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Heretic (2025): hai un momento per sentir parlare di religione Hugh Grant?

Gli occhiali, importanti per correggere difetti di vista, fondamentali per rappresentare un personaggio al cinema, non so come si chiami il modello che utilizza Hugh Grant in “Heretic”, ma è la classica montatura che da donna, torna buona solo per la nonna Abelarda di turno, da uomo, vuol dire solo una cosa: assassino seriale o comunque, poco rassicurante squilibrato.

Fateci caso, li indossa Evan Peters e diventa Jeffrey Dahmer, volete un altro esempio eclatante? Persino l’eterno bambino super compianto Robin Williams riusciva ad essere sinistro con quei cosi sul naso in “One hour photo” (2002), ma gli esempi che potrei fare andrebbero avanti a lungo, veniamo al film di oggi.

Uscito in patria sul finale del 2024, arriva ora, finalmente a vedere il buio delle sale di uno strambo Paese a forma di scarpa, prodotto dalla lanciatissima A24 il film è scritto e diretto da Scott Beck e Bryan Woods, noti per un altro horror che aveva nell’unità di luogo una funziona narrativa specifica, mi riferisco al mascherato “Haunt” (2019), ma nel frattempo i due hanno diretto anche Jurassic Adam, ma soprattutto scritto la sceneggiatura del classico contemporaneo A quiet place, quindi per un pezzo avranno il lavoro assicurato.

«Non potevamo consegnare i giornali? No eh?»

Il film inizia con Sorella Paxton (Chloe East) e Sorella Barnes (la lanciatissima Sophie Thatcher), parte della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, intente in una loro normale giornata di proselitismo, stranamente non una domenica mattina appese ai campanelli, altrimenti la svolta assassina sarebbe stata per lo meno giustificata. A questo proposito infatti le due sono ormai un po’ rassegnate a risposte di frustrazione se non proprio di rabbia, che però non trovano quando ad aprire loro la porta è Mr. Reed (Hugh Grant), affascinante ma bizzarro, promette loro torte al mirtillo e la presenza della moglie a supervisionare la conversazione, quando a tener banco sarà la sua parlantina a mitragliatrice, che si lancia in funambolici collegamenti stile Enrico Mentana, che passano da Taco Bell a Lana Del Rey per arrivare a Voltaire e i Radiohead. Se vi piacciono i film poco parlati, non suonate alla porta di Mr. Reed e in generale, di “Heretic”.

«Non vendete i biscotti delle ragazze scout? Poco male ho preparato io la torta»

Prima piccola ma doverosa deviazione sul discorso, Hugh Grant trova sempre il modo di cadere in piedi, ultimamente rilascia interviste al vetriolo, non so quanto sincere anche se lo sembrano, sicuramente efficaci, in cui il messaggio che fa arrivare è quello di un cinico stanco, scazzato dal suo lavoro ma più che altro, di molto di quello che ruota attorno, insomma un vecchio bilioso non più fidanzatino d’Inghilterra che senza peli sulla lingua schifa tutto e tutti, sapete che mi ha guadagnato punti simpatia con questo suo approccio? Sta di fatto che l’atteggiamento passivo-aggressivo-aggressivo (non ho digitato male, è voluto) gli calza a pennello qui in “Heretic”, che è un film che inizia molto bene, parla fin troppo per i miei gusti e poi nel tentativo di concludere, la butta un po’ in caciara, ma andiamo per gradi come avrebbe detto Anders Celsius.

Alla pari dei citati occhiali, che hanno trascorsi cinematografici noti, siamo abituati a film dove il laico, l’ateo, o comunque l’agnostico, finisce nelle grinfie di rappresentati religiosi, spesso fanatici, e non fa il più delle volte una bella fine. Per lo meno “Heretic” riesce a ribaltare la frittata, Sorella Paxton e Sorella Barnes hanno tutto per risultare un po’ odiosette alla prima occhiata, è quasi gustoso il fatto che Mr. Reed riesca con la sua favella a farle scivolare e metterle in difficoltà, proprio quando la diatriba verbale si sposta sulla loro fede, eppure allo stesso tempo sono recitate così bene da farci provare del coinvolgimento per loro, anche se da parte mia, considerando la mia posizione sulle religioni (tutte) dovrei essere più dalla parte del personaggio di Ugo, ed è qui che “Heretic” funziona molto bene, quando diventa un film che parla di controllo.

«In che senso non mangiate la torta? É ai mirtilli»

Abbiamo un uomo che sfrutta la sua condizione di forza per applicare il suo controllo su due giovani donne, un METAFORONE che sarebbe anche riuscito, o molto riuscito, se solo i dialoghi con cui il discorso viene portato avanti siano per lo meno memorabili, invece per lunghi, lunghissimi tratti, Scott Beck e Bryan Woods riescono sono a dattilografare roba che sa di precotto, che funziona o funzionicchia solo perché Hugh Grant è in parte e in palla, però io ve lo dico fuori dai denti, alla quarta ora di film (percepita), ero un po’ stanchino nel sentirlo parlare, alla dodicesima invece, ero decisamente provato, e verso la ventiduesima speravo stesse solo zitto. Per inciso, il film dura 110 minuti.

Il ribaltamento di fronte fa del cattivo di turno l’eretico del titolo, quello che mette in dubbio e fa mettere in dubbio il valore della loro fede anche alle protagoniste, peccato che la parte del duello verbale sia anche quella più carica di tensione, poi ad un certo punto, Scott Beck e Bryan Woods devono essersi guardati in faccia dicendo: «E ‘mo come la chiudiamo?», risultato, hanno pensato di giocarsela ancora una volta alla “Haunt”, ovvero sfruttando gli spazi chiusi in cui si svolge la storia.

Un film che inizia bussando alle porte e che finisce con altre porte, non so, mi sembrava una cosa intelligente da sottolineare, ma magari sono solo io.

Senza rovinare la visione a nessuno, da Mr. Reed scivoliamo leggermente in un Barbarian più annacquato, non voglio scomodare libri scritti da Mark Z. Danielewski perché sarebbe eccessivo, però apri una porta e chiudi un portone, diventa una manifestazione fisica di quello che Scott Beck e Bryan Woods avrebbero dovuto provare a gestire con i dialoghi, se solo fossero stati più a fuoco. Come thriller di tensione basato sul tema del controllo devo dire che “Heretic” ha dei numeri, in particolar modo quando si concentra sulla manipolazione, la fede e l’ignoto ribaltando le aspettative, ma non sugli occhiali, quelli restano un involontario elemento anticipatore.

Dove il film funziona decisamente meno e quando si concentra sul teorizzare, chiacchierando molto, anzi troppo a lungo e invece di suggerire, apre la porta (ah-ah) ad un terzo atto in cui si spiega tutto, anche lo spiegone più ovvio, dando un calcio al secchio del latte, il che secondo me è uno spreco di potenziale, sicuramente non recitativo, perché il minuscolo cast fa un lavoro ottimo, ma se volevano smontare tutti i cliché e ribaltare le aspettative in maniera totale, si sarebbe dovuto cominciare da quegli occhiali.

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