Attento attento, avanza lento, non ci provare più o Mambo Jumbo ti farà il Voodoo, o Mambo Jumbo ti farà il Voodoo, Boom-Lay Boom-LayBoom! (cit.), benvenuti al secondo capitolo di ripasso in vista di “I mercenari 4”.
Molto possiamo criticare ad un eroe estremamente umano come Stallone, tanto che nel corso degli anni proprio di tutto gli hanno criticato (anche recentemente e a sproposito), ma non che al suo numero verde per le lamentele non risponda nessuno o che il nostro, non sia abbastanza intelligente da capire come migliorare, quello proprio no. Visto il successo del primo capitolo, era inevitabile veder tornare gli “Espansibili” (perché come detto, sono grossi come armadi a sei ante), un seguito che rende onore alla regola aurea: uguale al primo, ma di più!
Tanto di più che zio Sly nella sua astuzia questa volta ha cercato di radunare quante più vecchie volpi possibili, a partire dagli sceneggiatori, infatti Stallone ha proposto il lavoro al mitico Chuck Dixon, celeberrimo per un sacco di fumetti e per un lungo ciclo di storie del Punitore, personaggio che lo ribadisco, ad un certo punto della sua carriera proprio in Stallone, avrebbe avuto il suo attore ideale. Possiamo dire che incassato il rifiuto di Dixon, zio Sly non si è arreso (non lo ha mai fatto in vita sua) e ha potuto ripiegare su un altro Chuck di lusso, ma andiamo per gradi. Partiamo dalla sceneggiatura scritta a quattro mani con Richard Wenk (che vuol dire che Wenk scrive e Stallone poi modifica tutto a suo piacimento) risulta ancora più dritta e “vecchio scuola” di quella del primo capitolo, evidentemente tirata su e modificata più e più volte, per adattarsi ai presenti, rimediando a molti dei problemi del primo capitolo.
Ad esempio, sarebbe stato un crimine contro l’umanità gettare via Dolph Lundgren come si stava per fare, preso per i capelli dalla scena finale del primo capitolo. Qui il suo Gunnar Jensen eredita lo stesso passato dell’attore che lo interpreta, plurilaureato con Q.I. vergognosamente alto, che ha mollato tutto per fare il buttafuori, ma la storia (vera) la conoscete, forse non sapete che nella sua spasmodica ricerca di nuove generazioni di eroi d’azione – che purtroppo non esistono, non come li intendevamo noi – zio Sly aveva offerto il ruolo del cecchino Billy the kid a Taylor Lautner, il lupacchiotto di “Twilight” che in quei tre minuti nella sua vita in cui ha provato a riciclarsi eroe d’azione, oltre a collezionare risultati ridicoli, ha avuto anche l’ardire di dire di no a Stallone. Meglio così, oddio meglio, ci è toccato quel totano di Liam Hemsworth, fratello di Thor (ma non Loki), in una parte che secondo Sly, era già presente nel primo capitolo ma tagliata per motivi di minutaggio, forse sarebbe stato meglio avere più tempo per affezionarsi al personaggio, anche perché il monologo dell’Hemsworth minore sui suoi commilitoni e sul cane non è proprio l’Indianapolis speech, mettiamola così.
Tra i cavalli di ritorno schierati sulla linea di partenza da Stallone, uno è forse il più azzeccato di tutti, infatti per domare tutti questi leoni, ci vuole un domatore dal polso fermo, visto che zio Sly ha già dato per la regia del primo capitolo qui è ben felice di passare la mano a Simon West, che scientificamente divide tempi e numero di primi piani tra i suoi tanti e muscolosi divi, un lavoro ben fatto per un film dal ritmo bello alto, il secondo migliore mai diretto da West, che prima di finire più volte a dirigere il delfino di Sly, ovvero Jason Statham, resta quello che al suo primo film da regista ha diretto quella bomba atomica di Con Air, da cui recupera un po’ di quell’energia, almeno per il prologo.
Nepal, con l’obbiettivo di liberare un ostaggio (grosso, molto grosso) i nostro “Espansibili” entrano in azione e qui si, sembra la famosa, grossa partita con i G.I.Joe che sognavamo da bambini, visto che i nostri eroi guidando i loro mezzi corazzati pieni di frasi irriverenti scritte sulle fiancate (tipo “Bad attitude” o “Knock Knock”) e sembrano davvero usciti da un fumetto, non di Chuck Dixon ma di Larry Hama. L’approccio e l’inizio giusto per una missione di estrazione che serve a recuperare Trench, ovvero Arnold Schwarzenegger che entrando in scena con una battuta («Lo so è imbarazzante») mette subito in chiaro quale sarà il livello frizzantino dei dialoghi e la mai celata auto ironia della quercia austriaca.
Senza alzare il piede dall’acceleratore, sempre premuto a tavoletta, Simon West trova altri modi per far stare fermi i suoi non giovanissimi attori, ma creando quel senso di frenetico movimento intorno a loro. Non ha senso fare da bersagli mobili, sci-sci-scivolando lungo il cavo appesi come salami, ma loro sono gli Expendables e ormai lo sappiamo che la loro tattica è sempre la stessa, attacco frontale a testa bassa. Infatti quando Barney Ross (zio Sly con il baffo sempre più accentuato) e Lee Christmas (Jason Statham, con ancora più battibecchi e chimica con il suo padrino) si trovano soli contro tanti, va in scena un vero classico, il finger gun che è un ottimo modo per introdurre il cecchino Billy (Liam Hemsworth), molto più del suo monologo intendo.
Finita qui? No perché dopo l’irruzione, la scena nella giungla e il cameo di due secondi di Jet Li, che scatena la violenza in una cucina, solo contro tanti, a colpi di padellate marziali (Cannavacciuolo lèvati, ma lèvati proprio) concede almeno all’attore di recuperare un po’ della rispettabilità persa con il primo capitolo, il tuttoprima di sparire dalla trama.
Ma bisogna decollare dall’acqua cercando di non schiantarsi contro il ponte, il tutto inseguiti da barche cariche di sgherri sparacchianti, insomma il film è iniziato da dieci minuti e i nostri tra aerei, moto d’acqua e blindati in stile G.I.Joe, hanno già utilizzato metà del parco mezzi mondiale, posso dirlo? Ho visto inizi di film ben peggiori di questo in via mia, garantito al limone.
La missione, affidata alla banda dal solito losco agente della Cia, ovvero Mr. Church (Bruce Willis) prevede una cassaforte minata da recuperare con codice pronto a farla esplodere insieme al suo contenuto. Il contatto sul posto è Maggie Chan, che per nostra fortuna, non viene broccolata da zio Sly come la protagonista femminile del primo “Espansibili”, diciamo più che altro che Yu Nan diventa l’occasione perfetta per alzare battutacce che Dolph è sempre pronto ad andare a schiacciare a canestro (in quanto più alto del gruppo, ci sta). Forse l’unico difetto del personaggio e il suo strizzare l’occhio alla Co Bao di Rambo 2 senza esserlo davvero, ma a livello di strizzate d’occhio questo film è comunque ben messo, diciamo proprio compiaciuto.
Per me riassume molto del film la scena della porta dell’aereo precipitato, quello che trasportava la cassaforte, si chiude a tagliola ma invece di aprirla e bloccarla con uno dei rottami, i nostri preferiscono tenerla aperta a braccia! Sfoggio di muscoli da parte del solito Sly e di Terry Crews, per una scena di tensione che un tramezzo improvvisato avrebbe potuto risolvere lasciando più tempo ai protagonisti per risolvere la combinazione, ma poco importa è la filosofia di questo film, che alza il volume della radio e riesce ad utilizzare molto meglio le facce note, come il cattivo di turno ad esempio.
Se Jean-Claude Van Damme era destinato ad essere Gunnar il traditore nel primo capitolo, qui il Belga mantiene la promessa fatta a Stallone di entrare a far parte degli “Espansibili” ed è chiaramente quello che ci crede più di tutti, forse perché per lui questo film era davvero la possibilità di rientrare nel giro giusto, anche se purtroppo sfumata. Ma per dirvi della non troppo manifesta stima che Stallone ha nei confronti di Van Damme, non solo al Belga viene affidato il ruolo del cattivo, ma un cattivo che si chiama come l’attore che lo interprete e di cognome, una parola che suona come beh, “cattivo”. Il Jean Vilain di JCVD entra in scena nella nebbia, è così cattivo che il suo sgherro numero uno è Scott Adkins, che si sarebbe meritato un ruolo di ben più alta visibilità tra le fila di questi Mercenari, ma pur di recitare accanto all’eroe di cui ha provato evidentemente a seguire le orme, si accontenta anche del generico sgherro che finirà a fare a coltellate con Jason Statham.
Van Damme qui si carica sulle spalle la massima sempre in voga, azzecca il cattivo e hai portato a casa metà del film, infatti interpreta uno schifo d’uomo che considera tutti gli altri pecore e che con calcio a girare pianta il coltello nel cuore di Billy, così, tanto per, perché in quanto cattivo può permettersi questo ed altro, prima di sottomettere un intero villaggio per recuperare del plutonio sovietico per farsi su due bombe atomiche da rivendere al miglior offerente. Insomma, grazie Jean-Claude per aver messo in cassaforte metà del film!
Forse nel secondo atto, “I mercenari 2” tira un po’ il fiato, volano battute sul cibo italiano sopravvalutato (see lallero!) ma quando si torna in azione il film lo fa alla grande, i nostri, soli contro tanti, si giocano – letteralmente – le ultime cartucce, sulle note di Little Richard che mi ricordano sempre da vicino Red Scorpion (non può essere un caso) ed è qui che il film dimostra davvero di aver messo mano ai difetti del primo capitolo, infatti sulle note de Il buono, il brutto, il cattivo, entra in scena Booker, il lupo solitario… Chuck Norris!
La sua apparizione è breve ma intensa, compiaciuta perché è lo stesso Chuck Norris ad esibirsi in uno di quei Chuck Norris facts che gli hanno donato un colpo di coda di popolarità in carriera («Girava un’altra voce. Dicevano che eri stato morso da un cobra reale», «Sì, eccome, ma dopo cinque giorni di dolore straziante… il cobra è morto»), sulla sua entrata in scena ho solo una riflessione in canna dal 2012: legami tra Chuck Norris e la musica di Morricone? A quel punto avrebbe avuto più senso accennare il tema di “Walker Texas Ranger” no? Oppure aveva capito tutto Leo Ortolani, che tra le fila dei suoi Sacrificabili a fumetti sulle pagine di Rat-Man ci aveva messo Clint Eastwood, che forse era anche la prima scelta di Stallone. Immaginatevi la stessa scena con la Leggenda e anche la musica avrebbe avuto senso, in ogni caso, benvenuto Chuck Norris perché “The Expendables 2” davvero migliora la formula sotto tutti i punti di vista.
Questo è il capitolo dove Sly, Arnold e Bruce compaiono tutti insieme sullo schermo, ma non chiacchierano lanciandosi frecciatine come nel primo film, ma sparano, sradicano portiere delle Smart e si scambiano le frasi simbolo («Chi manca… Rambo?»), finalmente sembra veramente di assistere a quella grossa partita ai G.I.Joe con gli eroi d’azione della nostra infanzia quasi al loro meglio, per una storia che ovviamente resta Stallone-centrica, perché è lui che si ritaglia il duello finale con il cattivone, in un film decisamente più “Pop” di quanto non fosse il primo, in cui ogni citazione è una festa e anzi, da questo punto di vista avrebbe potuto esagerare anche di più, ma per fortuna non lo fa. Ad esempio Arnold ricompare pronunciando le parole «Sono tornato!» ma anche guidando un trivellone che ricorda molto Atto di Forza, oltre ad essere un altro modo per far risultare fighi e potenti i nostri eroi, senza bisogno di farli muovere nemmeno troppo, perché l’età resta comunque un fattore.
«Non si batte il classico!» la frase con cui Giasone elogia il suo tirapugni e trasforma in purè Scott Adkins, per me è quella che riassume meglio tutta questa operazione, narcisa e giocosa, perché comunque l’ego di tutti questi dinosauri dell’ultra violenza va solleticato per convincerli a prendere posto attorno a Stallone, ma è decisamente un netto miglioramento rispetto ad “Espansibili” primo estratto, per un film che si avvicina a quella promessa che Stallone ci ha idealmente fatto quando ha messo insieme la banda, ovvio che poi il palcoscenico però sia sempre lui a prenderselo.
Infatti il duello finale lo vede protagonista contro JCVD e trovo brillante l’idea per cui, la morte del personaggio che motiva il buono, per il cattivo sia boh, una normale giornata in ufficio, tanto che Jean Vilain nemmeno se lo ricorda come si chiama quello che ha ammazzato con coltello e calcio. Anche per questo si merita i pugni in faccia di Stallone e poi, lasciamoci andare alla festa, con i protagonisti che con la cantilena che ho piazzato in apertura citano il pezzo degli Shinedown e Giasone, che abbatte la quarta parete e conclude dicendo a Stallone: «Ti devo insegnare a tirare un pò di boxe», dopo di questo possono iniziare i titoli di coda, quelli che io chiamo “alla Predator” (primo piano dell’attore a tutto schermo e nome sotto) sulle note di un pezzo che mette in chiaro l’aria da festa di tutta l’operazione.
Un plauso particolare alla testardaggine di Stallone, che ha insistito con questa saga e con questo secondo capitolo, anche perché ha forse colto l’ultimo grande momento in cui era ancora fattibile quel sogno di poterli vedere (quasi) tutti insieme i nostri eroi. Per i seguiti nel 2012 io invocavo Kurt Russell (finito poi alla “concorrenza“) e altri nomi grossi, ma rivisto oggi, con la consapevolezza sulla direzione presa dalla carriera di Arnold o riguardo alla salute di Bruno, “I mercenari 2” è davvero la festa dei vecchi tempi, quello che dall’altra parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico definiscono come un “Last Hurrah”.
“I mercenari 2” è un colpo di bazooka sparato nella direzione giusta, un film divertente, caciarone, ben ritmato e con tanti dei nostri eroi tutti insieme, a ricordarci che non si batte il classico. Sistemati i difetti, a questo punto eravamo tutti pronti per altri sei o sette film così, sarebbe bastato continuare lungo questa strada ma niente, altro capitolo, altra svolta, ma di questo parleremo la prossima settimana, con l’ultimo capitolo della rubrica di ripasso, quello che mette fine alla festa in tutti i sensi, purtroppo.
Sepolto in precedenza giovedì 7 settembre 2023
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