Ve lo ricordate “Jolly Blu”? era un film, anche se ci va un certo pelo sullo stomaco per definirlo così, più che altro una scusa per mettere insieme canzoni degli 883, l’ho visto in tv attorno alla fine degli anni ’90, un’esperienza lisergica meno costosa del peyote, ma con gli stessi effetti a lungo termine sui neuroni. Non so, guardando “I mercenari 4” mi è tornato in mente.
“Expendables 4”, reso graficamente come “Expend4bles” o peggio “I mercen4ri – Expendables” è tante cose tutte insieme, da un certo punto di vista la conferma del fatto che il servizio clienti di zio Sly funziona, perché come accaduto tra il primo e il secondo capitolo, per questo quarto film sono state applicate delle modifiche in base alle lamentele sollevate dal terzo, disastroso film, il che è sicuramente positivo.
Iniziamo dalle informazioni di pubblico dominio, era un fatto noto che il quarto film della saga degli “Espansibili” sarebbe stato molto più incentrato sul personaggio di Jason Statham ovvero Lee Christmas, il che è tardivo ma sensato visto che l’inglese ha diligentemente ricoperto il ruolo di delfino di Stallone, anche durante la bizzarra idea di sostituirlo con alcuni giovinastri (e Banderas). L’altra notizia positiva è che abbiamo un regista, si tratta di Scott Waugh quello di due titoli come “Act of Valor” (2012) e “Need for Speed” (2014), che a distanza di tempo più o meno si ricordano ancora, a differenza del resto della filmografia di Waugh, insomma anche lui a suo modo un “Sacrificabile” che avrebbe tutte le motivazioni per voler far bene sfruttando la vetrina offerta da questa saga.
L’altro effetto positivo del servizio clienti di Stallone è la scomparsa del dannato PG-13 che aveva ammazzato in culla il terzo capitolo, in favore di un bel vietato ai minori che permette almeno ai protagonisti di sparare, imprecare e spargere sangue (in CGI) sullo schermo, il lato negativo, o almeno negativo per come è stato gestito, consiste nel passo indietro di zio Sly, che da un certo punto di vista poteva anche essere un bene, la mossa in stile Creed, con il nostro che prende posto nell’angolo del ring, portando carisma, esperienza e i suoi trascorsi cinematografici per dare nuova linfa ad una saga che non sembra aver mai avuto davvero chiara la sua direzione, se non ai tempi del secondo capitolo.
Il problema è che la sensazione generale sia il più classico dei «Ci pensi tu?», come i miei colleghi quando vogliono rifilarmi una rogna che in teoria, sarebbe compito loro. Nella regia affidata a Scott Waugh non si notato troppe tracce di ingerenze Stalloniane, non come erano visibili e palesi in I Mercenari 3, il nome del nostro non compare tra gli sceneggiatori, quindi ufficialmente Kurt Wimmer, Tad Daggerhart e Max Adams questo pastrocchietto se lo sono scritti da soli, senza nemmeno la modalità “Sceneggiatore ombra” di Stallone, che spunta da una parete di fango coltello alla mano per imporre modifiche, almeno, non più di quelle imposte dallo “Star system” del cast e il diverso peso dei vecchi personaggi e di quelli nuovi, palesemente riciclati.
Il problema è che con tutta questa volontà di fare le cose alla vecchia maniera, “I mercenari 4”, costato la bellezza di 100 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti (immagino divisi in parti non uguali tra i membri del cast) sembra davvero un film d’azione della vecchia scuola, si però uno di quei Direct-To-Video del 1995 che sfruttavano il nome di una saga famosa, per un film con tre location di numero, ve lo giuro, tre, e una pezzenteria di fondo difficilmente difendibile, per un capitolo eternamente diviso tra la volontà di aggiustare il tiro rispetto al capitolo precedente e le carte che si ritrova in mano, decisamente non abbastanza per puntare ad una scala reale.
Il prologo somiglia a quello del secondo film ma meno sborone, i mezzi d’assalto che fanno irruzione in un vecchio impianto chimico di Geddafi, in una Libia comunque ancora sotto occupazione militare come se non fosse cambiato nulla, hanno un tocco un po’ più realistico e meno da episodio di G.I.Joe, il che è un bene e un male allo stesso tempo. Più che altro sono minuti impiegati per introdurre il cattivo di turno, Suarto, interpretato da Iko Uwais, che paga il fatto di essere indonesiano in un film Yankee, quindi si becca come arma d’elezione due Tonfa a cui qualcuno ha fatto la punta con il temperamatite, per un personaggio impegnato a rubare testate Nucleari, da utilizzare contro la solita Russia per scatenare la solita terza guerra mondiale così, perché non basta lo Zar Vladimiro primo di tutte le Russie, ci vuole Iko Iko ad accelerare le operazioni.
Mentre Iko Iko ruba bombe dimostrando di non avere i dilemmi morali di Oppenheimer, ci vuole un lungo momento da fratelloni per Lee Christmas e Barney Ross, la scusa di recuperare l’anello porta sfiga fortuna del capo coincide in una bella rissa in un bar con i cari vecchi tirapugni, ma più che altro serve per far entrare in scena la grossa novità del film. Lee lo sciupafemmine ora ha una storia con la bella e incazzatissima Gina, occasione per Megan Fox per esordire nella saga recitando una mezza crisi isterica, conciata come qualunque donna al mondo sta normalmente vestita in casa sua: sottoveste di Victoria’s Secret che costa come il vostro conto in banca, capelli impeccabili e trucco leggerissimo, impercettibile. Joe Hallenbeck avrebbe parlato di panda e pistole a spruzzo tanto per darvi un’idea.
Ovviamente i nostro “Sacrificabili” una volta recuperato l’anello del potere (ci sono delle priorità nella vita), ora hanno tempo per occuparsi di quel furto di testate nucleari che potrebbe annientare l’umanità, questa volta per conto della CIA rappresentata dalla rata del mutuo da pagare di Andy Garcia, che entra nella saga in punta dei piedi, ereditando idealmente il ruolo che fu di Bruce Willis e di Harrison Ford. Considerando che se penso a quello tamarro di casa Corleone, tutto mi viene in mente tranne i film d’azione degli anni ’80 e ’90, diciamo che il fuoco e la concentrazione del casting si sta sposando andando sempre più a sud.
La nuova vecchia banda anche qui, dimostra gli effetti positivi del servizio clienti di zio Sly, ma anche le necessità di adattarsi al mercato odierno, il lato positivo è che i nostri “Espansibili” non sono più duecentottanta come nel terzo capitolo, ma un gruppo più ristretto in cui Dolph Lundgren e Randy Couture possono tornare a pronunciare battute, in cui la quota gioventù è rappresentata da Jacob Scipio, detto Giacobbe elmo di Scipio, che qui eredita letteralmente il ruolo che fu di Banderas senza risultare così urticante (ma abbastanza inutile sì) per completare l’opera con 50 cent, che nei panni di Easy Day sembra quello che finalmente ce l’ha fatta.
Il rapper doveva essere a bordo già nel primo film, le lamentele dei fan lo hanno fatto sostituire da Terry Crews, ma con la sua assenza e quella di Wesley Snipes, alla fine Mezza Piotta è riuscito ad entrare a far parte del gruppo, si vede che insieme a Stallone sul set di Escape Plan sono molto amici e si fanno un sacco di risate, non ho altre spiegazioni altrimenti.
A completare il quadretto Megan Fox, che sta qui evidentemente per ragioni ormonali e vecchi ricordi in tal senso del pubblico, perché non voglio credere che quando sfilava in mimetica con il mitra a tracolla in “Rogue” (2020) sia ragione sufficiente per equipararla alla gavetta di che so, Dolph, eddai su, fate i bravi. In compenso, per rendere ancora più stereotipato la “quota rosa” interpretata con plasticosa fissità da Megan Fox, perché non replicare il suo personaggio inserendo anche la tizia armata di fruste e coltelli impersonata da Levy Tran? Così abbiamo due personaggi femminili fermaposto invece che uno solo, ora possiamo andare avanti.
Un minimo di idea di movimento ci viene data nella scena del primo tentativo di recupero delle armi nucleare, un inseguimento in auto in cui i protagonisti, non più giovanissimi, possono stare fermi alla guida e sparare dalle loro jeep in corsa, mentre Scott Waugh cerca di ricordare a tutti di essere un regista pescando in parti uguali dai suoi due titoli più famosi. Il tutto mentre zio Sly seduto, pilota l’aereo degli Espansibili, diventando assoluto protagonista della svolta che arriva attorno al ventesimo minuto del film, un momento che serve a responsabilizzare Lee Christmas, a metterlo al centro della storia ma anche a lasciare tutto il film sulle spalle di Giasone Statham, infatti le parti dove “I Mercenari 4” funziona, sono quelle che si attestano sul livello “Solito film con Giasone che fa Giasone”.
Una scena che mi ha fatto ridere ad esempio è stato rivedere Statham in completo nero impegnato a picchiare un odioso Ticktocker, anche se il resto del film prosegue facendo valere la classifica data dallo “Star System”, infatti mentre Giasone va per la sua strada, incontrando i contatti sul posto fatti a forma di Tony Jaa (che non si perde nessuna di queste rimpatriate) al comando della seconda operazione d’assalto ci si mette Megan Fox, e va benissimo a tutti i veterani, anche quando vengono tutti catturati, rinchiusi in una stanza per metà film lasciando che “Expend4bles” si trasformi nel solito film di Giasone.
Proprio perché è un film diviso tra aspirazioni alte, che non può permettersi perché ha già speso tutto per il casting, e la sua volontà di aggiustare il tiro. Scott Waugh si ritrova in mezzo, a dirigere una scena in cui Giasone da solo, di notte, in divisa nera e armato come si deve si intrufola sulla nave che porta le testate, eliminando gli sgherri a bordo silenziosamente, uno alla volta, anche ricordandosi di ricaricare (incredibile!), come alla ricerca di un maggiore realismo e un tono più sommesso, salvo un attimo dopo trovare una moto da Enduro con mitra anteriore per giocarsela come se fosse la versione pezzente e senza spicci di Delta Force, non mi fate commentare il salto in moto che fa in CGI perché non ho il cuore di accanirmi su questo mezzo disastro.
Come me la gioco? Prova a darvi un’idea del disastro parlando dei singoli attori? Jason Statham fa il suo sporco lavoro, finalmente è al comando di un film che più che corale, sembra di nuovo solita, quindi tutto sommato per lui, una normale giornata in ufficio.
50 Cent dopo una vita a sgomitare, sembra quello che riesce finalmente ad imbucarsi alla festa quando ormai è bella che finita, in una scena viene costruita una trappola che dovrebbe attirare l’attenzione delle guardie, che per fare un gran rumore spara a tutto volume da una radio uno dei suoi pezzi più famosi. Quando vediamo una guardia sparare alla radio non solo fanno un favore alle mie orecchie, ma hanno anche messo su schermo la migliore metafora possibile riguarda alla presenza di Mezza Piotta in questo film.
Dolph Lundgren ha ben due dialoghi in cui il suo Gunner Jensen non riesce a sparare bene perché troppo sobrio, nel finale si ciuccia una fiaschetta (mi auguro almeno del suo amato Fernet) e ricomincia a sparare dritto, pensate a cosa vi buttereste in corpo voi se dopo una vita a fare film d’azione, vi ritrovaste sorpassati a destra da Megan Fox, poi ne riparliamo.
Randy Couture ha più dialoghi qui che nei capitoli due e tre messi insieme. Tony Jaa trova il tempo di tirare due gomitate, peccato che spesso Scott Waugh faccia un casino con il montaggio o tenga la macchina da presa troppo vicina per valorizzarle, va un po’ meglio nel duello finale sta Statham e Iko Iko, anche se il secondo avrò dovuto mordere il freno perché lo “Star system” gli impedisce di usare l’inglese per spazzare il pavimento come potrebbe fare senza nemmeno sudare.
Jacob Scipio è la spalla comica che non fa ridere, nell’assalto finale, lui si presenta in canotta, Benelli e bandoliera con i proiettili a tracolla. Il Benelli, ottimo per sfondare porte che spara dieci colpi e richiede un sacco di tempo per essere ricaricato? Nessuno sano di mente si presenterebbe ad un’irruzione del genere con un’arma così lenta da ricaricare, lui invece, pare Taddeo a caccia di Bugs Bunny nel bosco.
Andy Garcia va due metri sopra le righe, nella speranza di non far notare le dimensioni della rata del suo mutuo a tasso variabile che lo affligge. Megan Fox in compenso è una bambola, mentre tutti sparano lei vaga, con il fucile a tracolla e la messa in piega perfetta, il trucco impeccabile, come se arrivasse dritta da un altro film, forse da “Barbie Commando” non lo so, sta di fatto che con ancora meno minuti e primi piani a disposizione, Levy Tran che è più vecchia di Fox di quattro anni, qui sembra sua figlia ed è tre volte più sexy, non dico utile ai fini della trama, ma almeno sexy sì.
Per la fine mi tengo il migliore, se Megan Fox finisce per abbracciare i cliché che in carriera ha tentato (invano) di combattere, Sylvester Stallone in modalità “Ho mal di schiena, fallo tu, sono vecchio, largo ai giovani, io che posso fare ancora”, è fin troppo modesto, la modestia di chi pensa, mi si nota di più se non vengo o se vengo e non parlo? Considerando che Arnold Schwarzenegger ha preferito restare a casa con i suoi animaletti piuttosto che prendere parte a questa roba (storia vera), Stallone sembra uno che per tutto il tempo dice: «No fate voi davvero, io mi siedo in un angolo e vi guardo» salvo poi doversi alzare per forza, perché se la tua alternativa sono le espressioni da labrador (pettinatissimo però eh?) di Megan Fox è normale che poi tutti, regista e sceneggiatori, si siano affidati ancora una volta a Stallone, malgrado il film sia più o meno sul livello dei suoi Escape Plan dal secondo in poi però. Secondo me è Mezza Piotta che porta sfiga.
Perché questo film mi ha fatto pensare a “Jolly Blu”? Sarà perché non vedo differenza di talento e di utilizzo nella storia tra Megan Fox e Alessia Merz? Più che altro perché nella mia testa il film degli 883 contiene uno dei più grandi momenti (S)cult della storia del cinema, non scherzo, vi metto uno SPOILER nel caso non lo abbiate mai visto e ve lo racconto:
Per giocarsi il momento strappalacrime e per far cantare a Max Pezzali la sua Se tornerai, “Jolly Blu” si gioca il comico Dario Cassini nei panni dell’amico d’infanzia Alex, quello che Max ha perso di vista e che ritrova morto su una panchina. Una scena di vita di provincia in cui più di uno di noi si è ritrovato, con tanto di pubblico davanti allo schermo che fa ondeggiare gli accendini, qualcuno preso dal pezzo, altri per darsi direttamente alla droga. Ecco, il momentone piagnucolone che “Jolly Blu” come risolve? Ad un certo punto, due minuti prima del finale caciarone, Dario Cassini torna per lo stupore di Pezzali che gli chiede: «Ma non eri morto? Che ci fai qui?», «E vabbè poi ti spiego», canzone allegrona e titoli di coda. Fine SPOILER.
Ecco, io non vedevo una tale presa per il culo all’intelligenza dello spettatore di questa portata in un film, dai tempi di “Jolly Blu”, quindi tutto quello che ho da dire su “Expendables 4”, “Expend4bles” o peggio “I mercen4ri – Expendables” è questo, il film che sta ai film d’azione come “Jolly Blu” sta ai musicarelli. Non ho altro da aggiungere se non che ha fatto bene Arnold a restare a casa.
Quasi me lo immagino zio Sly, sotto casa di Arnold che gli urla «BIG MAN!» per convincerlo ad andare alla festa di “Expendables 5 – Rotta per casa di Arnold”.
Sepolto in precedenza lunedì 25 settembre 2023
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