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Il Pentacolo: The Night House, Night Teeth, Hypnotic, Il mostro della cripta, Non dormire nel bosco stanotte 2

Non bastava un Triello dedicato ai film horror no, bisognava fare molto di più, tre film erano pochi. Quindi grazie alla bellissima locandina “pentacolare” creata da Quinto Moro (fategli i complimenti), oggi sul menù abbiamo ben cinque film dell’orrore pescati dalle più popolari piattaforme streaming. Cominciamo!
The Night House – La casa oscura (2021)
Dove lo trovate: Disney+

David Bruckner è uno dei nomi più interessanti in circolazione, uno che si è fatto le ossa nell’horror indipendente e che ora sta per fare il salto, quello che potrebbe renderlo popolare al grande pubblico, lo abbiamo già incontrato su questa Bara per lavori come Southbound e “Il rituale” ma con la sua ultima fatica “The Night House” il regista manda a segno una gustosa variante sulle storie di fantasmi, se amate i “salti paura” (anche noti come “Jump Scare”) potrebbe non fare al caso vostro, perché è un film che si basa più sull’atmosfera che le trovate horror più spicciole.

Qual è la caratteristica principale di una “Ghost story”? Quella di essere una storia di perdita e di vite spezzate, infatti Beth (Rebecca Hall, come sempre bravissima) ha da poco perso il marito Owen, morto suicida dopo essersi sparato un colpo in testa sulla barca vicino al lago, che si trova proprio accanto alla casa che aveva costruito per vivere con sua moglie.

Una storia di fantasmi raccontata da un punto di vista differente (no, non dalla finestra)
Bruckner inizia il suo film come se fosse il video ufficiale di You’re Missing di Bruce Springsteen, camicie nell’armadio, scarpe in corridoio (…Everything is everything / But you’re missing), quando qualcuno ci lascia di quella persona restano tutte le sue cose, infatti Beth deve vivere circondata da ricordi di una perdita che è ancora troppo fresca. Per farlo passa tutte le fasi del lutto, dalla negazione (accarezzando un letto vuoto) alla rabbia (la sfuriata passivo aggressiva con la madre di un suo alunno, per una “B” al posto di una “C” in pagella). La sceneggiatura scritta da Ben Collins e Luke Piotrowski si prende il suo tempo per farci affezionare a Beth. “The Night House” nella prima parte è un film dove i dialoghi sono fondamentali, perché servono anche a farci dubitare un po’ della sanità mentale della protagonista (la scena del pub con i colleghi), ma poi ci pensa la regia di David Bruckner a trasformare il dubbio in altro.

Gli eventi strani non mancano nella vita di Beth, messaggi sul telefono dal defunto Owen, sogni inquietanti che potrebbero essere sospetto sonnambulismo (il problema di cui soffriva il marito), ma la svolta arriva quando Beth scopre che Owen era in possesso di foto scattate ad una donna quasi identica a lei nell’aspetto, oltre a parecchie piante e cartine dei suoi progetti di architetto, per una casa del tutto identica a quella in cui ha vissuto con il marito, ma speculare, disegnata come un riflesso allo specchio, una casa che esiste (ma poi esiste?) proprio sul versante opposto del lago dove la coppia ha sempre vissuto. Ok, questo sì che è un sospetto bello grosso!

Ma quanto è brava Rebecca Atrio? Sul serio, una garanzia.
Vuoi vedere che Owen non era lo stinco di santo che Beth credeva? Eppure che grado di perversione devi avere per crearti una vita parallela (nel vero senso della parola) a pochi metri da casa tua? Può essere davvero tutto qui, le indagini che prevedono un libro finto intitolato “Caerdroia” e una visita alla locale libreria da cui il tomo proviene, faranno luce su un mistero ben più profondo.

“The Night House” è un gioco di specchi che non solo hanno una lunga tradizione nei film horror, ma che sa giocare sulle aspettative e le percezioni del pubblico, quando gli spaventelli da apparizione lasceranno il campo al mistero di questa seconda casa speculare, cominceranno ad arrivare momenti molto più intensi, il finale ad esempio è un’unica lunga tirata dove a tener banco è proprio la regia e il montaggio (veramente ben fatto) di Bruckner, per un film che ci conferma ancora una volta il talento di Rebecca Hall, che torna protagonista di un horror dall’impianto volutamente gotico (anche se questa volta ambientato in epoca moderna) dopo “1921 – Il mistero di Rookford” (2011), ma sempre come l’attrice fenomenale che è, trovatemi un’altra che come Rebecca Atrio sappia recitare così bene tutta la gamma di emozioni richiesta da questo film, caricandoselo sulle spalle in questo modo, tanto di cappello. Anche perché il prossimo film di David Bruckner sarà il rilancio di Hellraiser, quindi il ragazzo ha davvero bisogno di tutte le nostre buone vibrazioni, perché quella sarà davvero un’impresa eroica.

Night Teeth (2021)
Dove lo trovate: Netflix

Benny (Jorge Lendeborg Jr.) ama I manga, si muove sullo skateboard, aiuta i ragazzini con le ripetizioni e se necessario sostituisce il fratello come autista di limousine, insomma ci manca solo che tiri già gattini in difficoltà sui rami degli alberi, per farci capire che è un bravo ragazzo, forse troppo impegnato a fare tutti queste cosette, da perdersi il prologo del film: i vampiri esistono sono tra noi ma non si nascondono anzi appena possono si mostrano protetti dal consenso che trovano presso coloro i quali sbranano che più che volentieri si prestano porgendo le giugulari sperando di diventare loro pari aspirando al rango di maiali un po’ più uguali degli altri animali, fedeli al capobranco ma pronti ad azzannare chiunque si trovino a fianco (cit.), inoltre ora dominano il pianeta, sono ricchi sfondati e annoiati che per effetto di una tregua non ben specificata, si nutrono di volontari, ma tanto di tutto questo a “Night Teeth” non interessa, perché il film vuole solo arrivare a mettere in scena la sua sinossi: un tipo guida la Limo portando due belle vampire a fare il giro dei locali. Se chiedete a me, qualunque autista di hummer limousine a noleggio di Torino, potrebbe raccontarvi storie ben più horror di questo film, ma magari è solo un mio punto di vista.

Tipo le Kardashian ma con il sangue al posto del Cristal.
Per entrare nel vivo, ovvero alla (non) rivelazione «Ehi ma voi siete due vampire!» il film di Adam Randall ci mette anche troppo, dopodiché non perde tempo a caratterizzare le due figlie di Dracula, Zoe (Lucy Fry) è bòna e stronza mentre Blaine (Debby Ryan) e più bòna e meno stronza. Fine dell’immane sforzo di caratterizzazione.

Nel mucchio metteteci la faccia quasi nota di Alfie Allen (direttamente da Giocotrono) e di Megan Fox nei panni di due vampiri altolocati, che dovrebbero portare prestigio ad un film dove sembra succedere tantissimo, ma in realtà non accade nulla perché la maggior parte degli eventi (e degli ammazzamenti) avvengono fuori scena, ad esempio la citata Megan Fox, arriva, il tempo di fare due faccette ricordandoci quando è stata famosa per poi sparire da un film che si sforza tantissimo di utilizzare una fotografia farcita di luci al neon, per non sembrare la poveracciata girata in quattro interni che in realtà è, basta guardare la “sparatoria” con i razzi che sembrano fuochi d’artificio sparati contro l’auto in corsa, per capire che il livello qui è bassino, ma non quello dei neon, quelli non mancano.

Vedrete più Megan in questa foto che in tutto il film, io vi avviso.
La trama poi si risolve al solito “Un ragazzo incontra una ragazza” che ormai è l’impasto base di molti dei film prodotti da Netflix (oltre che l’incipit più vecchio della storia della narrazione), insomma anche se si rivolge ad un pubblico di adolescenti, la premessa di vedere una sorta di “A spasso con Daisy Nosferatu”, cade presto nel dimenticatoio nella noia del già visto, però con le luci al neon, tante luci al neon.

Hypnotic (2021)
Dove lo trovate: Netflix

“Hypnotic” è un film che si inizia a guardare per due ragioni: la comodità di trovarlo sul paginone di Netflix in bella vista e la presenza di Kate Siegel, l’attrice feticcio nonché signora Flanagan nella vita di tutti i giorni, che abbiamo visto caricarsi sulle spalle film come Hush oppure impegnata in lunghi dialoghi sulla vita e i massimi sistemi in “Midnight Mass”. Purtroppo Mike Flanagan non può dirigere tutti i film (anche se è parecchio prolifico), quindi questo “Hypnotic” si avvale della regia di Suzanne Coote e Matt Angel che firmano un thrillerino competente ma che penso dimenticherò presto, non vorrei azzardare un paragone con il palinsesto pomeridiano di Canale 5, ma quasi.

«No! Tutto ma Canale 5 no!»
Jenn (Kate Siegel) è una programmatrice di computer disoccupata, che si è separata dal suo ex fidanzato Brian (Jaime M. Callica) dopo aver subìto un aborto spontaneo. Ancora bloccata da questo terribile dolore, Jenn decide di seguire il suggerimento di farsi aiutare dal terapeuta il Dott. Collin Meade (Jason O’Mara), uno che utilizza principalmente l’ipnosi per aiutare i suoi pazienti.
Visioni? Le abbiamo. Vuoti di memoria? Sono sul menù. La polizia che accusa Jenn di fare cose e vedere gente? (cit.), ovviamente anche questo non manca, ma soprattutto il pezzo forte per il finale, un dialogo basato sul progetto MK Ultra, tema che attizza sempre i nostri cugini Yankee e il piatto precotto di “Hypnotic” è pronto, scaldare cinque minuti in microonde, comodo da mangiare sul divano avanti alla televisione. Chi tiene in linea di galleggiamento il film? Proprio Kate Siegel che di certo non è la già citata Rebecca Atrio in quanto a talento (da quelle parti arrivano in poche), ma si conferma il motivo per cui vale la pena guardare il film, l’unico motivo.

Il mostro della cripta (2021)
Dove lo trovate: Prime Video

Ci stavo credendo, vi giuro che con il suo prologo, il primo omicidio nell’osservatorio (diretto dai Manetti Bros produttori del film) e con quella citazione non banale a Guerre Stellari, il nuovo film di Daniele Misischia (quello di “The End? L’inferno fuori” del 2017) mi aveva quasi comprato, perché per trascorsi personali io lo so benissimo cosa vuol dire essere appassionati di horror e fumetti, crescendo nella provincia di uno strambo Paese a forma di scarpa, soprattutto nel 1988 dove questo film è ambientato o meglio, il 1988 farlocco di questo film, vado a spiegare.

La storia è quella di Giò Spada (Tobia De Angelis) che sogna di dirigere i suoi slasher in provincia e magari anche di conquistare il cuoricino della bella Vanessa (Amanda Campana), anche se è uno sfigatello che ai fumetti della Corno dell’Uomo Ragno, preferisce “Squadra 666”, scritto e disegnato da Diego Busivirici (Pasquale “Lillo” Petrolo) autore che non copia no, diciamo che prende ispirazione, che poi è quello che potremmo dire di Daniele Misischia.

Ah che bello! Un altro film sulla malinconia anni ’80, ne sentivo proprio il bisogno.
Dove mi ha perso completamente “Il mostro della cripta”, provocandomi anche un discreto giramento di maroni non è nel viaggio a Bologna del protagonista, davanti ad un cinema che proietta Nightmare 4 (film uscito in Italia solo nel 1989), no mi ha fatto incazzare, perché Giò in camera sua ha tutti i poster di quei film che sono di culto oggi, La CosaLa Casa e via dicendo, parliamo di un personaggio che nella sua cameretta ha la VHS in lingua inglese di Escape from New York, nella provincia italiana del 1988!? Eddaì Misischia fai il bravo!

Questi sono i danni fatti da Stranger Things e dal citazionismo sfrenato, quella malinconia senza controllo per gli anni ’80 ha generato mostri, raccoglieremo i cocci per i prossimi decenni. Già trovo ridicolo quando gli Yankee fanno film dove tutti i ragazzini conoscono a memoria la filmografia di Carpenter, girando in BMX e comunicando con i walkie-talkie, figuriamoci quanto posso apprezzare quando poi anche in uno strambo Paese a forma di scarpa, ci mettiamo a scimmiottare questa pessima abitudine. Lo dico fuori dai denti, se un film così lo avessero fatto gli americani (lo hanno fatto, si chiama Summer of ’84) lo avrei apprezzato? No perché se ti fai prendere dall’ansia citazionista e ti dimentichi di dare ai tuoi personaggi un arco narrativo coerente, tutto l’effetto malinconia che vuoi generare mi crea più fastidio che ammirazione, alla centesima citazione a capocchia ho veramente avuto voglia di “decollare e nuclearizzare”. Visto Misischia? Le so fare anche io le citazioni, non sei il solo.

«Cosa c’è scritto?», «So Lillo!»
So cosa state pensando: «allora guardati i film con Margherita Buy!», no, ENNE-O. Perché come si sostiene il cinema di genere Italiano? Parlando bene di ogni film Italiano non ambientato in un tinello? No, il cinema di genere del nostro Paese si sostiene come diceva il mio vecchio Coach di Basket, da quelli bravi bisogna pretendere di più, quindi non mi posso accontentare da parte di Daniele Misischia, di una copia scolorita di “Ammazzavampiri” (1985) con un mostrone di gomma molto vecchia scuola (creato da Sergio Stivaletti) che alla fine è una malinconica fantasia adolescenziale, dove il protagonista salva il mondo e si trova anche la fidanzatina? No Daniè mi dispiace, hai sfogato tutta la tua smania citazionista? Te la sei fatta passare? Ora mettiti a fare film di genere come davvero potresti, sei fuori tempo massimo per la malinconia anni ’80.
Non dormire nel bosco stanotte – Parte 2 (2021)
Dove lo trovate: Netflix

Vi ricordate di “Non dormire nel bosco stanotte”? No, non è una raccomandazione ma l’horror che mi ha confermato la mia stramba teoria, per cui la Polonia è ferma al 1987 o giù di lì. Su Netflix questo slasher grondante sangue era piaciuto, quindi il regista e sceneggiatore Bartosz M. Kowalski è tornato sul luogo del delitto, forse dopo aver visto qualche film di Tobe Hooper.

Si perché Kowalski avrebbe potuto giocarsi la regola aurea dei seguiti (uguale al primo ma di più!), ed in effetti così ha fatto, però abbracciando quel grado di follia che complice quel “Parte 2” nel titolo, mi ha fatto un po’ pensare a “Non aprite quella porta – Parte 2” (1986). Badate bene, non perché Kowalski sia diventato di colpo un innovatore del calibro di Hooper, quando più che altro per la svolta matta di questo seguito, che si concentra sui poliziotti intervenuti dopo il massacro del primo film, anzi su uno in particolare, il nuovo arrivato Adam (Mateusz Wieclawek), nome forse non scelto a caso ma chi lo sa, magari in Polonia è il nome più popolare tra i maschietti.

The Texas Poland chainsaw massacre
Adam è uno zelante giovane poliziotto affiancato dalla tostissima Vanessa (Zofia Wichlacz), impegnati a sorvegliare l’ultimo superstite del film precedente, si imbatteranno nei mostri, in un modo tutto particolare, visto che la svolta farà cambiare forma non solo al film, ma anche al suo ritmo un po’ troppo sonnacchioso nella prima parte. “Nessuno dorme nel bosco stanotte – Parte 2” non ricalca il primo film, ma decide invece di cambiare quasi radicalmente rotta, conservando il gusto per lo splatter e il sangue a secchiate, ma abbracciando un’atmosfera allegra e grottesca, quasi romantica se avete uno spiccato senso del macabro. Considerando che il film si gioca anche una scena dopo i titoli di coda, non è improbabile che vedremo presto una trilogia, insomma la Polonia scalpita e per questo Pentacolo è tutto!
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