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I mercenari 3 (2014): una nuova generazione di ero… no, niente, scherzavo

Sapevo benissimo in che trappola sarei  andavo volontariamente a cacciarmi quando ho deciso di imbarcarmi in questa rubrichetta di ripasso in vista di “I mercenari 4”, ma per stima nei confronti di zio Sly questo e altro, d’altra parte siamo tutti sacrificabili no? Boom-Lay, Boom-Lay, Boom e tutto il resto.

Sembrava fatta, con I mercenari 2 la formula pareva stabile, il fulmine era dentro la bottiglia o forse era solo il momento giusto, il famigerato “Last Hurrah” prima del rompete le righe, prima che le carriere e gli stati di salute non permettessero più ai dinosauri dell’ultraviolenza della nostra infanzia di essere qui, tutti insieme (o quasi, uno non ha mai voluto nemmeno sentirne parlare, rispondendo sempre m’importa ’na Seagal!), a spararsi le ultime cartucce, prima dell’oscurantismo, prima dell’Impero, prima che il Nulla arrivasse a divorare tutto. Verrà la fine e avrà due lettere, un trattino e un numero: PG-13.

La catena di eventi che ha portato a “The Expendables 3” per me è definibile con una sola parola: inspiegabile. Trovo assurdo che una saga nata per mantenere una promessa con una certa porzione di pubblico, quella che aveva l’età giusta per andare al cinema o stare davanti alla televisione quando i nostri stavano al massimo della loro testosteronica forma, abbia pensato che per continuare nel tempo e fare i soldi nel 2014, l’unica via da seguire fosse aprire alle nuove generazioni, allargare la platea per piacere ad un pubblico che nei casi migliori, forse conosce Sylvester Stallone per via del poster di Rocky in camera, quello che aveva il fratello maggiore di turno. Figuriamoci se hanno idea di chi sia Dolph Lundgren o peggio, se questo pubblico lo porti in sala con nomi come Kelsey Grammer, Victor Ortiz o peggio Glen Powell.

Notare che le nuove leve qui, non ci sono (vince Giasone, cosplayer di Tony Scott)

Ma è evidente che “I Mercenari 3” sia stato fatto con quello che si aveva per le mani in quel momento, mi viene da pensare che in nome del maledetto PG-13, siano venute a mancare anche le condizione minime per rimettere il fulmine dentro la bottiglia per la seconda volta di fila, eppure le intuizioni giuste Stallone le aveva avute, come ad esempio tirare dentro all’operazione nomi bisognosi di ruoli come Wesley Snipes e Mel Gibson, che per un momento avrebbe dovuto avere un doppio ruolo, attore e regista (e già mi immagino messe in latino sul set, rallenty e secchiate di sangue sullo schermo), perché se si era fatto già molto meglio con Simon West, avere un domatore di leoni capace di tenere a bada tutti questi super-ego ormai avrebbe dovuto essere il minimo sindacale, invece? Invece Patrick Hughes, illustre sconosciuto, pupazzo dei Muppet che dirige con la mano di Stallone infilata, non vi dico dove perché in fondo (molto in fondo) sono un signore e via così.

“The Expendables 3” sulla carta ha anche una storia che funziona, si parte subito forte pronti via, con un’estrazione, bisogna liberare un prigioniero su un treno in corsa, pochi minuti e scopriamo che si tratta di Doc, quindi di fatto il treno lanciato verso la prigione (e il disastro) è un METAFORONE, i nostri “Espansibili” (perché grossi come armadi a sei ante, ve lo ricordo) sono qui per salvare Wesley Snipes dai suoi guai con il fisco, letteralmente, perché se Gunnar Jensen è un personaggio che ha ereditato il passato di Dolph, l’attore che lo interpreta, qui si fa lo stesso per il Doc di Snipes, ci giochiamo la battuta sulla famigerata I.R.S. e via così, per un inizio simpatichino ma già meno efficace di quello del secondo capitolo. Poi ditemi che non è vera la storia con cui vi ammorbo, quella per cui i primi cinque minuti di un film ne determinano tutto l’andamento eh?

Undisputed 2 – I.R.S.

Ancora un po’ di spazio a Wesley Snipes (o alla sua controfigura) e sembra che “The Expendables 3” debba ruotare tutto intorno a lui o per lo meno, che il nostro appena scarcerato, sia qui per un ruolo di primo piano, invece diventa subito chiaro che ora la stanza è un po’ troppo piccola per tutti questi neri nerboruti, ora che Sly ha finalmente quello che forse, era la sua prima scelta fin dall’inizio, ora Terry Crews sia un po’ di troppo, quindi diligentemente dopo la scena del “tagliare l’erba” (con il minigun, come ai gloriosi tempi di Predator o giù di lì) Crews lascia spazio al nuovo (vecchio) titolare meritandosi un applauso per la sua professionalità.

Anche perché la parte iniziale della terza avventura degli “Espansibili” tiene conto del grado e dell’anzianità, sulla carta l’idea del cattivo di turno, Conrad Stonebanks interpretato da Mel Gibson, ex socio e fondatore del gruppo di mercenari (con tanto di tatuaggio scolorito) passato al nemico è una buonissima idea, così come lo è il piano di Barney Ross di mettere da parte quelli che per lui ormai sono amici, se non proprio fratelli e usare una seconda banda di “Sacrificabili” con cui non ha nessun legame emotivo, per chiudere con il passato e con Conrad. Tutto giusto nei piani, perché a quel punto, gli Expendables 2.0 avrebbero dovuto essere facce sullo sfondo, magari radunati velocemente in unica soluzione, facce anche sgradevoli con cui fare un lavoro così sporco per cui non vale la pena far sporcare le mani ai “Fratelli in arme” di Ross, oppure in alternativa, tenere bene in alto sopra la testa quella bottiglia con il fulmine dentro e scegliere nomi nuovi da lanciare che fossero davvero in grado di portare avanti la gloriosa tradizione dei nostri dinosauri dell’ultra violenza, ed è qui che il treno di “I mercenari 3” deraglia.

Qui le nuove leve ci sono, ma dietro, tentativo per nasconderle.

Seguendo le gerarchie, bisogna presentare il nuovo contatto del gruppo, ovvero Max Drummer interpretato da Harrison Ford che letteralmente entra in scena dicendoci che Bruce Willis è fuori dai giochi, anche perché nel frattempo il rappresentante di un terzo della catena di ristoranti Planet Hollywood ha scazzato con Stallone, quindi con noi non giochi più Bruno (storia vera). Ford è un buon compromesso, ma davvero qualcuno ha mai considerato i suoi film sotto il Fedora o quelli nei panni di Jack Ryan sullo stesso piano delle pellicole con i Dolph, i Chuck, i Wesley e tutti gli altri? Siamo già alla soluzione di ripiego, tirata per i capelli.

In compenso va molto peggio quando il film prosegue con il suo presentare, perché per tre quarti “The Expendables 3” è una passerella di personaggi che arrivano, si presentano e poi nei casi migliori, prendono posto sullo sfondo dietro a Stallone che ovviamente fa da filo rosso, collante e capitano in campo, oltre che regista oscuro, visto che in parecchie scene si vede il suo zampino, tipo il montaggio con musica drammatica in sottofondo, volete dirmi che quella è farina del sacco di Patrick Hughes? Essù dai, non ci crede nessuno.

Il contributo di Ronda Rousey in una gif, così vi beccate il meglio riassunto senza dover rivedere tutto il film (a buon rendere!)

La passerella porta in scena il comico Kelsey Grammer noto per “Cin-Cin” e relativo spin-off che qui è la versione da discount della prima scelta (che avrebbe dovuto essere Nicolas Cage, vi lascio un minuto per disperarvi del mancato accordo), Kellan Lutz è grosso quindi fisicamente in linea con il concetto di “Espansibili” ma arriva dalla saga di “Twilight”, quindi tentativo disperato di fare presa sul pubblico giovane che nel 2014 aveva già iniziato a dimenticare vampiri scintillanti e lupacchiotti. Victor Ortiz, una carriera da pugile e qui non tira nemmeno un pugno, un po’ come succede alla scelta migliore possibile, Ronda Rousey che nel rosso vestito da sera da buttafuori almeno spicca, per poi rassegnarsi a fare da spalla alla spalla comica, ovvero il nongiovane Antonio Banderas, che si merita un paragrafo a parte.

«No, Rosita non può entrare in squadra, altrimenti mi porto anche Birillo e facciamo gli ExPETdables»

Tonino Banderas è sempre un nome di richiamo, ha già recitato con(tro) Stallone diretto da Dick Donner ed è stato El Mariachi, quindi ha già più cittadinanza di Harrison Ford, la sua battuta simbolo qui resta «Ho bisogno di lavorare!» che per lo meno è una manifesta e onesta dichiarazione di intenti, anche perché l’alternativa in quel periodo erano i duetti con la gallina Rosita nelle pubblicità dei biscotti. Banderas è così professionale che il ruolo del ‘enne che si atteggia a fare il giovane pieno di energia, logorroico e rompi coglioni gli viene così bene che inevitabilmente, risulta urticante. Quando hanno annunciato la sua presenza, nel cast di un film che non esiste che vede protagonista Ford, ho temuto seriamente di vederlo tornare ad esibirsi in un altro ruolo esagitato come questo, per fortuna pericolo scampato (almeno quello). Per assurdo è l’unico personaggio del lotto che ha un minimo di sviluppo, anche se è chiaro, siamo di fronte ad un caso di “Effetto Jar-Jar Binks” (la spalla comica che scappa di mano e si prende troppe porzioni di film), basta dire che nel finale, la grande sparatoria-fagiolata, ha più minuti Banderas che tutti gli altri, anche i membri ormai storici del gruppo.

La vera scelta assurda per me resta Glen Powell, nei panni di un hacker scalatore, quello che faceva (benissimo) la parte del biondone scemo in Scream Queens, ma la dimensione del disastro nella scelta di questi “Delfini” sta nel fatto che nessuno di quelli scelti da Stallone abbia poi avuto una vera carriera, ad esclusione di quello che nel 2014 era chiaramente l’imbucato. Powell è arrivato a ricoprire un ruolo fotocopia accanto a Tom Cruise in Top Gun – Maverick, poco, ma comunque molto di più di quello che hanno fatto tutti gli altri messi insieme, mi prendo ancora un momento per riassumere lo stato dell’arte.

Nell’Expendables 3 dei miei sogni, Dolph prende Powell e lo usa per spazzarci il pavimento (carisma e gavetta vs. i santi in paradiso)

Sylvester Stallone è una roccia, non si discute, qui ha anche domato la lunghezza del baffo di Barney Ross, fa da filo conduttore alla passerella di facce, ma sembra il coach che cammina nervosamente a bordo campo mentre i suoi in campo, non trovano la via per fare canestro perché sono stati schierati dal giorno alla notte senza per forza essere nemmeno giocatori di Basket. Per uscire dalla metafora, le vecchie glorie, che si sono fatte una carriera sparando e menando, qui non possono farlo per via del visto censura PG-13, quindi tocca esibirsi in un film presenta-personaggi, l’altra metà dei quali senza carisma.

Wesley Snipes scalza Terry Crews dal quintetto base per poi sedersi in panchina accanto a Randy Couture, un addomesticato Dolph Lundgren (che spreco di carisma!) ma soprattutto, Jason Statham che in teoria doveva essere il prediletto, l’erede al trono e qui si vede messo da parte da tanti Mister (e una Miss) nessuno, persino Robert Davi, nel ruolo di spalla del cattivo ha più spazio di lui.

Almeno gli avrei fatto cantare una canzone.

Mel Gibson era nel pieno del suo “piano di rientro” dopo quella storiaccia a base di guida in stato di ebrezza condita da paroline non proprio scritte nella sua amata Bibbia, sul popolo che a detta di qualcuno, sarebbe responsabile di aver messo Jim Caviezel sulla croce. “Fuori controllo” (2010) sembrava un modo per ammettere la sua condizione, “Mr. Beaver” (2011) per ricordare a tutti di essere un attore con un grazie a Jodie Foster per l’occasione, poi semplicemente Mel ha più o meno abbracciato l’immagine da cattivo che molti volevano per lui, Blood FatherDragged across concreteFatman e Boss Level, prima di arenarsi in film DTV che qui da noi, passano solo su Sky Movie e non vedono nemmeno la sala come il terribile “On the Line” (2022), di cui non ho avuto il cuore di scrivere per stima nei confronti di Gibson.

In ogni caso, sempre bello avere Mel nella posa degli eroi della Bara.

Qui Mad Mel ha un monologo con cui si mangia la scena dimostrando di essere meno svogliato rispetto al ruolo fotocopia nel moscissimo “Machete Kills” (2013), ma va molto peggio con il prossimo grande nome.

Harrison Ford nella fagiolata finale entra in scena pilotando l’elicottero, nel tentativo disperato di ricordare quando tornava in dietro a salvare il culo a Luke Skywalker alla guida del Millennium Falcon, per il resto purtroppo influente ai fini della trama e del risultato finale.

«Facciamo saltare quest’affare e andiamo a casa! strano ho come un déjà vu»

Jet Li e Arnold Schwarzenegger si prendono le briciole, solo che il secondo è talmente a suo agio, talento naturale se ne esiste uno per sfondare lo schermo pronunciando una frase (la quercia austriaca potrebbe fare di «Mi passi il sale» un punch-line da stampare sulle magliette), qui trova il modo di citarsi addosso ricordandoci che è sempre “Numero 1″(cit.) anche nel grigio di questo filmetto.

Un po’ di casino nel finale, molta attenzione focalizzata su dei motociclisti che zompettano su delle rampe (per dare un’idea di movimento) e una frettolosa scazzottata tra Stallone e Mel Gibson e tutto si risolve con la “frase maschia” che conclude il tormentone sul dover potare il cattivo davanti al tribunale dell’Aia («Che ne sarà dell’Aia?», «Sono io l’Aia», ma come Sly, non eri Bubi? Hai cambiato marca?) e tutto finisce o meglio, lascia il campo ad una serie infinita di proliferazione di finali, tutti girati per comodità nel bar, perché se hai passato una buona porzione di film a presentare personaggi, un’altra porzione bisogna dedicarla ai saluti da ultimo giorno di scuola.

Quindi di nuovo Sly, da buon coach, fa il giro per salutare e lasciare che tutti abbiamo una gag di un minuto in cui tanto, lo spazio se lo prende tutto l’esagitato Banderas, prima che l’imbarazzo prenda il sopravvento, prima che la banda di inutili giovinastri si metta a cagare su un capolavoro dell’altro mio zio del cuore, nella tremenda scena al karaoke.

La mia faccia mentre guardo quella scena (volendo ho anche lo stesso cappello, storia vera)

Ed è così che “The Expendables 3” se ne va, nella delusione generale dovuta più che altro alla consapevolezza che ormai il treno era passato, come dicevo all’inizio di questa rubrichetta, Stallone è tutto cuore, cervello e super ego, ma è solo prendendo il pacchetto completo che possiamo avere il mito in persona. 

«Ma dove l’ho pescata ‘sta banda di fessi?»

La resa per uno come lui non è contemplata, il fallimento sì, quello fa parte del percorso, metti in conto che prima o poi cadrai ma anche, che verrai giudicato solo per il numero di volte in cui ti rimetterai in piedi, quindi treno andato o meno, “I mercenari 4” era inevitabile, perché tanto tra le poche certezze che abbiamo nella vita questa è una di quelle: zio Sly a terra faccia contro il tappeto non ci starà mai. Gli si vuol bene proprio per questo, quindi, sotto con il quarto! Io il mio dovere di ripasso l’ho fatto!

Sepolto in precedenza mercoledì 13 settembre 2023

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