Credo che, nel bene o nel male, amato o odiato, Il gladiatore di Ridley Scott non abbia bisogno di presentazioni, nel caso, un click sul collegamento color “Rotten green” (nome ufficiale in tema con il tono della Bara) e saprete tutto quello che vi serve.
La storia si ripete, ripetuta, ripetuta, ripetutamente (cit.) e a ben guardare la filmografia di Ridley, l’altro Scott, si ritrova nuovamente in una situazione simile a quella che aveva portato nel 2000 alla grande botta di culo, lo slancio di nuova popolarità portata da Massimo Decimo Meridio nella carriera del regista inglese. Allora i tre flop al botteghino si intitolavano “1492 – La conquista del paradiso” (1992), “L’Albatross – Oltre la tempesta” (1996) e “Soldato Jane” (1997), questa volta sono stati The Last Duel, House of Gucci e Napoleon da qui il ritorno nell’arena del fratello anagraficamente maggiore, ma comunque sempre minore di Tony, anche se nel mezzo, sono succede cosette che vale la pena riportare.
Ad esempio quella volta, confermata dallo stesso Ridley Scott, in cui insieme a Russel Crowe provarono ad affidare tutto a Nick Cave, ma il contenuto della sua sceneggiatura respinta è trapelato lo stesso, tenetevi forte: Massimo in Purgatorio risorgeva come guerriero immortale al servizio delle divinità romane, pronta a spedirlo come angelo vendicatore di nuovo sulla Terra per fermare il nascente cristianesimo, uccidendo Gesù e i suoi discepoli, colpevoli di stare gradualmente togliendo potere e sudditi alle antiche divinità. Essendo immortale, la sceneggiatura di Cave prevedeva Massimo soldato alle crociate, durante la seconda guerra mondiale, il Vietnam e giù fino ai giorni nostri, generale al Pentagono. Nick, sei un genio, ma limitati a cantarle e ogni tanto il fiasco, mettilo giù.
Tra i progetti mai iniziati che non prevedessero di far inferocire le associazioni religiose e i fan oltranzisti, anche un mezzo piano di far ruotare la storia intorno a Lucio, che poi è la strada che si è scelto di percorrere quando Ridley Scott, dopo aver lavorato con David Scarpa per Napoleon, è rimasto molto soddisfatto del lavoro di ricerca e accuratezza storica inserito nel copione dallo sceneggiatore. Eh niente, non serve una mia battuta arguta o presunta tale, perché tanto questa fa già ridere così.
A completare il cast restano Derek Jacobi e una Connie Nielsen decisamente meno centrale e in forma a fare da contatto con il film originale, per poi puntare tutto su facce nuove, già lanciate magari altrove ma non ancora super star come Paul Mescal e Pedro Pascal, che vi sfido a pronunciare dieci volte di fila velocemente, ma soprattutto su una vecchia gloria, soldi in banca, Denzel Washington alla sua seconda collaborazione con Ridley, sette totali se contiamo entrambi i fratelli. Chissà se quando ha risposto al telefono a Denzel non sia scappato di chiamare lo Scott che lo stava con il nome di Tony.
Quindi eccoci di nuovo qui, nel 200 d.C. vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, il giovane Lucio (Paul Mescal), nipote di Marco Aurelio e figlio di Lucilla, viene ridotto in schiavitù in seguito alla conquista della Numidia, dove viveva con la moglie e il figlio, ad opera delle centurie di Marco Acacio (Pedro Pascal). Ispirandosi a Massimo, Lucio decide di combattere come gladiatore e sfidare il potere degli imperatori Caracalla (Fred Hechinger) e Geta (Joseph Quinn), con l’ingerenza di un ex schiavo, diventato “procuratore di schiavi” come il losco Macrino (Denzel nostro).
Regole d’ingaggio: se siete tra quelli che fanno la punta al c… Ehm, che vogliono guardare documentari sull’antica Roma e mal sopportate le incongruenze storie, scappate via, ma proprio a gambe levate, su questo punto mi sono già espresso difendendo il primo film, il cinema non ha il dovere di essere realistico, il resto sono tutte chiacchiere per articoli acchiappa click da Infernet.
“Il gladiatore II” con il suo titolo graficamente quasi palindromo da scrivere, è un fantasy ambientato invece che a Roccia del Drago in un posto che si chiama Roma, dove ogni tanto sentirete pronunciare dei nomi che potreste aver sentito a scuola durante l’ora di Storia. Ma andando ancora più alla radice, “Gladiator II” è uno di quei seguiti come un tempo ne uscivano tanti, che non hanno grosse pretese se non quelli di mandare a segno una scusa (a volte anche scema) per giustificare un secondo capitolo, ficcare un grosso numero due in locandina (eseguito poi dai vari tre, e quattro e cinque…) e via così, facendo propria la regola aurea dei seguiti: uguale al primo ma di più!
Se Il gladiatore aveva un eroe, qui ne abbiamo due, Paul e “Papi” Pedro, se prima avevamo un cattivo qui gli imperatori corrotti, con la faccia truccata e i modi da cartone animato sono due, ma soprattutto, e qui veniamo al punto, se nel 2000 per motivi di budget e disponibilità degli effetti digitali, Ridley Scott si era dovuto accontentare di due tigri posticce appiccicate su un altro “layer”, tanto che le loro artigliate risultavano pericolose come carezze, qui Ridley, il megalomane di casa Scott può sfruttare i suoi duecentocinquanta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti spirati (dichiarati, anche se il numero, comunque notevole di questi tempi resta sospetto, forse gonfiato) per avere tutti i cazzo di animali feroci che nel 2000 poteva solo sognare, quindi sì, anche il suo rinoceronte!
Se nel 2005, nel film “The Protector”, Tony Jaa ripeteva per tutto il tempo che voleva il suo elefante, è così che mi immagino Ridley, però con il rinoceronte, quello in cgi brutta che compariva come extra nella versione estesa del film del 2000 e qui, è una delle tante bestie dell’arena anche loro in computer grafica che va dal decente al decisamente pezzente e mi dispiace dirlo, le SIMMIE che compaiono sono veramente rese in maniera imbarazzante. Cioè vi rendete conto? L’altro Scott, quello sbagliato di casa, fa un chiaro gesto di distensione nei miei confronti ficcandomi delle scimmie combattenti nell’arena (e nel suo film), ma poi ha della CGI che ti tira così tanto fuori dalla storia da farmi optare per il pollice verso lo stesso.
“Il gladiatore II” figlio di suo padre (il film del 2000) ha la stessa storiella esile, la stessa spavalda non curanza nell’ignorare le incongruenze storiche, dei passaggi e delle svolte spesso idiotisisme, si tratta di un costoso “Peplum” fiero di esserlo, nato azzoppato dal marketing, Ridley, quello contabile di casa Scott non poteva fare solo un altro film nella sua antica Roma immaginaria e fantasy, doveva per forza sfruttare il marchio per evitare un altro flop, quindi in molti passaggi la trama, afflitta da ansia da prestazione, fa di tutto per ricordarti che sì, questo è davvero il seguito ufficiale di quel film là, con personaggi che si fermano per fare il conto di quanti anni sono passati, o frasi iconiche da ripetere perché sì. Avete presente l’effetto imbarazzante nel sentire nativi pronunciare le “Frasi maschie” di Arnold per darci di gomito al pubblico? Stessa cosa.
Se volete intrattenimento puro e non vi fate troppi problemi riguardo alla CGI, “Il gladiatore II” la butta in caciara piuttosto bene, inizia con una battaglia grossa quasi subito, strizza l’occhio ai “Peplum” della Hollywood classica e cita impunemente in una scena lo Spartacus di Kubrick, per ogni scena coatta (per restare in tema) con il Colosseo allagato e gli squali che ci nuotano dentro, ci sono passaggi in cui la trama prova ad uscire dall’arena e qui il ritmo zoppica, i 148 minuti di durata sono anche pochi per tutto quello che avrebbe da raccontare, ma sono impiegati male, sbilanciati nell’ansia di dare la sua strada e il suo respiro alla storia, ma anche di dare al pubblico quello che vuole. Panem et circenses, oppure panem et cinena se preferite, anche se il risultato sembra un po’ Jackson che infila battaglie a caso dentro Lo Hobbit per correre dietro a quello che il pubblico ha capito de “Il Signore degli Anelli”, insomma caciara che per un motivo o per l’altro non va.
Sul piano tecnico sembra che Scott abbia dovuto arrangiarsi con le riserve, ne cito uno solo, il compositore Harry Gregson-Williams che sa di non poter arrivare là dove Zimmer (oggi intoccabile, nel 2000 non tanto) era arrivato prima, quindi lo cita e basta. Devo dire però che l’occhio bionico di Ridley Scott è sempre lì, ormai il quantitativo di soggetti e sceneggiature brutte da lui diretto ha superato quello dei titoli buoni (e di quelli considerati brutti dai poveri di spirito rispetto al mai abbastanza compianto Tony), però almeno qualche zampata qui riesce a piazzarla, ma il ritmo incespica e non credo che le gesta di questo film riecheggeranno nell’eternità come accaduto, nel bene o nel male, per il primo capitolo.
Dove riesce a salvarsi Ridley, quello che prende in prestito gli attori feticcio del fratello di casa Scott? Nella prova di Denzel Washington, che ad un certo punto si prende il film e non lo lascia più, facciamo un esempio pratico: “Papi” Pedro Pascal è tipo Scottie Pippen nei Chicago Bulls, è il miglior secondo violino del mondo, quando ha un ruolo da protagonista, ha un elmo in testa, qui riesce a dare anche umanità e dolcezza al suo personaggio ma non ha abbastanza tempo, stritolato nella storia. Paul Mescal si impegna a non imitare Russell Crowe anche quando deve recitare le sue battute, mentre Joseph Quinn e Fred Hechinger fanno i cattivi da operetta, tre metri sopra le righe.
In tutto questo arriva Denzel che è talmente troppo, bravo, carismatico, quello che volete voi, che con la sua prova in grande spolvero, non fa che far emergere ancora di più la mancanza di carisma degli altri o i problemi di minutaggio sproporzionato, che non permette a molti personaggi di respirare ed evolvere a dovere. Semplicemente ad un certo punto a Denzel parte di fare Denzel e “Il gladiatore II” diventa il suo film, non è un caso se il Boss finale alla fine sia lui, lo scontro nel suo risultare buono, ma non così epico, sembra un modo per rimettere in carreggiata un film che comunque, dovrebbe parlare di Lucio, anche se è Denzel Washington quello che lo ha reso interessante.
Già di mio ho la propensione spesso a fare il tifo per i cattivi, non avevo la minima aspettativa per questo film, lo avevo dichiarato e siamo ancora una volta nel campo del meno peggio, perché comunque è il seguito di un film di culto uscito ventiquattro anni dopo l’originale, però come film in cui Denzel fa Denzel, da quel punto di vista ho gradito, per il resto, tra qualche anno questo film sarà una di quelle curiosità cinematografiche: vi ricordate quella volta in cui hanno fatto un seguito de Il gladiatore? Era quello con il rinoceronte.
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