Ormai dovreste saperlo, quando parto con una rubrica mi piace fare le cose per bene ed essere il più completo possibile, infatti già al secondo capitolo della monografia sui fratelli Coen, mi gioco un film che non è nemmeno diretto da Joel e Ethan, ma dal loro terzo fratello, bentornati al nuovo capitolo della rubrica… Coen, una storia vera!
Vi avevo annunciato che Sam Raimi avrebbe tenuto banco perché trattare i fratelli Coen senza di lui è come provare a scrivere Asterix senza usare la “X”. Dopo il successo di Evil Dead, il regista del Michigan ha provato subito a giocarsi la carta del suo genere del cuore, la commedia slapstick, quella che in un modo o nell’altro avrebbe fatto capolino in tutta la sua produzione.
Non è un caso che i nomi coinvolti siano gli stessi che hanno scatenato l’orrore nel bosco, il fidato Robert Tapert alla produzione e l’amico di sempre Bruce Campbell per il ruolo di protagonista. Eppure “Crimewave” è il perfetto riassunto delle tre menti dietro alla sceneggiatura, visto che già convivevano nello stesso appartamento, perché non scrivere insieme? La leggenda vuole che Ethan e Joel fossero tanto dediti all’attività, da aver raggiunto un accordo con il loro terzo fratello acquisito Sam, se ci distraiamo mentre stiamo scrivendo, puoi lanciarci addosso dei petardi. Accesi (storia vera). Ora capite perché in uno strambo Paese a forma di scarpa hanno pensato di distribuire (poco e male) il film con il chilometrico titolo di “I due criminali più pazzi del mondo”.
Il soggetto prendere la passione per i Coen per il loro Nord magnetico narrativo, ovvero il noir classico: l’imprenditore Ernest Trend (interpretato dal produttore Edward R. Pressman) assolda due derattizzatori (Paul Smith e Brion James, a mani basse i migliori del film) per far fuori un genere di ratto diverso, il socio in affari di Trend. A finire dentro con tutte le scarpe a tutto questo è lo sfortunato Vic (Reed Birmey) uno dei dipendenti di Trend, la cui unica colpa è quella di essersi innamorato della bella vicina di casa dell’imprenditore, una ragazza di nome Nancy (Sheree J.Wilson), seguono casini dentro il film e fuori, perché la produzione è stata un bagno di sangue.
Bruce Campbell, nella sua autobiografia “If chins could kill” ha descritto il set come un’esperienza traumatica, scelto dal regista come protagonista, The King è stato presto scartato dalla produzione e successivamente reintegrato nel ruolo minore del vanesio Renaldo, solo perché Raimi ha messo le corna per terra. Purtroppo nello scontro tra il regista e la Embassy Pictures è stato il buon Sam ad uscire con le ossa rotte, infatti il montaggio finale del film è stato rimaneggiato dalla casa di produzione che ha eseguito numerosi tagli, una dura lezione per Raimi, passato dall’Horror auto prodotto e girato tra amici all’industria di Hollywood, forse se ancora oggi Raimi è uno dei professionisti più capaci a non far soffocare il suo stile dalle imposizioni della casa di produzione, un po’ lo dobbiamo alla brutta esperienza con “Crimewave”, ma è anche vero che la sorta di auto esilio che ha portato Campbell verso la serie B, è iniziato qui.
“Crimewave” è il degno figlio dei suoi tre papà, oltre allo spunto di partenza preso dal noir, nel suo DNA si porta dentro tutto l’amore per i personaggi idioti e macchiettistici che caratterizzerà il cinema dei fratelli Coen di lì a poco, ma la confezione è tutta farina del sacco di Raimi: movimenti di macchina dinamici e folli, inquadrature ardite, montaggio da manuale, il regista del Michigan si gioca tutte le sue carte e tutto nel film è votato all’eccesso, un procedere per accumulo che a ben guardare, inizia subito, fin dai fatidici cinque minuti, quelli che determinano tutto l’andamento di una pellicola.
Un gruppo di suore in auto corre e sgomma contro il tempo, tra dodici minuti sarà mezzanotte e un innocente verrà giustiziato sulla sedia elettrica, nel penitenziario Hudsucker, da qui parte un lungo flashback, della durata di tutto il film, che si ricongiungerà alla scena iniziale solo nel finale. Tutto questo, nome del penitenziario compreso vi ricorda forse qualcosa? La stessa identica struttura dell’altra sceneggiatura scritta a sei mani con i Coen, tranquilli, sarà parte della rubrica tra qualche venerdì.
Il procedere per accumulo genera un film caratterizzato dall’eccesso, tutto è sopra le righe in “Crimewave”, dalle trovate, passando per il fatto che i personaggi, recitati con una dose di carica quasi elettrica, risultino essere tutti dei cartoni animati umanoidi proprio per questo immuni a ferite, cadute e lanci di piatti (o oggetti vari).
Il modello di riferimento è chiaro, le trovate comiche dei Tre Marmittoni o dei film di Stanlio e Olio avvolti in contrasti di colori smaccati, quasi alla Mario Bava fino a quell’inseguimento finale che è un trionfo dello Slapstick, non è un caso se nel mezzo vedremo spuntare la solita Oldsmobile Delta 88 colore beige, anche nota come The Classic, presente in tutti i film di Raimi e che a ben guardare, la lunga sequenza risulti essere una sorta di prova generale per l’inseguimento di Darkman, anche quello avveniva sul tetto di auto (e camion) in corsa.
I momenti memorabili non mancano, tutti quelli che non arrivano dalle vulcaniche idee di regia di Raimi, sono frutto del lavoro degli attori, in tal senso Brion James e Paul Smith sono i migliori interpreti della materia, ma Raimi domina alla grande anche le trovate visive, il protagonista che legge il libro “How to talk with the girl” o l’ultra comica gestione della suspence finale, con il titolo di giornale nel ruolo dell’ultima pagina del giallo e se ne lo state chiedendo, sotto il velo di una delle suore troviamo proprio Frances McDormand, che in questa rubrica sarà presenza semi fissa. Visto che c’è aria di famiglia in “Crimewave”, Ted Raimi compare nel ruolo del cameriere mentre Ethan e Joel si intravedono nei panni di due reporter non accreditati, ma quello che conta è il lascito del film.
Non mi riferisco sicuramente al botteghino o alle critiche portate a casa, considerato forse con troppo pudore l’oggetto da nascondere sotto il tappeto per entrambe le filmografie (con quella di Raimi in vantaggio su quella dei Coen), “I due criminali più pazzi del mondo” è stato propedeutico per tutti, i suoi effetti sul cinema dei fratelli del Minnesota cominceremo a vederli fin dalla prossima settimana, per Raimi invece, il seme, l’idea brillante di contaminare un genere con la commedia Splastick ha germogliato altrove, di più e meglio generando un capolavoro come Evil Dead II, a volte l’esperienza è la somma anche delle fregature ricevute da Hollywood.
Tra sette giorni invece, di nuovo qui con il prossimo capitolo della rubrica sui tre fratelli Coen che torneranno ad essere due, ma senza dimenticare il loro compare del Michigan, anche se non andremo nel Minnesota ma più a Sud, in Arizona. Non mancate!
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