Al fin giungemmo gente, questa rubrichetta di ripasso dedicata alle ronde di Paul Kersey sta per concludersi, ma prima della fine abbiamo ancora gli ultimi due capitoli della saga, quindi allacciatevi le cinture!
Il giustiziere della notte 4 (1987)
Il terzo capitolo è un altro grosso successo di pubblico, quindi il produttore, il mitico Menahem Golan, mette subito in cantiere il nuovo capitolo, ma deve fare i conti con la defezione del regista Michael Winner che dopo aver fatto devastare la città al personaggio di Kersey, non aveva davvero nient’altro da fargli fare.
Il nostro Charlie Bronson, invece, ormai 66enne non è certo uno che ama cambiare abitudini, no? Quindi, alla regia vuole qualcuno di sua fiducia e chi meglio di una vecchia conoscenza della Bara Volante, ovvero J. Lee Thompson, uno che aveva già diretto Bronson in ben cinque film: “Candidato all’obitorio” (1976), Sfida a White Buffalo, “Dieci minuti a mezzanotte” (1983), “Professione giustiziere” (1984) e La legge di Murphy e tanto per stare tranquillo, dopo questo film ne ha diretti altri due con Bronson protagonista “Messaggio di morte” (1988) e “Soggetti proibiti”(1989), più abitudinario di così non è proprio possibile!
A questo punto manca solo una sceneggiatura, a Thompson piace la prima idea proposta da Gail Morgan Hickman, in cui Paul Kersey combatte il suo istinto di tornare a mettere mano alla pistola, anche quando la sua famiglia viene minacciata (di nuovo!) dalla solita banda di criminali, tornando a vestire i panni del giustiziere solo nel finale del film, ma Menahem Golan etichetta tutto come “Troppo cerebrale” (storia vera), meno parlare! Più sparare!
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Non è quella l’arma da usare con il cabinato Charles! |
Gail Morgan Hickman, prima scrive una sceneggiatura che prevede il ritorno in scena del personaggio di Jill Ireland direttamente dal secondo capitolo della saga, ma siccome la moglie di Bronson stava combattendo la sua battaglia contro la malattia l’idea viene bocciata. A quel punto Hickman se ne esce con: “I terroristi! Paul Kersey contro i terroristi! Tutti odiano quei brutti terroristi cattivi, no?”. Vero, peccato che Menahem Golan gli boccia anche questa idea perché aveva da poco prodotto Wanted: Dead or Alive. A quanto punto Hickman può fare solo due cose: darsi all’alcolismo a tempo pieno, oppure copiare Kurosawa e rifare “La sfida del samurai” (Yōjinbō, 1961) con Bronson al posto di Toshirô Mifune.
L’inizio del film è quasi un prologo da Slasher: una bella bionda sola in un parcheggio viene aggredita da tre maniaci che passano da predatori a preda nel tempo necessario a Kersey per entrare in scena, lo scambio di battute ci conferma che ormai il nostro Giustiziere non spara un colpo se prima non snocciola una frase maschia: «Chi cazzo sei tu?» , «La morte» e giù revolverate!
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Giustiziati per furto ed uso improprio di collant da donna. |
Ma uccidendo l’ultimo sgherro ormai in lacrime come un pupo, Kersey nel volto dell’uomo vede se stesso (Sigmund Freud analyze this!) e si sveglia tutto sudato nel suo letto. Se non è un inizio da film Horror questo, non esistono gli inizi da Horror!
Kersey vive ancora a Los Angeles, ha una nuova fidanzata, la giornalsita Karen Sheldon (Kay Lenz) e ha preso molto a cuore la figlia della donna, la 13enne Erica Sheldon (Dana Barron) che nella prima bozza doveva essere Eric, ma Thompson ha pensato che la morte di una bambina facesse più scalpore, quindi ecco aggiunta una “a” alla fine del nome (storia vera).
Nessuno omicidio o stupro questa volta (fiiiiuuuu!), Kersey deve fare i conti con una piaga ancora più letale, quella che prima manda in overdose la povera piccola Erica e poi la spedisce dritta al camposanto, la maledetta DROGAINA!
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«A quel semaforo giri a destra e hai imboccato la strada della droga, non puoi sbagliare» |
Ormai la saga di “Death Wish” ha talmente assimilato i concetti reazionari alla base che non ha più nemmeno bisogno di sfoggiarli, è chiaro che sia una saga che si rivolge ad una certa parte di pubblico, diciamo ben pensante, ecco. Riassuntiva la scena in cui la mamma di Erica propone all’editore un bell’articolo sui pericoli della droga e quello le risponde che tanto la usano tutti, gli Americani sanno esattamente come funziona, quindi non leggono notizie in merito. Ah, la magia degli anni ’80! Acconciature buffe e nasi impallati.
Perché il messaggio arrivi forte è chiaro al pubblico, J. Lee Thompson non prende prigionieri, in una scena mammà Kay Lenz visita un obitorio, sui tavoli solo cadaveri di ragazzine e ragazzini, tutte vittime del consumo di droga, una lunga carrellata che sembra l’equivalente dello foto shock sui pacchetti di sigarette, manca solo che qualcuno dica robe tipo: “Baby prostituta morta per la droga, condividi anche tu se sei indignato!!!!11!!”.
Secondo voi cosa può fare uno come Kersey quando la sua quasi figlia adottiva viene uccisa dalla maledetta DROGAINA? Solo una cosa: ammazzare i bastardi che l’hanno venduta alla ragazza. Quindi, armato di pistola vola alla sala giochi e fa fuori lo spacciatore malamente, facendolo cadere sulla griglia elettricizzata degli autoscontri. Una bella fritturina di spaccino. Per riassumere: un assassino inarrestabile che uccide i giovinastri che fanno uso di droga… Insomma, Paul Kersey è diventato Jason Voorhees!
Ma non finisce qui! Pur di risolvere il problema della DROGAINA alla radice, Kersey accetta il supporto di un ricco editore motivato dalla morte della figlia, per attaccare frontalmente i due prinicpali cartelli della droga, quelli che tengono in pugno tutta il traffico della DROGAINA nel sud della California. Per Keersey soldi infiniti, ma soprattutto armi infinite nemmeno avesse inserito i trucchi a “GTA”: Walther PPK, Mitragliatore Uzi, un Ruger Mini14 e nel finale anche un M16 con lanciagranate M203 incorporato, lasciatemi l’icona aperta su quest’arma che più avanti ci torno.
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«Mi serve per difesa personale, allora? Qualche problema?» |
Usando in parti uguali pallottole e astuzia Kersey mette le due bande una contro l’altra, esattamente come faceva Mifune nel film di Kurosawa (e Eastwood in quello di Sergio Leone, se chiedete quale consideratevi espulsi a vita da queste pagine). Tra i trucchetti più spassosi, di certo quella della bottiglia-bomba, una roba che pensavo potesse usare solo il cojote dei cartoni animati per catturare lo struzzo.
Fingendosi un venditore di vini, Kersey avvicina gli sgherri della banda offrendo loro la bottiglia omaggio. Si sa che alla roba gratis la gente non resiste, no? L’unico che lo riconosce è Danny Trejo! In una delle sue prime apparizioni al cinema, ma con i suoi (veri) trascorsi da galeotto era già perfetto per questi ruoli.
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C’hai messo l’acqua e nun te pagamo. |
Charles Bronson qui fossilizza il suo ruolo da granitco eroe d’azione americano tutto d’un pezzo, dimenticatevi l’anti eroe tormentato del primo film, Kersey ormai è quasi invulnerabile, si vede chiaramente nella scena della fabbrica, dove la droga arriva dentro la pancia dei pesci importati, ah! Un bel sushi alla DROGAINA maledetti! Qui Kersey si ritrova uno contro tanti, a far saltare in aria a colpi di Uzi tutta la polvere bianca, il bello è che nessuno degli sgherri riesce mai a colpirlo, nemmeno quando lui resta senza proiettili, i cattivoni continuano a sparare storto colpendo: nastri trasportatori, muletti, pallett di legno, cernie defunte, insomma tutto. Tranne Kersey.
L’apice del film resta lo scontro tra bande, dopo aver seminato la zizzania tra i criminali, al nostro Paul basta sparare un colpo, poi gustarsi la carneficina tra spacciatori e passeggiare tranquillo, spavaldo con il fucile in braccio (un immagine talmente iconica da finire dritta sparata sulla locandina del film) verso il cattivissimo Zacharias (Perry Lopez) e mostargli la foto di Erica: «Non la conosco quella ragazza» , «Io si» BANG!
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Mi piace anche il fatto che i cattivi, vestano tutti lo stesso completo grigio. |
Tutto finito? No, perché, dai, è troppo strano che Kersey sia un mero esecutore armato da qualcun altro, quindi arriva lo zoppicante colpo di scena, il ricco editore in realtà è un ricco trafficante che con l’inganno ha trovato il modo di far fuori la concorrenza. Vuoi poi che il nuovo cattivo non rapisca la fidanzata di Kersey? Non so perché ma me lo vedo Menahem Golan che si sbraccia dicendo: «La DROIGAINA ok, ma dove sono le motivazioni personali??», quindi la fidanzata di Kersey viene prima rapita e poi usata come scudo umano, in una scena finale che sembra più la parodia di “Death Wish” che il quarto capitolo ufficiale della saga. Infatti, il titolo originale “Death Wish 4: The Crackdown” se lo traduco a braccio (ovvero alla mia solita maniera) “Il giustiziere della notte 4: Il Patatràc” riassume molto bene quanto è pasticciata questa sceneggiatura!
Ah! Dopo il finale esplosivo del terzo capitolo, vuoi non replicare anche qui? D’altra parte io avevo un’icona sul lanciagranate M203 da chiudere e Paul Kersey un cattivo da fare fuori, prendiamo due piccioni con un’esplosione!
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E noi al cattivo lo esplodiamo (Quasi-Cit.) |
Insomma, J. Lee Thompson al suo esordio con questa saga non firma certo un gran capitolo, anche se la messa in scena è comunque solida, così come l’ottimo tema musicale composto da Val McCallum, Paul McCallum e John Bisharat, jazz anni ’80 molto muscolare perfetto quando il tuo protagonista ha la faccia da monte Rushmore di Charles Bronson.
L’ultimo capitolo della saga, ha il titolo chilometrico di “Death Wish V: The Face of Death” e come potete intuire dal ritorno dei numeri romani vietati da Menahem Golan, a produrre non è più la sua Cannon, ma la 21st Century Film Corporation che ha acquisto i diritti dopo che la mitica casa di produzione di film d’azione è finita, purtroppo, zampe all’aria.
Questo quinto capitolo esce nel 1994, ve lo ripeto, 1994, perché a guardarlo sembra un film di almeno un decennio prima, anzi, un film per la tv di un decennio prima per essere precisi, visto che pare di stare davanti ad una realizzazione per la televisione, sarà perché il regista Allan A. Goldstein arrivava proprio da lì? Beh, dai, due indizi tendono a fare una prova.
A questo giro Charles Bronson ha la bellezza di 73 anni (fischia!) e se già inseguiva le sue vittime con il passo lento e costante di Jason Voorhees nel 1987 potete immaginare sette anni dopo quale sia la forma fisica di Bronson che ha pure aggiunto delle discrete guanciotte sul volto. Ma malgrado tutto, continua a recitare sempre con la sua unica espressione e ditemi cosa volete gente, ma questa per me è costanza, una virtù che ammiro sempre.
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Cambiano le mode, i governi, i registi, ma lui resta sempre monolitico. |
Questa volta la fidanzata di Kersey, Olivia (Lesley-Anne Down) lavora nell’alta moda e ha qualche problema con l’ex marito Tommy O’Shea interpretato da un gigioneggiante Michael Parks in buona forma. O’Shea è un mafioso di origini chiaramente Irlandesi come si può notare dal cognome, a capo di una banda di stereotipi di criminali Italo-Americani (EH!?) che perseguitano la donna per storie di pizzo. Non quello dei vestiti, però.
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«Ora ti rifaccio l’orlo ai pantaloni, che dici?» |
“Il giustiziere della notte 5” arriva davvero fuori tempo massimo, Allan A. Goldstein cerca di stare al passo con la moda dei film d’azione anni ’90, inserendo qualche montaggio più frenetico e lavorando come può con la fotografia, in qualche scena si gioca dei rallenty un po’ a capocchia, forse necessari a mimetizzare il fatto che ormai Bronson aveva uno scatto degno di un bradipo sotto Valium, lo dico con il massimo rispetto, ma a tratti fa tenerezza, anche perché in generale il film stesso sembra molto più vecchio di quello che davvero è, insomma: bene, ma non benissimo ecco.
Non si sa perché, la spalla di Tommy O’Shea ama travestirsi prima di uccidere (non sarà mica un omaggio a Brian De Palma veeeeeero?) ed è ossessionato dalla sua forfora. Ovviamente, la povera Olivia in quanto fidanzata di Kersey è destinata a finire male, prima sfigurata e poi, ovviamente, uccisa.
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(Tra)vestito per uccidere. |
“Death Wish V: The Face of Death” si concentra, quindi, sulla figlia di Olivia, contesa tra l’ex marito Tommy e il nostro Paul che, ovviamente, si è affezionato (noto un certo schema che tende a ripetersi, non trovate?), anche la morte dei vari cattivoni a tratti rasenta il ridicolo e pare voler cavalcare lo stereotipo: il mafioso Italo-americano che muove soffocato dai cannoli al curaro. Per favore non chiedetemi di commentarlo, sul serio, vi do cinque Euro se mi risparmiate questo supplizio!
Per darvi un’idea di come siamo messi con questo ultimo capitolo, se volete vi descrivo la morte dello sgherro fissato Freddie detto “Flakes” (interpretato da Robert Joy), siccome oltre che fissato con la sua steesa forfora il tizio vive in uno stato di paranoia costante, tanto da uscire di casa con il giubbotto anti proiettile sempre addoso, il nostro Paul deve inventarsi qualche metodo alternativo per farlo fuori. Quindi, cosa c’è di meglio di un bel pallone da calcio radiocomandato (ma esiste veramente? Perché mettere delle batteria in una roba che puoi far muovere con un calcio? Bah!) condito di un po’ di tritolo, un modo efficace per risolvere il problema della forfora per sempre.
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L’effetto serra è stato provocato dai cattivi fatti esplodere da Paul Kersey. |
Forse l’aneddoto di produzione più importante di tutto il film è relativo al cachet di Bronson, si vocifera quantificato intorno ai cinque milioni di ex presidenti spirati stampati su carta verde, mica male per un attore del suo carisma, un po’ meno bene quanto il budget totale del tuo film è sei milioni (storia vera) questo spiega perché il film è stato girato (ed ambientato) in Canada e sul perché somiglia tanto ad una produzione televisiva.
L’unico contributo all’iconografia della saga di “Death Wish” portato da questo capitolo è la frase di Paul che con un’arma puntata contro la faccia risponde sicuro: «La pistola ha una sua funzione, sono gli idioti con la pistola che mi rendono nervoso», a ben guardare potrebbe essere una metafora su questo ultimo capitolo e sul lavoro del suo regista.