Nel 1992 un titolo come “Universal Soldier” era ancora in grado di mandare in crisi i nostri distributori, che infatti ricorsero a vari trucchetti, come infilare nei titoli di testa una traduzione a braccio come “Soldati dell’universo” (sigh!), che chi come me ha visto e rivisto questo film in VHS ricorderà bene, ne ha parlato anche il Zinefilo meglio di me.
Eppure con l’invenzione “I nuovi eroi” per certi versi non sono andati troppo lontani dalla realtà, perché il primo “Universal Soldier”, capostipite di una saga composta da cinque capitoli più qualche seguito apocrifo, per certi versi ha davvero lanciato dei nuovi eroi cinematografici, ma andiamo per gradi.
Quando negli uffici della mitica Carolco, Richard Rothman e Christopher Leitch si presentarono con una bozza di soggetto di “Universal Soldier” il leggendario produttore Mario F. Kassar capì al volo che dopo Atto di Forza e Terminator 2, sobbarcarsi un’altra maxi produzione come quella, sarebbe stato troppo per le tasche della Carolco. Infatti “I nuovi eroi” è un film che può sembrare grosso solo agli occhi del bambino che ero, intento a gustarsi questo film sulla televisione di casa, ma è chiaro che sia stato fatto di tutto per mantenere bassi i costi a partire dalla sceneggiatura, affidata ufficialmente a Dean Devlin, che di lì a poco sarebbe diventato la tastiera preferita del regista scelto dalla Carolco, quel Roland Emmerich che arrivava dritto da “Moon 44 – Attacco alla fortezza” (1990), qui al suo primo titolo davvero importante in carriera, molto prima di diventare il profeta dei film catastrofici ad Hollywood.
La parte di un film così spudoratamente Yankee fino al midollo è il suo essere stato diretto da un tedesco (naturalizzato americano), impegnato a dirigere un belga e uno svedese, una barzelletta? Forse ma preferisco pensare alle magie del cinema per un film che compie i suoi primi trent’anni, anche se bisogna dirlo, non è nemmeno invecchiato male, perché i suoi pregi e difetti erano già tutti chiarissimi nel 1992, quando la Carolco comunque si impegno abbastanza per promuoverlo, mi ricordo ancora Jean-Claude Van Damme e Dolph Lundgren fare le guardie del corpo ad Ice-T nel video di Bodycount, pezzo che si sente sui titoli di coda del film.
Per certi versi “Universal Soldier” è il perfetto film di Jean-Claude Van Damme, ma anche uno dei meno “Van Dammosi” di sempre, ad una prima occhiata dentro possiamo trovarci tutte le caratteristiche chiave di un film del belga: fa la parte di un soldato di nome Luc Deveraux per mascherare il suo accento, la bella di turno gli sbava dietro e lui trova il modo di esibire il “lato B”, forse in una maniera meno gratuita rispetto a che so, Lionheart, anche se è principalmente un film d’azione più che uno di arti marziali, quindi al nostro JCVD viene chiesto di fare quello che desiderava ardentemente fare in quel periodo della sua carriera, recitare più che dare calci, solo che la seconda attività gli è sempre riuscita meglio, questa non è certo una novità.
Se non altro “I nuovi eroi” è stato il suo primo grosso film americano, uscito prima nelle sale degli Stati Uniti che in quelle della vecchia Europa, quindi una sorta di esordio per lui, per Rolando Emmerigo e per certi versi, anche per Dolph Lundgren, in un ruolo da cattivo ok, ma con più dialoghi di quanti non ne avesse in metà dei suoi film precedenti.
L’inizio del film è già un po’ il trionfo del MACCOSA, in Vietnam un belga e uno svedese sono in ansia perché che caccio ci fanno un belga e uno svedese in Vietnam? Forse per questo all’americanissimo sergente Andrew Scott (Dolph Lundgren) parte il boccino e inizia a regalarci la sua versione di un celebre pezzo di Enzo Jannacci, collezionando una collana fatta di orecchie umane. Luc Deveraux di suo trova più educato che le orecchie vietnamite restino ai lati delle teste a cui appartengono, quindi i due soldati finiscono per ammazzarsi tra di loro, sembra la versione trucida del finale di “Full Metal Jacket” (1987) invece è l’inizio di “Universal Soldier”.
Il trionfo del MACCOSA procede quando i due cadaveri vengono dichiarati M.I.A. (dispersi in azione) per non dover fare rapporto sulla collezione di orecchie di Scott, i corpi vengono messi sotto ghiaccio (un po’ il tema chiave del film) e utilizzati per qualche progetto segreto, talmente segreto che la trama non perde nemmeno un secondo a spiegarlo. Salto in avanti nel tempo, ritroviamo JCVD e Dolph che in teoria dovrebbero essere più o meno cinquantenni, ma in realtà non sono invecchiati di un giorno, forse l’unica profezia davvero azzeccata del film visto l’attuale stato di forma dei due attori.
Il film ci scherza un po’ sull’età presunta dei personaggi, anzi bisognerebbe dire che il film scherza su un po’ ogni elemento della trama, ma resta più interessato a mostrarci Luc e Andrew trasformati in due UNISOL dai nomi in codice GR-44 e GR-13, a metà tra i droidi di Guerre Stellari e il Giornale Radio locale però con quella roba da Borg appiccicata sulla faccia, il mirino sull’occhio il microfono, quello per cui ogni volta che utilizzo le cuffie su Skype, il mio interlocutore mi becca sempre mentre sono impegnato a fare il soldato universale giocando con l’asticella (storia vera).
Il resto della squadra di UNISOL è composta da nomi di tutto rispetto come Ralph Möller, Ton “Tiny” Lister jr. oppure il figlio di Chuck, Eric Norris, ma al film non interesse nemmeno sfruttare questi corpaccioni propensi a menare le mani, preferisce invece lasciare che sia Roland Emmerich a gestire la gatta da pelare di un budget tiratissimo, infatti il nostro Rolando cosa fa? Sceglie come location la diga, classico posto dove non hai bisogno di permessi firmati per fermare il traffico e dove puoi muovere la macchina da presa in libertà perché non c’è un’anima viva per chilometri, luogo ideale per mandare in scena l’assalto dei suoi soldati con cuffietta da Call Center, mandati contro un gruppo di attentatori con ostaggi al seguito.
Più che mostrarlo, il film ci dice che gli UNISOL hanno una marcia in più, perché a ben guardarli non fanno nulla di diverso da un qualunque gruppo ben addestrato di Navy Seals, solo che il loro piano per sbaragliare i terroristi consiste nel farsi sparare addosso – tanto sono già morti – quel tanto che basta per avvicinarsi e ammazzare il più pericoloso del gruppo, quello con le mani sul detonatore, insomma a livello di tattica anche qui, molto americani come strategia suicida.
Sempre da quel poco che trapela della trama, sappiamo che tutto questo (immagino) costosissimo programma di soldati zombie ufficiosi più che ufficiali, è gestito di fatto da un manipolo di tizi con il camice bianco dentro un camion dall’aspetto piuttosto figo (devo ammetterlo) e da un militare, il colonnello Perry che per nostra fortuna è interpretato dalla faccia da cattivone di Ed O’Ross, quindi il ruolo lo abbiamo messo in cassaforte.
Un po’ meno solida è la trama, per cui senza motivo apparente, a vent’anni mal contati dalla loro morte e dalla fine della guerra, A Giornale Radio 13 e Giornale Radio 44 vengono i flash di quando erano vivi e la ribellione scatta in automatico, i due tornano alle loro vecchie abitudini, il primo staccare orecchie cercando di vincere la guerra se necessario, uccidendo JCVD, al secondo proteggere i civili preservando le loro orecchie, anche perché la bionda giornalista Veronica Roberts (Ally Walker) è più carina con le orecchie al suo posto, anche perché ne ha bisogno, visto che per tutto il film non fa altro che cercare un telefono per telefonare, oppure ricoprire il ruolo di spalla comica in momenti di umorismo da facciapalmo, come quando deve cercare ehm, qualcosa di duro, sul corpo di Luc Deveraux… Il segnalatore con cui i militari riescono a geo localizzarlo, cosa avevate capito!?
“Universal Soldier” si perde in momenti da commedia degli equivoci con protagonisti in fuga “on the road” tanto per citare un’espressione Yankee, ecco quindi Luc che si cauterizza le ferite con l’accendisigari dell’automobile e che gira a culo nudo per il cortile del motel, perché ha bisogno di raffreddarsi, nudo sì, ma col calzino come cantava J-AX (i cantanti milanesi aleggiano su questo post), anche se la scena di Van Damme nella vasca piena di sacchetti di ghiaccio serve a farci riflettere su quanto cazzarola di ghiaccio utilizzino gli americani, poi chiediamoci del perché del surriscaldamento globale eh?
Nella sua volontà di lanciarsi come grande attore da commedia, Jean-Claude Van Damme si esibisce anche in un classico del nostro cinema: la mega mangiata. Infatti Luc nel tentativo di ritrovare le sue radici umane, di beve 84 lattine di Pepsi (sai i rutti dopo?) e mangia più di Bud Spencer e Terence Hill messi insieme, salvo poi finire a pestare il cuoco che magari non avrà proprio dei modi garbati, ma nemmeno tutti i torti, visto che lui tutta quella roba l’avrebbe anche cucinata, quindi pagarla sarebbe buona norma, ma siamo in un film d’azione, JCVD qualcuno lo deve menare per contratto, quindi… STACCE!
La parte migliore del film resta senza ombra di dubbio Dolph Lundgren, quello che come al solito risulta essere il più sveglio della stanza e proprio per questo, capisce al volo l’andazzo divertentosi lui per primo nel folle ruolo di Andrew Scott, il suo folle monologo sulla guerra da vincere snocciolare nel supermercato, funziona addirittura meglio nelle versione doppiata che in originale, anche se purtroppo molte delle sue freddure e giochi di parole basati su orecchie e umorismo nero, sono stati piallati, sopravvive quasi solo il suo «Sono tutto orecchie» quando rimette le mani sull’amata collana, talmente iconica che deve essersene ricordato quel tamarro di Mark Millar, infatti il suo Sabertooth ne aveva una identica sulla pagine di “Ultimate X-Men” (storia vera, anche se a fumetti).
La scena che preferisco di “I nuovi eroi” resta l’inseguimento tra autobus, qui si vede già tutto il gusto di Rolando Emmerigo per i botti grossi, in quella che resta una scena a metà tra una roba che avrebbe potuto dirigere Cameron e il finale di Duel, però decisamente più tamarro nell’indole, ma questo film non si dimentica nemmeno di fare un po’ lo Slasher, con Dolph spunta dai sedili posteriori come Michael Myers e ci ricorda l’importanza delle cinture di sicurezza, quindi proprio per questo non basta ucciderlo una volta, bisogna farlo due volte con il duello finale, però vi prego, non fatemi commentare i genitori Deveraux e la loro fattoria ok? Sorvoliamo, sorvoliamo, andiamo avanti!
Lo scontro finale è di nuovo puro JCVD, con lui che prima le prende, poi… going berserk e pianta un calcio volante da antologia, anche perché l’unico del film quindi una rarità. Anche se qui anche il nostrano doppiaggio non aiuta la monocorde prova interpretativa di Van Damme, passando come pialla sul ben più divertente scambio «Say goodnight, asshole», «Goodnight, asshole», che in italiano suona di una banalità da far cadere le braccia, quasi quanto la granata che uccide-si-uccide-no la bionda giornalista, la cui non-morte dovrebbe essere una motivazione per il protagonista, anche se poi vince per via del siringone che ti fa diventare forzutone, che la trama introduce frettolosamente e che il film si sbriga ad utilizzare, perché uno scontro steroidi contro forza pura senza bisogno di aiuti chimici, sarebbe stato troppo complicato da raccontare per un film che vuole solo andare dritto al punto, altrimenti? Altrimenti ci arrabbiamo mi verrebbe da dire, pensando alla scena della mangiata di JCVD.
Insomma malgrado i tanti difetti, il Jean-Claude Van Damme & Dolph Lundgren Show mi diverte sempre molto da trent’anni, non potevo perdere l’occasione per festeggiare questo compleanno, anche perché questi nuovi vecchi eroi, un posto su questa Bara se lo meritavano. Ed ora scusate vado a giocare con il microfono delle cuffie.
Sepolto in precedenza mercoledì 4 maggio 2022
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