (l’eterna sottovalutata ma bravissima Kelly Reilly) e poi a seguire i loro figli, in cui il più rappresentativo è Richard, impersonato da Tom Hanks a tutte le età e la sua signora, Margaret, ovvero Robin Wright. So cosa state pensando, vi aspetto nel prossimo paragrafo.

Tratto dal fumetto di Richard McGuire, “Here” è stato sceneggiato dal buon Bob e da Eric Roth, quindi sì, siamo in piena rimpatriata dopo Forrest Gump visto che ci sono anche Hanks e Wright, ma se potete partire dai dinosauri di Zemeckis, potete resistere anche al mio modo di prenderla alla lontana: i film del regista parlano tutti del tempo, a partire da quello più famoso con Marty e Doc fino appunto alle corse di Forrest. “Here” per Zemeckis è una nuova macchina del tempo che tiene conto degli effetti del Padre di tutti quanti noi e si coniuga perfettamente con il suo modo di raccontare la storia americana, e di sperimentare con le tecnologie, con Tom Hanks che non guida treni polari natalizi o incontra tutti i presidenti, ma qui ringiovanisce e invecchia alla perfezione con la tecnica del de-aging portata a livelli olimpionici. Anche perché parliamoci chiaramente, Tom Hanks lo abbiamo visto letteralmente invecchiare davanti ai nostri occhi, lo stesso possiamo dire di Robin Wright, il de-aging su di lei agisce così bene, da non riportare il suo volto a quello che ricordavamo, ma la ringiovanisce partendo dal suo attuale viso, quindi ritocchini compresi, e non crediate sia una critica o un commento satirico, non voleva esserlo.

«Soffia qui», «La vuoi finire con queste freddure!?»

Per narrare una storia che parla di America (quindi di mondo occidentale) Zemeckis scegli di usare il cinema filtrandolo attraverso un linguaggio nato appunto negli Stati Uniti, l’inquadratura fissa su un soggiorno, attrici e attori che si guadagnano il primo piano avanzando verso la macchina da presa, tutte tecniche che sembrano uscite dalle Sit-com o dai telefilm Yankee, se tutto questo non vi basta per trovare la coerenza interna al cinema di Zemeckis, allora il nostro si impegna con l’uso della musica, una colonna sonora piena di pezzi famosi (anche qui, un suo vecchio trucco) che spesso si sostituiscono ai dialoghi in questo tripudio di ellissi narrativi, in cui si rimbalza dall’adesso alla preistoria, dall’avo aviatore all’inventore della sedia reclinabile, passando per il Covid e le violenze della polizia sui neri, senza perdersi MAI, perché la regia di Zemeckis è millimetrica nel guidarci per mano lungo tutte queste vite che sono tante piccole storie o forse sono LA storia.

Richard e Margaret si sposano mentre alla tv i Beatles cantano All my loving (e giova ricordarlo, il primo film di Zemeckis a quale quartetto di Liverpool era dedicato?), oppure ancora, quando la televisione parla dell’attacco di Pearl Harbour è impossibile non pensare al fatto che Bob è stato, cinematograficamente parlando, anche da quelle parti e il tutto spesso si traduce anche in scene divertenti che utilizzano alla grande gli ellissi narrativi, il tetto va in pezzi per via di una pioggia d’acqua, insomma, si rompe, proprio mentre Margaret, in un altro momento storico, rompe le acque mentre Sam & Dave riassumono tutto in musica.

Una cosa tipo così, ma con i Beatles in sottofondo.

Zemeckis ci racconta alla perfezione lo scorrere del tempo e il flusso dei ricordi, trasformandoci in tanti piccoli Dottor Manhattan davanti alle storie di questi personaggi, lo fa in maniera a volte caramellosa, in altri buffa, in altri drammatica insomma, assume il tono che la vita stessa spesso ha quindi il consiglio che posso darvi, forse influenzato dalla presenza dei dinosauri, è di guardare “Here” come fareste con un film di Terence Malick, uno meno denso di contenuti ma non di emozioni e momenti in cui mi sono ritrovato a pensare alla qualità della regia di Zemeckis, ma anche a pensare e basta. Non so quanto si possa divertire o essere coinvolto l’ideale quindicenne agitato che mi immagino come spettatore NON ideale di questo film, forse per apprezzare “Here” si deve essere o essere stati un po’ pantofolai, aver passato tanto tempo nello stesso posto e avere tante storie di quel luogo, come fa Richard qui, oppure bisogna aver avuto la voglia di lasciarlo un determinato posto, come succede a Margaret, insomma forse bisogna aver messo della strada sul contachilometri della vostra personale DeLorean, forse una fetta di pubblico non è ancora pronta per questo film, ma ai vostri figli piacerà.

Di sicuro è facilissimo apprezzare quello che è possibile trovare in TUTTI i film di Zemeckis, tranne l’unico davvero brutto che ha firmato (per colpa della Disney), quella sua capacità di narrare per immagini in maniera sempre sottile, educata ma totalmente a fuoco. Al buon vecchio Bob basta far traslocare una cassettiera con lo specchio ad uno dei suoi personaggi, per usare l’inquadratura riflessa per allargare il soggiorno (se state pensando allo specchio del bagno di “Contact” siete tra i giusti) oppure inquadrare un divano letto che viene aperto, ma soprattutto chiuso, per completare l’arco narrativo di un personaggio.

Stiamo guardano un film sulla loro vita mentre loro guardano un film sulla loro vita.

Ma i momenti elegantissimi e toccanti in “Here” si sprecano, Rose che entra nella stanza dimenticandosi del perché lo ha fatto (come capita anche nella realtà) in un momento del tempo e in un altro, suo marito che si alza invocando il suo nome, ci sono dieci di queste gran pennellate di ottimo cinema qui, se la mia programmazione lo permettesse forse riuscirei a trasmettervi metà dell’emotività che sta in questo film, ma tutto quello che posso lasciarvi è un: capisco perché piangete (cit.) ma anche un minchia Bob smettila di essere così bravo cazzo!

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