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Hush – Il terrore del silenzio (2016): come si chiede aiuto con il linguaggio dei segni?

Vi ricordate di Mike Flanagan? Dopo anni passati come montatore di film, ha stupito tutti con l’ottimo “Oculus – Il riflesso del male” (2013) una bombetta clamorosa con una rossa e uno specchio maledetto. Bene, ora il ragazzo è tornato con questo “Il terrore del silenzio” titolo italiano degno dei thriller del pomeriggio di canale 5, che da qui in poi chiamerò con il suo titolo originale “Hush”. Com’è andata? Beh, dai, tutto sommato bene.

Anche Flanagan ormai è finito nelle grinfie di Jason Blum, colui che tutti produce (anche vecchie glorie), a patto di spendere poco, anzi, pochissimo e il buon Michele ha davvero preso sul serio la direttiva aziendale, un cast di quattro attori, una sola location, per un home invasion che inventa poco o nulla, ma va dritto come un fuso, costato poco meno di 5 milioni di ex presidenti defunti (tanto Blum più di così non sgancia) ne ha incassati 44, mica male per un film che fa economia su tutto… Anche sulle parole. Trama e poi vi spiego il perché.

Maddie (Kate Siegel, protagonista, co-sceneggiatrice e moglie di Mike Flanagan) ha due grossi problemi: il primo di cuore (è alle prese con un tira e molla con il suo quasi ex), l’altro legato al suo lavoro (si è isolata in una bella casa nel bosco, per cercare di completare il suo secondo romanzo, risente un po’ delle aspettative visto che il primo è andato forte, troppi finali possibili, nessuno convincente sul serio). Dopo la visita dell’amica Sarah (la rossa Samantha Sloyan), Maddie riceve un’altra visita, questa volta indesiderata, quella di un tizio mascherato poco raccomandabile e anche se scopriamo presto il volto dell’assalitore (quello di John Gallagher Jr visto di recente nel bunker di 10 Cloverfield Lane), quelle che non ci vengono spiegate sono le sue motivazioni, ma poco importa, da qui in poi il film diventa un “home invasion”, un uno contro uno di 70 minuti.

«Ciao, mi ha mandato Jason Blum per dare una scossa alla trama»

Ok ok, lo so già cosa state pensando: “Perché dovrei vedere un film del genere considerando che ne ho già visti 87 uguali sono nell’ultimo mese?”. Facile: perché Mike Flanagan è bravo e a mettere parecchia mostarda sulla storia ci pensa il fatto che Maddie… E’ sordomuta.

I dialoghi del film coprono circa 15 minuti di film, e sono quasi tutti all’inizio della pelliccola, alternati al linguaggio dei segni, dopodiché il film procede con il “Mute” inserito fino alla fine e se una vittima che non può né urlare nè sentire il suo aggressore sembra una preda facile, in realtà Maddie si rivela un osso duro.

Se riuscite a superare il soggetto iniziale già visto che non inventa davvero niente e un paio di momenti credibili, ma già pronti per essere parodiati nel prossimo “Scary Movie” (tipo l’assassino che si accerta che sì, Maddie è davvero sordomuta), quello che resta è un film che comunque si lascia guardare, la classica pellicola dove si fa il tifo per la protagonista, il che non credo sia mai un male.

«Che stai facendo, fratello?», «Niente… Ammazzo… Il tempo… Bellaaaaaaaa!» (Cit.)
Mike Flanagan ottiene il risultato grazie ad un film che scorre bene, veloce anche nel girarlo (solo 18 giorni). Ora, ci sono storie che funzionano alla grande anche non curandosi troppo di certi passaggi logici ed altre che, invece, inciampano in buchi di sceneggiatura che spesso sembrano delle voragini. Una cosa che apprezzo del buon Michele è la sua ossessione per la coerenza interna dei suoi film, era chiaro anche in “Oculus”, ma qui ancora di più, mancando l’elemento soprannaturale, i personaggi di “Hush” procedono nella storia grazie ad un organizzato causa/effetto, Flanagan non lascia nessun dettaglio al caso, ad esempio sembra che stia solo piazzando nel suo film un primo piano del “Lato B” di Samantha Sloyan, in realtà ci mostra il momento in cui la rossa infila il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni, perché più avanti nella storia tornerà utile.

«Ed io che pensavo che mi stessi solamente guardando il culo»

“Hush” è tutto così, ditemi cosa volete, ma quando qualcuno scrive a livello ossessivo/compulsivo in questo modo non posso che dirgli bravo, aggiungete a questo il fatto che Mike sfrutta in maniera creativa il mestiere della sua protagonista ed il gioco è fatto.

Sì, perché Mike (e Kate) non si limitano a dirci che Maddie di mestiere fa la scrittrice e a mostrarci qualche libro di Stephen King sulle sue mensole (tra cui Mr. Mercedes, almeno tra quelli che sono riuscito a leggere al volo), il processo creativo dello scrivere una storia ad un certo punto di “Hush” diventa centrale, quasi un “Quinto senso e mezzo” (citando Dylan Dog) con cui la protagonista compensa l’assenza dell’udito. Un’idea semplice, ma efficace che ti fa dimenticare di stare guardando un film dal soggetto già visto.

⠉⡌⠯⠼⠬⠩⠪⠆⢖⠀⠟⠥⠁⠇⠉⠥⠝⠕⠀⠊⠝⠀⠉⠁⠎⠁⠢ (Visto che non parlano, proviamo con il braille)
Insomma, per capire se Mike Flanagan è il futuro nome nuovo del cinema Horror, dovremmo aspettare magari il prossimo film, ma con “Hush” se non altro il buon Michele si conferma uno da tenere d’occhio. Se per caso, al cinema ve lo siete persi, tranquilli, è disponibile anche su Netflix ed esattamente come “Oculus” (e gli home invasion in generale) questo film guadagna dei punticini coinvolgimento se visto a casina propria, in silenzio come la protagonista.
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